Luce e Tramonti a Nord-Est
Burlington – Vermont –
Parte Prima
"La ringrazio, rettore Johnson, per il permesso accordatomi.
Conto di aver svolto le mie ricerche sul posto nel giro di una settimana.
A proposito... non c'è stato proprio verso di far cambiare idea al professor Solo?"
"Mi spiace professoressa Palpatine, è stato irremovibile."
Sospirò corrucciata..."La prego, non nomini nessun altro suo al posto, almeno fino al mio ritorno.
L'indagine di questa settimana è delicata, voglio portarla a compimento da sola, un cambio in questo momento mi comporterebbe notevole rallentamento e di dover rivedere le mie strategie, rimandando la partenza, che ho fissato a un ottimo prezzo."
"Oh, ma per quello non si preoccupi, professoressa Palpatine, le sarà tutto rimborsato dal nostro Istituto."
"Non è mia abitudine approfittarne, comunque, mi lasci andare ora, con queste tariffe. La prego."
"Se insiste..."
"Non se ne pentirà, rettore Johnson!"
La verità era che voleva prendere tempo: non aveva nessuna intenzione di condividere mesi di impegno e indagini scottanti con nessun altro che non fosse lui.
Era stata un'impresa conquistare la sua fiducia, a livello professionale, e lei non era disposta a gettare alle ortiche l'aiuto prezioso che l'esperienza di un collega maturo le aveva fornito.
Si sarebbe inventata qualcosa per dissuaderlo, mostrandogli nuovi risultati a cui era certa di giungere.
Noleggiò un pick-up per avere la sicurezza di un mezzo stabile, dovendo percorrere strade dalle curve insidiose, molte volte ghiacciate, al calar della notte.
Un po'di comprensibile ansia corredava il tutto, ma era pronta a questa avventura, sebbene rischiosa, da sola.
Era partita in tutta fretta, lasciando detto soltanto a Lady Tano dove fosse diretta.
Oramai guidava da qualche ora, si era gustata uno di quegli spettacolari tramonti rosati, di inizio gennaio, tra le aghifoglie, complice il freddo, che rendeva la rifrazione solare di quel colore così particolare, in quel periodo dall'anno.
Insieme alla poesia del momento era perfettamente cosciente, però, delle temperature che sarebbero scese in picchiata. Più terso era il cielo, peggiore sarebbe stata la gelata.
Il fuoristrada non era nuovissimo, non poteva permettersene uno migliore, sperò con tutta sé stessa che non decidesse di lasciarla in mezzo al nulla una volta scesa la sera.
Tutto filava liscio da diverse miglia, la radio e i pensieri le tenevano compagnia.
Ora la mente andava a Poe, che era lontano, e le dispiaceva dovessero separarsi così spesso.
Si ritrovava, poi, a empatizzare con il suo collega; ripensava al suo sguardo severo e triste nello stesso tempo.
Occhi che nascondevano un vissuto aspro che le sarebbe piaciuto condividere con lui.
Sembrava anelare perdono per chissà quale nefandezza.
Aveva come l'impressione che si accusasse più di quanto meritasse.
Come da manuale della peggiore sfiga possibile, iniziò a sentire l'auto perdere potenza; si stava spegnendo come stesse terminando il carburante.
Accostò al ciglio della strada: il quadro elettrico spento, defunto.
Sulla provinciale, non un lampione.
Questa proprio non ci voleva!
Nessuna spia aveva mai lampeggiato durante tutto il percorso, c'era stata molto attenta, aveva anche fatto controllare tutti i parametri dell'auto prima di partire.
Il cellulare non aveva campo e, con l'auto spenta, presto sarebbe sopraggiunto il freddo.
La buona notizia era che il Motel, dove sarebbe dovuta alloggiare, non era tanto distante dall'arcidiocesi di Burlington e nemmeno distante dal luogo che era venuta a cercare.
L'indicazione, sulla mappa del navigatore, segnava che vi era proprio vicina.
Tutti e tre quei luoghi, sulla cartina, non distavano che qualche miglio ancora, ma con quel buio e quel freddo sarebbe stato quasi impossibile raggiungerli a piedi.
Decise di aspettare, magari la linea sul cellulare sarebbe tornata, oppure qualche pio automobilista di passaggio avrebbe potuto darle una mano.
Aprendo il cofano, aiutata da una grossa torcia, non vedeva niente che non andasse.
Con un voltometro aveva controllato i valori della batteria, ed era carica.
I liquidi nei vari radiatori e tutto il resto erano a posto, e intanto lei iniziava ad aver freddo e anche bisogno di espletare i suoi bisogni fisiologici, dopo tutte quelle ore.
Dovette arrangiarsi alla meno peggio, nella radura, dietro il portello dell'auto, sperando che dalla boscaglia non spuntasse fuori un orso o chissà quale animale.
Pensò di avere imparato a imprecare in tutte le lingue che conosceva, o forse no, quando sentì accostare un auto, proprio sul più bello, così che si bloccò per la paura di essere vista.
Una situazione davvero incresciosa.
Continuava ad alitare sulle mani livide dai geloni. Sentiva la pelle del viso tirare dall'asprezza del clima.
L'auto intanto accostava. Non era in grado di vederne nitidamente né il modello, né il conducente. Abbagliata dai fari, pose una mano a coprirle parzialmente gli occhi, accovacciata dietro la portiera, scongiurando di finire prima che chiunque fosse su quell'auto uscisse a cercarla... ma niente!
Più tentava di sbrigarsi, più la minzione era difficoltosa.
Una sagoma scura le veniva incontro.
La vedeva avanzare, da sotto lo sportello. I passi sul selciato, grazie a Dio, avevano deviato verso il posto di guida, fermandosi. Pochi istanti dopo aggiravano il veicolo in direzione dello sportello aperto.
"Ehi!... c'è nessuno? È lì dietro? Ha bisogno d'aiuto?"
– Maledizione!
Fece appena in tempo a tirarsi su le braghe, senza badare troppo all'igiene, non ce n'era il tempo, pena finire terga al vento di fronte a uno sconosciu...
"Che-che... Cosa? Come sapevi che ero qui?"
"Tu?... Non c'è tempo per le domande adesso. Sali in macchina, io prendo i bagagli dalla tua. Cerchiamo riparo.
Oddio, ma cos'è questo puzzo infernale?" protestò, tappandosi il naso, con la faccia più schifata che Miss Palpatine avesse mai visto.
– Ti uccido! Idiota, cafone.–
"Scusi tanto, sua altezza reale, se vuole posso farla sui suoi sedili fiammanti, starei certamente più calda!"
"Scusi tanto lei, Miss Perfezione, se sono venuto in suo soccorso, in mezzo al nulla e al gelo, per non avere sulla coscienza la sua morte per assideramento!
Ma come diavolo fa, la pipì di una ragazza, a puzzare così tanto? Ci ho anche camminato sopra!" Continuava a rincarare la dose.
"Ci vuole un coraggio, ma TU ce l'hai! Sono fuori a congelarmi, da ore, per fare quello che a te non interessa più. Che tu marcisca all'inferno, con le tue preziose scarpe, Ben Solo!"
Si avviò risoluta, diretta verso il... niente, mentre le lacrime – dalla rabbia – le bruciavano come limone su una ferita, tanto si sentì umiliata.
Lo sentiva avanzare correndole dietro, voleva correre a sua volta, ma il gelo le aveva indolenzito ogni muscolo. Non ne aveva la forza.
"Rey, Rey... dai non fare così, ti congelerai," la afferrò delicatamente per un braccio, ma lei si divincolò furente, alzando il passo.
D'un tratto si sentì letteralmente sollevare: le aveva avvolto le braccia intorno e, di peso, l'aveva caricata sulle spalle come un sacco di patate, trasportandola verso l'auto.
"Bruto! Mettimi giù!" scalpitava quella, ancora più arrabbiata.
"Quante storie! Basta con questi capricci!" tuonò.
Aprì la portiera della sua Chevrolet adagiandola come una piuma sul sedile riscaldato, aveva lasciato l'auto accesa. Le proteste inviperite della collega finirono in quell'istante. Richiuse il portello dopo averle adagiato addosso anche il suo giubbotto, tremava come una foglia. Si rimise al posto di guida, in fretta, e si diresse verso il Motel più vicino, era lo stesso che Rey aveva prenotato e l'unica stanza disponibile era la singola a nome Palpatine.
"Dormo in macch..."
"Sul pavimento andrà benissimo!" Lo trattenne lei.
Finalmente una doccia calda, sebbene fosse oltremodo inquietante che a distanza così ravvicinata, nell'altra stanza, ci fosse il suo collega.
Una comoda tuta e i capelli sciolti ancora umidi sulle punte, la osservò riemergere dal bagno.
"Posso... entrarci io?"
Lo guardò di traverso
"E quando sarai uscito da lì, starai su quella poltrona, senza muoverti! Non farti venire strane idee. Sei già fortunato a non assaggiare il pavimento."
"Prego Rey... non c'è di che."
Se ne stava a naso all'insù fissando il soffitto.
Pensieri inopportuni si affacciarono nella sua mente: ripensò a qualche giorno prima, a casa di lui, a come le si erano imporporate le guance alla vista del professore in vesti discinte.
Una lunga, vistosa cicatrice gli fendeva il petto, simmetrica, dispiegandosi dal centro delle clavicole lungo lo sterno. Pensò all'incidente, probabilmente uno dei segni che gli aveva lasciato.
Sentendo riaprire la porta del bagno, chiuse gli occhi, a dare l'impressione di essere crollata.
Poté sentirlo indugiare sull'uscio, tesa, al pensiero che la stesse osservando.
Con passo felpato, attutito maggiormente dalla moquette, prese posto sulla poltrona alle spalle del letto, ne sentì chiaramente il fruscìo dell'attrito tra la stoffa dei vestiti e la pelle della seduta.
Solo spense la lampada e sperò di chiudere occhio.
Rey, dopo qualche minuto, sentendosi protetta dal buio, cambiò posizione voltandosi verso di lui.
Nella penombra ne scorgeva il profilo, stravaccato sul giaciglio di fortuna.
I piedi scalzi, i jeans e una t-shirt nera lasciavano intravedere, attraverso la fioca luce della notte, che filtrava da una finestra, il profilo delle braccia tornite, delle terminazioni nervose in rilevo e, più in alto, il folto di una chioma scompigliata.
Ne avvertiva l'odore fresco e intenso, lasciato dalla doccia, sulla pelle.
Certa di non essere vista gli si avvicinò felina, accomodandogli una coperta addosso.
Invece, la sentiva, finse anch'egli di dormire per gustarne il respiro tiepido, al suo avvicinarsi, l'essenza inconfondibile, simile al cinnamomo, che la sua pelle e i suoi capelli rilasciavano a ogni movenza aggraziata.
Si sentiva un tantino in colpa, era stato poco delicato, ma quando faceva la difficile, ostinandosi, orgogliosa, a rifiutare il suo aiuto, la poca pazienza che aveva di natura, evaporava.
Un richiamo antico, buono riprese vita quando si chinò leggermente su di lui per coprirgli le spalle.
Dovette fare appello a tutte le sue forze per non scoprire le carte. Non dormiva affatto, come avrebbe potuto?
Nella stessa stanza con la donna più caparbia che conoscesse, ma anche l'unica capace di far accelerare il suo battito alle stelle, con la semplicità di un gesto tanto casto.
Un qualcosa, sopito da tempo, dal senso di colpa, si faceva strada. Qualcosa che negava a sé stesso.
Andava ben oltre il semplice desiderio.
Ma a lui la vita non avrebbe dovuto concedere più nulla, perché aveva già avuto tutto, una volta, ed era riuscito a perderlo.
Non erano contemplate seconde possibilità a un fallimento costato così caro.
A ogni modo sarebbe stato meglio riposare, la giornata successiva sarebbe stata un vorticare di eventi, solo per stare dietro alle idee vulcaniche e avventate di quell'impertinente, cocciuta della sua collega.
Note dell'Autrice:
La seconda parte arriverà prima possibile; strane cose attendono questi due a breve.
Ma strane, strane davvero... 😅
Oltre ogni immaginazione 👽👻
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