19 - Capitolo 11.3

Osservando i propri piedi alternarsi su piccoli sassi e fili d'erba, Sofia stava cercando di organizzare un discorso in vista della prossima tappa. Ma ogni via che avrebbe potuto intraprendere aveva il sapore amaro della menzogna. Rivelare provato fino a quel momento, tutto quello che aveva pensato, visto e sentito, equivaleva ad ammettere che non si era fidata dei propri compagni. Non si era fidata di chi aveva rischiato molto per liberarla da un demone che chissà cosa aveva in mente per lei. Non si era fidata di chi aveva messo da parte, anche se momentaneamente, la propria vita per la sua. Soprattutto aveva tradito la fiducia di chi, per prima e a dispetto di tutto e tutti, ne aveva riposta in lei.

Alzò lo sguardo verso Astoria che camminava in silenzio, pochi passi più avanti. La lunga treccia bionda ondeggiava sulla cappa marrone e, di tanto in tanto, si sistemava la cinghia della tracolla. Al suo fianco si trovava l'unica persona del gruppo che, Sofia ne era convinta, avrebbe potuto dire qualcosa in più sul suo passato e sul motivo per il quale era stata rinchiusa in quella grotta.

Non le era più capitato di avvertire la presenza del demone, però, mano a mano che faceva i conti con ciò che avrebbe potuto rivelare, era sempre più curiosa di conoscerlo meglio. Lui sapeva, e quella consapevolezza la faceva sentire affamata di conoscenza. Per la prima volta, da quando si era svegliata a Castelnovo, avvertiva la necessità di fare domande precise invece di piangersi addosso per un destino tanto crudele. D'altro canto, la presenza di Raziel sbilanciava di molto gli equilibri che aveva visto i primi giorni. Lui apparteneva a quelle che la maggior parte delle persone chiamava "forze del male". Eppure, se si escludevano le battute di Lorcan, Raziel era tollerato da tutti; camminava tranquillamente con loro, chiacchierava e le aveva salvato la vita impartendole una lezione che non avrebbe più dimenticato.

Sofia si strinse nella cappa reprimendo un brivido; la luce stava diminuendo e presto sarebbe stato buio. Eric fu il primo a suggerire di fermarsi, guadagnandosi la sua gratitudine.

Allestirono un piccolo focolare attorno al quale scaldarsi e si sistemarono in cerchio. Lorcan distribuì del cibo e Astoria e Clivia stabilirono i turni di guardia dai quali furono eclusi, senza neanche interpellarli, proprio lei e Raziel. Poteva immaginarne i motivi; in fondo era ragionevole che non si fidassero troppo a lasciarsi guardare le spalle da un demone o da una sprovveduta come lei mentre dormivano.

L'odore della legna bruciata le fece lacrimare gli occhi. Sebbene i ricordi fossero quasi del tutto sbiaditi, una parte di sé era sicura di essersi trovata con sua madre davanti a un focolare, in una notte fresca, a parlare di qualcosa di importante.

«Adesso che abbiamo un po' di tempo» esordì Astoria, «vorrei capire cosa sta succedendo.» Si voltò verso Sofia, che rischiò di soffocarsi con il boccone che stava masticando. «Puoi saltare la storia degli incubi» continuò stringendo le palpebre, era seduta proprio di fronte a lei, al di là delle basse fiamme. «Di quella ho già messo al corrente tutti i presenti, sempre che tu non abbia saltato qualche passaggio.»

Sofia ingoiò e sospirò, mentre i ramoscelli scoppiettavano. Meritava quella bacchettata, così come si era meritata il trattamento ricevuto da Raziel. «No, è tutto corretto» disse dando una rapida occhiata alla principessa, al cui fianco c'era Eric. «Non ho saltato nulla.» Raziel, invece, era seduto proprio vicino a lei, nessuno si era frapposto tra loro due questa volta, e non osò voltare lo sguardo su di lui. Dall'altro lato aveva Lorcan e poi Clivia. Non era proprio in una posizione favorevole, ma non lo sarebbe stata in ogni caso. «Ed è anche vero che ho avvertito la presenza di Areina, di Raziel e del demone fuori Nime. Anche dell'elementale e di altre cose di cui non so spiegare la natura, ma che coincidono con quelli che mi sono sembrati incantesimi.»

«Be', quindi Raziel ha ragione» disse Clivia, «tu avverti i movimenti dell'energia magica nel piano astrale, non solo delle creature che vi si muovono.»

«Perché?» intervenne il demone con tono seccato, «avevi forse qualche dubbio su ciò che ho detto?»

«Mi sembrava che stessi facendo delle ipotesi, non che fossero affermazioni» gli rispose la mezz'elfa. «Invece tu sei sicuro che lei riesce a percepire questi movimenti ed è un fatto abbastanza interessante. Se mi concentro posso sentire la presenza degli elementali, ma addirittura accorgersi della presenza dei demoni, della tua presenza, mi sembra qualcosa di troppo difficile da realizzare, soprattutto senza esserne consapevoli.»

«Il fatto che tu possa percepire gli elementali,» intervenne Astoria, «significa che hai una certa affinità con loro. E questo è vero perché hai sangue elfico, oltre che umano. Però resta il fatto che sei troppo lontana da loro, troppo diversa, per poterli sentire senza il minimo sforzo. Per riuscirci devi volerlo fare e mettere in atto dei comportamenti che te lo permettano. Dico bene? Altrimenti potrei riuscirci anche io e non è così. Ci ho provato diverse volte, sai?»

Clivia annuì e spostò lo sguardo su Sofia. Lo spostarono anche Eric e Astoria. E probabilmente anche Lorcan e Raziel, o forse il demone no, lui doveva già sapere cosa stava accadendo.

Però, se le cosa stanno così... Se lei sentiva la presenza dei demoni, allora la spiegazione poteva essere solo una.

«Andiamo, non fare quella faccia» disse la principessa attirando lo sguardo di Sofia. «Qui nessuno crede che tu sia un demone. Nessuno di loro avrebbe permesso a un mostriciattolo come quello fuori Nime di trattarlo a quel modo.»

«Mostriciattolo?» La domanda uscì in un sospiro dalle sue labbra.

«Sì, mostriciattolo» asserì Astoria sottolineando la sicurezza della sua affermazione annuendo. «Non so da quanto sei fuori circolazione, né quanti demoni tu abbia incontrato prima, ma ti assicuro che quello non era di certo uno dei peggiori che io abbia visto. Dico bene?» chiese posando lo sguardo su ognuno dei presenti. «Con questo non voglio dire che sarebbe stato facile batterlo senza l'aiuto dell'altro esemplare qui presente» accennò con la testa in direzione di Raziel.

«Ah, grazie. Comunque è proprio così Sofia, ti assicuro che non sei un demone.»

Il sospiro che le portò via il peso che la stava opprimendo da troppo tempo fu plateale, ma tutto sommato le cose non stavano andando così male. L'aver escluso che lei fosse un demone era già un bel traguardo. Restava da raccontare, però, la parte peggiore di quello che aveva tenuto nascosto.

Si sorprese quando si rese conto di pensare a tutti loro come a degli amici. Forse perché erano le uniche persone a essersi date pena di aiutarla.

«Sofia?»

La voce di Clivia la riportò intorno al fuoco. Ormai il sole era tramontato e l'aria alle proprie spalle era molto più fredda di prima, mentre il viso e tutto ciò che si trovava illuminato dalle fiamme era più caldo. Aveva il corpo diviso in due. E non solo quello.

«Perdonatemi, ma c'è dell'altro» disse, sobbalzando per il suono della propria voce. «Stavo solo pensado a come dirlo, ma non vedo altro modo se non raccontandovi come l'ho vissuto io.»

Raccontò tutto. Della bambina dagli occhi e i capelli rossi in compagnia del coniglio di pezza; dell'intricato disegno viola e di come celasse qualcosa di oscuro, di vivo e che reagiva a ciò che, ormai sapeva, si muoveva sul piano astrale.

Lorcan fischiò. «Queste sì che sono notizie!» disse lisciandosi la barba.

Sofia si voltò: era diventato più facile osservarlo e guardare anche gli altri, probabilmente perché non aveva nascosto nulla e si sentiva più tranquilla, anche se il senso di smarrimento e d'inquietudine non si erano affatto dissolti, forse erano addirittura aumentati. Passò in rassegna i compagni. Dal chierico spostò lo sguardo su Clivia, Astoria, Eric. Erano tutti con gli occhi fissi su una persona. E non era lei.

«Eh? Cosa? Perché guardate tutti me?» Raziel, mano sul petto, si guardò intorno con la più finta aria di sorpresa che Sofia avesse mai visto.

«Certo che sei proprio un bel tipo» esordì Eric ridendo e ravvivando un po' il fuoco. «Vuoi esser pregato, come al solito? Qui siamo tutti sicuri che tu hai già un'idea e che conosci almeno la metà delle cose, se non tutte, che abbiamo appena sentito.»

Sofia si fermò a guardare il demone. Stava sorridendo.

«Per favore, vi sarei grato se non mi rivolgeste alcuna preghiera» rispose agitando le mani. «Però è vero, sono a conoscenza di varie questioni sull'argomento e vi fornirò qualcosa su cui riflettere questa notte.» Tacque, come se fosse in ascolto o in attesa. Poi si riscosse e si voltò verso Sofia.

La luce prodotta dal fuoco faceva apparire i lineamenti di Raziel più affilati di quanto non fossero, rendendo difficile scorgere il colore dei suoi occhi. Erano neri, di questo ne era sicura, ma non era mai riuscita a osservarli da vicino.

«Quel disegno che hai visto è un sigillo» continuò il demone rivolto a lei «e l'oscurità che racchiude è la causa di molte cose già accadute e di altre che potrebbero accadere. Avverti i movimenti nel piano astrale e sei stata sigillata in quella grotta a causa sua. Anche la mia presenza è una conseguenza di quel sigillo e di ciò che cela.»

«È un demone.» Astoria lo aveva detto a voce troppo alta e aveva sollevato un ginocchio, stava per alzarsi in piedi. Rimase con un pugno serrato e una mano poggiata a terra. «Dietro quel sigillo c'è un demone, vero?» aggiunse con un tono più tranquillo, ma la voce tremava.

«Esatto» rispose Raziel spostando la sua attenzione verso la principessa. Ogni ombra di sorriso era svanita.

Nessuno parlava più. Si udivano solo il crepitio delle fiamme, i versi dei piccoli animali notturni e il battito d'ali di un uccello che aveva appena spiccato il volo.

Un demone. Dentro di me. Non poteva crederci. Le girava la testa e non riusciva a respirare.

«Ora» si alzò e con le mani fece cadere qualche foglia che gli era rimasta attaccata ai vestiti, «avrete senz'altro tantissime cose a cui pensare. Motivo per cui vi lascerò riflettere su quanto appreso.»

«No, aspetta.» Prima che potesse rendersi conto di quanto stava facendo, Sofia lo fermò tirandogli un lembo del mantello. Si osservarono entrambi per un attimo, poi lei lo lasciò e abbassò lo sguardo stringendo la stoffa dei pantaloni.

«Sono certo che avete molte altre domande, ma per adesso non è necessario andare oltre.» La voce di Raziel le arrivò dall'alto e non osò alzare lo sguardo dalle proprie gambe. Udì anche Lorcan grugnire qualcosa che aveva tutta l'aria di essere un insulto. «Al momento ci sono questioni urgenti che richiedono la mia presenza. Tuttavia tornerò al sorgere del sole. Ora dormiteci su e fate attenzione durante il turno di guardia. Fermarsi all'aperto, in questo periodo, potrebbe essere tutt'altro che piacevole.»

Sentì i passi allontanarsi dal piccolo accampamento e poi più nulla. La smania di sapere stava prendendo il sopravvento sulla paura che aveva di scoprire la realtà. E Raziel era di certo la chiave per interpretare quanto le stava accadendo.

Eric prese in carico il primo turno.

Sofia osservò gli altri avvolgersi nei loro mantelli e li imitò. Nessuno parlava, si scambiavano solo sguardi che lei non riusciva a interpretare se non come preoccupati. Chiuse gli occhi e provò a dormire, sperando che quelli rossi e felini non tornassero a farle visita proprio quella notte. Svegliarsi urlando era senz'altro qualcosa da evitare, viste le notizie che ormai circolavano sul prorpio conto. Si voltò dando le spalle al fuoco, ma il buio oltre il cerchio di luce era troppo inquietante per permetterle di dormire. Si girò di nuovo verso Eric. Aveva tolto il grosso fodero che portava dietro la schiena e stava pulendo la spada più grande che Sofia avesse mai visto. Gli altri dormivano o mostravano di farlo. Lei era l'unica a rigirarsi senza trovar pace. Provò a concentrarsi per capire se percepisse qualcosa e in effetti riuscì a sentire la presenza di Raziel. Era lontano e non era solo. C'era qualcuno di simile a lui, forse, non ne era sicura. Si mise seduta.

«Dovresti approfittarne e dormire» le disse Eric. Non aveva distolto lo sguardo dallo spadone, ne stava osservando la lama, con la punta poggiata a terra e in prossimità del fuoco. «Ma al tuo posto credo che mi sentirei come te e non riuscirei a riposare. A differenza tua, però, avrei tentato di pestare Raziel finché non avrebbe sputato fuori tutto quello che sa.»

Sofia guardò il guerriero posare lo spadone e battere piano la manona sul terreno vicino a lui.

Si alzò e andò a sedersi proprio lì. «E ci saresti riuscito?» chiese, tirando le ginocchia al petto e avvolgendosi nel mantello.

«Vuoi scherzare?» soffocò una risata e scosse la testa. «Preferirei avvicinarmi a una femmina di drago e alla sua cucciolata, piuttosto che affrontarlo a mani nude. No, non me la caverei neanche armato fino ai denti, ne sono certo.» Scosse la testa sorridendo.

«È tanto forte?» Le riusciva difficile immaginare che il guerriero al suo fianco si lasciasse spaventare da qualcuno più basso e mingherlino di lui. Non lo aveva neanche mai visto brandire lo spadone che portava dietro la schiena, né la spada, molto più corta, agganciata al suo fianco e che ora giaceva nel fodero disteso tra di loro, ma era sicura che fosse molto abile nel maneggiare quel tipo di armi.

«A giudicare da quanto abbiamo visto fino ad ora, credo proprio di sì» rispose lanciando altri rametti spezzati nel fuoco. «E meno male che non è un attaccabrighe. Sai che una volta Lorcan gli è saltato addosso?» Allungò il collo proprio verso il fagotto chiaro nel quale si era avvolto il chierico. Era fermo. «Non gli piace rinvangare quella storia» proseguì a voce più bassa e avvicinandosi di più a lei, «non ci ha fatto proprio una bella figura.»

Sentì le proprie sopracciglia sollevarsi. Non le era difficile credere che Lorcan fosse rissoso e collerico, visto che non faceva mistero di ciò che pensava del demone, ma immaginarli che si prendevano a pugni le riusciva meno semplice.

«Tutto è cominciato con uno scambio di opinioni abbastanza acceso. Poi Lorcan ha urlato contro l'intera razza dei demoni e preteso che ci lasciasse in pace. Le parole volate non sono state piacevoli, te l'assicuro. Con insulti del genere, io gli avrei spaccato il muso e qualche osso già a metà del discorso, invece Raziel l'ha lasciato sfogare e poi gli ha risposto per le rime, con molta calma però. Non per scusarsi o difendersi, ma solo per rigirare le offese. Nel giro di poche battute, Lorcan gli si è lanciato contro.» Eric interruppe il racconto per guardarla. «Cosa pensi sia successo?»

Sofia scosse la testa.

«Quel figlio di buona donna di Raziel è riuscito a evitare tutti i colpi e non ha neanche reagito. Alla fine Lorcan era senza fiato e lui sorridente e tranquillo.»

Una cosa come quella, invece, poteva immaginarla senza troppe difficoltà.

«Per quanto riguarda l'uso della magia» continuò lui guardando le fiamme, «un assaggio lo hai avuto tu stessa. Io ho visto come sconfigge i suoi avversari e ti assicuro che non ho nessuna intenzione di andargli contro.»

Sofia si portò la mano alla bocca e sbadigliò, nonostante trovasse il racconto più che interessante. «Scusa, non mi ero accorta di essere così stanca.»

«Dovresti già dormire, infatti. Se vuoi puoi restare qui, non mi dai fastidio.»

«Grazie, allora ci provo.» Si accoccolò vicino alla spada corta e, appena fu sicura che Eric non l'avrebbe vista, lasciò che un sorriso le distendesse le labbra.

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