43 - Capitolo 24.1
Non è la sorpresa a spaventarti,
ma la consapevolezza che
è proprio ciò che vuoi.
(il Bardo Mendicante)
Astoria aveva salutato suo padre e non sapeva se l'avrebbe rivisto al termine di quel viaggio. Prima o poi quel momento sarebbe arrivato, lo sapeva. Lei ci era già passata, con sua madre: era avvenuto tutto tanto in fretta che non se ne era resa conto finché non l'aveva vista pallida e immobile nel letto. Il tempo aveva reso il tutto più accettabile, ma il dolore per la perdita improvvisa era rimasto. Con suo padre sarebbe stato diverso, forse. Era più anziano, alla normale conclusione della vita e non era neanche certo che morisse di lì a poco. Eppure quel saluto aveva avuto il sapore di un addio.
Sperava che la cavalcata verso Reca, prima tappa del viaggio, la distraesse da certi pensieri.
Innanzitutto c'era la questione, ancora da chiarire, del perché lei fosse riuscita a sciogliere i sigilli che tenevano rinchiusa Sofia. Era sempre stata orgogliosa del livello raggiunto nell'utilizzo dei propri poteri, ma arrivare a rivaleggiare con la magia esercitata da uno dei Superiori era fuori discussione. Se Sofia non sapeva rispondere alla domanda, allora lo avrebbe chiesto a Raziel, quando sarebbe sbucato dal nulla come suo solito.
In secondo luogo, ma non meno importante, c'era da capire quanto Sofia stava nascondendo della vicenda tra lei e Balder. Credeva a ogni parola dell'amica e le era vicina perché poteva comprenderla. Lei e Balder erano stati molto vicini e Sofia aveva cercato di farlo desistere dai propri propositi di ribellione nei confronti dei Tre Superiori; era qualcosa che avrebbe fatto anche lei stessa nei confronti dei propri amici. Come avrebbe fatto Sofia a uccidere una persona tanto cara, Astoria non lo sapeva. Al momento l'amica poteva permettersi di rimandare, ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà, anche perché si era detta certa che le creature avvistate in giro per il regno erano una conseguenza dell'aumento dei poteri di Balder, nonostante fosse ancora rinchiuso nel ghiaccio. Era una situazione terribile, da qualunque punto di vista la si guardasse.
E poi c'era la sua voglia di sapere.
Accidenti. La figlia di Astarte! Si vergognava quasi nel dare importanza a un fatto del genere quando di fronte aveva l'incolumità degli abitanti di Dragalia e forse anche di più. Se solo ci fosse più tempo... Immaginava se stessa prendere lezioni da Sofia. Quante cose avrebbe potuto imparare da lei? Figlia di Astarte e del Signore dei demoni: non sarebbe bastata una vita umana per comprendere tutto quel sapere sulle arti magiche.
«Fermi!» urlò Sofia.
Astoria fermò il proprio cavallo e la affiancò. Si alzò sulle staffe, ma non vedeva nessuno, né avanti né alle loro spalle.
«Cosa succede?» Lorcan si era fermato vicino a loro.
Sofia era silenziosa e aveva lo sguardo perso nel vuoto. «C'è qualcuno» disse voltandosi verso destra e stringendo gli occhi.
Rimasero tutti in ascolto, ma Astoria non udiva nessun suono che non fosse del tutto normale in quella circostanza. «Forse potrei...» cominciò a parlare, per proporre un incantesimo di individuazione, così se qualcuno fosse stato in agguato lo avrebbero scoperto, ma Sofia alzò una mano e indicò di nuovo alla loro destra.
Astoria non se n'era accorta fino a quel momento, ma dal bordo della strada partiva un sentiero che si dirigeva nella boscaglia che stavano costeggiando.
«Lì» continuò l'amica. «C'è un demone, ma non riesco a identificarlo.»
Astoria spostò lo sguardo dal sentiero a Sofia. «Tu riesci a fare una cosa del genere? E cosa aspettavi a dircelo?»
«Voleva farci una sorpresa» grugnì Lorcan scendendo da cavallo e imboccando il sentiero.
Sofia scosse la testa e smontò anche lei. «Lascialo qui, Lorcan. Non so cosa potremmo trovare.»
«Hai ragione, altrimenti che sorpresa sarebbe?» disse il chierico e alzò un dito contro Sofia, come per aggiungere qualcosa, ma richiuse la mano e lasciò il cavallo. Clivia lo raggiunse scuotendo la testa.
Anche Astoria scese dal suo e fu affiancata da Eric che non disse una parola, ma sfoderò la spada corta che portava al fianco.
Sofia si portò in testa alla fila e alla principessa tornarono in mente le volte in cui aveva dovuto consolarla perché spaventata da un incubo. In quel momento, invece, si muoveva con calma e anche se non aveva impugnato nessuna arma, cosa che invece avevano fatto anche Lorcan e Clivia, Astoria era sicura che avrebbe saputo affrontare un eventuale pericolo anche meglio di lei. Dopo tutto è stata cresciuta da Astarte e dai demoni, di che mi preoccupo? E un pizzico d'invidia stava cominciando a provarlo, subito sommerso sa un mare di vergogna per aver anche solo pensato a una simile eventualità.
Si fermarono a un cenno di Sofia e rimasero in ascolto. Sembrava che qualcuno stesse tagliando della legna e spezzando dei rami più piccoli. Il rumore non accennava a fermarsi e Sofia li invitò a seguirla con la mano. L'intensità dei suoni aumentò. Astoria avrebbe detto che un contadino stesse preparando la legna per il camino e se non avesse sentito che nei paraggi c'era un demone non avrebbe compreso tutta quell'attenzione dell'amica nell'avvicinarsi.
La radura si aprì davanti a loro; videro un piccolo cimitero circondato da un muro basso e una forma bianca che si agitava sopra quella che doveva essere una tomba. Era da lì che provenivano quei rumori.
Astoria socchiuse gli occhi, non riusciva a capire cosa stesse vedendo.
«Va tutto bene» disse Sofia rilassando le spalle e a voce troppo alta. «Non c'è pericolo, è un vecchio amico. Venite con me.» Uscì dal riparo degli alberi e scavalcò il muretto.
Mano a mano che si avvicinavano Astoria vide meglio la fonte di quegli strani rumori. Si trattava di una creatura ricoperta da pelo bianco, grande quanto un cane di taglia media, china su una tomba dando loro le spalle e mostrando una soffice coda tonda.
I rumori cessarono e la creatura si voltò.
«Per la Dea!» imprecò Lorcan facendo un passo indietro e calpestando i piedi a Eric. «Che diamine è?»
E Astoria non riuscì a trovare parole più calzanti di quelle del chierico. La creatura era un coniglio sproporzionato, con le orecchie lunghe e dritte sulla testa, dal corpo grassoccio e con le zampe posteriori corte e tozze mentre quelle anteriori erano lunghe e terminavano ognuna con una mano. In una stringeva una vecchia mannaia arrugginita e nell'altra un osso ricoperto ancora da resti di vestiti impolverati che aveva tutta l'aria di essere un femore umano. Mentre li osservava con quegli occhietti rossi, fece un inchino talmente profondo da stendere per terra gran parte delle orecchie. Si rialzò e con un morso staccò la testa del femore. Astoria udì distintamente lo schiocco; dunque non era un contadino o un taglialegna, ma proprio quella creatura che stava mangiando...
«Ehi!» urlò Lorcan sollevando la Luce della Dea. «Quelli sono resti umani!»
Sofia si parò tra il coniglio e il chierico. «Lascialo stare» disse aprendo le braccia. «Ha strane abitudini, lo riconosco, ma è mio amico e vi chiedo un po' di comprensione e pazienza.»
«Starai scherzando, spero.» Lorcan mosse un passo in avanti. «Non può mangiare quei resti. Appartenevano a una persona; deve... devono... Insomma, deve riposare in pace.»
«Il preticello ha detto bene, Inaté» intervenne il coniglio con una voce nasale. «Questa persona è morta ma qualcuno l'ha rianimata, Inaté. Gimmi ha dovuto fermarla e ora la sta mangiando.»
«Ma cosa sta dicendo?» chiese Astoria avvicinandosi a Sofia. «Lorcan, fermo!»
Eric agguantò la mano che stringeva la Luce della Dea appena l'amico tentò di sollevarla.
Sofia non si era mossa di un passo e guardava il chierico stringendo gli occhi. «Posala» disse piano e Astoria non poté fare a meno di ravvisare una nota di minaccia nella voce dell'amica. «E chiedo a tutti voi di ascoltarmi.»
Gli scricchiolii e gli schianti ripresero appena il coniglio tornò alla sua macabra attività.
Lorcan, invece, lasciò cadere la Luce della Dea e strinse pugni e labbra. «Sarà anche stato rianimato, Sofia, ma diamine! restano ossa umane e meritano un minimo di rispetto.»
«Allontaniamoci, se la vista vi infastidisce, e parliamone.» Sofia rimase ferma, in attesa di una reazione alle sue parole. Aveva ancora mani e braccia aperti, per sbarrare la strada, e lo sguardo era attento ma sereno.
«Per il momento ascoltiamola» disse Astoria. Provava un vago senso di nausea e non riusciva a distorgliere lo sguardo da quella creatura che sgranocchiava le ossa come fossero fette di pane croccanti. Mosse lei i primi passi, facendosi forza e voltando le spalle alla scena, dirigendosi verso il luogo dal quale erano arrivati.
Sofia li raggiunse per ultima, tormentandosi una ciocca di capelli con un dito. «Capisco il senso di disagio che provate» cominciò. «Però Gimmi è un demone a cui sono molto legata e...»
«Va bene.» Lorcan si fece avanti, fronteggiando ancora una volta Sofia e puntandole contro un dito. «Posso provare ad accettare il fatto che tu sia la figlia di...» Strinse le labbra e scosse la testa. «Ma che diamine di legame può esserci con un mostro come quello?» Indicò verso il coniglio e Sofia si voltò a osservarlo.
Era diversa. Eppure era sempre lei. Astoria la vedeva tormentata e sicura di sé al tempo stesso. Solo pochi giorni prima, l'atteggiamento di Lorcan l'avrebbe costretta a intervenire in favore dell'amica, ma ora sembrava sapere come tenere a bada le reazioni irose del chierico.
«Sono la sua creatrice» sussurrò Sofia senza distogliere lo sguardo dal demone.
Astoria avvertì una stretta allo stomaco e vergogna, ancora. Sì, perché il suo primo pensiero era stato che avrebbe voluto sapere come era riuscita a creare un demone. E avrebbe voluto saperlo fare anche lei. Almeno solo per un istante. O forse più.
«Aspetta» disse Clivia facendosi avanti e poggiando una mano sul braccio di Lorcan. «Com'è possibile? Neanche con la magia si può creare qualcosa di senziente.»
Ed era vero. C'era sempre bisogno di materia sulla quale agire e animare in qualche modo, ma si trattava sempre di automi privi di volontà, oppure di creature non-morte rianimate con brandelli di coscienza rubati. «Voglio saperne di più» disse Astoria. Voglio sapere come hai fatto.
Ormai circondavano Sofia, solo Eric se ne stava in disparte e continuava a osservare la scena.
«È accaduto una delle volte che ho usato i suoi poteri.» Sofia tornò a osservarli. «Solo lui può farlo. Lui e i suoi figli diretti.»
C'era qualcosa di terribile nelle parole dell'amica.
«Ce ne sono altri?» Fu Lorcan a dar voce alle paure di Astoria.
Sofia li guardò aggrottando le sopracciglia. «I Tre sono suoi figli diretti. Loro possono creare altri demoni. E sembra che ci riesca anche io. Se per 'altri' intendi persone come me, no. Almeno per quanto ne so io.»
«Be', potevi impegnarti un po' di più» intervenne Eric. Si stava grattando il mento, sbarbato dopo la sosta a Castelnovo.
Il suono di una risata riattirò l'attenzione di Astoria su Sofia. Stava ridendo.
«È vero, avrei potuto. Però non è stato un procedimento molto semplice.»
«Ma perché proprio un coniglio?» chiese Eric.
Astoria spostava lo sguardo da un lato e dall'altro.
«Da piccola avevo un coniglio di pezza, bianco e dalle orecchie lunghe. Credo derivi da lì. Infatti Gimmi era il nome del mio pupazzo e ho chiamato lui allo stesso modo.» Indicò verso il demone con un cenno della testa.
Stava davvero sorridendo. Astoria non l'aveva mai vista rilassata come in quel momento.
«Ma perché mangia i cadaveri?» grugnì Lorcan.
«Avresti preferito mangiasse le persone vive?» chiese Sofia accigliandosi.
«Va bene così.» Astoria si frappose tra i due, poggiando una mano sulla spalla di ognuno. «Se mangia cadaveri senza aggredire i vivi possiamo accettarlo. Ma...»
«Un corno!» intervenne Lorcan scostando la mano della principessa con un colpo del dorso della propria.
Astoria lo guardò. Dovette stringere la mano colpita dal guanto rinforzato di Lorcan e far finta che non le facesse male, altrimenti l'avrebbe incenerito. «Puoi mettere da parte il tuo dannatissimo orgoglio di membro dell'ordine ed essere più pratico?»
«Non si tratta di orgoglio o dell'ordine, qui...»
«Non me ne frega niente!» urlò Astoria. E colpì il petto di Lorcan con il pugno. Se quello era solo l'inizio del viaggio, non voleva neanche immaginare il resto. Andavano messe in chiaro le regole. «Non ho detto che va tutto bene. Preferirei non sapere cosa mangia ogni demone, ma lo sappiamo tutti che la loro dieta non è proprio a nostro vantaggio. Ora,» si voltò verso Sofia, «puoi fare in modo che mangi senza farcelo sapere?»
L'amica annuì.
«Sei sicura che non ucciderà nessun essere umano?» Anche quella richiesta le sembrava ragionevole. Dopo tutto era per gli abitanti di Dragalia che stavano intraprendendo quel viaggio.
Ancora, Sofia annuì e aggiunse: «Non posso e non voglio impedirgli di difendersi, ma gli ordinerò di evitare di uccidere se non strettamente necessario.»
Il grugnito di Lorcan la fece voltare di scatto. «Che c'è? Tu non hai mai ucciso nessuno?» Si pentì di aver pronunciato quelle parole nel momento stesso in cui le diceva. Maledizione! Si morse la lingua. «Scusami, io...»
«No» la interruppe Lorcan. «Sono io che devo chiederti scusa. Hai ragione.» Le strinse la mano, quella ancora stretta a pugno e che l'aveva colpito. Sotto quel barbone rosso e ispido aveva le labbra contratte.
«Le condizioni di Astoria mi stanno bene. Non mi piacciono, ma mi rendo conto che non andremo da nessuna parte se continueremo a litigare» disse guardando Sofia.
Clivia prese Lorcan a braccetto e s'incamminarono verso i cavalli.
Ad Astoria non piaceva quando avevano quel tipo di discussioni, perché non portavano a nulla e ognuno perdeva qualcosa. «Ho messo quelle condizioni perché credo che verrà con noi. Ho ragione?» Non guardò neanche verso Sofia, ma diresse lo sguardo verso il piccolo cimitero, da cui non si udivano più rumori.
«Sì» rispose Sofia. «Verrà con noi.» Si diresse verso il coniglio che aveva superato il muro con un balzo e ormai li stava raggiungendo. Aveva un'andatura ondeggiante, su quelle zampette troppo corte per sorreggere il peso del corpo.
Guardando la scena dell'amica che si chinava per accarezzare la testa del coniglio e poi abbracciarlo, Astoria pensò che lei, principessa di Dragalia, era nata nell'epoca sbagliata. O dalla parte sbagliata.
Muro del pianto
Rieccoci al presente, con una bella gatta da pelare, anzi, con un coniglio XD
In questo capitolo, di cui questa è la prima parte, ho affrontato un aspetto di Astoria che nella prima versione non avevo sottolineato a dovere: la passione per le arti magiche. È un aspetto pericoloso per chi studia la magia, perché può portare a fare scelte sbagliate, o giuste, a seconda dei punti di vista. Invece ormai è chiaro quanto Lorcan adori i demoni, anche se morbidosi e candidi come Gimmi.
Da questo momento non so quanto riuscirò a essere precisa con gli aggiornamenti. Ho esaurito i capitoli revisionati e tutto dipende da quando riuscirò a mettermi al pc il tempo necessario a riscriverne uno. Il prossimo, però, è già a metà.
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