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Al pranzo Athena era eccitata, visto che sarebbe passato il suo pretendente e l'avrebbe portata fuori.
Rome stava tornando dal bagno quando suonarono alla porta e quando aprì rimase a bocca aperta e non solo lei.
-Pa... Paris?- Balbettò l'uomo di fronte a lei.
-Alexander!- Sussurrò lei.
Athena arrivò in quell'istante. -Patrick!- Esclamò sorridendo e correndogli incontro prendendolo per mano e trascinandolo dentro. Lo presentò a Rome e poi agli altri.
Lei e Stephen si lanciarono un lungo sguardo preoccupato. Alexander, ora Patrick, guardò Stephen sorridendogli.
Rome iniziò a ringhiare verso di lui, ad ogni cosa che diceva. Le sue sorelle e suo fratello la guardarono preoccupati.
Stephen le si avvicinò. -Cerca di stare tranquilla, a lui ci pensiamo dopo.- Le baciò una tempia e le mise una mano sul fianco. Rome appoggiò la fronte sulla sua spalla. Mosse la testa e guardò di traverso Alexander.
Tutto sommato la giornata passò veloce, alla fine Stephen riuscì a parlare con lui.
-Giuro che non lo sapevo, Stephen, devi credermi. Ho giurato a Paris... a Rome.- Si corresse. -Che non l'avrei mai cercata, mai! Athena mi piace veramente, non potete spostarmi di punto in bianco... Non ora!-
-Non stiamo parlando di una persona incontrata per caso, Alex! È la sorella di Rome. Credi ti permetterà di frequentarla conoscendoti per come ti conosce lei?-
-Non sono più quell'uomo!- Alexander si passò una mano fra i capelli. -Lavoro, è un lavoro modesto, ho un piccolo appartamento e non esagero più in nulla, se non per le tre birre che di tanto in tanto mi concedo.-
-Sai bene che non è me che devi convincere.-
-Aiutami Stephen. Sono veramente cambiato.-
Stephen scosse la testa. -Devi dimostrarlo a Rome.-
-Cosa deve dimostrare a mia sorella?- La voce di Berlin con un tono di fastidio arrivò da dietro ai due.
I due si lanciarono uno sguardo divertito prima di tornare sul giovane uomo che avevano di fronte.
-Di essere degno di Athena.- rispose Patrick.
~~♡~~
Nel frattempo Rome faceva mille domande a sua sorella.
-Ci siamo conosciuti al lavoro, usciamo da qualche mese ed è molto dolce.-
Rome ringhiò. -Non è la persona giusta per te.- Per un attimo ricordò l'anno passato al suo fianco e le cose che le aveva fatto fare. Un lungo brivido le passò sulla schiena vedendo la sorella dover fare quelle cose.
-Rome, capisco che tu possa esser preoccupata... ma fidati di me.-
-No. Nè di te né di lui, mi dispiace. Se accetterete lui in famiglia, io me ne andrò di nuovo e questa volta non mi troverete. Sono tornata solo perché non stavo bene. Mi ero presa un periodo di aspettativa. In qualsiasi momento io posso rientrare a fare il mio lavoro.- Lanciò uno sguardo furioso a tutti, Berlin stava per dire qualcosa ma, visto il suo sguardo, si trattenne.
-Sono d'accordo con lei, includendo anche il suo ragazzo nel discorso.- Disse infine il fratello.
Rome ringhiò verso il fratello, poi lanciò uno sguardo verso Stephen e gli fece un gesto con la testa avvicinandosi alla porta di casa dei suoi.
-Che succede?- Le chiese preoccupato.
-Andiamocene e non fare domande.-
Le sue sorelle la guardarono allibite e pure lui. -È presto ancora!- Le disse lui tenendola per un braccio.
-Decido io quando è il momento.- Strattonò il braccio dalla presa e se ne andò sbattendo la porta.
Patrick guardò sconsolato Athena. -Forse e meglio che me ne vada.-
Athena lo guardò tristemente, annuendo con gli occhi pieni di lacrime corse via. Stephen uscì con Patrick.
-Punto della situazione...- Disse Stephen nella macchina mentre portava Patrick via da là. -Questa famiglia è più incasinata di come sembra. Si vogliono bene, ma non sanno cosa ha passato Rome. Prima in missione e poi quando era sotto copertura...- Lo guardò a lungo.
-Si lo so, le ho fatto fare cose orribili. Pensi che non lo ricordo?- Patrick si passò una mano sul viso. -Nel momento che mi hai proposto di cambiare vita ho accettato. Proprio per via di Rome. Quando è stata male ho capito cosa stavo perdendo. A modo mio l'ho amata. Ma non è lo stesso che con Athena, con lei vedo un futuro, vedo me, lei e dei bambini, una casa, una vita normale, niente cose strane, niente più quella vecchia vita.-
-Rome, non ne è uscita bene.-
Si fermarono ad un pub, prima di iniziare a bere diede le chiavi della macchina al barista, dicendogli che quando erano ubriachi di chiamare loro un taxi.
-Come sei rientrato nella sua vita?-
-In realtà, non l'ho capito nemmeno io.-
Patrick alzò un sopracciglio aspettando il seguito.
Stephen gli raccontò quello che sapeva anche lui, che si era trovato di fronte casa di Rome, drogato e in condizioni assurde. Che continuava a ripetere "falla nel sistema".
-Posso aiutarti.- Patrick lo guardò sorridendo divertito. -Avanti Stephen, sai bene che sto facendo il bravo da tanto tempo e che non faccio piu l'hacker. Ma posso aiutarti. Sempre che vuoi scoprire cosa voglia dire "falla nel sistema".-
Si guardarono a lungo negli occhi.
Stephen sapeva che lui era un criminale informatico e che poteva mettere in ginocchio qualsiasi sistema, se entrava nella rete informatica.
-Di cosa hai bisogno?-
-Una rete pulita.-
Stephen gli fece un leggero cenno affermativo con la testa.
-Ripuliresti del tutto il tuo nome con CIA, FBI e DEA.-
-Ma non con Rome e quindi comunque perderò Athena.- Buttò giù il bicchiere di liquido ambrato che aveva, la voce era già impastata.
Stephen chiamò al telefono Rome, ma poi ad uno strattone dell'amico si dimenticò del telefono.
-Sai, io la amo veramente, lei mi fa sentire un uomo migliore e dimentico per un istante lo schifo che sono stato.- Bevve un altro sorso e la voce diventò ancora più impastata. -Lei è una donna vera. Io la amo dal profondo del cuore. Nemmeno sapevo di averlo un cuore. Poi non abbiamo mai... insomma... Athena è casta! Cristo! Casta per l'unico uomo che potrà averla, chi la sposerà e io non riesco a pensarla sposata con altri uomini...- Patrick si afflosciò sul tavolo sbattendo la fronte.
-Credo sia ora di andare a dormire.- Gli disse Stephen facendo un gesto con la mano al barista che chiamò loro un taxi.
~~♡~~
Rome chiuse il telefono. Lacrime le scendevano dagli occhi. Era seduta a terra tenendosi la testa fra le mani. Si alzò in piedi iniziando ad urlare e a lanciare vasi e altro contro i muri. Quando distrusse l'ultimo ninnolo del soggiorno si sentì meglio.
Respirò profondamente, prendendo la scopa e il cesto dell'immondizia. Guardò i mobili e dopo qualche istante iniziò a lanciarli fuori nel giardino. Facendone un mucchio e lasciandoli là. Continuando a pulire a terra. Non c'era rimasto nulla in quella stanza.
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