4 - Capitolo 3.1
Le cose smarrite non sono obliterate dalla nostra vita.
Sono solo spostate, nel tempo e nello spazio.
Se cerchi, trovi. Se dimentichi, perdi.
(il Bardo Mendicante)
Astoria sospirò.
"Delle Arti Oscure e delle Arti Luminose. Divergenze e Similitudini".
Il tomo più pesante che avesse mai letto. Sia come peso fisico, sia come studio. Era un trattato scritto dalla grande maga del passato, Astarte, di certo uno tra i più completi e infatti era lì che trovava interessanti spunti di riflessione.
Stiracchiò braccia e schiena. Passare tutto quel tempo seduta era interessante, visto che imparava sempre qualcosa di nuovo, ma le mancavano movimento e brivido dell'imprevisto.
«Vostra Altezza, chiedo scusa.» La voce apparteneva ad Anna, una delle cameriere incaricate di servirla, ma l'unica autorizzata a disturbarla mentre era intenta a studiare.
La principessa si alzò dalla sedia, rivolta verso l'ampia finestra della biblioteca, e si voltò verso di lei. «Dimmi pure.»
«Il principe Alessandro, mia Signora. Chiede di voi presso le sue stanze.»
«Non lo farò attendere oltre, grazie Anna.»
La giovane fece un inchino e tornò ai suoi doveri.
Astoria, invece, chiuse e ripose il tomo di Astarte e si diresse verso l'uscita della biblioteca. Dovette attraversare un dedalo di scaffali alti fino al soffitto, costellato di scale e tavoli. Ogni volta che la osservava, non poteva fare a meno di ringraziare i suoi antenati. Avevano salvato tutto quel sapere dalla caduta della vecchia città, spostandosi in una regione relativamente più tranquilla e lontana dal vulcano che aveva sepolto tutto, durante un'eruzione che veniva descritta tanto terribile quanto spettacolare.
Le camere di suo fratello si trovavano nell'ala est di Castelnovo e, per raggiungerle da dove si trovava, dovette attraversare tutta l'ala ovest. Non che le dispiacesse. Il camminamento dava direttamente sul mare e, in una giornata come quella, era piacevole attraversarlo.
Una volta all'interno, attese che gli occhi si riabituassero, perché il cielo era sgombro da nuvole e il riverbero sull'acqua l'aveva quasi accecata.
Scese le scale e si ritrovò nel corridoio, a metà del quale c'era la porta che doveva attraversare.
Bussò e Guido le aprì la porta.
«Buongiorno, principessa.»
«A te. Che notizie ci sono?»
Il volto dell'amico era tirato. «Sarà lui stesso a dirtelo. Sono arrivati diversi dispacci. Uno da Città del Guado.»
Guido la condusse dall'anticamera al salottino vero e proprio, dove Alessandro era intento a leggere i numerosi rapporti provenienti da ogni parte del regno.
Tolse gli occhiali e si massaggiò la radice del naso. «Sorella. Ultimamente è davvero difficile incontrarti.» Tirò su e rilassò la schiena contro la pesante sedia.
«Hai ragione, ma avevo rimandato troppo uno studio che mi premeva concludere.» Si accomodò di fronte al fratello, accavallando le gambe e incrociando le braccia. «Ma sembra che anche tu sia piuttosto impegnato.» Lanciò una rapida occhiata alla scrivania: era ordinata, sebbene carica di pergamene.
«Non posso darti torto. Nostro padre sta invecchiando e gli fa piacere delegare.»
«E già sa cosa stai per dirmi?»
Alessandro annuì. «Kareikos è andato a informarlo.»
«Avanti, non tenermi sulle spine. A giudicare dalle tue sopracciglia sembrerebbe un fatto abbastanza grave.»
«Lo è. Il Gran Maestro è stato assassinato.»
Ad Astoria sfuggì un fischio. «Notevole. Ma come è accaduto? E soprattutto chi avrebbe interesse a fare una cosa del genere?»
«Davvero non ti viene in mente nessuno?»
La principessa fissò lo sguardo sulle pergamene. Certo che aveva i suoi sospetti. Gli unici a guadagnarci qualcosa da un simile atto potevano essere solo loro. «Sono stati i demoni, vero?» sussurrò e incrociò gli occhi verdi del fratello. «Ma come hanno fatto? Città del Guado è impenetrabile da simili creature. E poi non credevo sfidassero così apertamente l'Ordine Radioso.»
«È accaduto a Florenzia, in uno degli edifici della Curia» rispose Alessandro alzando le spalle. «E avvisaglie ce ne sono state. Solo che sono stati episodi talmente isolati da non riuscire a collegarli tra loro. Non subito, almeno. Solo negli ultimi tempi si è arrivati a un unico filo conduttore. Proprio per questo motivo Timoteus si trovava lì. Era andato a parlare con il Priore.»
La mente di Astoria aveva ascoltato ogni singola parola, ma stava già riflettendo sull'accaduto. Un atto così plateale poteva solo essere il preludio a qualcosa di più grande. «Ma come fanno a essere sicuri che sono stati proprio loro? Voglio dire, non avranno lasciato un messaggio, ne sono certa. Quindi?»
Alessandro inspirò e chiuse gli occhi. Stava raccogliendo le idee. Non presagiva nulla di semplice.
«Le direttive dell'Abate sono di non divulgare la notizia. Non in questi termini, ovviamente. La stanza in cui è avvenuto l'omicidio assomigliava a un macello e non è stato possibile nascondere parte della verità. Quindi il popolo saprà che è stato brutalmente assassinato, ma il particolare sui demoni non verrà divulgato. Dal Tempio Bianco preferiscono dare l'impressione che brancolino nel buio, anziché spaventare le persone comuni. Cosa della quale sono d'accordo.»
«Ma è terribile. Ci sono testimoni?»
Il principe annuì. «Un ragazzo, l'attendente del Gran Maestro. L'aggressione è avvenuta da parte di un solo demone. Pare che ne sia rimasto sconvolto, e nessuno potrebbe dargli torto. Timoteus è stato divorato sotto i suoi occhi e il demone lo ha lasciato in vita di proposito. Questo è un altro motivo per cui non si vuole divulgare la notizia.»
«Sì, capisco.» Riusciva solo a guardarsi le mani, le dita strette sulla stoffa scura dei pantaloni, quelli comodi e rammendati che indossava quando non era obbligata dalle occasioni formali, come quando viaggiava. Forse era rimasta troppo tempo chiusa in biblioteca e aveva perso di vista i problemi del regno.
«Astoria» la chiamò il fratello. «Tu cosa pensi di tutto questo?»
Lei spalancò gli occhi. «Io?»
«Sì. Tu» riprese Alessandro poggiando i gomiti sul tavolo. «Mi hai raccontato più volte dei tuoi viaggi e so che hai incontrato diversi tipi di demone. Per non parlare di ciò che apprendi dai tuoi libri, che sembri preferire alla compagnia delle persone. Voglio sapere cosa ne pensi.»
Astoria scosse la testa. Era davvero una bella domanda alla quale doveva provare a dare una risposta. «Il Gran Maestro aveva sostenuto diverse battaglie e so che era uscito anche vincitore da un paio di scontri con i demoni. Non era di certo un novellino.»
Vide il fratello annuire.
«Probabilmente sarà stato un demone di rango elevato ad aggredirlo. Di quelli che vengono evocati dal Grande Vuoto. Quindi ci sarà, da qualche parte, un essere umano che sta complottando contro l'ordine.»
Il fratello annuì, di nuovo.
«Andiamo, Alessandro.» Guido, fino a quel momento in silenzio alle spalle di Astoria, si fece avanti. «Taglia corto e chiedile ciò che vuoi. Perdiamo solo tempo a girarci intorno.»
L'occhiataccia che il fratello lanciò all'amico l'avrebbe fatta scoppiare in una risata, se la situazione non fosse stata tragica.
«Va bene. Allora te lo chiederò direttamente. Mi hai detto che uno dei tuoi amici è un demone...»
«Non siamo amici.» Lo interruppe e si sporse verso di lui; era la direzione che il discorso non avrebbe mai dovuto prendere. «E se vuoi che mi faccia aiutare da quel demone, puoi anche scordartelo. Non so come contattarlo e ti assicuro che non lo vorresti tra i piedi, soprattutto in un simile frangente. Quanto alla questione di ricevere aiuto da un tipo come lui...»
«Visto?» intervenne Guido guardando Alessandro con aria soddisfatta. «Non puoi chiedere collaborazione al nemico. E se fosse stato proprio lui?»
Astoria scosse la testa. L'immagine che le si formò nella mente era inquietante e divertente allo stesso tempo. «Non è stato lui. Non direttamente, almeno.»
«Perché ne sei così sicura?» chiese l'amico.
«Perché non va in giro a mangiare le persone, ovviamente. Ma non sono sicura che non sia coinvolto. Sono troppe le cose che non so di lui.»
«Ah, bell'amico che è.»
«Non siamo amici» ribadì, alzando la voce. Voleva molto bene a Guido, ricordava la sua presenza a Castelnovo da sempre, ma era molto bravo a rendersi insopportabile.
«No, certo. Perdonami per averti fatto certe domande, sorella, ma dovevo.» Alessandro si era preso la testa tra le mani, poggiando i gomiti alla scrivania. «Le avvisaglie di cui ti ho accennato, ricordi? Sembra che in alcuni villaggi i morti escano dalle tombe. I barbari del nord stanno tornando a premere sui confini montani e nei mari al sud i mostri abissali stanno risalendo, di tanto in tanto, in superficie.»
Astoria spalancò occhi e bocca. «E tu queste le chiami solo avvisaglie? Mi rinchiudo in biblioteca per qualche mese e succede tutto questo?»
«Anche di più» affermò Guido annuendo.
Alessandro abbassò le mani sul tavolo e si sporse verso di lei. «Conosci la Grotta del Pescatore?»
«Sì, certo. Adesso stai per dirmi che i demoni si nascondono lì dentro?»
«No. Almeno non credo.» Scosse la testa e prese a rovistare tra i fogli che aveva davanti. «Comunque il mastro carpentiere mi ha chiesto il permesso di ampliarla. Solo che i due maghi che sono stati contattati non sono riusciti a tirar giù una delle pareti. Suona a vuoto, ma nessun incantesimo riesce a intaccarla.» Raccolse dei fogli e inforcò gli occhiali.
«E io che c'entro?»
«Ma come? Non volevi mettere alla prova le tue doti da maga?» chiese Guido, facendole l'occhiolino.
«Vuoi piantarla?» Strinse i pugni e spostò il peso del proprio corpo sui piedi, pronta ad alzarsi.
«Finitela di punzecchiarvi!» Alessandro sbattè il palmo sul tavolo e guardò accigliato entrambi. «Normalmente avrei incaricato Areina, ma lei non c'è. Quindi spetta a te.» Osservò due delle pergamene che aveva in mano, scartando le altre.
«Non sono un muratore.» Astoria si abbandonò contro lo schienale e a braccia conserte. «Anche se un po' di movimento non può farmi che bene.»
«Già, stai mettendo su un po' di pancia e...»
«Vuoi morire, vero?» Questa volta Guido non ne sarebbe uscito indenne. Le dita le formicolavano, ma l'amico alzò le mani in segno di resa e le voltò le spalle, tornando a sdraiarsi sul divanetto che si trovava in fondo alla stanza.
«Sorella, per favore.» Alessandro le porse uno dei fogli che aveva tra le mani. «Questa è la riproduzione di quanto è stato ritrovato sulla parete all'interno della grotta. Non sono un esperto di magia, ma quello sembra un sigillo.»
Astoria prese il disegno e lo osservò. Inclinò la testa prima da un lato, poi dall'altro. Le ricordava qualcosa, ma non ne era sicura. «Posso tenerlo?»
«Devi. Perché se non riuscirai a sgretolare quella parete, non so chi altri potrebbe farlo.»
Suo fratello era un adulatore. Le venivano in mente diversi nomi di maghi che potevano riuscirci, e Areina era in cima alla lista. «Va bene. Allora comincerò subito a studiarlo. È un sigillo, sì, ne sono sicura, ma è più complesso di quelli che sono abituata a vedere.»
«Fa' ciò che devi, sorella mia. Il regno è nelle tue mani.»
Astoria diede un'ultima occhiata al disegno e lo piegò. «Non esagerare.» Aggirò la scrivania, andando a baciare il fratello sulla guancia. «Ma grazie della fiducia.»
«E un bacino a me?» Guido si era messo sull'attenti, proprio di fianco alla porta.
«Per aver insinuato che sto ingrassando, meriteresti un bacio da una banshee» sibilò prima di uscire.
*****
Il boato segnò il crollo della parete e una nube scura uscì dalla bocca della caverna. Numerose persone tossirono e Astoria evocò una brezza dal mare per disperdere la polvere e rendere l'aria respirabile. Mosse il primo passo, sorridendo per la riuscita del suo incantesimo.
«Entrerò prima io» disse Eric, bloccandola con un braccio e tenendo gli occhi fissi nel buio dell'antro. Con una torcia in una mano e una corta spada nell'altra, varcò la soglia, e nessuno tra i presenti lo seguì.
Astoria scosse la testa ed evocò un globulo luminoso prima di seguirlo.
L'odore di pesce rancido misto a pece la investì in pieno. In un angolo erano ben piegate e ordinate le reti dei pescatori, mentre in un altro c'erano accatastate diverse nasse. Più all'interno si trovavano numerose piccole imbarcazioni che attendevano di essere riparate.
Sollevò la mano e diede più libertà all'energia del globulo, illuminando buona parte della grotta, compreso Eric, che lasciò cadere l'ormai inutile torcia.
«Dovevi aspettarmi fuori» ringhiò lui senza distogliere l'attenzione dalla cavità più interna e scura che si era formata in seguito al crollo. «Potrebbe esserci qualunque bestia, lì dentro.»
«Nel qual caso sarebbe già uscita a divorarci, hai ragione» aggiunse lei affiancandolo e facendo avanzare il globulo.
Riusciva a intravedere una grande pietra, dello stesso tipo di quella che costituiva la caverna, ma c'erano troppi detriti per poter entrare liberamente.
Eric ne spostò qualcuno con i piedi, senza togliere lo sguardo dalla fonte delle sue preoccupazioni. Riuscì ad avvicinarsi abbastanza da osservare l'interno della nuova cavità. «Sembra vuota, eccetto per quella roccia.» Indicò con la spada. «Avresti potuto fare meglio. Hai lasciato pietre troppo grandi.»
Astoria lo colpì con un manrovescio sull'enorme petto. Pentendosene subito dopo: il suo amico indossava un giaco di maglia che la costrinse a massaggiarsi il dorso.
«Se avesse prodotto delle pietruzze» gli disse «lo avrebbero chiamato 'incantesimo di sbriciolamento'. E poi non potevo essere molto precisa da quella distanza.» Indirizzò il globulo luminoso vicino all'entrata della piccola grotta e poterono entrambi dare uno sguardo più dettagliato a ciò che conteneva.
«Perché mai qualcuno avrebbe dovuto chiudere una pietra in una caverna?» le chiese anticipandola e scavalcando un cumulo di sassi.
«Un altare, Eric. Quello è sicuramente un altare» rispose, facendo cenno di entrare ai più coraggiosi tra i muratori che avevano varcato la soglia principale. Adesso bisogna capire che ci fa in una caverna in riva al mare.
«Allora sarebbe meglio attendere Areina» sbuffò Eric grattandosi la testa.
«Neanche per sogno» aggiunse Astoria aggirando un grosso masso ed entrando nella camera. Riuscì a liberare il braccio appena in tempo dalla morsa di Eric, che cercava di trattenerla. Sarebbe riuscita a venirne a capo da sola. E poi non è voluta venire.
Posò le mani sulla pietra: era fredda, inanimata, ruvida e polverosa. Ignorando le proteste mormorate dai muratori, intonò un incantesimo che rivelò diversi disegni intricati. Altri sigilli. Cosa può esserci di tanto importante?
«Vostra Altezza.» Il mastro carpentiere osò farsi avanti con voce tremante. «In fin dei conti non abbiamo bisogno di altro spazio. Perché non richiudiamo tutto e andiamo via? Anzi, facciamo crollare la Grotta del Pescatore. La costa è piena di queste caverne, ne troveremo altre.»
«Ma cosa dite?» Astoria si voltò sgranando gli occhi. Non poteva crederci. Si stavano arrendendo tanto facilmente solo perché non comprendevano cosa avessero davanti.
«Vostra Altezza, vi prego.» L'uomo indietreggiò a testa bassa, rivelando una calvizie incipiente. «Circolano voci su una camera segreta, maledetta dai demoni, nascosta in queste terre. Se proprio questa fosse...»
«Conosco la storia, mastro Ferdinando» lo interruppe Astoria, osservandolo di sottecchi. «E posso dire che non c'è alcun fondamento. Come i racconti che narrano della camera segreta contenente un uovo di drago a Castelnovo, per esempio.» Gli posò una mano sulla spalla e quando lui sollevò lo sguardo, Astoria cercò di infondere quanta più sicurezza poteva nel sorriso che gli rivolse. «Vi assicuro che farò attenzione, ma non posso lasciare la situazione in sospeso. Voltarsi e far finta di nulla non servirà a niente.» S'interruppe cercando di trovare una soluzione. Quelle persone avevano paura e lei poteva capirlo. «Chiederò a padre Giuliano di benedire di nuovo la grotta. Vedrete che la Luce della Dea veglierà su di noi e ci assisterà.» Quello era uno dei pregi della religione, portare conforto a chi non comprendeva. E anche forza per andare avanti. Da dove comincio?
I muratori, guidati e incitati da mastro Ferdinando, cominciarono a ripulire la grotta. Borbottii e occhiate spaventate serpeggiavano tra loro, mentre portavano fuori i detriti lasciati dall'incantesimo di sgretolamento.
«Non ci credi neanche un po'.»
Eric la fece trasalire e quasi perse l'equilibrio, quando calò la manona, con poca gentilezza, sulla sua spalla.
«Non dire idiozie» lo redarguì, spostandosi verso l'interno della camera piccola e tirandolo a sé. «Certo che farò del mio meglio perché non accada nulla.» Gli uomini, nella camera grande, stavano ancora lavorando e non si curavano di loro, ma solo del piccolo antro che si era appena aperto: una macchia oscura nella luminosa vita di Città Nuova.
Astoria mise la mole di Eric tra sé e il resto del mondo. Si appiattì contro di lui e si sollevò sulle punte dei piedi. «I sigilli sono stati apposti con la magia oscura» gli sussurrò all'orecchio.
«Ma tu sai come disfarli?» chiese a bassa voce.
Astoria scosse la testa. «Non ancora, ma sono fiduciosa. Piuttosto, mi preoccupa cosa potremmo trovare una volta disfatti.»
«Io lo so» le sussurrò, chinandosi per avvicinarsi di più. «Uscirà un bruttissimo demone e ci divorerà tutti.»
Un brivido le percorse la schiena. «Non dirlo neanche per scherzo» sibilò. Si spostò di lato per osservare la situazione all'interno della grotta: stava procedendo tutto senza apparenti intoppi.
Si portò la mano alla bocca, mordendo l'unghia del pollice. «Ammetto che potrebbe essere come dici, ma...»
«Visto? E allora lascia tutto così.»
«No.» Pestò un piede a terra e attirò l'attenzione degli uomini più vicini. Gli fece un sorriso e con uno svolazzo della mano li incitò a continuare. «Ho bisogno che mi aiuti. Devi trovare Lorcan e Clivia. Se trovi uno, trovi anche l'altro. Vorrei ci raggiungessero il prima possibile.» Osservò l'altare al centro della piccola camera interna: una nube scura si stava addensando su Città Nuova, ma Astoria non poteva lasciare la questione in sospeso. «E poi vorrei che sentissi cosa pensano le persone comuni di quanto accaduto. Sia a Città del Guado che qui.»
«Va bene.» Eric le poggiò la mano sulla spalla. «Partirò subito. Ma non toglierai i sigilli senza di me, vero?»
Astoria sorrise. «Non lo so. Ho visto quel tipo di sigilli sul trattato di Astarte, ma non ricordo bene a cosa sono legati. Quelli sulla parete erano complessi, ma riguardavano solo il luogo fisico. Questi, invece» guardò la pietra e ci passò la mano sopra, «potrebbero sigillare l'altare stesso, un oggetto o anche un'entità.»
«E tu vuoi lo stesso liberare ciò che racchiudono?»
«Prima vorrei studiarli meglio. Se dovessi pensare che potrebbe essere pericoloso li lascerei perdere.» Stava mentendo a se stessa, lo sapeva bene. Non avrebbe trovato pace fin quando non sarebbe riuscita a disfarli. Riportò lo sguardo su Eric; la barba scura e incolta gli nascondeva parte dell'espressione, ma era certa che fosse preoccupato. «Farai quello che ti ho chiesto?»
Eric annuì. «Tornerò appena avrò trovato Lorcan e raccolto informazioni.» Le batté la mano sulla spalla e andò via.
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