Esistiamo [revisionato]
Ogni volta che mi dai un bacio muore un nazista.
Avremmo dovuto conoscerci durante la Seconda Guerra Mondiale, non trovi?
G. Catalano
Sprofondai nel sonno ed al mio risveglio Rachele non c'era più. Notando bene da alcune piccole fessure nel muro potei constatare che lì fuori fosse sera e che le mie compagne sarebbero tornate a breve.
-Tieni, Lianne, siamo riuscite ad accaparrare qualcosa.- Luise mi porse tremante un pezzo di pane e vidi sul suo braccio segni di frusta. -Mi avevano beccato ma non sapevano, a mia fortuna, che avevo già dei pezzi in tasca.-
-Rischiate troppo per me.- Commentai ma la ragazza francese ci scherzò su ironicamente, con tanto della sua solita smorfia buffa che mi strappava tutte le volte un sorriso. Al contrario di lei, tutte le altre erano piuttosto taciturne, Sarah non ne volle sapere di dialogare e si precipitò istantaneamente sul letto.
-Lianne, hanno ucciso Elisa...- Disse Emily all'improvviso. -Oggi abbiamo dovuto trasportare dei... Dei cadaveri... E tra loro c'era proprio... La nostra Elisa...- Emily singhiozzava, vederla in quello stato era davvero insopportabile. Non volevo crederci, povera Elisa... Avevo notato che grande legame avesse con Emily ed infatti ella non riusciva a farsene una ragione: si allungò su un letto e si girò verso il muro, volendo velare quel senso di rammarico.
Passò un'altra settimana e sopravvivere si fece una vera e propria sfida, sempre più dura: l'atteggiamento delle donne era cambiato, dopo la morte di Elisa molte di loro si abbatterono ancora di più, molte diventarono irritabili, alcune addirittura guardavano con astio altre donne e godevano se quelle venivano punite dalle SS davanti a tutti.
Non vidi più un sorriso sincero nei volti di nessuno, se non quella sera stessa, in Rachele, la ragazza dell'altro blocco.
E
ro seduta davanti la mia baracca, ormai potevo dato che pochi giorni prima Marina era riuscita a bruciare quelle dannate carte, e rimuginavo sulle cose successe quel giorno, tra le tante liti anche con Federica, diventata davvero insopportabile.
-A cosa pensi, Lianne?- Rachele era seduta affianco a me, stringeva le ginocchia al petto così mi cadde l'occhio sui suoi polsi logorati.
-Sono successe molte cose in questi giorni.- Risposi atona guardando un punto impreciso davanti a me.
-Del tipo?-
-Le ragazze si odiano, soprattutto Federica e Sarah. Litigano per ogni minima cosa, questa mattina una SS le ha anche colte di sorpresa e tirato parecchie frustate dicendo che se le dovesse ribeccare in scenate del genere le avrebbe fatto fare una brutta fine. Io ho paura che possa succedere ancora per come stanno andando le cose...-
-Non eravate tutte amiche?- Mi chiese Rachele. Annuii ma sembrava quasi un'illusione vedere come eravamo diventate, ognuna per conto suo, ognuna pensava alla propria sopravvivenza. In quel poco tempo, inoltre, erano morte molte più donne e del nostro blocco rimanemmo solo in sei circa.
Marina confidò noi che presto sarebbe arrivato un altro treno, partenza ignota ma colmo di persone.
-Purtroppo alcune condizioni possono trasformare le persone.- Cercai di spiegarle.
-Mi dispiace, Lianne. Ricordati che di me ti puoi fidare sempre.- Mi sorrise dolcemente, era davvero una tenera ragazzina. Poco dopo si alzò con un soffio e mi confidò a voce bassa -ora devo andare, ci vediamo- per poi dirigersi verso il suo blocco.
-Con chi parlavi?- Uscì Luise dalla baracca. Anche lei si era distanziata da me ma non eravamo in conflitto, ci parlavamo poco e nulla, per la verità.
-Nessuno.- Mentii io; pareva anche più opprimente e non mi stava bene.
-Sì, certo. Buonanotte, ora che abbiamo più tempo per riposare cerco di recuperare energie.- Commentò sbuffando.
-Buonanotte.-
Più il tempo passava e più sembrava affievolirsi la fiamma che teneva a caldo la mia anima e la mia energia; stavo diventando anch'io appena di vetro, così fragile che se fossi caduta mi sarei rotta in mille pezzi e nessuno mi avrebbe ricomposto, sarei morta lì.
Quella sera alcune SS avevano il compito di sorvegliare il campo, di tanto in tanto si vedevano passare davanti le baracche e mi capitò di scambiare uno sguardo con loro, di sfuggita. Tra questi c'era Johann, meglio conosciuto come il corvo, che sapeva lanciarmi occhiatacce di disprezzo ma tutto ciò non mi toccava minimamente più; lo lasciavo fare finché non si stufasse e camminasse avanti e dietro per la zona. Non percepivo sinceramente nulla quella sera, volevo essere come il vento che passava senza lasciare alcun odore, alcun ricordo, un vento fiacco che aveva appena la forza di sollevare le foglie dal terreno.
-Principessina, perché non passi con me la notte? Sono sicuro che poi non ne potrai più farne a meno.- Mi rivolse la parola per l'ennesima volta il corvo. Quegli appellativi davano solo il voltastomaco più di quanto non lo desse lui, la sua faccia tetra e contratta che amava criticare da cima a fondo chi avesse davanti. Non arrivò alcuna mia risposta così lui, spazientito, si avvicinò bruscamente e mi trascino via per un braccio, aveva una forza disumana che neppure tentando di fare resistenza cambiava qualcosa. Mi portò dietro una baracca vuota e lì cominciai ad avere davvero paura. Infatti, subito prepotentemente sbatté la mia schiena al muro, seguirono lenti e languidi baci lungo il collo ed il petto che mi facevano solo rabbrividire. Preferivo essere picchiata, uccisa all'istante; tutto ma non quello che stava accadendo.
-Johann... Fermati..- Uscì un sibilo di voce talmente debole che probabilmente non lo aveva sentito.
-Zitta, sei davvero troppo bella per essere un'ebrea...- Un'unica pausa per poi riprendere con irriverenza a raschiare il mio collo ed intrecciare le dita tra i miei capelli impossessandosene.
-Tu sai che non lo sono in realtà...- Rischiai ancora una volta ma non mi diede retta e, al contrario, strinse anche più la sua presa al collo, arrivando perfino a lasciare morsi sulla clavicola.
Un attimo dopo arrivò un altro soldato ed era Josef, potei chiamarla fortuna, dato ch'egli richiamò Johann con tono scherzoso, passandogli alcune informazioni, così da lasciarmi lì a riprendere finalmente fiato.
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