Satelliti
"Satellite, headlines read, someones secret you've seen
Eyes and ears have been
Winters cold spring erase
and the calm by the away
the storm is chasing
Everything good needs replacing
Look up, look down, all around... satellite"
–Dave Matthews Band's–
Il più tagliente vento del Nord abbatteva le sue impietose raffiche, a sprazzi, sul
molo del porticciolo, da dove era pressoché impossibile salpare, sbatacchiando i pescherecci e le imbarcazioni – dalle più grandi alle più piccole – come fossero di carta.
La sua furia imperversava da Settembre fino a primavera inoltrata e arrischiarvisi, in quella stagione, era più un'impresa di sopravvivenza che un'avventura – da compiersi rigorosamente a stomaco vuoto.
Che cosa si fosse aspettato di diverso, arrivando a Portmagee in pieno Dicembre, in effetti non lo sapeva nemmeno lui.
La taverna del vecchio lupo di mare O'Neill era la tana ideale per trovare riparo dallo sferzante impeto del mare, che lottava contro il verde delle coste.
Sorseggiava il suo irish whiskey – tredici anni invecchiato, dalle intense note ciliegio – osservando, dalle piccole vetrate salmastre, il maestoso spettacolo che la natura offriva e non sapeva dire se fosse peggiore la burrasca che si agitava dentro di lui.
A ogni respiro un grappo di rovi gli risaliva la trachea dipanandosi dal diaframma attraverso muscoli e costole.
"Ne avrà per molto secondo te?" chiese.
Il vecchio oste gli fece eco, in tono rassicurante, da dietro il bancone "Almeno quanto la tua ostinatezza nel voler raggiungere il monastero col mare grosso. Tutto tuo zio."
Il professore gli lanciò un'occhiata sbieca.
Rex O'Neill rise di gusto a quell'espressione corrucciata.
"Voleva essere un complimento, ragazzo! Solitario, riflessivo.
Come lui.
Lo ricordo ancora quando veniva qua, alla ricerca di sé stesso."
"Mio zio è un vecchio egocentrico con la fissa della fede," ironizzò Ben, seccato dell'accostamento delle loro personalità.
Se mai si era sentito tanto diverso da qualcuno, quello era il fratello di sua madre, Luke Skywalker: il Monaco, l'irreprensibile.
Proprio da quel suo credere incondizionato
aveva preso le distanze, anni prima.
Non vi era alcun conforto di fede, nella perdita, per Ben Solo, che il suo caro vecchio zio, animato da autentico zelo e purezza d'intenti, non avesse cercato di inculcargli da sempre.
L'indole di suo nipote era, però, estremamente razionale – o forse il suo cuore troppo fragile – per riporre incrollabili certezze in ciò che non si può toccare con mano.
"Ragazzo," ribadì benevolo Rex, che frattanto gli si era fatto prossimo posandogli una mano sulla spalla.
"Tu non lo hai conosciuto nei tempi migliori; la vita lo ha piegato, esattamente come ha fatto con te. Era un giovane pieno di sogni e speranze, un punto di riferimento per tanti, qui e ovunque la vita lo abbia condotto."
Ben risalì lo sguardo verso il corpulento oste dalla folta barba bianca, che contrastava la carnagione bruno rossastra, solcata da rughe profonde e ispessita da anni di lavoro sotto il sole.
Lieve il rimorso bussò, smuovendogli le viscere dall'interno, alle parole del vecchio marinaio.
Sapeva quanto la vita fosse stata dura, e per suo padre, che per sua madre e suo zio Luke.
Separati nei primissimi anni di vita, per motivi di sicurezza, Luke Skywalker e la sua gemella Leia – figli del magistrato Padmè Amidala e della sua personale guardia del corpo Anakin Skywalker – erano stati nascosti, dopo la morte dei loro genitori in un attentato per motivi di stato.
Furono sottoposti a programma di protezione.
Si erano ritrovati appena diciannovenni, quando Luke aveva iniziato i suoi studi di teologia a Boston, e sua sorella aveva intrapreso, invece, il percorso che l'avrebbe condotta in politica.
Luke era sempre stato animato da una grande vocazione, possedeva uno spirito solitario, a tratti malinconico, il suo carattere era calibrato da una saggezza innata.
Una specie di predestinato per essere guida dei più giovani.
Ben lo vedeva di rado, tuttavia aveva sempre ammirato suo zio.
Era uno sportivo, soleva meditare e allenarsi in posti dimenticati dal mondo.
Skellig Michael era proprio uno tra questi.
L'antico monastero sorgeva all'interno di un recinto murario su un altopiano roccioso in pendenza, sulla sommità nord-orientale dell'isola.
Una struttura monastica unica costruita in malta di calce: l'arenaria portata dalla vicina isola di Valentia, nota per le sue caratteristiche decorative.
Un'estate di quando Ben aveva nove anni, zio Luke lo aveva portato con lui.
Nonostante la fatica per risalire, giorno per giorno, il fianco roccioso lungo le scale impervie e sconnesse, malgrado le levatacce in pieno buio, l'acqua perennemente gelida per lavarsi e bere, a dispetto delle notti all'addiaccio per la fissa del frate di insegnargli a distinguere le costellazioni e il doversi nutrire di pesce e carne di uccello, per la maggior parte del tempo,
la generosità di quei paesaggi incontaminati mozzava il fiato, ricompensando generosamente l'anima di ogni sacrificio compiuto.
Da quella volta aveva voluto passare ogni estate con lui, in giro per qualche sperduta destinazione sul pianeta.
La meravigliosa Irlanda, tuttavia, era rimasta la sua preferita.
Anni più tardi – ormai uomo – ci aveva portato la donna che amava, Lara.
Per lei non prevedeva acqua gelida e notti al freddo.
La Taverna di O'Neill con le sue camere ricoperte di robuste travi di legno era il loro rifugio fuori dal mondo, dove dalle piccole finestre, al caldo di un fuoco, potevano veder divampare mareggiate furiose.
La sua Lara, conosciuta al secondo anno di corso, da cui non si era mai più separato.
Una splendida peonia, pura, elegante.
I lunghi capelli di seta nera, lasciati liberi di notte,
sparsi sul suo pigiama. Le dita affusolate intrecciate alle sue, le labbra dischiuse come ciliege mature mentre dormiva contro il suo petto.
Le guance di pesca e la carnagione lattea.
I ridenti occhi a mandorla assopiti dietro le lunghe ciglia.
Era l'immagine perfetta che conservava di lei, l'ultima con la quale volesse ricordarla.
Così effimera, stava inesorabilmente sbiadendo.
Lei che aveva lasciato dietro di sé una vita lontanissima per venire a studiare negli Stati Uniti.
La giovane che gli si era promessa, gioiosa e piena di fiducia e che, per quei sogni, aveva perso tutto, per colpa sua, di un suo capriccio.
Serrò le nocche di una mano alla stretta feroce di quel ricordo.
"Voglio salpare, devo raggiungere il monastero."
"Se instisti... partirà solo un traghetto oggi, verso l'ora di pranzo, quando il vento s'accheta un po'... Tanti auguri se arrivi intero senza buttar fuori ciò che hai bevuto, finanche le budella.
E non mangiare, ti raccomando!"
In fretta lasciò a Rex il denaro dovutogli e proseguì intenzionato a raggiungere la cinta muraria prima che fosse buio.
Il traghetto ci aveva impiegato il doppio del tempo per arrivare, e solo per miracolo non aveva dato di stomaco.
Tutto ciò che aveva desiderato, arrivando lassù, era potersene restare dall'alto del crinale a lasciarsi agitare come una canna al vento, perdendo lo sguardo nel nero mare d'inverno.
Se ne stava serrato nel suo giaccone, le braccia appoggiate lungo un muricciolo più basso, le mani conserte che penzolavano, al gelo, fuori del bordo.
Da sei anni non metteva piede lì.
Da sei anni la sua vita si era cristallizzata.
Si limitava a esistere senza vivere. Un respiro dietro l'altro. L'aria, ostinata, arrancava nei polmoni. I giorni spenti, erano l'inesorabile trascinarsi di una catena, ogni istante più opprimente, forgiata e appesantita via via da un dolore cieco.
Ma l'ora era giunta, forse, di fare i conti col passato. Non sarebbe mai stato pronto, ma doveva a sé stesso almeno di provarci, a lasciarla scivolare dai ricordi, come una lacrima furtiva che dal cuore era traboccata piena d'amarezza fino a bruciare sugli occhi stanchi.
Ventidue Dicembre
Lo spiazzo antistante il Campus pullulava di addobbi e il soffice manto di neve fresca aveva disteso, generoso, il suo candore su ogni superficie che occhio potesse scorgere.
– All the lights are shining so brightly everywhere –
Anche nell'atrio c'era gran fermento intorno al grande albero, allestito nel mezzo.
– And the sound of children's laughter fills
the air –
Miss Palpatine, insieme con alcuni studenti e colleghi, si erano fermati per sistemare gli ultimi addobbi, a fine lezioni.
Erano le 5.30 del pomeriggio e Poe Dameron – che aspettava, nella sua rossa fiammante, la sua ragazza – decise di fare capolino, visto che si era abbondantemente oltre l'orario di lavoro.
I canti natalizi, intonati dagli studenti, riempivano l'aria frizzantina di magia.
Anche Miss Palpatine e il tenente colonnello Dameron ne erano stregati, tanto che lui, ebbro di spirito natalizio, e nel pieno della sua consueta verve giocosa, la prese tra le braccia per farla ballare.
Non ci era abituata Rey, non erano stati troppi i natali felici per lei, e Poe era tutto ciò che la vita le avesse regalato, insieme a Rose e Finn.
– And everyone is singing
I hear those sleigh bells ringing –
Sorrideva serena, come non era da tanto, riusciva a vivere solo il momento presente, finalmente leggero, senza pesi sul cuore.
In un istante i suoi occhi vagarono. A un richiamo istintivo, volse il capo lungo la testa della scalinata dell'androne.
Due occhi bruni, striati d'ambra e miele liquido, la fissavano lasciandola invischiata nella loro malinconia.
– Won't you please bring my baby to me? –
Lo sguardo proseguì sulla cinghia di cuoio della tracolla che passava sul giaccone sbottonato, quindi sulla camicia, ma fuori nevicava!
La mano pallida con le nocche arrossate dal freddo stringeva la tracolla proprio all'altezza del cuore, le lunghe dita poggiavano sulla cinghia di cuoio.
Poco sotto la gola, la camicia, addirittura sbottonata e, poco più in su, una sciarpa di lana grezza girava intorno al collo passando ora sotto la giacca, ora fra la giacca e la camicia e al lato del collo, direttamente tra il tessuto e la pelle.
Un velo di barba incolta gli incorniciava la mandibola e le labbra piene, ma comunque maschili.
Sulla fronte qualche ciocca di capelli scuri, bagnati e ondulati, terminava in piccole gocce di neve sciolta che colavano lungo le guance arrossate.
Doveva essere ben confuso, in una sera di fine Dicembre, per indossare una camicia sbottonata in cima, sotto una sciarpa arrotolata alla meno peggio, con una nevicata in corso. Tutto diceva che, l'uomo di fronte a lei, era al limite tra la voglia di scaldarsi e quella di fingere che il freddo – e niente altro al mondo – potessero scalfirlo.
Una linea di confine in bilico tra due posti, contemporaneamente.
Note dell'Autrice:
Che dire ragazzi vi sono mancata?
Voi tantissimo, più di quanto le parole possano raccontare.
Mi sono mancati anche i miei adorati, incasinati protagonisti.
Mi è mancato scrivere, purtroppo, come già anticipato, devo procedere un po' a rilento per cause di forza maggiore, ma non vi mollerò.
Suona più come una minaccia che una promessa? 😆
Che ne pensate di Lara? Finora non ho mai parlato di lei.
Come vi aspettate fosse la donna che il professor Solo ha amato fin da molto giovane?
Che tipo potrebbe essere per conquistare un uomo dal carattere tanto schivo e introverso?
O forse prima dell'incidente era un'altra persona?
Sarà riuscito a iniziare a far pace con il suo passato?
Ci leggiamo presto. 🎅
PS: Il Bed&Breakfast O'Neill's a Portmagee, villaggio portuale di partenza per le isole Skellig è una piccola perla sull'oceano in tempesta.
Alcuni particolari sull'interno delle stanze però, me li sono inventati di sana pianta 😅 perché faceva più figo, nella realtà lo stile delle camere è semplice, senza travi di sorta.
E, non meno importante, ascoltatevi Satellite, merita. 😏
Senza contare che qualche personaggio di TCW o Rebels lo inserirò sempre.
*occhi bruni * ad omaggiare Din Djarin mi piaceva troppo. ❤
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