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Finalmente riesco a riprendere a postare un po' di cose e -siccome sono ossessivo-compulsivo- riprendo dalle challenge più vecchie.
Questa storia nasce per la #WherePeopleWalkUpsideDown, ovviamente #fuorichallenge, del gruppo facebook Non solo Sherlock (https://www.facebook.com/groups/366635016782488).
La storia più votata era stata la mia originale: Un'altra boccata d'aria.Ho deciso di ribaltare beh, praticamente tutto, dal POV, al finale, cercando di mantenere gli stessi eventi e spesso anche le stesse identiche parole per raccontarli.Non è stato facile, ma è stato incredibilmente divertente!


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Sentì Gil sospirare al suo fianco, sembrava frustrato.
Lui rimase lì, ciondolando in mezzo al gruppo.
Erano arrivati da meno di un'ora e già si sentiva poco lucido, decisamente aveva bevuto troppo se il suo cervello lo portava a credere che fosse una buona idea flirtare con l'ennesimo ragazzino che agognava la sua compagnia, o meglio il suo ca...
Sembrava che tutti, appena gli si avvicinavano, passassero da normali adolescenti a un patetico e per niente originale concentrato di frasi da rimorchio e risate civettuole, come se lui li ascoltasse! Aveva solo bisogno di qualcosa che valesse la pena per una notte... illusi!


Il loro gruppo era pur sempre quello più ambito.
Che cazzo avranno avuto da ammirare poi.
Erano solo secchioni, anche se erano tutti ragazzi belli e popolari.
Certo facevano parte di qualche club scolastico e lui e Gil erano anche atleti.
Ok, ok, forse li capiva, avevano un palmares da ragazzi desiderabili completo!
In fondo chi era lui per giudicare, mentre era lì a rimorchiare l'ennesimo corpo senza nome per non ammettere ciò che provava?
A essere onesti il vero illuso era lui.

Ma questo non c'era bisogno che nessuno lo sapesse... bastava la sua di consapevolezza, utile soltanto ad aggiungere la vergogna al già complesso miscuglio di emozioni che lo scuoteva in ogni momento.
Quella predominante rimaneva il senso di inadeguatezza.

Perché mai qualcuno come Gil avrebbe dovuto volere qualcosa di più da uno come lui?
Nessuno sapeva della loro relazione.
Perché avrebbero dovuto?
In realtà non ne avevano neanche una, non nel vero senso della parola... e la cosa bella era che non poteva neanche lamentarsene: era stato lui a volere quella situazione!
Non poteva davvero rimproverargli niente.

«Allora, che ne dici?!» si rivolse ammiccante al ragazzo di fronte a lui.

Era lo stesso di prima?
Forse no, beh non che importasse!

Doveva essere riuscito nel proprio intento di infondere la propria voce di malizia, perché il tipo balbettò imbarazzato.
O forse anche la sua era tutta scena.

«Io... è che... domani parto per andare in vacanza dai miei nonni...» si finse indeciso.
Era palese che fosse eccitato dalla prospettiva di una serata con lui, ma voleva sembrare restio ad accettare una cosa di una sola notte.
Come se potesse far colpo fingendo di volere una seconda occasione!
Non ne dava mai, beh, a parte a Gil, certo, ma era per non indugiare su pensieri simili che stava rimorchiando il tizio senza nome, no?
Lo guardò con occhi languidi, mordendosi il labbro.
Dio, avrebbe riso di quella sceneggiata, se non fosse intento a mantenere in piedi la propria!

«Dai tuoi nonni? - chiese, la maschera strafottente ben salda in volto- Andrai a fare le vacanze del diploma in famiglia? E come cazzo passerai l'estate, vendendo limonata nel vialetto? Che cosa da sfigati! -continuò ad infierire, apparentemente insensibile all'imbarazzo che stava provocando nell'interlocutore- Tesoro, ti ho chiesto se volevi una botta, non di sposarci!» concluse poi, tornando serio.
Che schifo!
Aveva la nausea.
Per la situazione.
Per l'ipocrisia.
Per se stesso...

Vide Gil scuotere la testa.
Colin, Callen, o qualsiasi fosse il nome del ragazzo, ridacchiò pervaso di finto imbarazzo, ma prevedibilmente non sembrò affatto offeso, anzi... annuì, come a confermare che fosse esattamente ciò che cercava e artigliò il suo braccio, attaccandosi come una cozza.

Per un po' la serata proseguì normalmente, come se non fossero mai stati interrotti da persone esterne al gruppo: bevendo, ridendo e scherzando, ma soprattutto bevendo... poi Hunter si rivolse a Cosetto.

Era talmente insipido che non avrebbe notato la differenza se se ne fosse andato.
Gli parlò all'orecchio, per sovrastare la musica, o per fingere la ricerca di una qualche forma di privacy: «Andiamo a scopare, Zucchero?»
Il ragazzo annuì freneticamente, guardandolo con sguardo sognante.
Huter non sentì niente, solo la patetica speranza di far fiorire la gelosia nel petto di Gil.

Si girò e iniziò ad allontanarsi, in direzione degli spogliatoi della palestra in cui si teneva il ballo, salutando con un vago gesto della mano gli amici, poi si bloccò per un istante, si girò verso il punto in cui si trovava fino a pochi istanti prima e si rivolse a Gil: «Noi ci vediamo stanotte, dolcezza?».

Cosa cazzo speri di ottenere?

Lo chiese con voce civettuola e ammiccamenti esagerati, alzando e abbassando le sopracciglia in un gesto eloquente, quasi comico.
Cosetto guardò alternativamente tra lui e il suo migliore amico, accigliato e probabilmente geloso: doveva averlo preso sul serio.
Gli amici scoppiarono tutti a ridere, prendendo l'affermazione come il solito gioco tra i due.
Dal giorno successivo i dormitori sarebbero stati chiusi per l'Estate e tutti sapevano che Hunter -che aveva deciso di non tornare a casa per le vacanze- avrebbe soggiornato da Gil.
Lo vide unirsi alla risata e annuire impercettibilmente, nascondendo il viso nel bicchiere del punch: nessun altro immaginava che quello fosse un vero appuntamento.

«Questo punch non è abbastanza forte!» sentì dire, ma era già troppo lontano, il corpo dall'altro lato della stanza e la testa persa nei fumi dell'alcool.


«Dio, sei così fottutamente caldo!» la voce profonda, gutturale, quasi animalesca.
«Risparmiami le moine, non sono uno dei tuoi bambolotti!» disse Gil, il corpo che si spingeva indietro per sentirlo ancora più a fondo.

Il cuore che si stringeva un po' al pensiero che pensasse anche solo lontanamente di paragonarsi a loro.

Era uno schifo!
Perché mai avrebbe dovuto interessarsi a Gil, MAI!
Lui sapeva esattamente cosa si nascondeva dietro al suo volto da golden-boy della scuola e per questo non avrebbe mai preso sul serio i suoi sentimenti.
Nell'immaginario collettivo si pensa a certe persone come facili, quando sono quelle che si lasciano conquistare, Hunter era un cacciatore di nome e di fatto, cosa lo distingueva da quelle "persone facili"? Niente ed ecco perché quando aveva trovato qualcuno con cui non avrebbe voluto che tutto finisse, aveva continuato a comportarsi come sempre, scavando sempre di più nella propria fossa.

La sua risposta fu l'unica possibile: iniziare a scoparlo ancora più forte, uccidendo tutta la loro razionalità residua e con essa ogni possibile conversazione.
Gil si lasciò andare completamente alle sensazione, gemendo ad alta voce tra le mura vuote di casa.

Hunter venne con un grido animale.
Venne anche Gil, ma Hunter non andò fiero di come.
Non se ne era davvero preoccupato, si era lasciato trasportare dalle sensazioni e l'orgasmo di Gil era stato un piacevole effetto collaterale.
Odiava perdersi al punto da dimenticare chi aveva di fronte a sé. Se con gli altri serviva a dimenticare che non erano Gil, che senso aveva quando era con lui? Costrinse il pensiero in un angolo remoto della coscienza.
Rimase lì, godendosi ogni briciola che gli veniva data, sguazzando nell'illusione momentanea di un sentimento ricambiato.
Era sempre stupendo fluttuare, perso in quella foschia di bugie per qualche ora.

Si stese al suo fianco, spinse la testa di Gil a riposare sul suo petto e si accese una sigaretta.
«Cazzo, mi serviva proprio una scopata come si deve, quello sfigato con i capelli rossi ha rischiato di farmelo ammosciare da quanto era noioso!»
Ed ecco che di nuovo apriva la bocca solo per dargli fiato, preso dal panico, di cosa poi, lo sapeva solo la sua mente!

Gil non era il suo amante, né il suo fidanzato.
Gil era solo il suo "migliore amico con benefici".
Gil, a volte doveva essere onesto con se stesso, era solo una scopata sicura.
Hunter non sapeva neanche più se poteva dire di essere a letto col suo migliore amico... poteva ancora considerarsi il suo migliore amico, se scopavano?
Poteva considerarsi il suo migliore amico, se lo amava?

Quando aveva proposto quell'idea, quasi per scherzo, una sera in cui erano da lui in dormitorio a bersi una birra, gli era sembrata ottima.
Forse aveva già bevuto troppo, o forse era solo la volontà di averlo, almeno come poteva.
C'erano un sacco di forse, ma una sola certezza: era stata una cazzata.
Da quella prima volta era iniziata una caduta nel vuoto... infinita.

«Ancora problemi con i tuoi?» chiese preoccupato, mentre schiacciava il mozzicone nel posacenere che teneva in camera solo per lui.
Gil stava piangendo, i pugni serrati e la mascella serrata.
Per chi lo conosceva bene quanto Hunter il suo corpo stava gridando "sono furioso" e solitamente il motivo era quello.
Gil sembrò non capire la domanda inizialmente, poi annuì leggermente.

«Che ne dici di aiutare il tuo vecchio amico a scaricare il nervosismo?» chiese poi, salendogli in grembo.

Hunter annuì, avrebbe voluto confortarlo diversamente, ma alla fine era stato lui a basare il loro rapporto su questo.

Il suo migliore amico non lo conosceva.
Non glielo aveva permesso.
Non poteva permettere a se stesso di essere deluso per aver raggiunto perfettamente il proprio obiettivo.
Non era stata una caduta, ma un tuffo a bomba.

Un pozzo senza fondo e sempre più buio.
E lui non faceva niente per uscirne.
Un'altra notte.
Un'altra manciata di briciole.
Un altro miglio di caduta nel vuoto.
Un'altra boccata d'aria.

No, Hunter non ne voleva più sapere di affogare, voleva darsi la spinta, risalire in suerficie e respirare davvero.
Così lo aveva fermato.
Aveva ribaltato le posizioni e lo aveva baciato.
Un bacio vero, dolce, pieno di tutto ciò che non era mai riuscito a dire.

«C-cosa..?»
«Ti amo»

Gil stava piangendo di nuovo e lo aveva baciato ancora, tra le lacrime.

Non poteva immaginare di aver frainteso così tanto...

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