Capitolo 7

Perry rimase del tutto esterrefatto, incapace di comprendere e di valutare oggettivamente quel che era capitato. In realtà, come capì dopo aver ripreso il controllo del proprio corpo, la verità era ovvia e schiacciante: qualcuno lo aveva pedinato e, al momento opportuno, si era occupato di cancellare le prove. Continuava a pensare che alcuni dettagli sostanziali gli sfuggissero e a ferirlo di più era proprio la consapevolezza di non avere le fondamenta a reggere le indagini. Rimaneva comunque il più calmo tra i presenti.

Ted toccava i capelli meccanicamente e poi lisciava le pieghe della giacca mentre Tancredi aveva piazzato le grandi mani sui fianchi, stordito e stanco della situazione che, evidentemente, gli remava contro. Susanne faceva ora un passo avanti, ora due indietro e viceversa. Tutti erano immersi e isolati in un mare di pensieri e sensazioni. Tutti, tranne Camille.

Osservava attentamente ognuno dei compagni, convinta che l'assiduità l'avrebbe aiutata a trovare una prova schiacciante o un comportamento anomalo negli altri. Aveva un bisogno mentale e fisico di riversare il dolore su qualcuno, in quel momento più che mai. Non riusciva a digerire la solitudine che l'aveva abbracciata dopo la morte di Scott. Da tempo sapeva di averlo perso: notava in lui un'oscurità che lo rendeva simile all'ombra di sé stesso. I begli occhi verdi si erano fatti più scuri, così come il suo modo di vedere il mondo, e tutto ciò che lo caratterizzava era cambiato per sempre e lasciava intendere la gravità delle sue condizioni. Ma nonostante Camille avesse notato e compreso quelle differenze, non riuscì mai a farne parola, né con lui né con altri. Pensava che il silenzio e l'accettazione l'avrebbero aiutata a tenerlo sempre tra le sue braccia ed era certa che un giorno lui sarebbe tornato quello di un tempo.

Quando i genitori della ragazza avevano divorziato, le erano stati portati via i principi più importanti. Jasmine, sua madre, aveva scoperto del tradimento del marito e l'aveva rivelato al mondo. Eppure, malgrado l'uomo avesse perso l'integrità, la donna era rimasta senza ciò che c'è di più importante al mondo: la fiducia. Camille imparò quindi a vivere senza una famiglia solida e presente, tra feste e amicizie di comodo. Ai tempi pensava che il comportamento di Scott fosse da attribuirsi a un'altra ragazza; d'altronde, nulla di più grave dovrebbe occupare la mente di un ragazzo di quell'età. Decise di tenere per sé il dubbio per non rischiare di perdere anche l'ultima luce della sua vita.

Dopo la morte, però, realizzò che le sue negligenze forse gli erano state fatali, anche se al tempo stesso si sentiva innocente. Dopo una vita di superficialità e di abbandoni, lui era finalmente una lente che le permetteva di vedere più nitidamente. Le sue carezze e le sue parole gentili le avevano mostrato cosa significasse non essere sola e Camille non aveva resistito alla paura di vederlo andar via, anche se paradossalmente quelle parole non dette l'avevano solo aiutato a fuggirle.

Eppure quella sera l'aveva tradito, per motivi del tutto sconosciuti.

Abbassò la testa senza grazia, e cercò di non mostrare quanto il dolore le deformasse i lineamenti delicati. Tancredi fece un passo nella sua direzione, ma lei arretrò offesa. Quando rialzò il capo l'ombra della sofferenza era ormai del tutto svanita, sostituita da un ghigno arrogante e da uno sguardo stufo, della situazione e della compagnia. Stava per aprir bocca, ma Perry, compresa la ragione di fondo, la precedette.

''Mia madre ha delle foto nel suo pc personale, quindi non preoccupatevi. Quel che mi spaventa, invece, è sapere che qualcuno ci insegue.''

''Ti insegue'' lo corresse Camille. Susanne alzò gli occhi al cielo, esasperata dal suo atteggiamento. ''Ehi, guarda che sei coinvolta anche tu.'' disse indicando con l'indice il telefono tra le mani di Tancredi. ''Non fare la santa.''

La Thompson rise rumorosamente. ''Sei buffissima, se non fosse che ti ritengo una nullità mi congratulerei per la tua disarmante prontezza di spirito. Tuttavia, mi limiterò a consigliarti di ricordare chi sono io e chi sei tu.'' fece un passo verso la ragazza, sicura sulle scarpe da ginnastica. Anche con quel look improvvisato e casual, composto da pantaloni neri e giacca lilla in cotone, rimaneva incredibilmente elegante. Perry la osservò ammirato, per un attimo succube del grande fascino che Camille emanava. Ripresosi, notò che Susanne lo guardava di tralice ferita.

''Scott difendeva te e tutti voi nerd. I poveracci gli sono sempre piaciuti, credo. Anche se, a dire la verità, Donnola, Donnetta, insomma la tua matrigna proprio non la poteva vedere. Ogni volta che entrava lei si irrigidiva e borbottava qualcosa. Suppongo gli abbia rubato qualcosa dalla casa, nel periodo in cui ha lavorato per i Pillhgrim. Come dice il detto? Ah, sì! ''La mela non cade mai lontano dall'albero.'' concluse con un occhiolino e sollevò gli angoli della bocca impercettibilmente, contenta di aver colpito nel segno.

Susanne non resistette, si gettò contro Camille. La scosse più e più volte, tanto che la ragazza iniziò a urlare. Le due si tirarono i capelli, senza farsi realmente male, e scagliarono l'un l'altra parole infuocate. Tancredi e Ted tentarono di dividerle, ma ottennero in cambio qualche schiaffo sonoro.

''Si può sapere cosa diavolo sta succedendo qui?'' la voce acuta del vecchio pescatore Donovan risuonò nel silenzio del molo. Era un vecchio eremita, misantropo e totalmente diffidente. Tuttavia, ciò non gli impediva di visitare il porto e altri posti, come parchi e musei. Giravano alcune storie sul suo conto: in particolar modo si diceva che comparisse dal nulla nell'apoteosi di situazioni tragiche, come in quel caso. Tutto sommato, la barba canuta, il corpicino magro e le braccia incrociate sulla schiena dimostravano quanto fosse innocuo, nonostante tentasse in ogni modo di dimostrare il contrario. Persino la vocina flebile lo tradiva.

''Stavamo... discutendo.'' asserì Camille con fare autoritario. Donovan scosse il capo. ''Io stavo pensando agli affari miei... non voglio essere interrotto da voi marmocchi, chiaro? Ora andate a letto. Finché non avrete spostato quelle casse toraciche e quelle testoline piccole e vuote da questo posto, non potrò riprendere il mio dialogo interiore. Su, andate!''

''Perché non sposta il suo dialogo interiore da un'altra parte?'' domandò educatamente Ted, mordendosi il labbro inferiore. L'eremita gli schioccò un'occhiataccia. ''Vuoi che ricordi ai tuoi amici di quando nuotavi nudo nel laghetto comunale, da bambino?'' Perry trattenne a stento una risatina, mentre Tancredi, fino a quel momento passivo e inerme, alzò le palpebre, di colpo nuovamente sveglio. Probabilmente immaginò la scena, perché storse la bocca.

''L'ha già fatto'' borbottò l'Amprels.

''Andate!'' Questa volta si mossero sul serio e ognuno prese la sua direzione. Tancredi accompagnò Camille e Ted, mentre Perry e Susanne si incamminarono insieme. Dopo aver attraversato i primi quartieri, il Longbottom trovò il coraggio di parlare.

''Non devi ascoltarla. Sa bene quanto te che non sei una ladra. E non lo è nemmeno Donna.''

La Thompson faceva riferimento a un episodio risalente al primo anno di liceo, quando la professoressa di arte aveva trovato nello zaino di Susanne un braccialetto appartenente a Camille. Non era stato che uno scherzo di cattivo gusto, organizzato da alcuni ragazzi e, probabilmente, dalla stessa Thompson, che proprio non riusciva a perdonarsi di esser stata superata dalla ragazza nella maggior parte delle discipline, considerando che a lei i genitori pagassero tutori e insegnanti esterni.

''Mi basta che tu creda che io sia buona.'' sussurrò debolmente lei. Perry si voltò sorpreso nella sua direzione, ma Susanne evitava consapevolmente i suoi occhi.

''Non voglio che tu vada in giro da solo. Questa storia dell'indagine... è più grande di quanto pensassimo. E tu sei al centro del mirino del nostro killer. Ti ha inseguito... non voglio che ti faccia del male.'' Perry si fermò e prese il braccio dell'amica per obbligarla a rimanere davanti a lui. Pose le mani sulle sua spalle e piegò la testa per assicurarsi che i suoi occhi trovassero quelli di Susanne. ''Ti prometto che starò attento. Ti fidi di me?'' Lei annuì.

Uno squillo di cellulare interruppe quel dialogo intimo. Susanne sollevò il telefono dalla tasca e, vedendo il numero, mostrò il display all'amico, per poi rispondere.

''Pronto. Ah, buonasera signora Longbottom'' esordì ''sì, è qui con me. Glielo passo subito''. Detto questo porse il dispositivo al ragazzo, che se lo portò prontamente all'orecchio. Per poco non gli prese un colpo. Un groppo in gola gli impossibilitava di parlare e la voce scossa dal pianto della madre era difficile da comprendere nell'immediato.

''Che significa che qualcuno ha distrutto il tuo ufficio e il tuo computer? In che senso le prove di tutti i tuoi casi sono andate distrutte?''

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