Dal II Libro dell'Eneide

Virgilio scrive: Troia apre le porte alla città per far entrare, dentro le mura un dono da parte dei greci, che che consisteva in un cavallo di legno gigante. Nella stessa notte Ettore va in sogno ad Enea per metterlo al corrente dell'inevitabile evento e fu invitato alla fuga perché in lui c'era un destino ben più importante; una missione divina. Il greco Silone fece uscire i suoi concittadini, nascosti dietro al cavallo, uno ad uno i quali avrebbero incendiato la città con fiaccole infuocate. Enea però anziché mettersi in salvo continuò a tener vita la battaglia. Dopo poco avvenne l'irreparabile, l'uccisione di Priamo e il crollo del palazzo simbolo della Città. Enea incomincia a correre impaurito combattendo contro i greci per trovare la propria casa. Per le strade in fiamme incontra il padre Anchise, la moglie Crèusa ed Iulio Ascanio suo figlio. Anchise vorrebbe restare a morire nella sua terra natia ma una fiamma dal cielo lo avvolge non incendiandogli i capelli che, vedendolo come un segno degli dèi, lo invoglia a seguire il figlio verso la fuga. Enea è destinato a portare i penates di Troia e metterli in un luogo sacro per la nuova città. L'Iliade ignora il nome di Crèusa, la moglie Troiana, la successiva tradizione epica assegna ad Enea la moglie Eurìdice che lo avrebbe seguito fino nel Lazio con la quale sarebbe nata Rea Silvia madre dei Gemelli fondatori di Roma. Il tempio di Vesta apparteneva alla ricostruzione dell'epoca di Settimino Severo. Come è noto , nel Tempio ardeva perennemente un fuoco, simbolo dello stesso tempio, nel focolare domestico e di quello in mezzo al quale Marte, prese la sconcertante forma di un fallo, si era rivelato alla Rea Silvia, in realtà il culto del fuoco sacro è certo antichissimo nell'area del foro, da riportare senz'altro ai primordi della Città.

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