10 - Capitolo 7.1
Il rosso e il nero.
Sono colori che raccontano molte cose, non trovi?
(Sorelai Fenir)
Seduta al tavolino, la schiena riscaldata dal sole e la tazza con la tisana rossa tra le mani, Sofia rimase a guardare la porta dietro la quale era sparita Astoria e si prese il tempo necessario per riflettere sulle sue parole. Alcuni passaggi non le erano chiari e ancora le sembrava tutto un sogno assurdo. Aveva dormito in una grotta per un numero imprecisato di anni e ne ignorava il motivo.
Bevve un lungo sorso e si soffermò a osservare i biscotti rimasti. Buoni erano buoni, ma si rese conto che tutto il suo mondo era, attualmente, rinchiuso tra quelle mura. E non c'era nulla, biscotto o tisana, che potesse lenire il senso di solitudine che la invase senza alcun preavviso, catapultandola nella realtà della propria situazione.
Sospirò e si alzò, ancora barcollante sulle gambe che a stento riuscivano a reggerla.
Prese l'abito di stoffa blu e se lo poggiò davanti; sembrava delle giuste misure, ma non vedeva in giro specchi. Lo infilò e calzò le scarpe; erano morbide e confortevoli.
Con le dita cercò di districare i capelli e si osservò ancora una volta le ciocche tra le dita. Erano di un rosso molto scuro. A occhi chiusi tentò anche di ricordare il proprio viso, accarezzando le guance, le labbra e le arcate.
Scosse la testa e si voltò verso il letto. Avrebbe continuato ad assecondare ciò che le stava accadendo. Tutto sommato, se le avessero continuato a portare del cibo, forse le cose non sarebbero andate poi così male. Si sedette sul letto e ne provò la morbidezza. Quella stanza era comoda, accogliente e la vista era davvero incantevole.
Lanciò un'altra occhiata al balconcino e strinse gli occhi. C'erano i draghi, lì fuori, creature intelligenti e capaci di creare non poche devastazioni. Sofia sapeva che quelle non erano le sole creature pericolose a trovarsi là fuori. C'era un mondo intero che lei conosceva e del quale, al momento, ignorava alcuni aspetti. Astoria le aveva raccontato solo del suo ritrovamento ma non aveva accennato a cosa stesse accadendo in quel momento nel suo regno.
Forse sono un pericolo e sarei dovuta restare in quella grotta.
Si lasciò cadere distesa, a braccia aperte.
Forse sarebbe stata una buona idea chiedere ad Astoria di restare lì con lei, l'avrebbe guidata e le avrebbe insegnato come comportarsi in quel tempo.
Piegò la testa all'indietro e osservò la porta, capovolta, dietro la quale si celava ciò che sarebbe stata la sua vita.
La principessa non aveva detto che era una prigioniera ma Sofia aveva sentito la serratura scattare quando era uscita. Chissà se c'erano delle guardie a sorvegliarla.
Tornò a guardare il soffitto.
Dopo tutto non la stava trattando male. Non ancora, almeno.
Le travi del soffitto erano semplici, ma c'era un angolo che la colpì. Un nodo molto vistoso, tondo. Anzi, no. Era ovale. Strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco l'immagine sul legno. Tendeva al rossiccio e il nodo stava diventando sempre più grande e sempre più rosso. Ne apparve un altro, proprio vicino. Due ovali rossi, con due fessure verticali al centro, nere. Erano due occhi; la scrutavano, l'avevano trovata.
Urlò e si ranicchiò sul letto, il viso affondato nella coperta, in affanno.
Attese in silenzio, con il proprio respiro che faticava a lasciare dai polmoni e, quando ci riusciva, condensava vicino al volto.
È lì fuori. Mi sta cercando.
Il cuore le premeva contro lo sterno. Sofia ebbe l'impressione che sarebbe riuscito a uscire.
Ho sognato. Ancora.
Era quasi certa che in quella stanza non ci fosse nessuno.
Strinse la coperta tra le dita e le labbra tra i denti.
E allora perché ho la sensazione che mi abbia trovata?
Non sapeva chi o cosa la stesse cercando; poteva essere la stessa persona che l'aveva rinchiusa nella grotta, oppure era stata sigillata per nasconderla.
Inspirò e si fece forza allentando la stretta, ma la morsa dolorosa che aveva intorno alla gola era sempre lì.
Sollevò il viso dal letto e osservò la stanza. Non era cambiato nulla.Si mise a sedere e si guardò le mani: tremavano.
Astoria le aveva promesso che sarebbe tornata.
Fa' presto, per favore.
Al momento, la principessa era l'unica persona reale in tutto quel susseguirsi di incubi e sensazioni.
Sofia non osò controllare il soffitto. Sapeva che in realtà lì c'erano solo le travi di legno, ma si sentiva osservata, scrutata, controllata.
Il cuore riprese ad accelerare. Allora scosse la testa e strisciò giù dal letto. Si diresse carponi al balconcino; l'aria del mare e la luce del sole non ebbero lo stesso effetto benefico di prima ma all'aperto si sentiva meno in trappola. Ogni volta che chiudeva le palpebre, però, rivedeva quegli occhi rossi.
Si sedette sulla pietra calda, in piena luce, con la schiena poggiata alla balaustra e le braccia a circondarle le ginocchia. Tremava e guardava la porta.
Astoria.
Si aggrappò al ricordo del volto della principessa, allo sguardo limpido e chiaro che aveva.
Torna presto. Ti prego.
Riusciva a udire i gabbiani e il frangersi delle onde in lontananza.
Per favore, non lasciarmi sola.
Qualcuno ascoltò le sue preghiere, perché Astoria entrò in camera, seguita da un uomo alto e molto robusto. Lui rimase indietro, ma la principessa le si avvicinò e si inginocchiò vicino a lei.
«Va tutto bene.» Le accarezzò la spalla e i grandi occhi azzurri sorrisero, squarciando il velo scuro che l'aveva avvolta. «Vieni con me.» L'aiutò ad alzarsi e per Sofia fu facile affidarsi a quelle braccia, che la guidarono alla sedia.
Sentì scricchiolarle i denti quando si sedette e ripensò a cosa aveva visto. Cominciò a tormentare le dita, stringendole e graffiandosi il dorso delle mani sotto al tavolo. Sì, il tavolo. Anche lì c'erano le stesse venature e anche i piccoli nodi tipici del legno.
Sofia chiuse gli occhi e spostò la testa di lato.
«È successo qualcosa, vero?» La voce di Astoria riuscì a relegare le ombre in un angolo.
Sofia deglutì e annuì.
«Ti va di raccontarmelo?»
«Io...» Strinse forte le dita tra loro e conficcò le unghie nel dorso della mano. Lo sguardo corse sull'uomo che era entrato con la principessa. Era in piedi dietro di lei, alto, spalle larghe, volto squadrato e sguardo serio.
«Stai guardando lui, vero?» Astoria, seduta di fronte, accennò con la testa alle proprie spalle. «Eric è un mio amico. Mi fido del suo giudizio e della sua forza.» Le sorrise. «Però devo metterti un po' di fretta.» Appoggiò le braccia sul tavolo, sporgendosi verso di lei. «Se hai da dirmi qualcosa, ti prego, fallo ora.»
Sì, perché aspettare? Forse parlarne avrebbe aiutato quelle persone a trovare una soluzione.
«Ho avuto un incubo.» Non riconobbe la propria voce: tremava, mentre raccontava il sogno fatto prima di svegliarsi, senza tacere nulla. «E poi, poco fa...» Deglutì, riluttante a rendere reale ciò che aveva visto a occhi aperti. «È accaduto qualcosa di molto simile.» Serrò i pugni. «Li ho visti. Quegli occhi erano proprio qui, in questa stanza.» Tutta la luce che aveva visto risplendere sul mare sembrava esser stata fagocitata dal buio che aveva dentro. Portò lo sguardo in quello di Astoria. «Non stavo dormendo. Li ho visti davvero.»
La principessa aggrottò le sopracciglia. «Sai a chi potrebbero appartenere?»
Sofia scosse la testa. «Mi ha trovata» sussurrò. «Mentre dormivo mi stava cercando, ne sono certa. E ora che sono sveglia...» Si portò le mani alla bocca, premendo sulle labbra.
«Dammi le mani» le disse Astoria.
Sofia le portò sul tavolino e se le osservò: una ragnatela di solchi sottili le arrossava i dorsi. Tornò a guardare la principessa, in attesa di un suggerimento su cosa le sarebbe accaduto.
«Avanti, forza.» Astoria mise le sue mani davanti a lei, i palmi rivolti verso l'alto. «Toccale.»
Lei ubbidì, indecisa. Sentì sotto le dita la pelle liscia della principessa.
«Vedi? Sono reale.» Le chiuse le mani tra le sue. «Questo è reale. Tutto il resto» sollevò le spalle «al momento possiamo considerarlo solo un sogno.»
Al momento...
«Però adesso vorrei che tu facessi una cosa.» Astoria estrasse dalla tasca una pietra.
Liscia, ovale, era scura con sottili venature rosse e stava comodamente nel palmo della sua mano. «Vorrei che tu la prendessi.»
Sofia alzò di scatto lo sguardo e ritirò le mani, portandole di nuovo sotto il tavolo.
«Era su di te quando ti ho trovata. Non ti farà del male.» La principessa le sorrise ancora. «Devi toccarla perché devo capire in che modo siete collegate. Vedi, il discorso è abbastanza complesso e non so tu quanto conosca la magia, ma cercherò di spiegarlo in modo semplice. Qualunque oggetto, o persona, che contenga energia magica possiede una traccia. Puoi immaginarla come un odore tipico, solo che non si avverte con il naso.» Le sorrise. «Questa pietra è sicuramente connessa al tipo di incantesimo che ti ha rinchiusa, dunque è logico pensare che sia legata a te. E, se ho ragione, significa che le due tracce dovrebbero reagire in qualche modo una volta messe in contatto.»
«E cosa dovrebbe accadere?» Sofia riportò le mani sul tavolo ai lati della pietra. Forma e colore non le ispiravano sicurezza, anzi, erano del tutto simili a ciò che la stava tormentando. Sollevò lo sguardo sulla principessa. «Cosa ti aspettati?»
«Sarò sincera» sospirò Astoria incrociando le braccia sul tavolo e avvicinandosi. «Non lo so. Probabilmente si illuminerà, ma potrebbe anche non accadere nulla, così come potrebbe attivarsi un incantesimo.»
«Che tipo di incantesimo?»
Alzò le spalle, senza abbandonare la posizione. «Sono troppe le cose che potrebbero accadere, Sofia. La domanda che devi porti è un'altra. Tu, cosa vuoi fare? E le possibili risposte sono soltanto due.» Le sventolò indice e medio davanti. «Collaborare, o non collaborare. Ti avverto, però. Hai visto solo me ed Eric e non posso fare nulla di più che assicurarti che faremo di tutto per aiutarti senza farti del male. Ma ci sono persone, qui a Castelnovo e non solo, che se mettessero le mani su di te e su questa pietra non avrebbero la stessa attenzione pur di scoprire il motivo per cui sei stata sigillata nella Grotta del Pescatore.» Strinse gli occhi, in attesa.
«Parli di chi mi ha rinchiusa?»
«Sì, anche.» Scosse la testa. «Sigillata, Sofia. C'è una bella differenza. Per metter su ciò che ti è stato fatto sono stati presi degli accorgimenti. Sei viva, in salute. Non ricordi chi sei, ma chi ti ha sigillata si è preso la briga di nasconderti e tenerti viva. Qualunque sia il motivo per il quale è stato fatto, se avesse semplicemente voluto farti sparire dalla circolazione ti avrebbe uccisa e magari avrebbe distrutto il tuo corpo.»
Sofia strinse i pugni e non distolse lo sguardo dalla pietra. «Perché non ricordo nulla?»
«Indagherò anche su questo, non preoccuparti. Però non abbiamo molto tempo.»
«Quindi non ho scelta» sussurrò.
La principessa scosse la testa e Sofia avvicinò le mani alla sua pietra.
Cosa può succedermi di peggio? In fondo ho già perso tutto. Chissà da quanto tempo ero rinchiusa, sigillata in quella grotta.
Sfiorò con le dita la superficie: era fredda e liscia, come si aspettava.
Non accadde nulla e la prese con la mano, osservandola. Poteva essere una pietra preziosa, certo, ma non le trasmetteva niente di strano. Forse stava diventando tiepida, ma probabilmente era a causa del fatto che fosse tra le mani di qualcuno; tutti gli oggetti freddi si riscaldavano a contatto con un corpo che poteva trasmettere calore, quella era una nozione che anche lei ricordava.
Eppure...
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