capther 9
Nel corridoio per la casetta incontrò Evandro che era appena uscito dalla sala prove.
"È successo qualcosa?" chiese il ragazzo, continuando a camminare.
"Non riesco ad immedesimarmi in una canzone" rispose lei, seguendolo a passo spedito.
"Sei na' forza, daje so che puoi farcela!" esclamò lui.
La ragazza si limitò a sorridere, camminando sempre più speditamente.
"E tu, come stai?"
"Perso"
"Cioè?" chiese lei, incuriosita.
"Sento come se questo non sia il mio posto, non me lo merito" disse lui, prima di entrare in casetta, appoggiando il piede al muro.
"Perché lo pensi?" chiesi lei fermandosi.
"Ci sono milioni di persone migliori di me"
"Tu sei unico per quello che sei, davvero.
Ogni volta che canti mi fai venire i brividi e fattelo dire, sei na bomba zi"
"Lo pensi davvero?"
"Certo" affermò la mora.
Il ragazzo non rispose e accennò un sorriso.
I due entrarono in casa ed iniziarono a cucinare il pranzo, dato che tutti gli altri erano a provare.
"E se provassimo a fare la pizza?" chiese la ragazza ridendo.
"Daje ci sto" affermò il ragazzo.
I due prepararono l'impasto, che venne steso poco dopo dalle loro calde mani.
Evandro iniziò a cospargere la sua pizza di passata di pomodoro, che accidentalmente gli finì sulla guancia.
La ragazza, accorgendosene, ridendo esclamò "Ok che ami la pizza, ma metterti del sugo addosso mi sembra eccessivo!"
"C-Cosa?" chiese il moro, non a conoscenza della situazione.
Serena avvicinò i suoi polpastrelli alla sua guancia e gli tolse delicatamente il sugo dalla gota.
I due erano davvero vicini, potevano sentire il respiro dell'altro sul proprio collo, e avrebbero potuto sfiorarsi se avessero voluto.
Quel momento, durato una quindicina di secondi, sembrava esser durato ore.
Uno accanto all'altra, insieme, da soli fra delle mura e dell'impasto per pizza.
Il silenzio che era calato fra loro era straziante.
Entrambi avrebbero voluto che l'altro parlasse, ma non fu così.
Gli altri ragazzi entrarono dalla porta e i due si staccarono di scatto.
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