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La palestra era vecchia e impolverata, tempo addietro aveva preso quel posto istintivamente. Era tornata per qualche giorno da una missione. Aveva sognato di rimetterlo a posto e di farlo usare a ex militari, anche infortunati, che avevano bisogno di sfogare lo stress.
Si mise dei guantoni e assaltò un sacco, praticamente nuovo, appeso in un angolo.
Urlava e colpiva sempre più forte.
Quando finì si ritrovò a terra con il fiatone.
-Che spreco di colpi! Hai fatto un casino.- Rome fece un salto e guardò l'uomo di colore che era dietro di lei.
Lo guardò di sbieco e lui con passo zoppicante si avvicinò. -È da quando lo hai comprato che sono curioso di conoscerti.- Le fece un largo sorriso e dei denti bianchissimi spuntarono da dietro una barba incolta e mezza grigia. -Sono Dan, il custode- Le allungò la mano che lei prese al volo e la aiutò a rimettersi in piedi. La guardò di traverso. -Ora hai bisogno di una birra, vieni.-
Le fece strada e dopo diverse porte arrivarono in un stanzone adibito a camera cucina e quant'altro. Dan spostò un paio di cose e le liberò una sedia.
Rome gli guardò la gamba e vide che era una protesi.
Senza voltarsi lui le parlò. -Alcuni le ferite le portiamo all'esterno, altri le portano nell'anima.- La guardò un lungo istante. -Tu sei nella seconda categoria, ma è il ritorno che ti ha lasciato l'amaro, non la guerra o le cose che hai visto.-
Le diede una bottiglia di birra. -Allora cosa ne vuoi fare?-
-Potresti rimetterlo a posto?- Rome lo guardò bevendo un sorso di birra.
Dan si grattò il mento. -Con l'aiuto di qualche amico messo come me e qualcuno peggio, si potrebbe fare.-
-Sopra ci sono stanze vero?-
Lui annuii.
-Ok, iniziamo da quelle, voglio una cucina grande, un salotto e tutte le stanze con 2-3 posti letto. Una stanza per te da solo. Poi penseremo alla palestra per chi ha delle ferite esterne o interne. –
Dan le sorrise. -Ci vorranno tanti soldi.- Le disse grattandosi di nuovo il mento.
Rome gli sorrise. -Non preoccuparti di quello.-
Pensò ai soldi che aveva guadagnato in un anno di missione sotto copertura. Ogni cosa fatta le era stata pagata, anche le più dolorose.
-Deve essere un rifugio, dove gente come me possa sfogarsi e uccidere un sacco da boxe.- Lei rise. -Qualche stanza anche per donne. Sarebbe da fare una bella divisione tra zona maschile e zona femminile.-
Prese un foglio e ci scrisse delle cose. Poi lo tese a lui. -Domani porto qui un architetto, con lui e i tuoi amici troveremo una ditta edile di zona e rimetteremo in sesto questo posto.-
Dan le sorrise. -Ho aspettato tanto il tuo arrivo, ora ne sono felice.- Le disse con il suo sorriso bianchissimo.
-Niente droga, niente alcol in forme troppo elevate. Chiaro?-
-Signor sì, signora!- Disse lui al suo cipiglio autoritario.
Rome scoppiò a ridere e gli allungò la mano.
-Del secondo piano che ne vuoi fare?-
-Secondo piano?-
Lui annuì stupito che lei non lo sapesse.
Rome immaginò il secondo piano come un appartamento per se stessa. -Ne farò un appartamento per me.- Gli disse infine. -Ma lì voglio parlare io con l'architetto.-
Dan le sorrise. -Ci divertiremo.- Le disse infine.
Rome rise. -Ne sono sicura.-
-Non sembra che hai voglia di tornare da dove sei venuta.- Dan la guardava bene, come se le leggesse nella mente.
Rome sospirò . -È un periodo brutto della mia vita.-
-Le ferite dell'anima ci mettono di più a guarire.- Si tirò su un pantalone e bussò sulla protesi. -Alle volte la sento ancora e mi fa un male boia. Si chiama "sindrome dell'arto fantasma" e l'unico modo psicologico che ho per far smettere il dolore è infilarci un cacciavite dentro.- Le mostrò dei fori sulla protesi. -Con l'anima è lo stesso, ma devi trovare quel fottuto cacciavite. Non puoi pugnalarti il cuore, o la testa.-
Rome lo guardò sorridendogli. -La saggezza è data da ciò che ti è successo?-
Lui scoppiò a ridere. -No, se hai ferite sia fisiche che dell'anima perdi tutto ciò che conta. Ho perso la mia famiglia, la saggezza è arrivata solo con il tempo.- La guardò un attimo dritto negli occhi. -Non perdere la famiglia e gli amici. Sono gli unici che potranno sempre starti accanto.-
-Come fai a perdonare gli altri?- Mormorò Rome chiedendogli un consiglio senza dire di più.
-Devi perdonare te stessa.- Le disse infine.
-E se non ci riesci?-
-Ti rompi le nocche su un sacco.- Rise lui guardandole le mani.
Rome si guardò le mani, aveva dei grossi ematomi sulle nocche. Aveva tirato pugni senza pensare e quindi si era fatta del male da sola.
-Tieniti la famiglia stretta, anche se non puoi dire loro cosa ti è successo, un abbraccio ti riporta con i piedi per terra.-
-Grazie.-
Dan rise. -No, grazie a te. Se non fosse stato per questo lavoro, di custode, io sarei in mezzo ad una strada. Come tanti altri miei amici.-
Rome annuii. -Prima cosa le stanze. Così i tuoi amici che vogliono darsi da fare, qui avranno un posto. Vitto e alloggio per cominciare, ma le regole di prima: niente droga, né alcool.-
Dan annuii.
-Ci vediamo domani.- Gli disse.
-Si capo.-
~~♡~~
Ritornata a casa si guardò intorno. Non l'aveva mai sentita come casa. L'avrebbe venduta e investito anche quei soldi nella palestra.
Pensò alla sua famiglia, a ciò che Dan le aveva detto.
Le ci voleva ancora un po di tempo per sé per avere i suoi spazi. Ma sapeva che avrebbe sempre contato sulla sua famiglia. Ricordava che Jordan, il marito di Barcellona, era un chirurgo e pensò ad un futuro di collaborazione per aiutare chi non poteva permettersi delle protesi buone. Avrebbe chiamato sua sorella quando la palestra sarebbe finita.
Prese un block-notes e iniziò a scrivere tante idee. Non dormii e verso le undici andò alla palestra con l'architetto. Dan era sveglio e c'erano tre suoi amici che ispezionavano con loro il primo piano. Uno mormorava alcune cose e subito dopo l'architetto le diceva. Fece un sorriso sornione verso gli amici. Aveva un braccio solo, l'altro aveva una manica piegata e fermata da degli aghi di sicurezza. Erano tutti puliti, un po' disordinati con le barbe lunghe e spettinati, ma sembravano persone a posto. Non sembravano drogati, né alcoolizzati.
L'architetto prese le misure di ogni piano e poi le disse che entro qualche giorno le avrebbe dato i progetti.
Roy, l'uomo senza un braccio, le disse che ci sarebbero voluti una cifra fra i settanta e gli ottanta mila dollari, solo per risistemare quel piano e altrettanti per il piano sopra e la palestra creata a misura di persone come loro.
-Sai molto sull'edilizia.-
Rise di gusto. -La mia famiglia aveva un impresa edile e ci ho lavorato finché non sono andato sotto le armi.-
Annuii con la testa. -La tua famiglia ha ancora l'impresa edile?- Chiese Rome.
Lui fece un cenno di sì con la testa. -Se prendi in mano il lavoro come capocantiere affiderei a te tutto. Potresti assumere tutti quelli che sono qui, e altri di quelli che qui verranno a starci. Ti sembra una buona idea?-
Roy sorrise e guardò Dan. -Avevi ragione, dannato Dan! È una cazzutissima!- esclamò facendo ridere gli altri.
Le diede il numero per contattare la sua famiglia che, a quanto aveva capito, avevano bisogno di quel lavoro. Li chiamò immediatamente, nominò Roy e il fatto che sarebbe stato il capocantiere. Dopo qualche commento diffidente sul fatto che gli mancava un braccio si misero d'accordo per incontrarsi alla palestra quel pomeriggio.
Mangiarono insieme tutti e cinque e dopo un po' arrivarono i parenti di Roy.
Dopo qualche attimo di imbarazzo, iniziarono a parlare e discutere su tutto. Arrivati al primo piano dissero le stesse cose che aveva detto Roy.
Alla fine uno dei ragazzi e uno degli uomini che erano venuti là abbracciarono Roy, sorridendosi.
"Non perdere la famiglia e gli amici. Sono gli unici che potranno sempre starti accanto." Le parole di Dan le si affacciarono alla mente.
Stranamente in quei due giorni si era sentita bene. Non aveva pensato un minuto a ciò che le era successo, ad Alexander, all'anno sotto copertura. Aveva pensato alla sua famiglia e a Stephen.
Parlarono ancora di tutto.
-Se poteste incontrare chi vi ha fatto questo... cosa fareste?-
La voce era quasi un sussurro mentre lo chiedeva, pensò ad Alexander e a quello che era successo.
I quattro si scambiarono lunghe occhiate. -Da un punto di vista affettivo un lato di me gli farebbe passare ciò che ho passato io. Ogni fottuto secondo di dolore, di guadarsi allo specchio e non sentirsi piu uomo. Ma d'altro canto eravamo in guerra, eravamo semplicemente in due posizioni diverse, ognuno di noi aveva degli ordini da eseguire. Quindi non posso che perdonare loro e perdonare me stesso per chi è morto sotto le mie mani. Non sono innocente, è la guerra così.- Roy si guardò il braccio che non c'era più.
Rome ascoltò pensierosa.
-Le tue missioni erano in patria, piccola?- Dan le leggeva dentro come un libro aperto.
Rome annuii.
Tom la guardò un lungo istante. A lui mancava un occhio e aveva una placca di metallo in testa. -Sotto copertura, quindi parliamo della CIA.- Non era una domanda la sua.
-Operazione congiunta.-
-Cristo santo.- Mormorò Dan. -Essendo donna, bella e sexy, ti hanno sicuramente ficcato a far la troia di qualche criminale.-
Rome lo guardò spalancando la bocca: aveva azzeccato tutto.
-E dalla tua faccia, il criminale ora fa parte della protezione testimoni e vi aiuta. Tu non riesci a stargli vicino.-
Rome fece un lieve cenno con la testa.
I quattro uomini sospirarono. -Cazzutissima.- Disse Roy grattandosi la testa.
Sospirò infelice e decise di raccontare a stento qualche cosa, quello che poteva. Anche del fatto che non le avevano permesso di andare al matrimonio di sua sorella, ma che di nascosto ci era passata comunque. Della sua polmonite, di Alexander che era passato a essere uno della protezione testimoni e che fra tutto il mondo femminile da poter conoscere si era imbattuto in sua sorella.
Del litigio con il suo partner della CIA, quello con suo fratello e delle minacce che si erano fatti.
-E ora attendo che mi chiamino per darmi un appuntamento nel posto dove ci troveremo.-
I quattro si guardarono consapevoli di ciò che aveva raccontato loro, alcuni segreti di stato e avendoli detti sarebbero diventati suoi collaboratori.
Le sorrisero.
Rimasero in silenzio a lungo lanciandosi sguardi fra di loro. -Siamo con te. Ci dai l'opportunità di lavorare di nuovo per il nostro paese. Oltre che avere un posto protetto per chi ne ha bisogno. Abbiamo tutti i nostri segreti e le nostre conoscenze. In ogni posto.- Dan calcò la voce sulle ultime parole. "in ogni posto".
-So che non vi conosco e voi non conoscete me. Ma in pochi giorni avete fatto più voi per la mia anima persa... che in mesi di psicoterapia.- Strinse le loro mani uno ad uno.
-Prima di tutto...- Borbottò John, non aveva ancora mai parlato, gli mancava una mano e un piede.
Lo fissarono tutti. -Devi rientrare nella CIA a pieno titolo e senza esclusioni, quindi devi sistemare le cose con il tuo collega. Poi con calma sistemerai le cose con la tua famiglia e con il tizio che è innamorato di tua sorella.- Gli altri annuirono. -Nessuno deve poter averti più in pugno con la tua rabbia. La rabbia la sfogherai qui sul sacco da boxe.- Le guardò le mani. -Dopo che ti avremo insegnato a dare un fottuto pugno nel modo giusto.- Risero tutti.
Anche Rome dopo tanti mesi, dopo tanto tempo, si sentiva serena, quasi in pace. Per ciò che era stato lei era cambiata. Era stata ferita nell'anima ed era cambiata per sempre. Poteva credere che un criminale potesse redimersi, forse doveva crederci. Non sarebbe bastato per mettere le cose a posto, ma aveva una missione da compiere. Più di una. Guardò i quattro uomini.
-La prima cosa saranno le vostre stanze, le sistemeremo e verrete a vivere qui. Vitto alloggio, lamette per la barba e pettini.- Disse sorridendo e fissando le loro capigliature spettinate e le loro barba incolte.
Tom sbuffò grattandosi il capo che aveva ancora qualche pelo sopra la pelata. -Pettini...- Grugnì facendo ridere gli altri.
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