PINK FLOYD (1967-2014): mondo prog

In collaborazione con danilocagno

Comincia qui un'altra analisi a quattro mani, grazie alla passione comune con Danilo Cagno per la stessa rock band.

Parleremo dei londinesi Pink Floyd.

Per quanto mi riguarda è una scoperta postuma, da adulto.
I Pink Floyd erano il gruppo alter ego dei Genesis negli ascolti del mio fratello maggiore.

Suoni che non catturarono immediatamente le mie giovanissime orecchie, perché non semplici per un ragazzino.

Suoni, invece, subito colti da Danilo che qui ci ricorda giustamente che parliamo di un gruppo da analizzare per fasi.

I Pink Floyd sono, in effetti, come la Luna.

Parafrasando uno dei loro LP più importanti, "The Dark Side of the Moon", per lasciarsi conquistare dalla loro luna artistica bisogna capire queste fasi.

Per un gruppo che ha attraversato diversi decenni non potrebbe essere altrimenti.

Partiamo quindi dal loro nome che si deve alla fase uno: quella psichedelica denominabile Syd!

Il fondatore Roger Keith "Syd" Barrett s'ispirò ai nomi di battesimo di due bluesman americani: una scelta che non ebbe seguito pratico perché subito si occuperanno di ben altri generi musicali.

In quegli anni di fine 60, l'eclettico Barrett fu chitarrista, cantante, autore di quasi tutti i testi e leader indiscusso della band.

Non per molto però.

Indiscusso fino a quando, sempre più assente e discontinuo per il costante uso di droghe, costrinse gli altri tre elementi ad allontanarlo.

Un amore breve ma intenso che indicò la strada ai componenti della band, rimasta fisicamente orfana del suo visionario artista ma legata al suo genio folle per il resto della loro carriera.

Ed eccoci entrati nella seconda fase del gruppo, probabilmente quella più imponente: nome in codice Roger e campo d'azione la progressive music!

Il chitarrista David Gilmor (amico d'infanzia di Barrett) subentrò dalla panchina dei turnisti per divenire titolare della squadra Pink Floyd, ma la nuova leadership passò al bassista Roger Waters.

Questi portò nei testi un'incredibile profondità di senso e nel cantato una voce unica.

Siamo negli anni 70 e dire Pink Floyd era identificarli con le interminabili suite in studio, la nascita dei concept album ma soprattutto con gli spettacolari live storici.

La creatività di Waters durerà in serenità per quasi un decennio, ma proprio ad un concerto successe qualcosa che ne modificò il comportamento.

1977.
Terra canadese.

Un pubblico particolarmente indisciplinato e scontento per il pessimo audio dello stadio, finì per rivoltarsi contro il gruppo e perfino a lanciare petardi.

Roger reagì sputando su un ragazzo accalcato sotto il palco e da lì in poi il rapporto con i fans non sarà più lo stesso.

Anche quello con i compagni del gruppo peggiorò e il suo atteggiamento divenne sempre più autoritario.

Durante gli anni 80 partì la fase finale del gruppo: l'operazione David!

Potremmo dire che chi di licenziamento ferisce di licenziamento perisce e così Waters, che voleva chiudere definitivamente l'esperienza dei Pink Floyd, verrà messo da parte da Gilmor.

Con lui si tornò a fare un paio di dischi altrettanto intensi e concerti memorabili.

Peccato per il finale di battaglie legali.

Il romanzo Pink Floyd non lo avrebbe meritato.

Parliamo di un gruppo che caratterizzò la musica con invenzioni sonore e intuizioni di immagini indelebili nella memoria di generazioni diverse, che hanno goduto di atmosfere incredibili sia attraverso i vinili nel proprio impianto HiFi che nelle playlist di Spotify dei giorni nostri.

Adesso, però, viene il difficile: la scelta dei brani per la band composta da Syd, Roger e David sì, ma completata dalla presenza non continua di Richard Wright alle tastiere e quella fedele di Nick Mason alla batteria.

Una formazione che in realtà non è mai esistita nella contemporaneità, ma che è bello immaginare possibile nella nostra memoria.

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