25 - Capitolo 14.1

La speranza è per chi spera.

O per gli ingenui.

(il Bardo Mendicante)



Era vero, erano arrivati a notte fatta, ma Astoria riusciva a pensare solo a Sofia. Raziel l'aveva portata via dal terreno dello scontro ed era la cosa più sensata da fare, ma una piccola parte di lei aveva il timore di non rivederla più. Essere una Custode, forse l'ultima, poteva significare molto per i demoni e i piani di Raziel non erano mai stati chiari.

La testa le pulsava ancora, anche se non era più forte come prima. Si girò sull'altro fianco, ritrovandosi a fissare Clivia che dormiva. Sospirò. Un'azione sensata da fare in quel momento era senz'altro riposare. Ne aveva bisogno, perché gli incantesimi usati erano stati abbastanza potenti da lasciarla con poche forze e avrebbe dovuto mangiare e dormire. Ma non era riuscita a mandare giù neanche un boccone, a differenza di Eric e Lorcan, e non riusciva a prendere sonno in modo profondo come aveva fatto la sua amica.

Udì due ruggiti in lontananza. Taro l'avrebbe aiutata, ne era certa, era un vecchio amico di Alessandro e si era sempre reso disponibile a qualunque richiesta. Restava da verificare se, senza Sofia, avesse ancora avuto senso raggiungere Trinacris a dorso di drago.

Sospirò e si sistemò sulla schiena, portando le braccia dietro la testa e osservando il soffitto illuminato dalla tenue luce che proveniva da fuori; quando possibile, sceglieva camere che davano sulla strada, le piaceva non essere del tutto immersa nell'oscurità.

Si alzò e andò alla finestra che avevano lasciato aperta. Sperò che le assi del pavimento non scricchiolassero sotto i piedi nudi, le mancava solo doversi sentire in colpa per aver svegliato Clivia.

"A Feria i viandanti non dormono mai", ed era vero. Non c'era la folla del mattino, ma la strada non era deserta. Due uomini armati stavano dirigendosi verso il porto, un nano dall'elmo cornuto barcollava in fondo alla strada e una persona vestita di nero e incappucciata stava uscendo dalla locanda, non prima di aver osservato la strada a destra e sinistra almeno due volte.

Astoria strinse gli occhi. Poteva essere Raziel, ma lui non aveva bisogno di entrare e uscire dalle porte, soprattutto se doveva farlo in modo tanto sospetto. Però, solo per un attimo, aveva desiderato davvero che fosse lui.

La familiarità del luogo non riuscì a calmarla e neanche la calda luce rossastra che proveniva dalle fiaccole accese. Inspirò l'aria salmastra e immota. Era ancora vicina a casa; la presenza del mare le infondeva sicurezza ed era il motivo che la spingeva a seguire itinerari che non se ne allontanavano, almeno quando una scelta del genere era possibile.

Si massaggiò le tempie e poi passò le mani sul viso. Non poteva trascorrere la notte sveglia, non dopo una giornata come quella appena terminata e con la prospettiva di un volo lungo almeno un paio di giorni. Si avvicinò alla tracolla appoggiata sul baule e ne estrasse una fialetta argentata. La agitò e riscaldò tra le mani e poi la vuotò in un unico sorso. L'amaro che le invase la bocca e le scese lungo la gola le provocò un brivido. Le pozioni avevano sempre un pessimo sapore, ma almeno svolgevano molto bene il proprio lavoro, senza attingere forza da qualcuno.

Andò a sdraiarsi e diede un'ultima occhiata all'amica: non si era svegliata.

Chiuse le palpebre; la mente stava svuotandosi dei pensieri e presto sarebbe sopraggiunto un sonno senza sogni che le avrebbe concesso un po' del riposo di cui aveva bisogno.

Quando riaprì gli occhi, il Sole entrava dalla finestra e Clivia era in piena attività, già pronta e fasciata negli abiti verdi e neri del giorno prima e di tutti gli altri che l'avevano preceduto.

Le donne umane ammiravano non poco la naturale tonicità del corpo delle mezz'elfe. Astoria era convinta che parte del risentimento che alcune di loro mostravano per le persone come la sua amica derivava proprio dall'invidia provata, più che dalla diversità vera e propria.

Lo stomaco le brontolò. Doveva mangiare, e anche in fretta, perché correva il rischio di perdere i sensi e poi sorbirsi una paternale da Lorcan e una ramanzina da Clivia. Per non parlare della descrizione dei benifici legati al cibo, specialmente quello più grasso e sostanzioso, che le sarebbero stati elencati da Eric.

«Buongiorno» disse mettendosi seduta e cercando con lo sguardo stivali e cintura. Erano proprio a piedi del letto, ma era ancora intontita dall'effetto del sonno indotto dalla pozione ed era meglio muoversi con cautela perché ogni movimento brusco le provocava le vertigini.

«Buongiorno» replicò Clivia ripiegando una mappa. «Stavo studiando i percorsi da qui a Trinacris. Dovendo attraversare il mare, sarebbe necessario trovare una nave. Ma ricordo che avevi accennato al fatto che avresti potuto procurarti dei draghi.»

Astoria si strinse nelle spalle. «Taro ce li fornirà senza problemi, ma ci serviranno?» Infilò gli stivali e allungò un piede per avvicinare la cintura. Emise un lamento. «Dove ho lasciato il mio corpetto?»

«È proprio lì, sul baule e vicino alla tua borsa. Hai preso il latte di Luna, vero?» Prese il corpetto di cuoio e glielo passò. «Se solo provi a non mangiar nulla...»

«Ti prego, Clivia» piagnucolò interrompendola e scuotendo la testa, pentendosene subito dopo. Se lo infilò e cominciò a stringere le piccole cinghie sul davanti. «Giuro che mangerò. Ieri sera ero troppo agitata, ma ora sto bene, deve solo passare l'effetto della pozione e poi sarò come nuova.»

«Ci conto, perché dobbiamo decidere come muoverci, nonostante il tuo pessimismo mattutino.» Le tese la mano e l'aiutò ad alzarsi. «Ce la fai?»

«Per adesso sì. Eric e Lorcan?» Riuscì a camminare senza barcollare. Stava meglio di quanto credesse.

«Credo siano già nella sala comune. È abbastanza tardi, almeno per le nostre abitudini, ma non me la sono sentita di svegliarti prima.»

Astoria osservò il lungo corridoio pieno di porte. Forse Clivia aveva ragione, il suo umore era dovuto alla stanchezza.

Scesero le scale ed entrarono nella sala comune; non era piena come di consueto, doveva aver dormito parecchio più del solito. Individuò il tavolo dove erano seduti i suoi amici, in compagnia di Sofia e Raziel.

«Visto? Avevo ragione» le disse Clivia dandole una pacca sulla spalla e dirigendosi al tavolo.

Il cuore le mancò un battito e deglutì. Erano proprio lì, davanti a lei. Dopotutto Raziel non era quell'essere ignobile che spesso lasciava apparire. L'aveva tenuta al sicuro.

Sentì la rabbia verso il demone montarle dentro, prendendo il posto del sollievo provato. Avrebbe voluto picchiarlo, incenerirlo e congelarlo. Era stata tanto in pena per colpa sua. Non poteva passarla liscia in quel modo.

Strinse i pugni e si morse il labbro. Suo fratello non avrebbe approvato un comportamento del genere e aveva ragione. Ma Raziel aveva stampato sul viso quel sorriso odioso e solo gli occhi imploranti di Sofia riuscirono a distrarla dai suoi propositi omicidi.

La ragazza si alzò e le corse in contro, abbracciandola e stringendola. «Come sono contenta che state tutti bene. Ero preoccupata.»

La principessa le accarezzò i capelli, stringendola a sua volta, ma non perse di vista il demone, che stava facendo finta di nulla e chiacchierava con Eric. «Anche io sono stata in pena per te. Sono felice che tu stia bene.»

«Astoria,» disse Eric quando furono tutti seduti, «stavo raccontando di come abbiamo fatto fuori quel dannato mostro.» Batté un pugno sul tavolo e con l'altra mano mimò un affondo. «È stata dura. Continuava a rialzarsi anche se gli tagliavamo una zampa. E due. E anche tre.» Partirono dei fendenti con il taglio della mano. Non erano di certo taglienti, ma le braccia del suo amico erano abbastanza lunghe da colpire qualcuno seduto al tavolo.

«Bravo, Eric» intervenne Raziel battendo le mani. «Così si fa. Certo che ce ne avete messo di tempo.»

«Se avessimo avuto una mano» intervenne Lorcan scrutandolo da sotto le sopracciglia folte e rosse, «forse avremmo finito prima. Cosa avevi di tanto urgente da filartela a quel modo?»

Dannazione, Lorcan e le sue battute. Astoria non aveva il tempo né la voglia di sedare una rissa come quella del giorno prima. Un cameriere aveva appena portato un tagliere con del cibo sopra. Afferrò un pezzo di pane e cominciò a mangiarlo, insieme a del formaggio con il miele.

«Io, non me la sono 'filata'.» Con i gomiti sul tavolo, il demone aveva incrociato le mani e ci aveva poggiato il mento. «Ho avuto fiducia in voi: vi ho dato la possibilità di battere quella bestiaccia e ho messo al sicuro l'elemento più debole del gruppo. Mi sembrava talmente ovvio che non ho ritenuto di doverlo spiegare.»

Il rumore del boccale che colpì il tavolo attirò l'attenzione dei pochi occupanti della sala, seduti più vicini all'uscita che a loro. Astoria smise di masticare e, a bocca piena, passò in rassegna ognuno degli occupanti del proprio tavolo: sguardi tesi, pugni chiusi e labbra serrate. Intanto Raziel fissava Lorcan, e Lorcan fissava il boccale.

«Ho visto i draghi. Da vicino.» Fu Sofia a spezzare la tensione, aveva battuto le mani e si era alzata, troppo in fretta, facendo rovesciare la sedia. «Be', non proprio, ma Raziel mi ha portata a vederli in quella specie di arena.» Aveva gesticolato verso l'uscita e si era voltata per raccogliere e riposizionare la sedia; stava sorridendo guardando tutti, ma non con gli occhi.

Però, ne aveva di coraggio. Astoria non avrebbe mai creduto possibile che si inserisse in una discussione tra quei due.

«E mi ha fatta pranzare. E anche cenare» continuò arrossendo e sedendosi, ma la principessa apprezzò molto il suo gesto. E anche quello di Raziel, per essersi preso cura di lei. «Ero preoccupata per voi, ma sono stata bene. Tutto sommato, sì, sono stata bene, certo» aggiunse a voce più bassa e portando lo sguardo alle mani che aveva infilato sotto al tavolo.

«Ah, bene» intervenne Lorcan senza togliere lo sguardo dal demone. «E il bagnetto non te l'ha fatto?»

Astoria sentì una vampata di calore assalirla e raggiungerle la testa. Le vennero in mente un paio di incantesimi per incenerire o fulminare il chierico sul posto.

«Cos'hai bevuto?» chiese Clivia allungando il braccio e strappando il boccale dalle mani dell'amico. Lo annusò. «Birra? Di primo mattino?»

Lorcan alzò le mani e si adagiò contro lo schienale. «Chiedo scusa, a tutti. Specialmente a te, Sofia, perdonami. Non avrei dovuto. E comunque non è primo mattino» concluse lanciando uno sguardo alla mezz'elfa.

Sofia era ancora a testa bassa, mormorò qualcosa che suonò come "non importa", ma le parole che venivano in mente alla principessa erano ben altre e inghiottì il boccone, per ricacciarle giù.

Raziel abbassò le mani sul tavolo, senza parlare. Dimostrava sempre un notevole autocontrollo e, a onor del vero, non aveva mai dimostrato di offendersi ai molti insulti che Lorcan gli sbatteva in faccia.

Astoria ringraziò la Dea e prese altro formaggio con il miele, riprendendo a mangiare.

«Dovremo prendere una decisione. Oggi.» Clivia allontanò il vassoio e la caraffa che aveva davanti e aprì la mappa che la principessa le aveva visto in mano in camera: rappresentava solo la parte meridionale della penisola di Dragalia. «Astoria dice che potremmo avere la fortuna di arrivare a Trinacris con i draghi.» Aveva usato un tono di voce più basso, facendo segno a tutti che si avvicinassero di più.

«Perché andiamo lì?» chiese Sofia con un filo di voce. Aveva ripreso il suo normale colorito e si era sporta verso la mappa, poggiando le braccia e la parte superiore del corpo sul tavolo. In fin dei conti era anche normale che volesse sapere qualcosa in più sui loro piani, visto che ci sarebbero andati per lei.

«Vorrei consultare l'Oracolo che si trova nel Tempio di Sabbia» rispose Astoria lanciando un'occhiata agli altri ospiti de 'la barcaccia'; erano intenti a chiacchierare e non badavano più a loro. «Potrebbe dirci qualcosa in più che ti riguarda.» Bevve un sorso di latte, che risultò avere uno strano sapore dopo tutto il miele che aveva mangiato.

«E cosa potrebbe dire?» La giovane stava osservando i disegni presenti sulla mappa, aveva gli occhi stretti e stava seguendo un percorso che da nord andava verso sud, dove era segnata l'isola che avrebbero dovuto raggiungere.

La principessa scosse la testa. «Non ne ho idea, altrimenti non avrei ritenuto utile andare a parlarci.» La tipica forma triangolare di Trinacris faceva bella mostra oltre la punta più meridionale della penisola, schiacciata sotto il suo dito e quello di Sofia.

L'amica stava tormentandosi una ciocca di capelli rossi ed era tornata al proprio posto. Era successo qualcosa, ne era certa. La giovane che aveva davanti stava cambiando. Non le dispiaceva che facesse domande e partecipasse alle decisioni; fino a quel momento aveva solo accettato quanto gli altri decidevano per lei e la differenza tra il prima e il dopo era evidente.

«Un oracolo è un oracolo» intervenne Clivia. «Di solito non fa altro che formulare profezie.»

«Se è vero ciò che dite, che sono una Custode e che ho un demone dentro di me, ciò che l'Oracolo direbbe potrebbe anche non essere qualcosa di buono.» Non aveva staccato gli occhi dalla mappa.

«Ma sarebbe sempre qualcosa» aggiunse Lorcan senza guardare nessuno in particolare e facendo roteare il boccale che aveva tra le mani.

Era la prima volta che ci pensava. Aveva fatto molte ipotesi sulla natura di Sofia, fin da quando l'aveva trovata nella Grotta del Pescatore. Aveva cercato di prevedere i comportamenti dell'Ordine Radioso, i piani di Raziel, eppure non aveva mai pensato alla reazione che avrebbe potuto avere l'Oracolo. «Una profezia non è detto che abbia un esito negativo, né positivo. Avevo intenzione di prenderla come una guida da seguire, un indizio in più su come comportarsi o su quale strada seguire.» E poi c'era anche ciò che aveva pensato dopo aver appreso che Sofia era una Custode. La vide guardare verso Raziel, più volte, ma senza mai soffermarsi molto. Stava cominciando a fidarsi di lui, perché aveva la chiara sensazione che volesse sapere cosa il demone pensasse di quanto stavano discutendo. Non era solo un'impressione, era davvero accaduto qualcosa.

«Però, a questo punto,» Lorcan si accarezzò la barba, «l'Oracolo potrebbe darci indicazioni su come eliminare il demone sigillato dentro Sofia.»

La principessa implorò la Dea che una via del genere non incrociasse quella di Raziel. Cosa avrebbero fatto se i suoi piani fossero stati diversi dai loro? Trattenne il respiro e lo guardò. E lo stesso stavano facendo tutti gli altri. Ma lui non disse e non fece nulla, sostenendo lo sguardo di tutti, senza lasciar trapelare nulla sul viso, neanche il suo solito sorriso.

«Ma questo è assurdo.» Sofia ruppe il silenzio, a voce troppo alta.

«No, aspetta.» Astoria le poggiò una mano sul braccio e con l'altra si massaggiò la fronte. Bisognava essere chiari, la loro amica aveva il diritto di conoscere tutte le possibilità. Posò la mano sul tavolo, senza lasciare, con l'altra, il braccio di Sofia. «L'Oracolo ci dirà delle cose, di questo ne sono sicura. Potremmo anche chiedere come aiutarti, ma resta a noi la decisione su come agire in seguito. E io non so ancora cosa accadrà e cosa faremo. Di certo non voglio farti del male e non voglio che te ne facciano altri, ma non possiamo lasciare le cose così come sono.»

«Nessuno vuole far male a Sofia» intervenne Eric, allungando una mano la caraffa che era stata spostata e versandosi il contenuto nel proprio boccale. «Gli oracoli non hanno mai dato ordini a nessuno. Parlano, profetizzano, anche in modo poco chiaro, e basta. Ne abbiamo solo da guadagnare.»

«Però anche io sono preoccupata» intervenne Clivia. «L'Oracolo non ordina, è vero, ma il suo intervento potrebbe mettere in moto forze di cui ignoriamo l'esistenza.»

«Non capisco, che vuoi dire?» Sofia aveva spalancato gli occhi e Astoria avvertì un vuoto nel centro del petto. Aveva pensato a quella eventualità, certo, ma l'aveva anche scartata. Forse troppo in fretta.

«Gli oracoli si stabiliscono in particolari luoghi» continuò la mezz'elfa. «Dove i piani dimensionali sono più vicini ed è possibile oltrepassare i confini di questo mondo. Normalmente ciò non comporterebbe nessun rischio, ma se per formulare la profezia su di te dovesse spingersi fino alla Dimensione Esterna, i demoni potrebbero accorgersi di te.»

Sofia impallidì. «Non immaginavo che...» sussurrò, portandosi le mani al viso e liberandosi dal tocco di Astoria.

«Ma lui già lo sa» intervenne Eric alzando le sopracciglia e indicando Raziel.

«Ma, lui, non è l'unico demone esistente» aggiunse Lorcan, accennando con la testa nella stessa direzione e storcendo le labbra.

«E, guarda caso, lui» disse Raziel portandosi una mano al petto, «vi sta accompagnado. Non siete contenti?» concluse allargando le braccia e sorridendo.

Astoria un po' comprendeva l'amico chierico, perché Raziel era davvero insopportabile quando agiva a quel modo. «Basta così» aggiunse la principessa alzandosi, «la meta non cambia: andremo a Trinacris. Vado a cercare Taro, voi raccogliete le vostre cose e raggiungetemi al recinto tra un'ora. Clivia, pensaci tu» concluse, lasciando davanti alla mezz'elfa un piccolo sacchetto di monete che aveva tolto dalla tracolla.

Si avviò, senza voltarsi indietro. Di certo la situazione non era delle più semplici e andava via via complicandosi, ma doveva ammettere che se lo era sempre aspettato, fin dal giorno in cui Alessandro l'aveva mandata a indagare sul muro nella grotta: sentiva che c'era qualcosa di strano e antico e così era stato. Sofia era una Custode, ma aveva dimostrato anche di essere una persona con sentimenti simili a quelli che avevano tutti loro.

Arrivò al Recinto; non la fermarono, anzi, qualcuno la riconobbe e la salutò. Non aver trovato soldati di suo padre significava che Alessandro era riuscito a gestire bene la loro fuga.

Di solito Taro si trovava in una delle zone più interne; avrebbe dovuto camminare parecchio per raggiungerlo, sempre che quel giorno fosse stato presente nella struttura. Se così non fosse stato, avrebbe atteso, solo per quel giorno, insieme a tutti gli altri ai margini della struttura fino al suo rientro. Non voleva neanche pensare all'eventualità di dover raggiungere Trinacris senza draghi, ma aveva un piano anche nel caso si fosse verificato un simile imprevisto.

«Certo,Vostra Altezza, Taro si trova qui. Potete aspettarlo da questo lato nella piazza, da questo lato. Corro a cercarlo.» Il ragazzino che aveva fermato la salutò con un inchino impacciato e tenne fede a una parte della promessa, perché cominciò a correre.

La piazza era giusto al termine del corridoio laterale che stava osservando: lungo, scuro e con una grata al termine. Tutti gli ambienti al livello del suolo erano alti e larghi, adatti al passaggio di un drago. In nessun altro luogo aveva osservato una dedizione tale nei confronti di quelle creature e una convivenza tanto semplice.

Il terreno di cui era cosparso il varco che stava percorrendo scricchiolava sotto gli stivali. Le fiaccole che illuminavano quel posto erano appena sufficienti affinché non si rischiasse di cadere ed era difficile scorgerne il soffitto, ma quando alzò lo sguardo, proprio in prossimità di una fiamma più alta delle altre, riuscì a scorgere dei profondi solchi nelle pietre della volta.

La grata era spessa e incrostata, alzata da terra quel tanto che bastava per far passare chiunque volesse attraversare il varco, ammesso che avesse le dimensioni di un essere umano.

La luce del Sole l'accecò e Astoria dovette ripararsi gli occhi per abituarsi. Nella piazza c'erano diversi draghi: riposavano, lasciavano che alcune persone li pulissero e a uno stavano montando una sella sul dorso.

Ad Alessandro piaceva molto cavalcare quelle creature, lo ricordava bene, e l'ultima volta che lo aveva visto in piedi era stata proprio mentre saliva su un drago.

Un ruggito la fece voltare. Un piccolo drago verde atterrò proprio vicino a lei. Il vento prodotto dalle ali alzò molta polvere che le colpì gli occhi, facendoglieli lacrimare. Cercò di ripulirseli stringendoli e massaggiandoli, mentre con l'altra mano si pulì le labbra dalla polvere che le stava già entrando in bocca.

«Vostra Altezza.» La voce apparteneva a Taro.

Aprì gli occhi, li asciugò e lo vide. Si erano salutati proprio vicino a un varco come quello, diversi mesi prima.

«Sapevo di esserti mancato, ma non avrei immaginato di vederti commossa al mio arrivo.» Scoppiò in una risata. Aveva qualche ruga in più sul viso, nonostante la sua giovane età, anche se di preciso Astoria non sapeva né quanti anni avesse, né da dove provenisse; dava per scontato che avesse l'età di suo fratello. Aveva la pelle sempre scurita dal Sole e il suo modo di parlare non tradiva alcun accento, se non, a volte, quello locale.

«Come sta Alessandro?» Era tornato serio, lo era sempre quando parlava di lui.

«Bene, e ti porto i suoi saluti.»

«E devi chiedermi qualcosa, giusto?» Diede una pacca sulla zampa del drago, che abbassò il muso verso di lui e poi si allontanò camminando.

Astoria ne osservò i movimenti, le ali ripiegate lungo il corpo e la coda che si muoveva come un serpente. Anche a lei piacevano, ma li aveva cavalcati poche volte.

«Sì, devo chiederti uno o due draghi in prestito. Meglio due.» Tornò a guardare l'amico.

Taro chiuse gli occhi e portò le mani dietro la schiena. Annuì. «Anche tre, se necessario, ma devi dirmi dove devi andare e con quante e quali persone.»

«Siamo in sei, forse cinque e dovremo allontanarci un po', anche sul mare.»

Taro scosse la testa. «Non è che voglio farmi gli affari tuoi, né di Alessandro. Il fatto è che devi essere più precisa. Per il peso e per la distanza. L'esercito ne ha richiesti altri e tuo fratello, nell'ultimo messaggio, non mi ha parlato del tuo arrivo.»

Astoria spostò il peso da un piede all'altro. Certo che non glielo aveva comunicato, non erano richieste da affidare a messaggi leggibili da chiunque. «Ci sono problemi ai confini?»

«Un po' in più rispetto al mese scorso, sì. E c'è dell'altro. Diversi draghi, una volta arrivati a nord, rifiutano di trattenersi e tornano qui. Di altri abbiamo perso le tracce, come se fossero andati via.»

La principessa si morse un labbro. «Ma si lasciano cavalcare e portare in combattimento? Alessandro è al corrente di tutto questo?»

«Quelli che restano non creano problemi, purché non li si faccia combattere. Lì, come ti ho detto, non tutti accettano di restare. Di solito solo quelli neri non si allontanano, ma i Blù e i Verdi preferiscono restare lontani dai confini.»

Proprio in quel momento un drago nero spiccò il volo poco distante da loro e la principessa ne osservò la direzione.

«Non devo andare al nord.» Il loro viaggio doveva restare segreto, ma Taro aveva ragione: più informazioni aveva, meglio avrebbe potuto aiutarla. «Devo attraversare il mare e raggiungere una delle isole che si trovano all'estremo sud della penisola.»

«Capisco.» Taro annuì mentre guardava il terreno, poi alzò lo sguardo. «Se vai da quelle parti, fa' attenzione. La vecchia colonia di draghi rossi sta dando qualche problema anche ai suoi simili.»

«Questa mi giunge nuova, non ricordo sia mai accaduto, almeno per quella colonia.» Ed era vero, non riusciva a pensare a un motivo valido per un comportamento del genere.

Taro si strinse nelle spalle. «Hanno cominciato a essere molto più territoriali. Reagiscono in modo violento se qualche drago esterno si avvicina ai loro territori.»

«Grazie, Taro, ne terrò conto.» Cercò di ricordare le mappe di Trinacris. La colonia si trovava proprio sull'isola, ma non ricordava quanto distante dal Tempio di Sabbia. Stando alle parole del suo amico, avrebbero potuto dover affrontare un ulteriore problema.

«E dei passeggeri, che mi dici?»

«Cosa?» Le parole dell'amico la riportarono alla realtà.

«Quanti siete? Peso, oggetti ingombranti, paure varie.» Taro aveva elencato le richieste accompagnandole con il conteggio sulle dita.

«Già, hai ragione.» Astoria strinse gli occhi. «Non so se saremo cinque o sei, ma il peso di chi è in forse non credo conti molto. Comunque ci saranno Eric e Lorcan con il loro equipaggiamento. Quanto alle paure dei restanti passeggeri, direi che solo di una persona non sono sicura; non mi ha mai detto di avere paura dei draghi, ma credo non ne abbia mai cavalcato uno. Viaggeremo con pochi bagagli, ho intenzione di tornare molto presto.»

Taro annuì. «Vedrò cosa posso fare, ma ho bisogno di qualche ora per organizzarmi.»

«Andrà benissimo, grazie.» Sospirò, di nuovo. La prima tappa del viaggio era quasi raggiunta, cosa avrebbero fatto dopo dipendeva da ciò che avrebbe detto l'Oracolo. E anche da come avrebbe reagito Raziel. «Il solito varco a est?»


Taro annuì e la principessa lo osservò dirigersi verso il centro della Piazza.

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