03.

Amanda.

Tengo il tempo di More than a feeling dei Boston con le dita, tamburellandole sul volante. Anche se sto guardando la strada, provo a guardare Ethan con la coda dell'occhio.
Mi fa anche strano chiamarlo Ethan, come se fosse un mio amico. È uno sconosciuto seduto nella mia macchina e che mi porterò dietro per un bel po'.

Sento il suo sguardo addosso, anche se come me, anche lui non mi sta guardando apertamente. Dire che ci stiamo studiando a vicenda credo sia riduttivo.
Lo vedo mentre muove le mani sui suoi pantaloni color cachi e si rigira tra di esse il cellulare spento.

"Hai il caricatore del cellulare?" mi domanda dopo un po' rompendo finalmente questo silenzio fastidioso.

"Sí, ma questa macchina non ha un attacco..." dico realmente dispiaciuta. Lo vedo stringere gli occhi e i pugni.
Lo sento mentre rilascia un sospiro e poi vedo le sue mani posarsi stese sulle sue cosce.
"Va bene, aspetterò..." mi dice e io annuisco continuando a guardare la strada.

"Così ti chiami Amanda e di cognome?" mi domanda. Mi muovo sul sedile un po' agitata. Devo realmente fidarmi? In fondo non lo conosco.

"Brooks." gli rispondo concisa giusto per non sembrare maleducata.

"E stai andando ad Savannah, come mai?" mi domanda imperterrito.

"Cose di famiglia, e tu? Ho visto che sei nato ad Atlanta, cosa ci fai in California?" gli domando. Se vuole giocare a questo gioco, che gioco sia.

"Una storia molto lunga..." mi dice tagliando corto. Ah, ora non fa tanto il furbo ora. Anche lui ha cose che preferisce tenere per sé, e va più che bene così.
Avevo calcolato che il viaggio sarebbe durato qualche giorno. Se devo vivere con lui per qualche giorno, non credo mi serva sapere ogni suo minimo dettaglio.

La strada dopo Fresno è deserta, chilometri e chilometri di campagna. Fino a quando non vedo un cartello e mi viene un'idea.

"Quanto tempo pensavi di metterci per questo viaggio?" mi domanda e credo sia la cosa che vuole sapere di più. Sapere quanto tempo ci metteremo ad arrivare dove vuole lui.
Ethan è educato e composto, ma so che vorrebbe chiedermi quello.
Quanto tempo sarò costretto a viaggiare con una perfetta estranea in questa macchina senza un attacco per il caricatore del cellulare?

"Qualche giorno, non so. Sto approfittando di questo viaggio per vedere un po' di posti che ho sempre sognato visitare..." dico e spero si allarmi.

"Ah..." dice muovendosi sul sedile. Sorrido sotto i baffi. Si è allarmato come speravo. Vorrei tanto sapere perché ha così tanta fretta di arrivare ad Atlanta.

"Mi sembra che tu voglia arrivare molto in fretta ad Atlanta... cosa ti aspetta là?" gli domando e attendo una sua risposta.

Ethan si passa una mano tra i capelli biondo scuro spostando il ciuffo e provando a sistemarlo con quel poco di gel che gli rimane tra i capelli.
È agitato e questa emozione sembra cocciare con ogni sua altra caratteristica.

"Una faccenda che non posso proprio rimandare!" dice serio e sento l'urgenza nella sua voce. Alzo gli occhi al cielo, perché in quel momento capisco che sono in macchina con il genere di persona che odio di più.
Impostato, che rispetta le scadenze, che si veste elegante.
Tutto il contrario di me.

"E cosa vorresti visitare?" mi domanda guardando distrattamente fuori dal finestrino e spostando l'attenzione su di me.

"Il Sequoia National Park!" dico eccitata, seguendo i cartelli.
Ethan si volta verso di me e mi guarda con le sopracciglia alzate. Io sposto lo sguardo dalla strada e mi volto verso di lui, accorgendomi solo ora di come i suoi occhi siano di un verde scuro disarmante.

"Si?" domanda con voce debole. Non credo gli piaccia l'idea. Torno a guardare la strada e svolto a destra seguendo i cartelli verso l'entrata del parco.

"Sí, ti avevo avvisato che c'erano delle regole per questo viaggio, ma non hai voluto ascoltarle!" gli dico e lo sento sbuffare. Probabilmente si sta pentendo della decisione presa.

"Quindi vuoi illuminarmi su queste regole?" dice e io annuisco. In realtà non so quali siano le regole, a parte una.

"La regola è che non ci sono regole. Voglio vivere ogni cosa come se fosse l'ultimo giorno della mia vita! Mai provato?" gli domando anche se so già la risposta. Mi spiace molto per Ethan, ma sembra che la sua vita sia molto noiosa.

"No, a dir la verità no..." dice e abbassa lo sguardo sul suo cellulare. Non credo possa riuscirci.

"Quanto caldo fa!" sbotta cambiando argomento velocemente. Io annuisco distrattamente. È proprio vero, si muore di caldo. Il sole picchia sull'asfalto grigio della strada.
Ethan si muove e cerca di capire quale dei bottoni della macchina, credo, accenda l'aria condizionata. Mi viene da ridere così poso una mano sulla bocca per coprirmi.

"Perché ridi Amanda?" mi domanda scocciato.

"Purtroppo l'aria condizionata non funziona..." dico continuando a sogghignare.

"Ah, dovevo immaginarmelo!" dice e si rimette con la schiena contro il sedile.

"E con questo cosa vorresti dire scusa?" domando voltandomi verso di lui.

"Intendo dire che questa macchina è antiquata!" ribatte lui seccato.

Scuoto la testa continuando a ridere. Antiquato. Non credo di aver sentito neanche mia nonna dire antiquato.
Ethan torna a guardare fuori dal finestrino e io lo noto mentre si sbottona i primi bottoni della camicia azzurra.
Sposto subito lo sguardo sulla strada e pian piano le campagne quasi deserte iniziano a trasformarsi in distese di alberi altissimi. Poco dopo vedo l'entrata del parco.

"Spero tu abbia qualcosa di più adatto!" dico e poi mi metto in coda per comprare il biglietto per entrare.

Ethan si volta verso i sedili superiori, guardando la sua valigia, come se guardandola potesse far comparire dei vestiti più adatti di quelli che indossa.

"Lo spero anch'io..." lo sento borbottare. Rido sotto i baffi e mi muovo piano con la macchina finché non è il nostro turno.
Pago i 25 dollari che servono per entrare con una macchina e poi siamo dentro.
All'entrata del parco vedo un'area simile ad un parcheggio, così decido di fermarmi un attimo.
Spengo il motore e scendo sgranchendomi le gambe.
Mi sistemo la canotta che, da quanto fa caldo, mi è rimasta appiccicata alla schiena.

Giro intorno alla macchina e vado verso il lato del passeggero.
Ethan è infilato per metà nella macchina e vedo che sta rovistando nella sua valigia alla ricerca di qualche vestito più consono. Osservo le sue gambe strette nei pantaloni e devo ammettere che lo sguardo mi cade su un punto preciso. Ma tutto ciò dura mezzo secondo.

Mi volto lasciandolo rovistare e mi guardo intorno.
È bellissimo. La foresta di sequoia è immensa e gli alberi sono così alti da non vederne la fine. Giganti e fittissimi. Faccio alcuni passi e mi avvicino a uno di essi. Poso le mani sul tronco spesso e chiudo gli occhi. Per alcuni secondi mi sembra di sentire la linfa millenaria di quest'albero percorrermi da testa a piedi.
Prendo dei respiri profondi e ascolto i suoni della natura. L'albero è così alto e il suo tronco così grande che non riesco a vedere al di là. Inizio a girarci intorno e solo in quel momento mi accorgo di quanto siano imponenti questi alberi.

Mia nonna Sheila sarebbe felicissima di poter assimilare la forza di questa foresta di sequoie.
Faccio alcuni passi e poi prendo il mio cellulare e scatto alcune foto della foresta.

Quando torno verso la macchina Ethan è ancora piegato sulla valigia e io scuoto la testa.

"Sai là in fondo sembra ci sia un negozio di souvenir, magari c'è una maglietta della tua taglia..." gli dico mentre rovisto nella busta dell'area di servizio in cerca delle mie caramelle preferite.

Alla fine mi sono dimentica di pranzare e ora che sono quasi le tre di pomeriggio, sento il mio stomaco brontolare.
Ethan esce dalla macchina e mi guarda, passandosi una mano sulla fronte sudata.

"E va bene..." dice e io sorrido. Chiudo la macchina con un click e ripongo le chiavi nella mia borsa a tracolla. Mentre ci muoviamo verso il negozio, mi slego la mezza coda ravvivandomi i capelli neri e lasciandoli cadere sulle spalle.
Entriamo nel piccolo negozietto ed entrambi salutiamo con un cenno il ragazzo alla cassa. Indossa una divisa verde e un cappellino con sopra scritto Sequoia National Park.

Inizio a muovermi tra gli scaffali e vedo tutti i gadget che riguardano il parco. Dalle tazze, ai portachiavi, alle penne e ai cappelli uguali a quello del commesso.

"Trovate!" dico ad alta voce mentre mi avvicino ad uno scaffale con alcune t-shirt. I colori sono vari, e tutte le magliette hanno la scritta simile a quella dei cappelli. Prendo quella che mi sembra più azzeccata per Ethan e mi volto porgendogliela.

Lui la prende in mano e fa una smorfia quasi disgustata. Io alzo gli occhi al cielo e poi gli do una pacca sul braccio.

"Ehi!" mi dice e io mi passo una mano nei capelli frustrata spostandomi il ciuffo di capelli neri che mi ricade sulla fronte.

"Dai provala!" gli dico e poi non vedendolo muoversi, lo aggiro e gli poso le mani sulla schiena per spingerlo.
Pessima mossa, è tutto sudato e la camicia è fradicia.
Gli do una spinta verso l'unico camerino del negozio, cioè una piccola tenda montata su due bastoni orizzontali.

Ethan di malavoglia si chiude dietro la tenda e io continuo il mio giro. Torno allo scaffale dei cappelli e decido di prenderne uno. Il colore è uguale a quello della maglietta di Ethan, e credo sia il più azzeccato per il posto in cui siamo.

Poco dopo sento la tenda tirarsi e mi avvicino.
Ethan fa un passo fuori dal camerino e io devo trattenermi dal ridere. Non è ridicolo, anzi gli sta molto bene. Come avevo immaginato sotto alla camicia ha un fisico longilineo e ben scolpito, infatti la maglietta gli cade a pennello. Il verde scuro che ho scelto mette in risalto i suoi occhi e i suoi capelli biondi.
Mi viene da ridere solo per la smorfia che ha dipinta sulla faccia.

Deve proprio essere un tipo sofisticato.

"Stai benissimo!" gli dico e lui annuisce scoraggiato.

"Sembra che questa sia la mia unica opzione, cosa che mi succede spesso in questo periodo..." dice e poi si allunga per riprendere la camicia.
Insieme andiamo verso la cassa.

"Hai un paio di jeans, no?" gli domando mentre poso il cappello sul bancone.
Lui annuisce e poi si sposta i capelli all'indietro.

"Pago questo e la sua maglietta!" dico al commesso e in quel momento Ethan sembra risvegliarsi dal suo trance.

"Cazzo, me n'ero quasi dimenticato! Ti restituirò tutto!" dice mettendo le mani in avanti. Io annuisco e gli sorrido. Sono 10 dollari, non mille.
E so che me li ridarà perché è un tipo troppo in ordine e preciso per dimenticarsi di una cosa così pratica come i soldi.

Dopo aver pagato salutiamo il commesso e io indosso il mio cappello. Usciamo dal negozio e sento Ethan dietro di me sbuffare leggermente.

Ah sì, sarà tutto molto esilarante!

***

Eccomi qui di nuovo!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!
Ditemi che ne pensate!

Vi ricordo che trovate la playlist della storia su Spotify con il nome di "Road Trip"!

Baci, Sophia.

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