1 IMPRESSIONI DI SETTEMBRE (1972)

Canta delicatamente Franco Mussida, mentre si accompagna con le corde della sua chitarra.

Poi "Impressioni di settembre" decolla e riatterra più volte con un finale avvolto in un coro suadente.

Mussida, oltre che cantare e suonare, è anche l'autore di questi sei minuti di musica che rivoluzionarono la produzione artistica italiana.

Non c'è il classico ritornello in voce, ma una melodia centrale strumentale eseguita in stile Emerson, Lake & Palmer.

Arrivò così anche in Italia questo nuovo suono per l'epoca, con l'uso di un sintetizzatore Moog preso addirittura in prestito.

Il testo che Mauro Pagani scrisse insieme al sempre ispirato Mogol (apprezzato anche lontano dalla meravigliosa collaborazione con Lucio Battisti) parla di speranza o di declino in base allo stato d'animo che ci pervade nel momento in cui lo leggiamo.

"Cosa sono adesso non lo so, sono un uomo in cerca di se stesso, sono solo il suono del mio passo": mirabile fotografia di una passeggiata mattutina tra le bellezze della natura.

Il brano lo troveremo anche nella sua versione inglese in "The world became the world" due anni dopo, quando la band comincerà ad avere successo anche fuori dai nostri confini.

Originariamente è però nel loro primo album "Storia di un minuto": un concept album che parla della giornata di un uomo comune.

Il pezzo resterà quello più rappresentativo della PFM prog, anche se all'inizio uscì solamente come lato B del loro primo 45 giri.

2 CHOCOLATE KINGS (1975)

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Anche se siamo partiti con la loro canzone bandiera, il pezzo che me li fece conoscere fu "Chocolate Kings".

Sbirciando tra i dischi più strani di mio fratello trovai le belle copertine dei Genesis e subito mi appassionai al loro suono.

Poi sentii questa canzone che mi sembrò un altro loro brano, con la voce di Bernardo Lanzetti subito in apertura che mi parve proprio quella di Peter Gabriel.

Non era così.

Scoprii che era un solco made in Italy.

E che solco!
Anche in questo caso Mussida, autore principale della band, aveva dato il meglio di se stesso.

Quel sintetizzatore trascina in un vortice senza fine, amplificato da una chitarra solista che ci porta a spasso per il brano con un impianto ritmico senza soste.

Lanzetti, amico in gioventù dei membri fondatori, era la new entry nella formazione e dava per la prima volta una voce ufficiale alla band.

L'album omonimo non ha solo questa novità, ma è anche il primo partorito già in inglese grazie alla collaborazione tra Pagani e la compagna del bassista Djivas che, ex-fondatore degli Area, era entrato nel gruppo da un paio d'anni.

L'album ebbe successo anche in Giappone, ma segnò anche l'inizio della loro parabola discendente internazionale.

3 JUST LOOK AWAY (1974)

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Come pioggerellina che scende giù dal cielo: con questa delicatezza si apre il brano musicato da Mussida insieme a Premoli.

Il chitarrista, pur non in possesso di doti canore particolari, la interpreta al meglio ricorrendo persino al falsetto.

Poi l'intimità dell'inizio lascia spazio alla modifica dell'arrangiamento con il flauto che chiama a raccolta gli altri strumenti per il finale.

"Just look away", inserita in "The World became the world", non è altro che la gemella inglese della "Dolcissima Maria" de "L'isola di niente.

Avrei inserito comunque questo pezzo tra i più belli della PFM, ma l'ho anche fatto per dare risalto alla loro esperienza estera: un valore aggiunto per questa nostra band storica.

Vi racconto l'aneddoto di come scoprì questa canzone.

Avevo circa 25 anni quando passai circa tre mesi a lavorare nel New Jersey.

Affamato di musica, cercavo dischi di gruppi locali da notare per farmi figo al ritorno in Italia con i miei colleghi delle radio private in cui trasmettevo.

Tra gli scaffali degli LP di una biblioteca ne trovai uno live della PFM, pubblicato per il mercato americano, registrato durante il tour del 1974.

Ovviamente conoscevo loro ma non una versione inglese di quasi nove minuti di questa splendida canzone.

Dalla scoperta personale (allora non c'era internet a facilitarci con un click), capì l'importanza di questo gruppo italiano.

4 SUONARE SUONARE (1980)

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All'inizio è solo pianoforte e voce, ma subito c'è il violino di sottofondo di Fabbri che accompagna l'arrivo al nucleo centrale della canzone, in cui si esalta Di Ciocco come cantante/leader al posto di Lanzetti che non gradiva la virata su un genere più commerciale.

D'accordo non è più prog, ma è un pop fatto bene con un bell'assolo centrale e finale di tastiera dell'autore Flavio Premoli degni diquelli che un tempo erano il tratto distintivo della band.

Beh, alla fine di questo si tratta.

"Suonare suonare" è il titolo giusto: i musicisti di questo vivono e la PFM ha avuto sempre impareggiabili strumentisti.

Per questo motivo ho cercato una versione live del brano che mettesse in mostra il perfetto connubio tra i membri del gruppo, anche a distanza di tanti anni dalla sua formazione.

Un'intensa versione della canzone la interpretò lo stesso anno Riccardo Cocciante.

Il pezzo della Premiata è nell'album omonimo col quale il gruppo aprì gli anni 80 dopo due dischi non memorabili e un paio di anni di silenzio.

Un disco di buona fattura che io comprai e ascoltai con piacere, trovandoci altri ottimi brani come "Si può fare" e "Maestro della voce".

5 CELEBRATION (1973)

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Gli arrangiamenti di questa canzone sono i veri protagonisti.

L'inizio di "Celebration" dà una carica che nemmeno gli uomini di Buffalo Bill sentivano al momento della battaglia.

Poi dentro ci trovi persino un flauto ottavino suonato da Pagani che a volte sconfina nel folk e altre volte in Bach.

Infine è il momento di lasciarti trasportare dal coro centrale e da un riff di sintetizzatore per percepire che il titolo originario del pezzo in italiano, "E' festa" (pubblicato l'anno prima nell'album d'esordio "Storia di un minuto"), è proprio quello giusto perché quella sembra l'atmosfera.

La parte cantata, invece, è figlia di quel grande momento della progressive music che la PFM incarnò alla perfezione (vedi la chiusura con dissonanze e contrasti atonici che conquistano persino quando il pezzo è ormai concluso).

L'album "Photos of ghosts", che contiene questa versione in inglese, fu il primo pubblicato apposta per il mercato americano.

Gli autori del brano furono Mussida e Pagani e, se del primo ne abbiamo già tessuto le lodi di compositore e chitarrista, del secondo sarà la storia della musica a lodarlo per le sue magie di arrangiatore/produttore che metterà in evidenza in futuro.

Del resto gli arrangiamenti furono alla base della grandezza di questa band che, persino nel loro momento meno fulgido, riuscirono a ridare nuovo punto di vista e lucentezza ai brani di Fabrizio De Andrè andando con lui in tournée.

Poi, come tutte le storie belle, anche la Premiata Forneria Marconi cominciò a non sfornare più pezzi all'altezza del loro nome.

Anche se non mancarono le iniziative.

Dopo ben dieci anni di silenzio arrivò l'album "Serendipity" nel 2000, dopo dieci anni di silenzio, con la collaborazione di autori fantastici come Daniele Silvestri, Pasquale Panella e Franco Battiato.

Non mancarono neanche alcuni concerti fuori dall'Italia per ripensare ai bei tempi passati.

Ma il ritorno in sala d'incisione con il diciassettesimo album nel 2017, dopo l'ulteriore pausa decennale, mi fece tristezza e non per un giudizio strettamente artistico.

"Emotional Tattoos", infatti, vede per la prima volta la divisione tra i due fondatori del gruppo.

Franz Di Ciocco è rimasto, ma Franco ha lasciato la sua chitarra nella custodia.

Per Mussida la PFM finisce qui.

E anche per me c'è un finale: "(Rock Band) Degne di nota" era al suo ultimo romanzo musicale.

C'è spazio, se vorrete, per una conclusione in collaborazione con alcuni di voi.

Di che si tratta?
Un'appendice dell'opera per salutarvi e ringraziarvi per aver seguito questo racconto in parole e note.

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