06.

Amanda.

"Puoi anche girarti eh! Stai tranquillo!" dico ridendo, mentre guardo Ethan seduto immobile dall'altra parte del letto che mi da le spalle.

Lo vedo scuotere la testa e ridere leggermente.

"Non volevo essere irrispettoso, ma avrei dovuto capire che non sei una troppo timida!" dice e si alza muovendosi verso la sua valigia. In ogni caso mentre mi stava dando le spalle io ho approfittato e mi sono cambiata indossando  la canotta e i pantaloncini che uso per pigiama.

Mi muovo verso il comodino e mi tolgo gli orecchini posandoli su di esso. Vado verso il bagno con la mia piccola trousse e mi sciacquo la faccia. Mi lavo i denti e poi mentre mi asciugo il viso fisso Ethan dallo specchio del bagno.

Mi sta dando la schiena ed è vicino al suo lato del letto. Si sbottona la camicia e la fa scivolare giù dalle sue spalle. Osservo la pelle chiara della schiena. Vedo i muscoli tesi mentre si sbottona i pantaloni e li lascia cadere sulle sue gambe. Si volta leggermente per posarli nella sua valigia e io riesco a vedere la fossetta dell'ombelico, gli addominali tesi e le vene affioranti sui suoi avambracci.

Mi volto velocemente e prendo un respiro profondo. Credo di aver sottovalutato la bellezza di Ethan, non è niente male.

Quando torno in stanza ha indossato dei pantaloncini da ginnastica, che non pensavo avesse nel suo guardaroba così sofisticato, e la maglietta verde comprata al Sequoia National Park.

Ci guardiamo per qualche secondo e io sorrido.
Sento lo sguardo di Ethan addosso mentre mi muovo nella piccola stanza.
Sì, forse la cena per me non era stata così imbarazzante, ma questo è decisamente diverso.
Se Ethan fosse un mio amico probabilmente non mi farei problemi, ma lui è effettivamente uno sconosciuto ancora e questo rende la situazione tesa.

Tiro il lenzuolo leggero dalla mia parte del letto e mi rannicchio. Il mio pigiama era adatto per le notti afose di San Francisco, ma qui essendo in mezzo alle montagne il clima è leggermente più fresco.
Anche se gli sto dando la schiena sono più che sicura che lui si sia steso sopra il lenzuolo. Il materasso si muove leggermente accogliendo il suo peso. Ethan spegne la luce e rimangono accese solo le abat-jour sui nostri comodini.

"A che ora vuoi partire domani?" mi domanda. Per un attimo mi sono scordata che questo non è un viaggio di piacere, ma di necessità. Ed Ethan sembra avere un'urgente necessità che lo richiede.

"Per le 9, possiamo fare colazione e poi ci mettiamo in viaggio." gli dico continuando a dargli la schiena. Osservo fuori dalla finestra e sospiro.

"Perfetto!" dice lui.

Ethan si muove e credo abbia preso in mano il cellulare. Infatti la luce del suo cellulare illumina leggermente la stanza. Continua a vibrare. Mi volto leggermente e lo osservo con la coda dell'occhio. Sta scorrendo con il dito sullo schermo, ma poco dopo sbuffa e riposa il cellulare sul comodino attaccandolo al caricatore.
Spengo la mia luce e poco dopo sento il lenzuolo tirarsi ed Ethan sistemarsi nel letto.
All'improvviso buio e in qualche modo mi sembra che mi manchi il fiato.

Come sono finita a dormire con uno sconosciuto?

A parte il rumore dell'acqua del fiume, nella stanza si sentono solo i nostri respiri. Mi stendo sulla schiena e anche se non vedo nulla alzo il viso verso il soffitto.

"Cosa vuol dire Tehya?" mi domanda poco dopo Ethan.
Mi sorprendo che abbia captato anche quello dalla conversazione con mia nonna.
Ethan è molto educato e sulle sue, ma forse sotto sotto è curioso quasi quanto me.
Non rido mentre sento come prova a riprodurre la pronuncia della parola Cherokee, ma mi fa uno strano effetto sentirla pronunciata da lui.
La cultura Cherokee fa parte del legame tra me e mia nonna. È sempre stata una cosa che ci siamo tenute per noi. Nessuno era mai riuscito ad entrare nel nostro legame, neanche mia madre.

"Vuol dire preziosa..." dico piano. Tutti mi hanno sempre detto che sono spavalda, forte e coraggiosa, ma ora la mia spavalderia sembra mancare.
Nel buio di questa stanza mi sembra di non essere giudicata da nessuno, soprattutto non da lui.

"E noquisi?" mi domanda subito dopo.

"Ma hai origliato tutta la conversazione con mia nonna?" dico voltandomi verso di lui. Non posso vederlo, ma so che anche lui si è voltato verso di me.

"No, Amanda, ma ero nella stessa stanza e tu non hai un tono di voce molto pacato!" mi dice Ethan.

"E con questo cosa vorresti dire?! Che sono sguaiata?" ribatto. Non sono arrabbiata, ma mi piace questo lato di Ethan, un po' provocatorio. Forse il buio lo rende più sicuro di sé.

"No, voglio dire quello che ho detto!" dice lui ridendo e anch'io lo seguo. Ora nella stanza si sentono solo le nostre risate ed è bello.

"Stella..." dico quando entrambi smettiamo di ridere.

"Cosa?" domanda Ethan e posso sentire dalla sua voce il suo tono curioso.

"Noquisi, vuol dire stella!" ripeto spiegandomi meglio.

"È bellissimo..." dice lui poco dopo e io sorrido. È strano perché nessuno si è mai interessato a queste cose, persino i miei amici di una vita non hanno mai dato tanta importanza ai modi in cui io e mia nonna comunichiamo. Mi ricordo di una volta in seconda liceo quando un mio compagno venne a casa mia per un progetto. A fine pomeriggio mi disse che il modo in cui parlavamo era strano, che erano solo sciocchezze.

Io non ci rimasi male, perché sapevo che quel commento era dettato dall'ignoranza e dalla paura del diverso.
Sapevo che ero unica, che mia nonna lo era e che la mia cultura lo era.

Questa è la prima volta in vita mia in cui una persona a me estranea sembra interessato e ammagliato da quello che tutti gli altri hanno sempre definito "stranezze".

Mi volto nuovamente sulla schiena e provo a chiudere gli occhi. Sono effettivamente stanca. È stata una giornata faticosa in ogni senso, ma ora che sono qua non riesco ad addormentarmi.
Mi muovo un po' nel letto e sento che Ethan fa lo stesso. Dopo un po' ho quasi caldo quindi mi scopro fino alla vita. Poso la mano destra sopra il lenzuolo ed è in quell'istante che sfioro la mano di Ethan. Sento il suo respiro fermarsi per qualche secondo. Le sue dita si muovono leggermente e accarezzano il palmo della mia mano. Poco dopo lui ritrae la mano e si gira dandomi la schiena.
Anch'io faccio lo stesso, mi volto e chiudo finalmente gli occhi.




"Amanda!" una voce forte e decisa pronuncia il mio nome. Sto sognando? Sì, è un sogno.
Mi muovo rannicchiandomi contro il cuscino.

"Amanda! Svegliati!" la voce si ripete ancora e ancora. C'è l'eco in questa stanza?

Apro un occhio e lo richiudo immediatamente strizzandolo a causa della luce del sole. Mi volto dalla parte opposta e tiro il lenzuolo fin sopra la testa. Buio.

"Oh mio Dio! Amanda! La sveglia è già suonata da un quarto d'ora e tu stai ancora dormendo!" la voce continua a parlare e a parlare. Voglio un po' di silenzio. Sto cercando di riposare!

Il lenzuolo mi viene strappato dalla testa e io apro gli occhi di scatto.
Ethan è davanti a me. Indossa un paio di jeans e una maglietta dalle maniche corte bianca. Ha le braccia incrociate e i miei occhi ricadono sui suoi bicipiti in flessione.

"Perché tutta questa confusione!" dico passandomi le mani sugli occhi. Non sono una persona mattutina. Di solito mi sveglio per ora di pranzo o poco prima. Sembra che Ethan invece ami l'alba!

"Sono le 8.30, devi alzarti!" mi dice e si allontana andando verso la sua valigia.
Mi metto a sedere e lo osservo mentre sistema le ultime cose.

"Lo sai che quest'ansia non ci farà arrivare prima ad Atlanta!" gli dico e rido un po'. Ethan si gira e mi guarda con sguardo serio. Okay, okay, mi alzo.

"Sai prima o poi dovrai dirmi perché hai così tanta fretta di arrivare ad Atlanta!" gli dico mentre prendendo la mia trousse vado verso il bagno.

"Non che siano affari tuoi!" mi risponde lui dalla camera. Alzo gli occhi al cielo. Nulla riuscirà a far sciogliere un po' questo ragazzo.
Logico che non sono affari miei, ma quando ieri ho accettato di portarlo fino ad Atlanta ho detto che avevo delle regole. E prendermi questo viaggio con calma è una di quelle.

"Però tu hai accettato delle regole!" dico spuntando dal bagno con lo spazzolino in bocca.

Lui mi guarda e scuote la testa ridendo.
Ah quindi vedermi mentre mi sbrodolo lavandomi i denti lo fa ridere, bene!

"Hai ragione!" mi dice e io torno in bagno a sputacchiare il dentrifricio. Mi sciacquo la bocca e torno nella stanza.

"Bene e una di queste regole è la calma!" dico mentre cerco dei vestiti da indossare.

"Va bene, scusa è che non sono abituato a tutto questo!" dice facendo un grande gesto con le mani e indicando la stanza circostante. Oh lo so bene, si vede da lontano un miglio che Ethan non è nel suo elemento. Non lo è qua, non lo era al benzinaio a Fresno e non lo è nella mia macchina. È un pesce fuor d'acqua.

"Comunque ho fatto una chiamata prima e credo che entro domani riuscirò a riattivare le mie carte di credito così da ripagarti!" mi dice e io annuisco.
Rovistando nel borsone trovo una gonna di jeans e un crop top bianco. Mi chiudo in bagno e li indosso insieme alle mie converse nere. Mi sistemo i capelli sulle spalle e poi sono pronta.

Ethan è già sulla porta, la sua valigia chiusa.
Mi passa il mio caricatore e io chiudo il borsone. Prendo la borsa a tracolla ed esco.

"Dammi!" mi dice Ethan togliendomi dalle mani il borsone.

"Ce la facevo anche da sola!" dico mentre chiudo la porta della stanza.

"Lo so, volevo solo essere gentile..." mi dice mentre scendiamo le scale. Apprezzo che abbia capito che so cavarmela da sola. È una cosa che mi è sempre piaciuta. Essere indipendente, farcela da sola e stare bene.

Non appena arriviamo alla reception so esattamente quando Mary vede Ethan al mio fianco. Lui è leggermente dietro di me, ma la reazione di Mary è inequivocabile. I suoi occhi si spalancano leggermente, le sue guance si tingono di rosso e si sistema velocemente i capelli.

"Ragazzi, avete passato una bella notte?" ci domanda, ma sta guardando solo Ethan. Mary si fa scorrere una mano sul collo e poi vicino alla scollatura della camicetta che indossa.
Oh mio Dio.
Ripeto Ethan è molto carino, ma Mary potrebbe essere sua madre o sua zia.

Mi volto verso di lui, ma lui non sta guardando lei. Sta guardando in giro come se fosse del tutto inconsapevole delle reazioni che provoca.
Ingenuo Ethan.

"Sì, grazie!" le dico posando la carta di credito di mia mamma sul bancone. Mary la prende sorridendo.

"Grazie per essere stati qui con noi! E buon viaggio!" ci dice ridandomi la carta di credito. Io ed Ethan le sorridiamo e poi ci allontaniamo dal bancone.

"Se vuoi vado a mettere le valigie in macchina..." mi dice Ethan e io annuisco passandogli le chiavi.

"Ti aspetto di là!" gli dico indicando la sala della cena della sera prima ora adibita per la colazione. Lui annuisce e poi esce dal locale.
Io entro nella sala e osservo il misero buffet della colazione. Prendo una spremuta e due pancake e poi mi siedo nello stesso tavolo di poche ore fa.

Inizio a mangiare e quando non vedo Ethan guardo fuori dalla finestra.
Ethan sta girando vicino alla mia macchina, è al cellulare e ancora una volta sembra molto irritato.
Scuote la testa e tira dei piccoli calci ai sassolini per terra. Ha una mano nella tasca dei jeans e sbuffa continuamente.

Mi sembra sempre così stressato e frustrato. Mi dispiace per lui, non riuscirei mai a vivere una vita così, piena di preoccupazioni, ansie, appuntamenti puntuali e incontri irrimandabili.

Solo quando lo vedo spegnere la chiamata e rientrare nell'hotel sposto lo sguardo sul mio piatto.
Ethan mi raggiunge e con un piatto lo osservo mentre sceglie dal buffet.
Quando si siede al tavolo lui non mi guarda neanche in faccia.

"Va tutto bene?" gli domando. Lui alza lo sguardo su di me e sorride leggermente.

"Sì, va tutto bene..." mi risponde.

Ma io so che non è così.
So che non va tutto bene.



***
Ciao a tutti!
Nuovo capitolo!
Spero vi sia piaciuto!

Baci, Sophia😘

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