Lascio scegliere al destino
[Nella foto: Klaus ed Emily]
Terza persona
Non seppero se ringraziare il fato, eppure accadde proprio il mattino seguente quel fatidico scambio di prigionieri nei quali erano scritti nome e cognome, più il numero, sia di Lianne che dell'amica Emily. Non potevano restare un giorno di più lì. Così dovettero salire su un ulteriore treno, con altra gente malridotta ma ancora cosciente abbastanza dal riuscire a parlare, a lavorare, per andare via. Per quel poco che sapevano, i nazisti avrebbero guadagnato notevolmente per quel scambio.
Eppure Lianne non voleva partire. Oppose resistenza contro alcuni soldati che la trascinavano con la forza lì sopra, mentre la ragazza cercava ancora con lo sguardo il suo amato, per poterlo vedere ancora una volta.
Poche ore prima, tutto aveva assunto una piega assurda; una viavai di ss che prendevano le persone, il cui numero era segnato sulla lista, strattonandole fino ai cancelli, altre grida di madri o mogli che non potevano sopportare d'esser lasciate sole, della possibilità di non rivedere più i loro cari, si accasciavano al suolo chiedendo pietà, non potevano fare altro. Uno aveva stretto con forza il braccio di Lianne, la ragazza era impallidita e aveva chiamato in suo aiuto Emily, non accorgendosi ancora di cosa si trattasse tutto quel movimento. La ss non le dava alcuna importanza, così lei continuava a chiamare Emily, volendo urlare persino il nome di Josef, riconoscendo una sola figura famigliare in quella orda. Poco prima di urlare anche a Rachele, aveva notato ch'ella rimaneva impalata sul posto, la guardava catatonica, come se non si fosse accorta di ciò che la stava circondando. Poco dopo era svanita nel nulla, lasciando perplessa la ragazza bruna, fino a quando era salita sul treno, trovando con stupore Emily.
Si voltò un'ultima volta indietro, poco prima che il vagone venisse chiuso ed il treno fosse partito a velocità spedita, per dove nessuno sapeva. In quell'esatto momento Lianne crollò in un misto di emozioni, belle o brutte, non sapeva esprimerlo ma fu il suo corpo a parlare per lei, tremando come una foglia colpita dal vento, bagnato da una tempesta violenta interpretata dalle guance salate più dell'oceano. Trovò del calore nell'abbraccio che le offrì l'amica, ora più vicina che mai a lei. La rassicurava, la calmava, confessando al tempo stesso che ora capiva realmente cosa provasse Lianne perché quel sentimento d'amore lo provava anche lei, anche lei per un soldato che, per natura, sarebbe dovuto esserle nemico, eppure, di sua natura stessa non riusciva ad odiarlo: l'affetto era nato nel tempo, in quel campo, fino a quando Emily prese coraggio e confessò a Klaus, la sera prima, tutto ciò che sentiva, realmente tutto ciò che aveva. Capì di poter contare realmente su di lui quando egli le strinse le mani promettendole di aiutare anche la creatura che portava in grembo, nonostante non avesse niente a che fare con il soldato stesso.
A sorpresa di entrambe, si addormentarono l'una accanto all'altra, stanche, lasciando che la mente le portasse nel candido e sereno mondo dei sogni.
Passarono forse giorni, finché non misero piede in una terra sconosciuta, fredda e, all'apparenza, desolata. Era un campo di transito, non di concentramento o sterminio. L'angoscia tornò sui prigionieri, facendo partire uno sproloquio che tacque subito da un soldato. Le sue parole sembravano frutto di un sogno: affermò che in quel campo nessuno sarebbe stato sottoposto ad ulteriori selezioni, che si sarebbe lavorato meno e tutto ciò grazie alla taglia su ognuno dei prigionieri, essa garantì una permanenza più o meno dignitosa per un tempo indefinito. Tempo che sarebbe bastato a Josef e Klaus di portare via le due ragazze da quell'orrore per sempre. Sommariamente, erano scampati via da una fine terribile per attendere ora lì, in quel campo, la fine della guerra. Senza ulteriori sofferenze.
Lianne perlustrò la nuova baracca femminile, del tutto simile all'altra. Si sedette al bordo di una trave in legno per leggere un biglietto che Josef le aveva lasciato. Le mani tremavano ed alcune lacrime caddero macchiando le parole 'ti amo e ti amerò per sempre' sul fondo.
Poco dopo che il treno partì qualcuno venne a bussare da Josef ed era Mikael. Quest'ultimo si sorprese nel trovarvi anche Samantha e John, entrambi molto tesi.
-E così avevo ragione. C'è qualcosa tra te e Lianne.- Cominciò il soldato, rispecchiava perfettamente il titolo ed i suoi occhi freddi fissavano uno ad uno, volendo spiegazioni.
-Ebbene, ci provi tanto gusto, Mikael?- Chiese Josef senza trapelare alcuna emozione, ormai era tutto abbastanza evidente.
-Io mi sto battendo per la mia nazione, al contrario di te. Perché fai così, Josef?! Prima eri completamente un'altra persona.-
-Non mi hai conosciuto bene, allora.- Sbuffò l'uomo, con un gesto della mano consigliò agli altri due di andare in cucina, voleva evitare che entrassero in quel battibecco inutile.
-No, tu torna qua. Devo parlarti!- Urlò d'un tratto Mikael, spaventando Samantha tanto che, per il balzo, fece cadere un quadro da un tavolino. Ella gli rimandò solo uno sguardo di odio profondo, nascondendosi, poi, dietro John.
-Devi ancora imparare molto, Mikael.- Continuò Josef con tono autorevole, quasi da fratello maggiore. -Dimmi che intenzioni hai, ne possiamo benissimo parlare da persone adulte.
-Certo, così mi uccidi come hai ucciso Johann! Non la passi liscia per questo, te l'ho detto, ora devi tremare dalla paura per quello che ti succederà.- Inveì il ragazzo contro tutti e tre, sentendosi estremamente offeso, ripudiato, irato.
-Allora perché sei tornato qui? Potevi benissimo rivolgerti ai superiori.- Josef centrò il bersaglio a pieno. Mikael non seppe che dire, lo fissava solamente con astio, voleva picchiarlo, ma era immobile sul posto. -Bene. Cosa mi vuoi dire, Mikael?
-Io voglio capire perché!!! Ti ritenevo uno dei migliori soldati di tutto il Reich! Mi hai deluso profondamente, lo sai, vigliacco?! Tradire la tua patria per una femmina che è dalla parte degli ebrei... Cosa ti è saltato in mente?!- Stette per estrarre dalla tasca della giacca la sua pistola ma Josef lo bloccò ulteriormente con la sua risposta.
-Tu hai deluso me, Mikael. Anche io avevo buone aspettative su di te, eppure hai sempre velato un lato cinico e algido, tradendo tu, non io, la fiducia di chi ti voleva bene.- E a quelle parole, Samantha si chiuse ancora di più dietro John, disgustata ma allo stesso tempo impaurita.
-Io voglio parlarle! Sam, guardami, ti prego. Voglio dirti che mi dispiace, va bene? Ora mi sono reso conto di essere stato crudele nei tuoi confronti, per favore, ascoltami.- Il tono aveva un accenno languido, a Samantha dava solo il voltastomaco.
-Non sei stato crudele solo con me, anche con Lianne e John! Eravamo un gruppo ma hai rovinato tutto con la tua carriera. Torna pure a fare il soldatino perfetto, non mi interessa ciò che hai da dire.- La ragazza sputò acido mentre gli dava le spalle. Percepiva la rabbia crescere in lui, il terrore ora le fece venire i brividi, quasi pentendosi delle sue parole.
-Io vi ammazzo...- Un sussurro. -Vi ammazzo tutti.- Si schiarì la voce, Mikael era fuori di sé. Tirò fuori la pistola puntandola verso John, ma Josef lo intimidì a sua volta con la sua pistola. Mikael sparò un colpo all'uomo, misto dalla confusione e l'ira, aveva perso la ragione. Lo colpì ad un braccio e Josef si bloccò per il dolore. In uno scatto, Samantha prese l'arma dalla tasca di John, senza ch'egli se ne accorgesse, puntandola verso il ragazzo che una volta amava. Teneva le braccia ben dritte davanti a sé, stringendo la pistola con entrambe le mani, imitando le movenze dell'avversario.
-Posala, Sam. So che non lo faresti mai, ora, vieni qui fuori con me, voglio parlarti un momento da soli.- Mikael parve calmarsi ed ora guardava la sua ragazza con occhi dolci. Lei era sempre sua, credeva. Rivederla ancora, anche da arrabbiata, gli dava soddisfazione. -Quanta grinta, meriti veramente di stare con qualcuno che ha potere. Sam, torna da me, stupida ragazzina.- A detta di Samantha, i suoi occhi sembravano maniacali, così non ci pensò due volte, sparò. Sparò un solo colpo, ad occhi chiusi, sperando di aver sbagliato mira, per un attimo. Invece no, lo colpì in petto e lasciò che il suo corpo si accasciasse al suolo, inerme. John cercò di calmarla.
Purtroppo la situazione non fece altro che peggiorare. Fuori dall'abitazione, ad attendere Mikael, c'erano altri soldati che, sentendo lo sparo, corsero subito nel luogo. In quei pochi secondi, nessuno dei tre diede spiegazioni, l'adrenalina scorreva nel sangue della ragazza, invitando gli altri due a fuggire ora e subito. Scapparono, non sarebbero tornati indietro. Josef sembrò volare con la sua automobile, strinse i denti per il proiettile ancora nella sua carne ed il prima possibile si sarebbero fermati per toglierlo. Passarono ore, si nascosero a casa di Samantha, completamente vuota, per prendere le cose essenziali e la sua cagnolina, fuggendo via da Berlino quella sera stessa.
-Chi lo avrebbe mai detto.- Commentò John, cercando di alleggerire la tensione. Ora il loro obiettivo era raggiungere Lianne, non avrebbero esitato ancora. Josef non avrebbe esitato ancora. Probabilmente sarebbe finita male ma doveva vederla un'ultima volta, a tutti i costi.
Per un tempo indefinito dovettero nascondersi ancora, erano tutti sulle loro tracce, pronti a giustiziarli senza pietà. A grande sorpresa, dare aiuto ai tre fu Klaus, ospitandoli a casa sua per quanto fosse necessario. Fu lì che vennero a conoscenza di lui ed Emily, cosicché non potessero esserci più segreti. Gli occhi di Klaus si illuminarono all'idea che ben presto avrebbe potuto rivedere la ragazza che amava, sperando fino in fondo di portarla via da lì e farla vivere come meritava. Ora la situazione era più tesa che mai e non poterono fare altro che attendere, attendere quanto possibile per riavere le loro amate.
Era passato circa un anno. L'inverno del 1941 era anche più freddo del precedente. I capelli di Lianne erano cresciuti, le arrivavano a metà schiena e le piaceva raccoglierli in una treccia morbida, mentre Emily li lasciava delicatamente sciolti e sulle spalle. In quel momento Emily stava cullando la piccola Naomi, la sua bimba di quattro mesi che aveva preso lo stesso ramato della mamma e gli occhi arguti del papà. Ella aveva poco più del bambino di Lianne e che era in tutto e per tutto identico a Josef: lo stesso sorriso, gli stessi occhi chiari che rimandavano al ghiaccio in contrasto con la chioma scura come pece della madre. Erano bellissimi e le due ragazze non potevano essere più felici.
Notti insonni facevano compagnia a Josef. Spesso sedeva alla finestra ad ammirare il cielo notturno; la lasciava aperta permettendo al freddo di coprirlo con rare vesti, mentre in cuor suo immaginava quanto sarebbe stato bello rivedere lei, chiuderla in uno dei suoi abbracci che la facevano stare al sicuro quanto ne aveva bisogno lui. Neanche Klaus riusciva a dormire ed una di quelle sere, si ritrovò a sfogarsi con l'uomo con cui, in quel tempo, aveva instaurato una solida amicizia. Era incredibile come entrambi fossero tanto simili.
Il silenzio regnava quel giorno. Lianne sbrigò le sue mansioni come faceva ordinariamente, mai stanca, soprattutto ora che doveva proteggere il suo bambino. Poco lontano dal campo, una vettura sostò sotto un faggio. Solo lei parve accorgersene, mentre da essa uscirono due persone che imparò a distinguere bene e le venne una fitta al cuore. Fece cadere il cesto che aveva tra le mani per portarsele sul volto, incredula di tutto. Tornò nella baracca correndo, prese Emily per mano e la portò dietro essa, lasciando che i fatti parlassero per loro. Solo un filo spinato li separava, ma non avrebbero permesso a questo di guardarsi e scoppiare in lacrime di gioia, con la consapevolezza che il tempo aveva ripagato.
Non si dissero nulla, continuarono a guardarsi negli occhi e col sorriso sulle labbra. Emily corse verso il cancello, sperando di andare via da lì per sempre. Voleva Klaus ora più che mai. Ora potevano finalmente andarsene, lontano da tutto, bastava così poco.
Veramente poco.
Finalmente chiusi in un abbraccio. Lianne ed Emily non aspettavano altro. Col volto colmo di gioia, Lianne mostrò quel fagotto tra le braccia al suo amato e quest'ultimo ebbe il cuore in festa, accarezzandogli il visino pallido e lasciandogli un bacio caldo sulla guancia morbida.
-Il suo nome è Martin... Il nome che mi avevi proposto tu.- Confessò lei con le gote rosse ed un sorriso radioso.
Uno sparo nel cielo grigio.
Qualcuno mandò il segnale della sua presenza, voleva farsi notare davanti a loro; tutti si voltarono e, vicino al cancello, una ss ben famigliare a loro. Erhard Weim era in piedi a pochi metri da Josef e lo guardava con un ghigno malefico, percepibile quasi come quello del figlio. Due gocce d'acqua. L'uomo dalla chioma nera avanzò di qualche passo, scoprendosi da quel fascio d'ombra dov'era rimasto indispettito. Era assieme ad altri uomini, uno meno raccomandabile dell'altro. Ognuno di loro teneva in braccio un fucile, puntato dritto contro un unico uomo.
-Andate via.- Josef sussurrò a Lianne ma la ragazza non ne voleva sapere. Nonostante lo ripetesse, lei si impiantò lì ed osservava quegli uomini con astio, quasi come volesse mostrarsi più grande di loro.
Emily prese in braccio il piccolo Martin, che nel frattempo era rimasto calmo, proteggendo lui e Naomi nella baracca, assieme ad altre donne più grandi di lei. Tremava, Naomi iniziò a piangere e lei, tremante, la supplicava di calmarsi. Klaus la raggiunse poco dopo, incredibilmente la sua presenza aiutò la piccola Naomi: nelle braccia del ragazzo si sentì meglio e tornò a riposare, mentre Emily piangeva ancora dalla paura di ciò che stava accadendo lì fuori. Josef si voltò verso Lianne urlandole contro, spaventandola.
-Sei una stupida a restare Vai via!!! Allontanati da me!- Gridò con occhi freddi, che, in realtà, la stavano solo supplicando. Doveva correre via da lui o sarebbe morta. Che potessero ferirla sarebbe stato il primo dei suoi pensieri. Lianne non colse il discorso, d'altro canto, si offese e volle restare accanto a lui e proteggerlo, nonostante fosse solo una ragazza indifesa. Quel senso di sfrontatezza non l'aveva abbandonata, avrebbe parlato con quegli uomini, solo parlato, così si sarebbe sistemato tutto. Lei ci credeva profondamente.
- Ti ho osservato Josef, mi è bastato fare due conti per sapere che fine ha fatto mio figlio. Dopo che tu hai ucciso anche Mikael.-
Lianne, spaurita, fissava Josef. Egli sudava freddo, non sapeva cosa fare, come reagire, come se avesse il vuoto sotto di sé.
Fu proprio quell'uomo a sparare. Un paio di colpi alle sue braccia, mentre egli non faceva nulla. Non poteva fare nulla, era circondato, perso, avrebbe pensato ad una fine simile ma ciò che lo faceva infuriare era che anche la sua amata fu coinvolta. Un colpo arrivò alla sua gamba e la ragazza cadde sulle ginocchia, incapace di rialzarsi. Arrivò Klaus che, pregato da Josef, cercò di portare al sicuro Lianne contro il suo volere. La prese in braccio e corse subito via, senza farsi notare, mentre l'uomo pregustava ancora le sue malefatte, la gioia che esprimeva nel punire Josef era inimmaginabile. Emily piangeva silenziosamente quando Klaus arrivò con Lianne e la tenne stretta lì per evitare che fuggisse ancora.
Un altro sparo, non stava accadendo realmente. Altri prigionieri si chiusero nelle proprie baracche impauriti, varie signore osservavano con rammarico la povera ragazza che non riusciva più a trattenersi. Per un attimo in cui Klaus abbassò la guardia, ella riuscì a correre appena, tanto dal tornare fuori ed osservare la scena con i suoi stessi occhi.
Corse più che poteva verso di lui, a terra. Lo strinse forte a sé, non curandosi del dolore alla gamba o le ferite che l'uomo aveva riportato sulle varie parti del corpo. Cominciò persino a piovere. Nulla faceva più male del dolore nel suo petto. Sentì chiaramente lo spezzarsi di qualcosa, farsi in mille pezzi taglienti, provocandole un dolore allucinante che le impediva di parlare. Non voleva credere a ciò che stava accadendo. Sperava, in cuore suo, che tutto ciò mai sarebbe potuto accadere.
-Lianne, guardami.- Josef riuscì a prendere il suo viso freddo con una mano ma gli occhi lucidi non le permettevano di mettere a fuoco la vista. Non riusciva ancora a dire nulla, lasciò che la sua espressione parlò per lei. -Lianne, scappa, non restare qua.-
-Io non posso lasciarti.- Esclamò con un nodo alla gola. Poi una fitta alla schiena. Un bruciore colpì la schiena della ragazza, bloccandola. Sentì altri due colpi simili. Sotto gli occhi sgranati di Josef, sotto il volto dolce di lei diventato ora cupo, vuoto. Fino a quando si adagiò lentamente sul petto rosso dell'uomo, i suoi crini annegati nel suo sangue. Egli tremava ancora, cosciente solo allora di ciò che fosse accaduto. Con le sue ultime forze, riuscì a stringerla a sé, rifiutando l'odore acre delle ferite per lasciar posto al ricordo della sua pelle pura e fragile.
La pioggia batteva più forte, infuriata, mutando in un acquazzone nitido che bagnava la terra impantanandola, puliva i loro corpi dall'orrore della guerra, mascherando le lacrime che colavano dai loro occhi rendendole meno salate; eppure si distinguevano comunque. Eppure qualcuno le notava comunque.
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