27 - Capitolo 14.3

Erano più vicini di quanto pensasse, dopo tutto, perché ricordava dalla mappa che il mare non doveva essere molto distante dal tempio. Avevano camminato poco e in salita ed era ancora possibile sentire il verso dei gabbiani accompagnato dal suono delle onde che si frangevano contro una scogliera, proprio come accadeva quando passeggiava vicino Castelnovo. Era abituata a viaggiare e restare lontana da casa, ma le mancavano i corridoi del castello, l'odore della pietra e quello delle pergamene che le teneva compagnia nelle lunghe giornate di studio in biblioteca.

«Eccoci arrivati, visto che avevo ragione?» Raziel era davanti a tutto il gruppo, con un braccio alzato nella direzione del tempio.

La facciata era scolpita nella pietra bianca del costone roccioso che ne faceva da struttura. Aveva due alte colonne e un drago era inciso nella parte più alta. Non aveva idea di quanto grande fosse l'ambiente all'interno, perché non ci era mai stata. Invece l'esterno era circondato dalla vegetazione del luogo, tranne lo spazio davanti alla facciata e al quale si arrivava dal sentiero: era ricoperto di polvere bianca come la pietra di cui era costituito il tempio.

Astoria non riusciva a ingoiare e trovava difficile anche fare un respiro profondo, di cui però sentiva la necessità.

«Ehi, non ci starai ripensando, vero?» chiese Eric poggiandole una mano sulla spalla. «Perché abbiamo fatto tanta strada e ormai sono anche curioso di sapere come va a finire.»

Finalmente riuscì a inghiottire e a fare il profondo respiro che agognava. Certo che non ci avrebbe ripensato. Sarebbe andata fino in fondo. Per Sofia. E per il regno. Troppe persone dipendevano da quanto sarebbe accaduto una volta varcata quella soglia. «Andiamo.»

Avrebbe voluto prendere la mano di Sofia, che le si trovava di fianco. Allungò un po' le dita, ma non la trovò e non cercò di capire, voltandosi, se si fosse allontanata o semplicemente erano troppo distanti.

I passi cominciarono a echeggiare nella sala lastricata della stessa pietra di cui erano costituite le mura. C'erano dei bracieri accesi che illuminavano l'interno riempiendolo dell'odore forte del cisto.

Ci siamo.

Fermarono i propri passi solo in fondo alla sala, dove una tenda blù ondeggiava lenta, come sospinta da una brezza della quale, però, Astoria non avvertiva la presenza. Lanciò un'occhiata a Sofia, aveva lo sguardo fisso sulla stoffa che avevano davanti.

«Ora che si fa?» chiese Eric, e il suono della sua voce rimbalzò sulle pareti.

«Aspettiamo» sussurrò la principessa, passandogli una mano sul braccio.

La tenda si agitò di più e tra le sue pieghe comparve una donna. Portava un abito senza maniche, blù e lungo fino ai piedi scalzi. Anche i capelli erano lunghi, neri e lisci. Lei era giovane, troppo per essere un oracolo, almeno per quanto si aspettava Astoria, perché in realtà non ne aveva mai visto uno. Fino a quel momento non sapeva neanche che tipo di persona si sarebbe trovata davanti. Sempre che l'Oracolo fosse proprio lei.

La donna avanzò, senza produrre rumore, e si fermò a pochi passi da loro. Era alta. Li osservò, uno a uno, lasciando per ultimo Raziel. Incurvò le labbra verso il basso e disse: «Tra queste mura regnano la Luce e la pace. La guerra è terminata da molto tempo, perché sei qui?»

Questa non se l'aspettava. Si voltò verso il demone, che non stava sorridendo, ma si portò una mano al petto e fece un inchino. «Infatti non sono venuto per combattere, venerabile Elkhiffa. Attualmente svolgo il compito di semplice guardiano.»

Il cuore di Astoria si fermò. Quindi era vero. Raziel era fin troppo coinvolto nella faccenda e a giudicare dalle parole udite, forse non era stata una buona idea consultare l'Oracolo portandoselo dietro. Avvertì qualcuno stringerle la mano, era Sofia. Voleva tranquillizzarla, in fondo si trattava di lei, della sua vita, e le rivolse un sorriso, sperando di apparire più serena di quanto non fosse in realtà.

«Non è la benvenuta, in questo luogo» riprese la donna. «Nessuno di voi lo è.» Scrutò di nuovo ogni presente. «Non in sua compagnia.» Aveva di nuovo piegato le labbra verso il basso, soffermandosi su Sofia. «Andate via.» Diede loro le spalle e s'incamminò verso la tenda.

L'amica strinse di più la mano della principessa che si liberò dalla presa e fece due passi avanti. «Un momento. Aspetta. Non puoi congedarci in questo modo.»

La venerabile Elkhiffa si fermò e si girò. «Ah, no?» Gli occhi erano diventati due fessure; puntati su di lei, li sentiva scavarle dentro, in cerca di qualcosa. Graffiavano e pungevano. Le mancò il respiro; indietreggiò e tornò al suo posto. Ma che cosa sta succedendo? Chi è questa donna?

L'Oracolo tornò a fronteggiarli tutti, con un angolo della bocca sollevato.

Inspirò e l'odore del cisto le pizzicò le narici. Non poteva tirarsi in dietro. Non al punto in cui erano arrivati. Non dopo quanto avevano rischiato per arrivarci. Tentò di muovere un passo avanti, ma si fermò. Quella donna diceva di appartenere alla Luce, ma la sensazione che aveva dentro la stava mettendo in guardia dall'avvicinarsi.

«Venerabile Elkhiffa, siamo qui per chiedere consiglio.» Le parole le uscirono dalla bocca, quasi tirate fuori da una forza invisibile.

La donna si portò una mano alla bocca e rise. E la risata echeggiò contro le pareti, schernendoli e circondandoli.

«Oh, no, davvero?» Smise di ridere, abbassando di nuovo la mano lungo il fianco. «Voi avete già preso una decisione. Da me volete avere solo conferma o smentita di quanto pensate di sapere, per poi agire come meglio credete. E vi dico che non immaginate neanche l'empia natura di chi vi sta accompagnando.»

Disprezzo. Era l'unica cosa che Astoria leggeva su quel volto.

«Se stai parlando di lui,» intervenne Eric indicando Raziel, «sappiamo benissimo chi è.»

Chiudi la bocca, stupido. Avrebbe dovuto fare un bel discorso con lui, una volta usciti di lì.

«Venerabile» intervenne Lorcan. «È vero che Sofia non è una donna come tante, ma ho avuto modo di conoscerla e di appurare che realmente non ricorda il proprio passato. Adesso è una figlia della Madre, come tutti noi, e potrebbe cominciare un cammino illuminato dalla Luce.»

La risata di Elkhiffa echeggiò ancora una volta. «Tu credi?» Fece un passo avanti, assottigliando lo sguardo. «Proprio tu, Lorcan Korrigan.» Gli puntò contro un dito. «Tu, che porti la Luce della Dea al tuo fianco. Tu, che hai dubitato della Madre e ancora ne dubiti, qui, davanti a me.»

«Io non dubito della Dea, io...»

«Silenzio» lo interruppe alzando la voce e la mano. Li osservò, sorridente. «Ho deciso che, dopotutto, qualcosa ve la dirò. La donna che sperate di cambiare, di redimere, di salvare,» soffermò lo sguardo su Astoria, «è più che una mera Custode. Dunque, udite le mie parole.» Fece un passo indietro e sollevò gli occhi, aprendo le braccia e con i palmi delle mani rivolti verso l'alto. La tenda, le vesti e i capelli di Elkhiffa cominciarono a ondeggiare, e così anche le fiamme nei bracieri, che crepitarono diffondendo ancora di più l'odore del cisto. «Non si può forzare l'ordine naturale. Non si può violare la propria natura. Non si può contravvenire al proprio destino in virtù di un libero arbitrio che non ha ragione di esistere.» Abbassò le braccia e rivolse loro un altro sorriso di scherno, indietreggiando e sparendo nelle pieghe della tenda.

Ci fu silenzio.

«Quindi?» chiese Eric guardando gli amici.

Lorcan aveva lo sguardo basso e clivia gli occhi fissi sul luogo dove Elkhiffa era svanita. Raziel era indecifrabile, come sempre. Non ebbe il coraggio, invece, di guardare verso Sofia. Non ancora.

«Usciamo di qui. Ho la nausea.» Astoria si sentiva soffocare. L'Oracolo aveva confermato ciò che già sapevano, ma aveva anche detto qualcosa di più. Guardò verso il demone, di sfuggita; aveva detto e fatto sapere più di quanto era trapelato fino a quel momento.

La luce del Sole risultò abbagliante, dopo quella dei bracieri.

«Che mi dici dell'Oracolo?» chiese Lorcan rivolto a Raziel. «Non mi è sembrato ci fossi in buoni rapporti. Magari s'è indispettita di più a causa tua.»

«Può essere.» Il demone si strinse nelle spalle. «In passato io ed Elkhiffa abbiamo avuto diversi scambi d'opinione poco civili, per questo hai avvertito dell'acredine tra noi.»

«Chiamala pure 'acredine', ma a me sembrava che...»

«Il mio guardiano?» li interruppe Sofia avvicinandosi ai due. «Quindi tu mi conosci. Non puoi continuare a negarlo.» Gli urlò contro.

«Io non l'ho mai negato» rispose il demone scuotendo la testa. «Ho sempre detto che non era il momento di parlarne, tutto qui.»

«Però adesso non puoi continuare a tacere» intervenne Clivia. «Ormai è chiaro che tu hai, o hai avuto, un ruolo in tutto ciò.»

«È vero, dobbiamo parlare» disse sorridendo. «Ma, a costo di sembrare scortese, devo rimandare.»

Astoria ne aveva abbastanza. Aprì la bocca, per gridargli in faccia cosa pensava di lui, ma il demone alzò una mano per zittirla e diede le spalle a tutti. «Avanti, vieni fuori. So che ci sei» canticchiò rivolto agli alberi.

L'aria davanti a loro tremò, divenne opaca e prese forma la figura di una donna dai lunghi capelli neri, vestita di grigio, bella e dai lineamenti sottili. Non è possibile. È tornata. Un brivido le percorse la schiena, gelandole il sangue. Quella era Areina. Ma la visione durò solo un battito di ciglia.

«Dove sono finiti?» Clivia sfoderò la spada lunga e fece un passo avanti. Erano spariti entrambi i demoni.

Anche Eric sfoderò la spada, quella corta, e si affiancò a Lorcan, che già stringeva la Luce della Dea. Astoria aveva i brividi. Stava per accadere qualcosa. Tutto il suo corpo glielo stava urlando.

«Sono ancora qui.» Sebbene Sofia avesse sussurrato, la sua voce ruppe il silenzio. «Si muovono. Sono veloci. E si trovano qui, anche se non li vedete.»

«Vuoi dire che si stanno battendo nel Piano Astrale?» chiese Clivia. Era passata a impugnare la lama con entrambe le mani e, come gli altri, aveva gli occhi spalancati; spostavano lo sguardo in ogni direzione, senza poter vedere nulla.

A piccoli passi, stavano cercando di avvicinarsi tra loro e Astoria si mise al fianco di Sofia. «Se senti che cambia qualcosa dimmelo.» La giovane annuì. Stava stringendo la camicia, all'altezza del petto premendoci contro.

Non stava andando bene. Affatto. Avrebbe dovuto pensare a un incantesimo difensivo, tenerlo pronto, ma la presenza dell'amica da proteggere e l'atteggiamento che aveva la distraeva.

«C'è qualcosa che non va, lo sento» sibilò Clivia.

«No!» urlò Sofia. «È successo qualcosa. È successo qualcosa.» Si premeva le mani sul petto, al centro, e guardava nel vuoto con gli occhi spalancati.

«Calmati e spiega.» La principessa la prese per le spalle.

«No. No» urlò. Si era lasciata cadere sulle ginocchia e continuava a premere entrambe le mani contro il petto. «Non ci sono più. Non lo sento più.»

«Che dici? Cosa?» Il cuore di Astoria stava per schizzarle fuori dal petto. Forse il demone dentro Sofia stava reagendo a qualcosa. Forse stavano per essere attaccati da qualche altro mostro. «Calmati. Siamo tutti qui e...»

Una macchia scura occupò la visuale, subito sostituita dalla mole di Eric; le passò davanti cadendo e finendo in ginocchio sul terreno, per evitare Sofia.

«Yemizewi!» sibilò una voce, che di umano non aveva nulla. Erano nei guai. Enormi guai.

Si voltò.

Poco distante da loro si trovava un essere del tutto nero. Aveva le sembianze di un uomo tozzo, dalle spalle larghe, con gambe corte e arcuate e braccia muscolose, lunghe e dotate di artigli. La testa aveva un unico occhio verde e una bocca irta di denti con la lingua, lunga e verde, che penzolava tra le fauci. Era lì, a osservarli, con un braccio ferito all'altezza della spalla, da cui colava del liquido denso e nero.

Sofia singhiozzava, da qualche parte lì vicino, ma Astoria non riusciva a distogliere lo sguardo da quella creatura mostruosa. È un demone. Pensa. Concentrati.

«Portala via di qua.» Clivia, con una mano, aveva tirato Sofia, per farla alzare, e gettarla tra le braccia di Astoria. Intanto Eric si era rialzato, urlando e caricando il demone, insieme a Lorcan.

Il gelo abbandonò la principessa. Prese Sofia per mano e si diressero verso gli alberi. La lasciò cadere a terra e si girò verso gli amici. Un urlo stridulo lacerò l'aria: il demone nero era circondato e Clivia era riuscita a tagliargli un braccio. Con gli artigli parò il colpo di Lorcan, ridendo, mentre una macchia nera si sollevò dal terreno cercando di avvolgere la mezz'elfa. Eric si voltò verso l'amica, per aiutarla a liberarsi dalle spire nere che la stavano avvolgendo.

Rifletti. Cosa serve ora? Si morse un labbro.

Il chierico ricaricò il colpo, ma il demone cominciò a ridere e dagli artigli si liberarono tre sfere di luce azzurra, ognuna delle quali si diresse verso uno di loro.

Sì. Ghiaccio. La principessa richiamò le energie fredde dal Piano Astrale. Forse sarebbe riuscita a fermare quelle sfere, ma non riuscì a essere abbastanza veloce. I suoi amici furono colpiti e sbalzati all'indietro. Stanno bene. Continua. Non si fermò, l'energia stava aumentando, l'avrebbe usata comunque, anche se le stava congelando le mani.

Il demone ridacchiò ancora e diresse il moncone nero verso Clivia. L'ombra che le avvolgeva la spada scivolò via, ricongiungendosi con il suo padrone e prendendo la forma del braccio che era stato tagliato.

Ora. Liberò l'energia sottoforma di dardi di ghiaccio che colpirono il demone, trafiggendolo a una spalla, al collo e a entrambe le gambe. Sibilò e si accasciò a terra.

«Ce l'hai fatta. È morto.» La voce di Sofia tremava, c'era una vena di speranza, ma Astoria agitò le mani e se le strofinò, in cerca di un po' di calore e per riprendere sensibilità. Non aveva tempo. I suoi amici si stavano rialzando, ma anche il demone, scosso com'era da una risata acuta.

Si alzò e roteò la testa, cacciando la lingua tra i denti e puntando l'occhio verde contro di lei. «Ah, wetati, non ci siamo.»

Non aveva tempo. Non sarebbe riuscita a richiamare sufficiente energia. Infilò la mano nella tracolla piccola che portava al fianco ed estrasse una sfera. La lanciò. Il demone alzò una mano, senza fermarsi e la strinse. Gli esplose tra gli artigli, senza produrre altri effetti se non uno sbuffo di fumo. «E adesso...» le parole divennero un sibilo acuto, quando la spada di Eric gli spuntò dal torace. Il demone strinse la lama con entrambe le mani e la tirò forte, facendola sfuggire dalle mani del guerriero. «Fottuto bastardo» inveì l'amico.

Il torace di quel mostro divenne simile a un liquido, quando sfilò la spada, lasciando passare anche l'elsa dalla ferita, e poi lanciandola lontano.

Un lampo di luce bianca accecò Astoria, che si coprì gli occhi e udì il demone urlare. Quando li riaprì, c'erano fiamme argentate che lambivano il corpo nero, che si contorceva, mentre Lorcan aiutò Eric a rialzarsi. Forse stavolta è finita.

Si voltò verso Sofia, stava guardando la scena e ancora non aveva tolto il pugno dal petto. Forse era successo qualcosa al sigillo. Respirava in modo troppo veloce e a bocca a perta. Fece un passo verso di lei, ma non riuscì a muoversi. Si guardò i piedi ed erano avvolti in spire nere che uscivano dal terreno. Urlò, mentre si trasformavano in mani artigliate. Una le penetrò la carne della gamba, l'altro la strinse al collo, avvolgendosi come un serpente e soffocandola. Non riusciva neanche più a sentire le proprie urla. Sentiva un peso sul torace, che le impediva di respirare, e la gola bruciava. Intravide il demone rialzarsi e dissolvere le fiamme, poi tanti puntini colorati le offuscarono la vista. E finalmente riuscì a respirare. L'aria le entrò dento come una lama. Ne voleva ancora.

Sentiva urlare, ma non capiva chi fosse. Era a terra, in ginocchio e con una mano al collo.

«Sta' ferma.» Era la voce di Clivia, ma lontana. «Stai perdendo troppo sangue.»

Avvertì un formicolio lungo la gamba e poi una sensazione di calore. Riuscì a capire, finalmente, cosa stava accadendo. «È morto? Stiamo tutti bene?»

La mezz'elfa scosse la testa, senza distogliere lo sguardo dalla ferita alla gamba che stava curando.

Un suono, come di frusta, lacerò l'aria. Astoria diresse lo sguardo in quella direzione e vide Eric e Lorcan a terra e il demone, ghignante che si dirigeva verso di loro.

Non riuscì neanche a preparare un incantesimo o a difendersi. Fu afferrata per un braccio e colpì il terreno. Sentì Clivia urlare e alzò la testa. L'amica era sollevata da terra, presa per il collo da quel mostro. Si dimenava, cercava di liberarsi, ma invano.

Astoria cominciò a richiamare a sé le forze del vento. Non poteva rischiare di ferire Clivia, ma doveva tentare di liberarla. E doveva anche avvicinarsi di più. Riuscì a fare pochi passi, perché la gamba non era guarita del tutto e continuava a perdere sangue. Lanciò l'incantesimo. Doveva essere una raffica di vento abbastanza forte da far perdere l'equilibrio al demone, ma così non fu e fu lei a cadere a terra. Non aveva più forze e la vista le si stava annebbiando.

Qualcuno la sollevò, aiutandola a stare seduta. Era Sofia: si tolse la cintura e la strinse intorno alla ferita. Astoria gridò per il dolore, ma sapeva che l'amica stava cercando di salvarle la vita.

Un urlo strozzato provenne da Clivia. Il demone le aveva infilato gli artigli nel ventre. Li estrasse e li osservò. «Voi meticci siete i più saporiti. Non capirò mai perché alcuni vi disprezzano tanto» sibilò e leccò via il sangue che gli colava dalla mano e lungo il braccio.

«Astoria. Cosa possiamo fare?» chiese Sofia. Tremava, riusciva a malapena a reggerla.

«Pregare. Possiamo solo pregare» rispose, sentendo la propria voce rotta dal dolore, fisico e mentale. Non avevano scampo. Quel mostro era troppo forte per loro. Strinse il terreno e la polvere le si infilò sotto le unghie.

Il demone abbassò Clivia fino a farle toccare i piedi a terra, ma continuava a sorreggerla per il collo, sebbene lei non si agitasse più, se non per qualche spasmo.

Il ghigno irto di denti si allargò di più e si aprì ampio quasi quanto l'intero volto.

Astoria distolse lo sguardo. Non può finire così. Strinse gli occhi, fino a sentire dolore e sentì le lacrime colarle lungo il viso.

«Basta così, Murtang.»

Il demone sibilò. Era tornata Areina, proprio al fianco di Clivia.

«Ho quasi finito» replicò il demone.

«E io ho detto che devi smetterla» aggiunse l'altra. Si guardò intorno, soffermandosi su Astoria e Sofia. «Abbiamo poco tempo. Dovevi solo portarla via» concluse.

Che cosa ne è stato di Raziel? Mai come in quel momento, aveva desiderato la sua presenza.

«Mi hanno aggredito.» Murtang fissò l'occhio sulla sua preda e poi lo roteò verso di loro, lanciando via Clivia, che cadde come una bambola di pezza. «Ed era compito tuo darmi abbastanza tempo» sibilò e riportò la sua attenzione su Areina. I due demoni si fissarono in silenzio. «E sia. Andiamo» aggiunse. Sparì e riapparì proprio di fronte ad Astoria, che urlò e si spinse all'indietro, per allontanarsi, ma il mostro sparì, insieme ad Areina. La principessa avvertì un vuoto dentro, il cuore sembrò fermarsi e si voltò: avevano portato via Sofia.

Strisciando, riuscì a raggiungere Clivia e le fece bere una delle pozioni che aveva portato con sé, da una piccola fiaschetta. La mezz'elfa si lamentò, ma riuscì a ingoiare. «Presto starai meglio, amica mia.» Ne bevve anche lei e alzò lo sguardo. Lorcan si era messo a sedere e stava scuotendo la testa. Eric era ancora disteso.

«Come state, lì?» chiese il chierico cercando di alzarsi.

«Ce la siamo vista brutta, ma ce la caveremo. Voi?» Accarezzò il viso di Clivia; gli occhi erano chiusi, ma respirava in modo regolare.

«Anche io me la caverò. Vado a dare un'occhiata a Eric.»

Astoria osservò il chierico chino su di lui, lo udì pregare e lo vide aiutarlo a rialzarsi. Entrambi si avvicinarono a loro e lo sguardo di Lorcan vagò, in cerca di qualcosa o qualcuno.

«L'hanno portata via» riuscì a dire la principessa, senza credere alle parole che stava udendo. «Non ho potuto fare nulla. Non me ne sono neanche resa conto.» Si portò una mano sulla bocca e si sforzò di non singhiozzare. Quello non era il momento. Dovevano riorganizzarsi.

«Non è colpa tua.» Eric era al suo fianco. Si abbassò, le poggiò una mano sulla spalla e la costrinse a guardarlo alzandole il viso. «Non è colpa di nessuno di noi.»

Aveva ragione, ma Sofia era vicino a lei. E sempre lei aveva deciso di andare al Tempio della Sabbia.

«Quel brutto muso era troppo forte per noi, ma come mai siamo ancora vivi?» chiese Lorcan.

Clivia si agitò e aprì gli occhi. Astoria ed Eric l'aiutarono a sedersi.

«È andato via» disse la principessa portando le ginocchia al petto e stringendole. «Stava per... Stava per uccidere Clivia, ma è tornata Areina e sono andati via.»

«Così? All'improvviso?» chiese Eric.

Astoria scosse la testa. «A quanto ho capito Murtang, il demone nero, doveva prendere Sofia e portarla da qualche parte. Areina, invece, credo avesse il compito di allontanare Raziel da noi.»

«Quindi potrebbe essere morto?» chiese Lorcan, battendo il pugno nell'altra mano e sollevando le sopracciglia.

«Non ne ho idea» rispose la principessa alzandosi, «ma, in tutta franchezza, spero proprio di no. Se Murtang, o uno come lui, dovesse attaccarci ancora, non so proprio come potremmo mai difenderci.»

Clivia si alzò, accettando la mano tesa del chierico e sorridendogli. «La penso anche io così. Ce la faccio a camminare, voi?» si guardò intorno, ma annuirono tutti, Astoria compresa. «Conviene ritornare alla spiaggia, dove ci sono i draghi, riprendere le forze e decidere cosa fare.»

In silenzio, percorsero il sentiero verso il mare. I draghi erano lì, acciambellati al Sole.

Eric recuperò i bagagli che avevano lasciato vicino agli alberi e li portò dove si trovavano tutti loro. Astoria recuperò una fiasca contenente un liquido dorato e ne bevve un sorso, passandola poi a Clivia. «Bevine un sorso» disse. Fatelo tutti. Vi ristabilirete più in fretta.»

«Sembra piscio di cavallo» disse Eric, asciugandosi la bocca con la mano e passando la fiasca a Lorcan.

«Perché? Lo hai mai bevuto?» chiese il chierico facendo un sorso a sua volta e asciugandosi la barba. «Ma cos'è? Ha ragione lui. Fa schifo. E io di schifezze ne ho bevute parecchie.»

«È meglio non sapere cosa ci ho messo dentro, credetemi» rispose Astoria. «Di certo, però, non era piscio di cavallo.» Quella era una vecchia pozione di cui aveva letto su uno dei libri che le aveva prestato Areina. Quel demone non era stato solo un problema, ma in relatà le aveva dato molti spunti interessanti su cui studiare. Rimpiangeva quasi la sua presenza al castello. E se ne vergognava.

«Perché l'hanno presa?» chiese Eric togliendosi gli stivali e dirigendosi verso la riva. «Mi sarei aspettato una cosa del genere da Raziel. Oppure che ci provassero insieme. Ma hai detto che non erano d'accordo, giusto?» Arrotolò le falde dei pantaloni e immerse i piedi in acqua.

Astoria alzò le spalle. Ci stava pensando da quando erano in cammino sulla via del ritorno. «A quanto sembra, ci sono almeno due fazioni tra i demoni e Raziel e Areina non appartengono alla stessa. Potrebbe essere un vantaggio per noi.»

«È vero» la interruppe Lorcan puntandola con il dito. «Hai ragione. Potrebbero ammazzarsi a vicenda e farci un favore. Magari ce lo leviamo di torno una volta e per sempre.» Si guardò intorno, rigirandosi sul posto e alzando lo sguardo per aria. «Strano. Di solito, quando parlo male di lui, sbuca sempre fuori con una delle sue battute. Vuoi vedere che quella megera l'ha davvero fatto secco?»

«Ma Sofia? Le faranno del male, vero?» chiese Eric senza distogliere lo sguardo dal mare.

Astoria deglutì. La pozione che aveva bevuto le aveva lasciato la bocca viscida e amara. «Spero di no, ma c'è ben poco che possiamo fare.»

«Tipo?» chiese Clivia. Si stava togliendo di dosso la leggera armatura di pelle, restando con la camicia scura che portava di sotto. «La aspettiamo qui? Torniamo indietro? Fino a dove?» Si diresse anche lei verso il mare e si voltò, guardando la principessa.

Il Sole era quasi tramontato. «Domani torneremo a Nuova Città. Devo consultarmi con mio fratello e capire come agire.» Non vedeva alternative. Attendere in quel luogo sarebbe stato inutile, perché, seppure Raziel fosse stato ancora vivo, non era affatto detto che tornasse da loro, né che Areina e Murtang riportassero in dietro Sofia.

La mezz'elfa annuì e si allontanò verso la riva e oltre. Quando l'acqua le arrivò ai fianchi, vi si immerse del tutto, fino a scomparire.

«Vai anche tu a fare un bagno» borbottò Lorcan indicando il mare con un ccenno del capo. «Accenderò un fuoco e vi raggiungerò.

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