L'ombra della Bramosia - Parte Prima

Cosa faremo, questa volta, riguardo a Poe?¹

Poe Dameron non è certo uno che si dà per vinto, e se mai qualcuno avesse potuto lontanamente pensare a una sua definitiva e arrendevole
uscita di scena, si sbaglia di grosso.

Aveva lasciato passare giusto il tempo necessario per organizzare la sua contromossa affinché Rey potesse rendersi conto di quale farabutto stava scegliendo.

E, se è vero che il generale Solo e il sindaco Organa avevano fatto di tutto per proteggere il loro rampollo, mantenendo un assoluto silenzio stampa in merito all'incidente di Filadelfia – facendo in modo che la notizia passasse più in sordina possibile e ai media locali che nazionali. Comprando, se necessario, questa discrezione a caro prezzo, certi dell'innocenza del loro ragazzo – di ben altro avviso era il tenente colonnello Dameron.

Nondimeno era disposto a tutto pur di dimostrare la corruzione cui i Solo avevano slealmente ricorso per insabbiare una macchia indelebile che era costata la carriera militare al loro protetto.

Del resto, essere nell'arma aveva i suoi vantaggi, primo tra tutti la possibilità di entrare in possesso di dati sensibili e documenti privati, opportunamente riesumati, per inchiodare i Solo e riprendersi la sua Rey.

La delusione era stata cocente per Poe. Aveva sempre considerato Han come un modello da seguire, ma del resto Ben era pur sempre suo figlio. A ogni modo il contrattacco del giovane ufficiale non si lasciò attendere a lungo.

Non erano passate che poche settimane da quello che tra lui e Rey Palpatine era parso un addio definitivo e la rabbia che montava in seno al tenente colonnello cresceva con la certezza che avrebbe smascherato, in maniera plateale e definitiva, quell'ipocrita pallone gonfiato che aveva osato allungare le grinfie sulla sua donna.

Arrivò sulla sua rossa fiammante, direttamente dall'aeroporto, di mattina, davanti casa di Lady Tano dove constatò che l'anziana signora non ci fosse; e già questo, di per sé, era una sorpresa.

Aveva una gran voglia di riabbracciarla; si era davvero affezionato a quella donna saggia e pacata e, di fatto, sperava che in quelle settimane Rey si fosse confidata con lei, certo che Lady Tano avrebbe apertamente parteggiato per lui, l'uomo onesto, sincero, che non nasconde sordidi segreti. Non foss'altro per l'affetto che li legava, oltretutto.

Non volle disturbare le lezioni avvertendo Rey del suo arrivo.
Attese pazientemente la pausa pranzo.
Il confronto che desiderava, da tempo, con Solo, era giunto.
Si diresse risolutamente verso la sala professori e irruppe diretto verso il suo obiettivo.

"Professor Solo!..." sibilò pungente allargando in modo fintamente benevolo le braccia e ghignandogli in faccia un sorriso sfrontato e sarcastico, al quale il suo interlocutore rispose con la tipica flemma.

"Lo sai? tu non sei solamente un codardo, tu sei un traditore!" tuonò Dameron, risoluto mentre la collera gli risaliva come magma incandescente dalle vene, lungo l'esofago, fino alla gola, bruciando in ogni singola sillaba sputata con l'intento di distruggere tutto ciò che trovasse sulla sua strada.

"Sei riuscito a mentire a così tante persone, a comprare, con il prestigio del tuo cognome, la posizione che occupi ma la farsa è finita! Spalle al muro. Scacco matto, principino!"

Cercando di mantenersi imperturbabile, Ben Solo iniziò a sfogliare i test che aveva da visionare ma l'ufficiale più lo incalzava.

"Lo sai Dameron?" sbottò "Non sai perdere! È questo il tuo limite più grande."

"Davvero professore?" mormorò tra i denti, con gli occhi iniettati di sangue, il pilota. "Vieni fuori," gli intimò, "te lo dimostro chi perde!"

"Con piacere!" mugghiò il docente, precedendolo di gran carriera verso il portone centrale.
Discese che ebbe le scale, allargò teatrale le braccia

"Cosa ti brucia di più pilota, dillo!" il professore lo provocò sfacciato e sarcastico.

"Tu hai annientato, per un capriccio, uno degli uomini migliori della nostra Aviazione Nazionale, nonché un caro collega e prima di tutto amico. Questo lo hai raccontato a lei?"

"Vaneggi, Dameron. Parli di cose che non conosci. Non conoscevi Peter e non conosci Rey.
Lei sa tutto!
ed è restata comunque.–
Se potessi le taglieresti ancora la carne nel piatto ma ti informo che non è la tua bambina. È tenace e volitiva, capace di scegliere.
Qualunque cosa credi di averle insegnato, lei, la fa meglio con me!"

A quelle parole Poe divenne cieco di rabbia e con una furia inaudita si scagliò su Solo infierendo a calci, sberle e qualunque altro colpo potesse sferrargli.
Certo, sapeva quante gliene stava dando, ma non si rendeva conto, forse, di quante ne prendeva a sua volta, da quel colosso.

Dameron lo trascinò, di fronte ad alcuni studenti e colleghi davanti alla fontana all'ingresso del campus.
Entrambi finirono a gambe per aria.
La risposta di Solo non si fece attendere.
Una volta riguadagnato vantaggio, sovrastò l'ufficiale e, mentre lo teneva fermo sull'asfalto, premendogli una mano sul petto appena sotto la gola,
gliene dette tante, ma tante, in piena faccia, fino a che un urlo non li arrestò.

"Smettila, Ben! Lo ucciderai così," lo supplicò Rey disperata mentre lo tratteneva e spostava dal corpo di Poe, a pericolo di finire nella rissa gambe all'aria insieme a loro.

"Bruto! che cosa gli hai fatto?"
alzò la voce l'insegnante di Psicologia mentre teneva il capo di Poe tra le braccia, tamponandogli con la manica della camicia un copioso rivolo purpureo che gli scorreva lungo la tempia.

Ben, scosso, si risollevò dandosi una ripulita e, sconcertato quanto incredulo, tornò all'interno verso la sala professori a riprendere i suoi effetti personali.
Come al solito, Rey, aveva visto solo la parte della discussione che poneva lui in cattiva luce.
Proprio quando stava iniziando un rapporto di fiducia con lei.
Ora che credeva che quel bellimbusto si fosse ritirato, riguadagnava punti agli occhi di lei, sproloquiando menzogne e inscenando piazzate teatrali.
Chi era stato davvero offeso, si difendeva soltanto, non era l'orco di turno.

Nelle settimane precedenti.

"Papà, ho bisogno che tu faccia una cosa per me."

Han Solo si voltò lentamente verso suo figlio, fronteggiandolo.
Smise di sorseggiare la birra ghiacciata che aveva tra le mani, posando la bottiglia ad agio sul piano della cucina, mentre teneva il palmo dell'altra mano appoggiato sul marmo del top.

Era difficile lasciasse che alcunché interrompesse quegli agognati e rari momenti di quiete che si ritagliava in assoluta, religiosa solitudine.

Suo figlio che chiedeva qualcosa, a lui poi, pareva l'evento del millennio.

Papà – pensò tra sé il generale.
Da un pezzo Ben non lo chiamava più così, a meno che...
Ci doveva essere qualcosa, o meglio, qualcuno di importante perché il suo ragazzo decidesse di rivolgersi a lui in un tono che non fosse ironico.
Di solito lo appellava "Han" o "generale", ma "papà" era una sorpresa!

"Devi tenere molto a lei."

Ben deglutì a occhi bassi, mantenendo la posa marmorea che teneva di fronte a suo padre.

"Devi mandare qualcuno che la sorvegli, è in pericolo."

"Ragazzo, io ti aiuterei volentieri, ma non pensi di cacciarti nei guai invaghendoti di una donna già legata a qualcuno?
Voglio dire... sono davvero contento di intravedere uno spiraglio di presente nella tua vita, tuttavia se è questione di puro intrattenimento vada. Temo però che tu sia fin troppo coinvolto. Mi sbaglio?"

Ben non rispose, sedette su uno degli sgabelli al grande tavolo-penisola, al centro della stanza. Tamburellando le dita sul legno chiaro del ripiano, volse le ciglia, con aria pensosa, fissando lo sguardo in direzione delle vetrate.
Lasciò che si impigliasse tra i rovi ritorti del pergolato di rose oltre la siepe.

La luce dorata delle quattro del pomeriggio, che filtrava dai rami, riflettè nelle sue pupille malinconiche le medesime sfumature d'ambra e miele dei raggi del sole, quando rilasciano una rifrazione più calda che in altre ore del giorno, mentre contro un cielo terso, una patina dalle tinte rosa acceso dipingeva un tramonto che nemmeno i più famosi impressionisti riuscirono mai a immortalare.

"Non è come pensi, il pilota manca per lunghi periodi. Suo nonno, il senatore, la fa seguire! Devi fare in modo che sia al sicuro. Sai come fare."

"Non è una mossa furba inimicarsi quella gente, figliolo."

"La fa seguire, papà!" ripeté, scandendo la frase con maggiore enfasi.

"Capisco... la faccenda è peggio di quello che pensavo. Ti stai buttando nel fuoco per lei Ben, lo sai? Ne vale la pena?"

"Non si tratta solo di lei, ma di Lady Tano, anche... e di voi."

"Che c'entra la zia di Peter?"

"Credo che il senatore abbia parte nell'incidente."

"Puoi dimostrarlo? Quella è gente in alto e disposta a tutto."

"Mi serve tempo, sto raccogliendo le prove che mi servono e so già abbastanza."

"Sei sicuro? Un passo falso può costarti davvero tutto stavolta, saresti in grado di..."

Di sopportarlo ragazzo, di sopportarlo senza che ti distrugga definitivamente?

Le parole Han... non le trovava mai.

"È la cosa giusta. Per Peter e Lara, perché abbiano giustizia."

"Cosa hai mente?"

"Tu trova un posto per Lady Tano, non è più al sicuro nella sua casa.
Il senatore sorveglia la dimora e gli spostamenti di Rey. Ahsoka è diventata troppo fragile per vivere da sola.
Per Rey... pensavo alle conoscenze che hai nella CIA."

"Ci posso provare, ma lei accetterà?"

"Non deve saperlo, falla sorvegliare a distanza."

"È sveglia, Ben. Eccome! Non dimenticare il sangue che le scorre nelle vene, non abboccherà... possiamo provarci ma non garantisco che mangerà la foglia."

"Lo puoi ben dire, un osso durissimo!" un sorriso involontario quanto spontaneo fece capolino sul viso del docente di Storia, sebbene avesse chinato il capo per non lasciar intravedere emozione.

"Diamine se ti scintillano gli occhi quando si parla di lei... è bello vedere che..."

Che riprendi a vivere, figliolo, che riprendi... a vivere.

"Per Lady Tano... ho pensato che, potremmo chiedere a Luke se potesse tenerla al monastero con lui," glissò abilmente Ben.

"Luke? non lo sentiamo da anni," osservò il generale, passandosi una mano dietro la nuca.

"Beh, sarà la volta buona allora," continuò il professore, sicuro di sé.

"Rey, accidenti, dov'è Lady Tano?" chiese Poe, dolorante, con una mano sulla fronte, adagiato sul sofà del basement.

"È andata dai suoi figli, per un po'."

"Ma... credevo lavorassero e fossero pieni di impegni. Oltretutto lei non poteva viaggiare in aereo per via dell'età e delle condizioni di salute che non le permettevano di rischiare complicazioni ad alta quota."

"Sono venuti a prenderla in macchina."

"Sta male? dimmi la verità," soggiunse l'ufficiale sentitamente preoccupato per la donna.

"Qualche problemino Poe, ma niente di preoccupante."

"Sei sicura? Non mi nascondi niente, per non farmi preoccupare, vero?"

"Niente, Poe. Niente," rispose Rey rassicurandolo, mentre gli ravvivava la borsa del ghiaccio sulla tempia.
"Piuttosto, perché sei in città? e, soprattutto, perché ti ho trovato fuori dal campus ad azzuffarti con..." si sentiva terribilmente in imbarazzo nel porgli quella domanda.

Poe si tirò a sedere, puntellandosi sulle braccia.
Lasciò da parte la borsa del ghiaccio e le si fece più prossimo.

"Rey... tu sai di Peter, il nipote di Lady Tano? c'è stato un incidente sei anni fa. Sai chi ne è il responsabile?"

Rey, a capo chino, si torturava le mani freneticamente.
La risposta avrebbe ferito Poe, ancora una volta. Dopo attimi di imbarazzato indugio, raccolse le briciole di coraggio restatole e formulò la sua breve contropartita.

"So per certo di chi non è la colpa."

La delusione si fece strada palesemente sul volto del bell'ufficiale.

"È riuscito a convincerti con le sue menzogne. Sei accecata! La sua famiglia ha insabbiato tutto per anni..." balbettò esitante la voce dell'uomo di fronte a lei.

"Non è così Poe, devi credermi."

"Come puoi esserne certa?"

"Lo so!"

"Come? Che prove hai?" Le urlò addosso il tenente colonnello, riversandole contro tutta l'amarezza che provava, quando nonostante la sua onestà veniva malamente messo da parte, per l'ennesima volta.

Gli occhi di Rey si velarono, colmi di tristezza nel vederlo in quello stato, ben sapendo che la causa di quella sofferenza era lei, una volta di più.

"Da quanto ne sei a conoscenza?... Lo sapevi quando dicevi di amarmi e voler stare con me? E tutte le fandonie che mi hai raccontato e continui a raccontare, trattandomi come uno stupido?" pronunciò mesto, a testa bassa, le mani sui fianchi.

Prese la giacca, la infilò silenziosamente mentre Rey, ch'era rimasta a sedere, continuava a martoriarsi le mani.

Un silenzio di fiele calò, come se l'ossigeno si fosse rarefatto ed entrambi arrancassero respiri pesanti, attraverso gas tossico.
Gli occhi pieni di sconcerto che Poe le rivolse, prima di guadagnare l'uscio, furono una pugnalata in pieno petto per la giovane che affannava vistosamente abbassando e innalzando convulsamente lo sterno.

"Non c'è più sincerità tra noi, Rey. È questo che davvero fa male più di ogni altra cosa. Non ti riconosco, anzi... probabilmente non ti ho mai conosciuta!" sospirò l'ufficiale di fronte la porta di ingresso, prima di richiuderla alle sue spalle.

Pianse Rey, amaramente. Lacrime velenose, dal cuore alla gola, la soffocavano.
Non era stata capace di muovere nemmeno un passo per trattenerlo. Non una parola per confortarlo.
Voleva proteggerlo e lo stava ferendo sempre di più.

Il non detto, tra loro, bruciava molto più dell'escoriazione che recava sulla fronte.
I lividi di quella che Poe percepiva chiaramente come la fine di tutto, il morire lento e agonizzante della fiducia che c'era sempre stata tra loro due, doleva molto più dei graffi sul viso.

Aveva scelto lui.
Per lui era disposta a mentire, a nascondere.
La sua Rey.

Loro, anime gemelle, capaci di resistere al tempo e alle distanze.
Loro che, sempre, si erano trovati.
Ora distanti anni luce.
Satelliti freddi e lontani, persi in orbite sconosciute.
Lei alla deriva verso un buco nero che l'avrebbe inghiottita nelle macchinazioni di gente senza scrupoli.
Sarebbe rimasta stritolata dagli ingranaggi di una macchina spinta dal potere e dagli interessi solo perché, troppo pura e ingenua, si era sentita in dovere di fare da crocerossina a un bastardo impenitente.

Decise di sostare in un Motel, almeno una notte, prima di ripartire per fare ritorno alla base militare in Florida.
Si lasciò cadere inerme e svuotato di ogni intento ed emozione, sul letto, con solo un asciugatoio che gli cingeva i fianchi, dopo una doccia stanca.

Le tempie pulsanti, la testa vorticante, il soffitto che ruotava come una trottola, su sé stesso.
Non seppe se svenne o si addormentò, semplicemente sfinito, quando un freddo pungente gli pizzicò la pelle ridestandolo dal torpore che lo aveva avviluppato per un tempo che non seppe quantificare.

Ebbe l'accortezza di indossare almeno la biancheria intima, una maglietta e, mentre si versava qualcosa di forte dal frigo del mini bar, sentì bussare alla porta.
Andò ad aprire e con sua sorpresa constatò che era Solo, con dei grandi occhiali scuri a coprirgli il volto, se pure fuori fosse ormai sera.

"Che vuoi?" ghignò l'ufficiale.

"Solo un momento," ribatté l'altro.

Dameron si scostò nel gesto di farlo passare, socchiudendo la porta, senza assicurarla. Cercava di domare, dentro, l'istinto feroce di afferrare il primo arnese a tiro e fracassarglielo sul cranio mentre il professore imbecille gli dava le spalle, inerme.

Si pose a sedere, sorseggiando la bevanda alcolica versata poco prima; fissava la parete in un punto indefinito. Solo era rimasto in piedi, al centro della modesta stanza; dal basso del sofà la sua altezza pareva ancora più incombente.

"Chi parla prima?" mormorò Poe a labbra serrate "Prima tu, prima io? Insomma che accidenti vuoi? Non ho tempo da perdere con te."

"Si tratta di lei!"

A quell'ulteriore provocazione Poe ancorò il proprio sguardo ferino alle pupille del suo interlocutore.
Dovette davvero fare appello ai pochi brandelli di autocontrollo rimastigli per domare l'istinto di aggredirlo nuovamente.
Restò in silenzio, impassibile, seguitando a fissarlo torvo.

"Ci sono cose più grandi di te e di me, Dameron.
Il senatore è un pericolo, cosa puoi dirmi di lui?"

"Tu devi essere completamente pazzo! Cosa ti fa credere minimamente che mi rivolgerei a te per aiutare Rey. Tu e la tua famiglia la state mettendo in pericolo."

"Non è come pensi. Suo nonno, dimmi tutto quello che sai su quell'uomo, servirà a metterlo fuori gioco.
Inoltre... mi serve che tu sia l'ombra di Rey, di te non sospetterà. Il senatore ci fa pedinare, ma non sa del tuo arrivo in città."

Poe lo guardava dal basso del sofà verso l'alto della sua immane faccia tosta, stravolto,
trattenendo il folle istinto di strangolarlo a mani nude.
Mentre lo aveva ascoltato farneticare, gli erano venuti in mente almeno dieci modi di eliminarlo, facendolo sembrare un incidente.

"Se vi fa pedinare come dici, in questo momento ha saputo di me, qui.
Potrebbe anche avermi visto con lei dopo le tue prodezze sul piazzale esterno del campus."

"Di te non sospetterà, sa che siete legati. Io gliela darò a bere e mi ritirerò dal caso a cui sto lavorando con Rey, così da tenerlo buono."

"Che cos'hai in mente Solo?
Chiariamo subito: ammesso che decidessi di darti credito, le regole le detto io!
Se per colpa tua qualcuno le torce un capello sei morto, te lo garantisco!
Il senatore posso tenerlo buono, ha abbastanza fiducia che io sia innocuo.
Ho sempre finto, non mi sono mai fidato di lui.
Poi, cosa c'entra il caso a cui lavori? E che diavolo ti fa credere che collabori con gli assassini?"
gli alitò sul collo, mentre compiva un mezzo giro dietro di lui dirigendosi verso il letto, sul quale si stravaccò.

"Mi duole ammetterlo, ma lo credo perché Rey non si accompagnerebbe mai a un perdente."

"Quando poi avete finito di parlare di me come di una bambola di porcellana me lo farete sapere!
Ah, e siete così accorti che avete lasciato la porta aperta e non vi siete resi conto che io ho seguito voi," enunciò una voce cristallina, fin troppo familiare, che li fece sussultare entrambi.

Se ne rimase, poco lontana, a fissarli indispettita.

Note dell'Autrice:

Ciao a tutti gente, a 'sto giro mi sono fatta perdonare la lunga assenza, tra la penultima pubblicazione e la scorsa, con una bella doppia ravvicinata.
Spero di avervi reso contenti con questo nuovo aggiornamento.
Che vi sia risultato piacevole e leggero, tutto sommato, tenendo conto che i nostri beniamini non sono personcine così easy.

¹ Cosa faremo questa volta riguardo a Poe? Il titolo di questa sequenza si ispira a quello di uno degli ultimi episodi della serie HBO Girls, che vede protagonista proprio Adam Driver nei panni di Adam Sackler.
Il titolo originale è What will we do this time about Adam?

A presto miei fedelissimi ♥️.

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