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Dopo un paio di settimane di lavori alla palestra, mandò un messaggio a Stephen.
"Hai trovato un posto?"
Non scrisse altro doveva stare attenta.
"Non sei a casa tua, dove sei?" Le rispose lui dopo un'ora.
Gli diede l'indirizzo e dopo tre quarti d'ora arrivò accompagnato da Dan che sorrise vedendola al sacco da boxe con Tom che le spiegava come colpire.
Stephen si guardava in giro, vide gli operai che erano quasi tutti senza un arto e con protesi.
Si fermò a qualche passo di distanza fissandola. Stava sorridendo all'uomo che le diceva di colpire in un certo modo. Lei colpì il sacco che si sposto e spostò anche l'uomo. -Ottimo, bel colpo Piccola, stai migliorando un casino.-
Lei rise. -Merito tuo.- Lo baciò sulla guancia sbarbata. Tom fissò il suo unico occhio su di Stephen e lei si voltò di scatto.
Il volto le si indurì di colpo. -Ciao.- Disse seccata per essere stata vista in quel modo e in quel momento. Si tolse i guantoni mostrando le mani, alcuni ematomi sbiaditi sulle nocche, mostravano che era parecchio che stava facendo quel percorso con il tizio.
-Dan immagino si sia già presentato. Lui è Tom, poi in giro ci sono Roy e John. I miei quattro moschettieri.-
-O i quattro cavalieri dell'apocalisse.- Borbottò Roy dietro Stephen.
Gli altri risero, senza levare mai lo sguardo da lui.
Si fissarono un momento. -Vieni andiamo a parlare.- Salirono le scale trovandosi al secondo piano che in quel momento era diventato una sorta di magazzino. Prese un paio di sedie da un mucchio e le mise a terra. Dietro a dei scatoloni da un frigo prese due birre e gliene porse una andando a sedersi.
-Allora? Hai trovato un posto sicuro?-
Stephen la guardò come se non la riconoscesse, fece un leggero cenno di diniego con la testa.
-Tutto quello che abbiamo a disposizione è dell'agenzia. Siccome noi dobbiamo scoprire una falla, non posso portare Patrick a lavorare là senza una spiegazione plausibile.-
Rome lo fissò con un mezzo sorrisetto. -Bene.-
Lui alzò un sopracciglio. -Non è un bene.-
-Lo sarà.- Rome ridacchiò alla sua faccia contrita.
-Allora? Smettila con questi giochetti Rome, è già stato perso troppo tempo.-
Lei lo fissò alzando un sopracciglio. -Va bene, niente suspense. Vieni.- Si alzò di scatto e andò verso una porta, dietro la quale c'era un'altra scala stretta che scendeva. -Attento dove metti i piedi, non l'hanno ancora sistemata del tutto.- Disse facendo gli scalini due a due.
Stephen contò alcuni piani in più verso il basso. Quindi erano un piano sotto a dove erano l'entrata della palestra.
Rome aprì una porta e sulla destra accese la luce un grande spazio si apriva di fronte a loro. Un paio di tavoli, dei pc sopra e altri oggetti sparsi qui e là.
-Penso che questo sarebbe il posto giusto. C'è un entrata là.- Disse indicando un altro punto. -E un'altra là.- Indicò un'altra porta. -Oltre all'entrata per le macchine.-
Lo guardò per alcuni momenti, cercando di capire cosa gli passasse per la mente.
Stephen sospirò appoggiandosi al muro. La fissò a lungo.
-Cosa è questo posto?- Borbottò infine.
-Non so come vuoi chiamarlo, una base per le nostre operazioni. Un quartier generale in incognito. Che nome vuoi dargli?- Rome si avvicinò alle sedie dei tavoli, ma si mise seduta vicino ad un pc. Lo guardò con quel mezzo sorriso. Era ancora fredda nei suoi confronti, si erano detti cose spiacevoli, molto spiacevoli.
Ora doveva capire se era un modo per chiedergli scusa o per qualche altro tiro mancino che aveva in mente. Patrick aveva lasciato Athena per via sua, per dimostrarle che era cambiato e sapeva da Berlin che lei era disperata che stava male.
Tutto per l'egoismo di quella donna che aveva di fronte, per il suo star male. Ma ora sembrava un'altra, sembrava cambiata.
Si passò una mano nei capelli. -Perché?-
-Perché ti offro questo posto?- Si strinse nelle spalle. -Perché faccio parte della CIA e voglio capire cosa è successo quella notte che sei arrivato da me. Se c'è una falla, siamo tutti in pericolo. Non solo tu, io, o la mia famiglia, Ma la nazione e dobbiamo fare qualcosa.-
-Loro chi sono?- chiese Stephen indicando il piano sopra.
-Uomini dimenticati.- Mormorò Rome guardando verso l'alto. -Hanno perso più di un arto. Hanno perso la dignità. La vita precedente alle guerre. Le famiglie. Ma qui sono amici, sono persone, sono vivi. E mi stanno aiutando. Il progetto sopra non ha nulla a che fare con questo. Loro hanno capito, sanno qualcosa, ma sono patrioti. Eroi dimenticati.-
Stephen la guardò, gli occhi le luccicavano mentre parlava degli uomini che stavano lavorando ai piani superiori.
-Dovremmo parlare di ciò che è successo.-
Lei scosse la testa. -No, non dobbiamo. Ora è venuto il momento di non perdere più tempo, ora è il momento di metterci al lavoro, seriamente.- Lo guardò a lungo. -Quando sarà finita questa storia allora, forse, parleremo.- Rome lo guardò saltando giù dal tavolo, ritornando sui suoi passi aprendo la porta e mettendo una mano sul tasto della luce. Stephen le si avvicinò quasi a sfiorarla con il corpo. -E noi?-
Rome chiuse per un secondo gli occhi, sentiva nelle narici il profumo del suo dopobarba.
Scosse il capo, senza poter dire nulla.
Stephen strinse la mascella, ma fece un gesto secco con la testa e si allontanò risalendo la scala.
Mentre risaliva con un grugnito le disse. – Patrick lavorerà con noi. Ha lasciato Athena .-
Rome si morse un labbro e ricacciò le lacrime che minacciavano di uscire ad ogni sua parola.
Non aveva contatti con la sua famiglia da quel giorno. La prova con lui la stava superando, anche se si sentiva come se avesse perso comunque.
Scesero al piano sotto, dove Roy aveva preparato il pranzo. -Resta a pranzo, il tuo amico.-
Non era una domanda, quindi Rome sorrise e Stephen poté solo che accettare.
Parlarono i quattro uomini, parlarono tutto il tempo, mentre Stephen li ascoltava attentamente, guardò Rome serena, che rideva con loro. Raccontando aneddoti sulla ristrutturazione e sull'esplosione di una tubatura di qualche giorno prima.
-Dì a Patrick che mi serve una lista di ciò che gli serve, gliela faremo trovare.-
Stephen alzò un sopracciglio guardando i quattro uomini che lo fissavano. Come se si aspettassero che lui esplodesse da un momento all'altro. Li fissò dritto negli occhi uno ad uno.
Fece un cenno con la testa e vide i loro sguardi passare su Rome che si guardava la punta dei piedi. I quattro si scambiarono degli sguardi divertiti ma non dissero nulla.
~~♡~~
Finito il primo piano i lavori passarono alla palestra, per ultimo sarebbe stato fatto il suo appartamento. Aveva avuto una lista di cose da Stephen. Che fece prendere dai suoi collaboratori. Un pezzo qui, un pezzo là e tutto fu portato nel piano sotto. Parlò con Roy, voleva che giù fosse insonorizzato e che venissero installati diversi sistemi di sicurezza, nella palestra e anche nelle sale comuni del primo piano. C'erano anche nel suo appartamento.
Videosorveglianza attiva ventiquattro su ventiquattro e dei metal detector silenziosi all'entrata della palestra.
In qualche settimana era stato fatto il lavoro nella palestra e in segretezza anche nel piano sotto. Il suo appartamento fu gestito in modo diverso, descrisse ogni cosa che voleva e come doveva nascondersi la porta che portava giù. Piu alcune cose che avrebbero saputo solo loro cinque.
-Sappiamo entrambi che certe cose non possiamo dirle agli altri del team. Quindi armi e quant'altro le nasconderemo qua.- Rome lo guardò. -Armi che non dovranno essere registrate in nessun luogo. Riusciresti a trovarle?-
Roy rise. -Piccola, non c'è nulla che noi non possiamo o non sappiamo fare.-
-Stiamo parlando di andare anche contro la CIA, quindi devi comprendere bene cosa vi sto chiedendo.-
Lui annuii.
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