18 - Capitolo 11.2

«Stupida!» La voce di Astoria rimbombava, urtando le pareti all'interno della testa di Sofia.

Aveva ragione. Il suo era stato un gesto molto stupido.

«Credevi fosse tutto un gioco?» Il pugno stretto le tremava davanti al viso arrossato. «Credevi fosse uno scherzo? Potevi essere uccisa. Fatta a pezzi e mangiata. Sotto i nostri occhi.» Si batté il petto più di una volta, con violenza. «Sotto i miei occhi.»

«Andiamo, non essere così severa.» Clivia le prese la mano tra le sue e gliela abbassò cercando di allontanarla. «Così distrai Lorcan, lascialo pregare.» Riuscì a portarla via, mentre il chierico mormorava a bassa voce e una calda e piacevole sensazione avvolse la caviglia di Sofia che sentiva i frammenti di ossa muoversi e unirsi, senza provare alcun dolore, solo una vergogna infinita per quanto accaduto.

Raziel raggiunse le due amiche e prese a parlare con loro mentre la principessa, di tanto in tanto, lanciava occhiate verso di lei che la trafiggevano facendole più male di quanto avesse fatto il mostro che l'aveva aggredita.

«Ecco, ho finito» disse Lorcan toccandole la caviglia, avvolta ancora nello stivale, e forzandone i movimenti. «Dovrebbe essere tutto al suo posto ma dimmi se ti fa male da qualche altra parte.»

Sofia riuscì solo a scuotere la testa stringendo le labbra tra i denti. Non riusciva neanche a ingoiare; il groppo alla gola era troppo doloroso.

«Ti va di raccontarmi cos'è successo?» chiese il chierico a voce più bassa, posandole una mano sulla spalla.

Già, cos'era successo? Cosa le era passato per la testa? Aveva davvero creduto di potersela cavare da sola, in quel mondo di cui ignorava ogni cosa e popolato da mostri mangiatori di uomini?

Gli occhi azzurri, con le sopracciglia rosse distese e qualche ruga a incorniciarli, la scrutavano comprensivi. «Hai avuto paura, vero? Intendo alla locanda, hai avuto paura di Raziel.»

Annuì, perché era vero e doveva essere anche abbastanza evidente, visto che Lorcan non ci aveva dovuto pensare troppo.

Astoria era ancora intenta a parlare con gli altri, Eric compreso. La vedeva di spalle e la lunga treccia bionda ondeggiava seguendo i movimenti della testa.

«Raziel non piace a nessuno di noi» continuò Lorcan. «A me meno di tutti ma spero tu capisca che senza il suo intervento saresti morta.» Si portò la mano chiusa a pugno alle labbra, gli occhi persi nel vuoto e poi tornò a fissarla, facendole provare ancora vergogna per essersi comportata in modo tanto sconsiderato.

«Vedi, io ho bisogno di recitare una preghiera ogni volta che voglio usare il potere che mi viene dalla Dea.» Si portò la mano aperta al petto. «Per Clivia e Astoria si tratta di recitare formule, spesso accompagnate da gesti se si tratta degli incantesimi che usa Astoria.» Indicò con la testa al gruppetto intento a parlare poco distante. «A volte c'è bisogno anche di reagenti e disegni. Lui, invece, non ha bisogno di niente.» La lasciò libera dal suo sguardo, dirigendolo verso Raziel. «Gli esseri come lui ci sguazzano nella magia e possono usarla senza dover perdere tempo in chiacchiere.»

Sofia chiuse gli occhi e trattenne il respiro. Ricordava molto bene come quel mostro era sparito. Non era riuscita neanche a rendersi conto di cosa avesse fatto Raziel. E non lo avrebbe dimenticato mai più. Avrebbe per sempre ricordato il terrore e il dolore provati.

«E adesso pensaci un po': se Areina dovesse tornare, chi pensi possa davvero aiutarti?»

Finalmente Sofia riuscì a mandare giù quel boccone troppo amaro che le si era bloccato in gola e annuì. «Grazie, Lorcan» disse. «E scusami, io...» Non riuscì a terminare ma il chierico le sorrise e le diede una piccola pacca sulla spalla.

«Come sta?» chiese Astoria. Si era avvicinata con i pugni serrati.

«Bene. È tornata come nuova» rispose Lorcan alzandosi e tendendo la mano verso Sofia che l'afferrò e si mise in piedi. La caviglia era guarita del tutto, in poco tempo e senza conseguenze.

«E tu? Come ti senti?» La principessa si rivolse direttamente a lei, facendola sobbalzare; non mostrava il suo solito sorriso caldo e rassicurante.

«Bene» rispose Sofia a voce e occhi bassi. Sentì i passi degli altri che si stavano avvicinando e si fece forza affondando le unghie nei palmi. In fondo era ancora viva. «Scusatemi. Tutti.» Sollevò lo sguardo incontrando quello chiaro della principessa. «Non mi allontanerò più.»

«Lo credo bene» disse Astoria colpendola piano con il pugno. «Spero tu sia morta di paura, almeno quanto me. Non ti credevo così incosciente.»

«E dai, Astoria, non ricominciare. Per fortuna è andato tutto bene» intervenne Clivia.

Sofia sentiva di doversi scusare in particolar modo con Raziel. Forse si era lasciata trasportare da quello che credeva di sapere sui demoni, anche se le avevano detto che non doveva averne paura. Si voltò verso il demone, a due passi da lei. «Grazie per avermi salvata.» Dovette fare uno sforzo per tirare fuori le parole e sostenere lo sguardo scuro e tagliente che aveva di fronte.

«Oh, ma è stato un onore, mia signora» disse Raziel inchinandosi e facendola sentire ancora più in imbarazzo.

Si riorganizzarono in fretta; Astoria voleva raggiungere Feria entro una giornata di marcia.

Il cammino proseguì monotono mentre i suoi nuovi amici si scambiavano chiacchiere e battute e l'atmosfera era molto più rilassata che all'interno della locanda. Lorcan e Raziel non si stuzzicarono e Sofia, dal canto suo, fece i conti con quanto accaduto.

Durante il tragitto e la sosta per il pranzo, non avvertì più la sensazione di essere osservata da Raziel che sembrava aver abbandonato il proposito di fare conversazione con lei, almeno per il momento.

Proprio riguardo al demone che li accompagnava, cercò di farsi un'idea. Nella locanda aveva avuto un modo di fare che l'aveva spaventata: parole dette, allusioni, atteggiamento e quella sgradevole sensazione di essere costantemente sotto il suo sguardo. Tolta la paura che aveva di lui, restava un uomo giovane e dall'aspetto anche piacevole. Non era imponente e muscoloso quanto Eric e lo stesso Lorcan aveva una presenza più massiccia. Probabilmente era tutto dovuto all'apparente assenza di armi e agli abiti neri che indossava: casacca, pantaloni e mantello neri. Anche se interagiva con gli altri, però, restava spesso in disparte e non toccava cibo.

Quando ripresero il viaggio, Sofia cercò di trovare un modo per farsi coraggio e parlare con lui; in fondo il primo passo per non aver paura di qualcuno o qualcosa era comprenderlo. Senza contare che stava cominciando a sentirsi in colpa per aver avuto così poca fiducia in lui e tanto timore senza conoscerlo minimamente.

«Davvero una splendida giornata per camminare nei boschi, non trovi?»

Quasi inciampò quando il demone interruppe il flusso di pensieri che le vorticava nella mente. Con una rapida occhiata si accorse che era rimasta isolata dagli altri. Eric e Lorcan erano in prima fila, silenziosi, mentre Clivia e Astoria erano dietro di lei e parlavano a bassa voce.

«Sì.» Nonostante i buoni propositi, non riuscì ad aggiungere altro.

«Astoria mi ha raccontato qualcosa di te» aggiunse il demone. «Non deve essere stato facile trovarsi in un posto sconosciuto e circondata da persone di cui non si sa nulla.»

Sofia raccolse i lembi della cappa e strinse le braccia al corpo, avvolgendosi come in una coperta. Il fatto che avesse avvertito la presenza dei tre demoni incontrati e di quell'elementale le faceva pensare che non doveva essere del tutto estranea a certe creature e forse Raziel poteva essere l'unico del gruppo che avrebbe potuto rispondere a qualche domanda o, almeno, fare delle ipotesi sul proprio conto.

«Quindi non ricordi proprio nulla del tuo passato?» insisté lui.

«Non proprio.» Rispose quasi senza accorgersene, restando con lo sguardo fisso sugli stivali che si alternavano a calpestare sassi e fili d'erba, di gran lunga più comodi delle pantofoline che aveva avuto fino al giorno prima. «Ricordo solo il mio nome, il volto di mia madre e un pupazzo di pezza a forma di coniglio.» Sorrise senza conoscerne il motivo.

«E gli incubi che hai avuto?»

Il ricordo di quegli occhi rossi e felini la investì in pieno, togliendole quel poco di sicurezza che credeva di avere conquistato.

«Andiamo, Sofia. I sogni, per quanto spaventosi, non costituiscono che una visione distorta di quanto accaduto nella realtà. Oppure sono semplici paure che tornano a tormentarti mentre dormi. Non devi averne così timore.»

Non è così. Rieccolo, il dolore al petto.

«Forse c'è dell'altro?»

Si fermò affannando nonostante stessero solo camminando e poggiò le mani sui fianchi.

Di qualunque cosa si trattasse, paure o distorsione della realtà, il suo incubo era spaventoso e quegli occhi rossi erano sempre lì perché l'avevano trovata.

Alzò lo sguardo e incontrò quello nero e obliquo di Raziel fermo al suo fianco.

Sa qualcosa. Il cuore cominciò a premere contro lo sterno.

«Sofia, che succede? Che le hai fatto?» Astoria era corsa a sorreggerla. «Sofia, guardami. Guarda me.» Gli occhi della principessa erano grandi e azzurri, luminosi, come quella mattina al castello.

«Che cosa le hai fatto?» ripeté la principessa rivolgendosi a Raziel che alzò le spalle.

«Assolutamente niente» rispose. «Anche se è piuttosto evidente che c'è qualcosa che la spaventa, oltre me ben inteso. Vorrei però tranquillizzarti, Sofia» continuò rivolto proprio a lei ma restando a pochi passi. «Non sono un tuo nemico e posso aiutarti, ma sono sicuro che ancora non hai detto tutto.»

Perché insisteva così tanto? Cos'era che voleva sapere? Quel disegno, la cosa, la bambina dagli occhi rossi. «Non lo so» disse Sofia. «È vero. È successo qualcosa stamattina, ma non so spiegarlo.»

Il demone sospirò. «Va bene. A chiedere scusa, questa volta, devo essere io. Ciò che è accaduto oggi è stato anche colpa mia.» Aveva portato le mani dietro la schiena e osservava tutti. Su quel volto tranquillo aleggiava l'ombra di un sorriso.

«Questa è bella» esclamò Lorcan facendo un passo avanti.

«Eppure è così» continuò sollevando le spalle. «Il fatto è che ho agito con troppa leggerezza. Sapevo che quel demone si aggirava fuori Nime e volevo tenere sotto controllo Sofia, visto che c'era la concreta possibilità che agisse in modo poco appropriato.»

«No, aspetta» lo interruppe lei. «Tu lo sapevi e non hai avvisato nessuno?»

«È ciò che ha detto.» Lorcan aveva arricciato le labbra e un angolo gli tremava, nonostante la folta barba. «E scommetto ciò che vuoi che sapeva anche dove trovarti dopo la fuga.» Aveva fatto un altro passo avanti.

«Non è possibile.» Non riusciva a crederci. Lo sapeva. E come? Era sicura che non la stesse seguendo nessuno, aveva controllato diverse volte alle sue spalle.

«Certo. Ho sempre saputo la posizione esatta di Sofia. E mi sono accorto che alla locanda avvertiva la mia presenza nel piano astrale.» Alzò un dito per zittire, senza guardarlo, chiunque volesse interromperlo. Ormai aveva gli occhi neri e obliqui puntati su Sofia. E lei nei suoi. «Suppongo sia questo il motivo per cui sei scappata, vero? Quello che avvertivi e ciò che sapevi sulla mia natura ti hanno convinta ad abbandonare tutti. Nonostante il mio avvertimento. Ho indovinato?» Aveva inclinato la testa di lato e continuava a osservarla.

Sofia sentiva su di sé gli occhi di tutti, non solo quelli del demone.

Strinse i pugni e abbassò lo sguardo sugli stivali impolverati. «Sì, è così» rispose in un sospiro. «È così, però...» Lasciò che le unghie affondassero nei palmi. Le facevano male le orecchie tanto stava stringendo i denti per trattenere le lacrime che già le stavano bagnando gli occhi. Le bastò chiuderli un momento per permettere alla prima di scivolarle lungo la guancia. «Perché?» Riuscì a riportare lo sguardo su Raziel che non sorrideva più.

«Qualunque cosa io o gli altri ti avessimo detto, prima o poi avresti tentato la fuga» le disse senza permetterle di liberarsi di quegli occhi neri. «Ora, invece, sai a cosa vai incontro se dovessi allontanarti. Non saresti in grado di difenderti neanche da un gatto selvatico.»

Perché? Lui sapeva. Sapeva che scappando dalla locanda sarebbe caduta nella trappola di quel mostro eppure l'aveva lasciata andare solo per impartirle una lezione. E lei l'aveva imparata perché mai più avrebbe tentato di allontanarsi da sola. Però la sensazione che lui potesse sapere molto più di ciò che mostrava stava diventando sempre più forte.

Avverto la presenza dei demoni. Ma che significa?

Aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma Raziel la zittì, come aveva fatto con gli altri, alzando un dito.

«Risponderò a qualche domanda, certo. Però, se vogliamo arrivare presto a Feria, dovremmo approfittare e incamminarci. Parleremo quando ci fermeremo a riposare. Che ne dite?» Interrogò tutti con lo sguardo.

«Sì, hai ragione.» Fu Astoria a prendere la parola. «Sono questioni importanti, richiedono tempo e noi ne abbiamo poco. Le spiegazioni sono solo rimandate di qualche ora, ne riparleremo quando ci fermeremo per la notte. Ormai è chiaro che non raggiungeremo Feria prima di domani.» L'ultima frase la pronunciò guardando Sofia che si sentì annegare in quegli occhi azzurri e grandi. L'aveva delusa. Aveva deluso tutti, ne era convinta. Si erano dati tanta pena per lei e li aveva ripagati fuggendo e nascondendo cose importanti. Anche se non le era ben chiaro cosa significassero le parole di Raziel, era certa che non era consuetudine avvertire la presenza dei demoni.

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