5 - Capitolo 3.2

Nei giorni a seguire, Astoria dedicò quasi tutto il suo tempo allo studio dei sigilli. La Grotta del Pescatore fu ripulita e restarono solo soldati e curiosi a piantonarla. Quando vi si recò, in compagnia del generale Kareikos, trovò una piccola folla di persone in preghiera.

«Abbiamo fatto di tutto» disse il generale scuotendo la testa, «ma sembra si sia sparsa la voce che qui ci sia sepolto una specie di eroe, oppure un mostro, dipende dalla fonte da cui hanno attinto la notizia.»

«Non possiamo farci nulla» disse lei entrando nella camera grande. «L'importante è che siano fuori dai piedi mentre lavoro. Sono sigilli molto complessi, ma riuscirò a disfarli, a patto di non essere disturbata.»

Astoria entrò nella camera piccola e si avvicinò alla pietra. Disegnò con i sali di ammonio un cerchio intorno all'altare e pronunciò le parole necessarie ad attivare la protezione. Poggiò le mani sulla superficie irregolare e cominciò a mormorare l'incantesimo per sciogliere i sigilli. Cominciò da quello più esterno, facendo attenzione a disfarlo, come la trama intricata di un tessuto. Non doveva spezzarli, non quelli del tipo che aveva di fronte. Doveva fare molta attenzione a non saltare alcun passaggio. Si estraniò completamente, sicura della presenza di Kareikos alle proprie spalle.

«Ci siamo» sussurrò, mentre la trama dell'ultimo sigillo si dissolse in una piccola nube di fumo viola.

Un tenue bagliore proveniva dall'interno della roccia e, via via che diveniva più intenso, una figura umana prendeva forma sulla superficie. La pietra di cui era costituito l'altare aveva ormai l'aspetto di vetro sottile e opaco, mentre la luce, rossa e pulsante, ne prendeva possesso rendendola più somigliante a un sarcofago.

Il generale le si avvicinò. «Vostra Altezza» sussurrò. «Potrei suggerire di inviare un messaggio alla maga?»

Astoria scosse la testa. Si ostinavano a voler chiamare Areina. Lei stessa aveva interpellato la maga di corte, ricevendo solo dinieghi e qualche piccolo suggerimento.

Le narici pungevano e gli occhi bruciavano a causa dei reagenti che aveva usato. Pareti strette e volta bassa favorivano un ristagno d'aria che raccoglieva tutti gli odori della caverna; quelli usuali si mescolavano in maniera nauseante ai nuovi. Pregò la Dea affinché li proteggesse da qualunque cosa potesse apparire. E si augurò che il cerchio di contenzione che aveva apposto intorno all'altare fosse abbastanza potente da trattenere al suo interno ogni forza malvagia che avrebbe potuto sprigionarsi.

La luce proveniente dall'altare pulsava lentamente, poi divenne più intensa, costringendola a coprirsi gli occhi e, quando Astoria si accorse che si era spenta, dovette attendere qualche istante per riabituare la vista alla luce tenue che regnava nella caverna.

Ora sull'altare era distesa una giovane donna dai capelli rossi: pallida e immobile, nuda. L'unica cosa viva che si trovava su quella roccia sembrava essere solo la pietra rossa; ovale e grande quanto un pugno, posta sul petto della donna, era lei la fonte delle pulsazioni cremisi, ancora in atto al momento e per nulla intenzionate a fermarsi, almeno in apparenza.

Madre luminosa! Si portò la mano sulle labbra e sentiva su di sé lo sguardo preoccupato di Kareikos, circondata dai sussurri colmi di apprensione dei soldati che attendevano nella camera più grande. Deglutì e tese la mano verso la pietra, ma la ritirò quando si accorse che tremava. La luce palpitava tranquilla, in netto contrasto con i battiti che avvertiva nel proprio petto. Se fosse stato possibile, il cuore le sarebbe schizzato fuori. Ma l'unica cosa da fare, arrivati a quel punto, era prenderla e osservare l'evolversi degli eventi.

Avvicinandosi non avvertì calore, ma usò ugualmente un piccolo telo incantato.

La luce smise di pulsare e si spense nel momento stesso in cui la pietra fu sollevata dal corpo della donna. Divenne un normale sasso, dall'aspetto di un enorme rubino.

Astoria lo avvolse con cura nel panno e lo mise dentro la piccola tracolla. Poi riportò l'attenzione al nuovo rompicapo che aveva davanti.

Sfiorò la mano della donna. Non accadde nulla e la prese tra le sue. Era fredda e dura come la roccia sulla quale era adagiata, ma poteva piegarne dita e polso con facilità.

«Questa è magia nera!» urlò il soldato più vicino alla camera interna.

Kareikos imprecò e le lanciò un'occhiata interrogativa.

«Va' pure a tranquillizzarli» gli disse annuendo. «Vorrei eseguire qualche incantesimo e ho bisogno di concentrazione.»

Il generale abbassò la testa e si voltò verso l'uscita. Fu accolto da molte voci, concitate e impaurite. E Astoria non poteva biasimarli. Tutto, in quella camera, puzzava di arti oscure.

Allentò con un dito i lacci della casacca azzurra che portava, maledicendosi per aver dato ascolto a Eric indossando il corpetto di cuoio rinforzato. Adesso si sentiva stringere il torace e non riusciva a respirare bene. L'aria, pesante e umida, faticava a uscirle dalla gola.

Aprì e chiuse le mani, allargando e stringendo le dita.

Ho tempo, devo solo agire con calma e cautela.

L'energia magica proveniente dall'altare era ferma, debolissima e non la preoccupava, anche se non riusciva a individuarne la natura. I palmi setacciarono l'intera figura che aveva davanti, ma non trovò più di ciò che aveva già percepito. Nella mente della donna distesa non c'era nulla; poteva essere un non-morto, così come un semplice cadavere. Ma nessuno si sarebbe preso il disturbo di sigillare in quel modo una donna morta e questo pensiero la inquietava più di tutto il resto. Tentò di ridestarla, ma non trovò alcun appiglio per il proprio incantesimo.

Tornò a muoverle le articolazioni; si flettevano con naturalezza, non erano irrigidite dal rigore della morte. Eppure era fredda e dura. Le avvicinò alla bocca la lama del piccolo pugnale che aveva alla cintura e non apparve alcun segno di respiro. Scosse la testa e si voltò verso l'uscita.

Nella camera esterna c'erano meno soldati di quelli che ricordava e Kareikos stava inveendo contro un ragazzone, alto quanto lui, ma dall'aria impaurita.

«Vostra Altezza, avete scoperto qualcosa?» Il generale congedò il soldato e si avvicinò.

«Qualcosa sì, ma molte altre ne restano da indagare» mormorò. Gli stivali scricchiolarono sul sottile strato di sabbia nera che ricopriva la pavimentazione della caverna. «Deve essere portata al castello. Ho bisogno di più aria, luce e spazio. Oltre che dei miei libri.»

Il generale annuì e cominciò a ringhiare ordini che rimbombavano sotto la volta.

Alla luce del sole, tutto sembrava meno cupo. Una piccola folla di cittadini si era raccolta fuori alla Grotta del Pescatore, tenuta a distanza dai soldati. La voce del ritrovamento si era diffusa, nonostante i tentativi di deviare l'attenzione delle persone comuni. Nei mesi trascorsi erano arrivate molte persone, tra le quali anche dei sacerdoti. E proprio uno di loro era, in quel momento, intento a pregare la Dea insieme alla maggior parte dei curiosi, ai quali si erano aggiunti due soldati, compreso il ragazzone in preda al panico che aveva fatto perdere le staffe al generale.

«Altezza.» Kareikos si fece avanti. «Ho dato ordine di portare una lettiga coperta, per cercare di tenere nascosto ciò che è stato trovato. Ma sarà saggio farla uscire dal cerchio?»

«No, non lo è.» Scosse la testa e lo disse più a se stessa che al generale. «Penserò io a rendere sicuro il trasporto e sarò presente in ogni sua fase.»

Quando la lettiga arrivò, Astoria vi impresse dei simboli di contenzione che avrebbero bloccato l'eventuale magia oscura presente nella donna. O almeno così sperava. Operò all'interno della camera grande, lontano da sguardi indiscreti, e Kareikos dovette sollevare la donna e porla sul mezzo di trasporto, vista la reticenza dei suoi sottoposti.

Il piccolo corteo si avviò sulla strada sterrata che portava al castello; percorse la costa, nella rada vegetazione che confinava con la spiaggia e stormiva alla leggera e profumata brezza marina. Lo stridere dei gabbiani si mescolava all'incedere dei loro mesti passi. Fugaci e timorose occhiate lambivano la lettiga e i quattro soldati che la portavano guardavano soltanto la strada.

«Hai avuto notizie di Eric?» chiese Astoria rompendo il silenzio.

«No, Vostra Altezza» rispose il generale. «Nessuna notizia recente, almeno.»

Arrivarono sul tratto di strada lastricata che separava le case dal castello, e furono raggiunti dal vociare dei passanti, dallo scalpitare dei cavalli e dalle urla di alcuni bambini. Uno sparuto gruppo di cittadini riconobbe in lei la propria principessa; fu salutata da diversi inchini che, in risposta, ricevettero un sorriso e un saluto con la mano. Ben presto furono raggiunti da altre persone, ma la piccola folla dovette fermarsi alle prime due torri di guardia, all'imbocco del ponte che portava a Castelnovo.

Ogni volta che rientrava a casa, Astoria sentiva il cuore riempirsi di gioia. La Torre di Guardia e la Torre di Mezzo facevano da cornice al trionfale ingresso scolpito nel marmo bianco. Ma quel giorno la sensazione era di stare per introdurre una bestia feroce tra le mura in cui si sentiva più sicura. Solo che non vedeva alternative.

Fece sistemare l'ospite in una camera nell'ala est, vicino alla Torre del Sole e ai propri appartamenti, non prima di aver isolato la stanza dal piano astrale.

Una parte di lei le diceva che stava commettendo un grosso errore, che quella donna poteva essere pericolosa, prova ne era il gran numero di sigilli che aveva trovato. L'altra parte le diceva che, con ogni probabilità, aveva trovato una vittima di un vecchio maleficio e, forse, avrebbe avuto l'opportunità di aiutarla.

Le fece visita più volte al giorno, trovandola sempre addormentata.

Passò gran parte del tempo a consultare vecchi tomi di magia oscura. Nessuno parlava di un incantesimo dagli effetti simili a quelli che stava osservando. C'era quello di pietrificazione, quello di immobilizzazione, quello del sonno e quello per rianimare i cadaveri. Tutti incompatibili con le condizioni della donna.

Areina non aiutava. Ed Eric ancora non tornava.

Venne la notte, alla quale seguì l'alba e Astoria tornò a farle visita.

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