Parte III

Alexandra aveva trascorso il resto del pomeriggio distratta e distante. Nemmeno i tentativi di persuasione da parte del padre o le occhiatacce della madre erano riusciti a distoglierla dal pensiero fisso che la tormentava. La curiosa sensazione che aveva avvertito nel vedere lo sconosciuto non l'aveva abbandonata del tutto – non nel corso del litigio con i suoi genitori, né durante la silenziosa e angosciante cena che l'aveva seguito. Persino in quel momento, distesa a letto nella sua vecchia camera dopo essersi rigirata insonne tra le lenzuola per ore, continuava ad avvertirla alla bocca dello stomaco.

Ciò che la stuzzicava ancora di più era il fatto che nessun altro sembrava sapere chi fosse quell'uomo o da dove venisse, né tantomeno il motivo per cui si trovasse alla lettura del testamento. Nessuno, si intendeva, eccetto il padrone di casa. Alexandra aveva percepito che c'era qualcosa di strano, ma ne aveva trovato conferma assoluta nel congedo condiscendente di suo padre subito dopo cena.

Il rantolo grave e sonoro di un tuono risuonò in lontananza, accrescendo il senso di irrequietezza che la attanagliava già. Il peggio doveva ancora venire anche se la tempesta infuriava all'esterno. Mentre Alexandra brancolava nell'oscurità di pensieri non ancora formati un'idea lottava per emergere, e prese corpo in modo inaspettato quando la luce di un lampo balenò all'improvviso, delineando per un istante i contorni degli oggetti nella stanza.

Alexandra gettò di lato il lenzuolo di cotone egiziano e si diresse a passi decisi verso il piano di sotto, senza curarsi di indossare qualcosa sulla leggera camicia da notte. Il marmo dell'ampia scalinata che conduceva al piano terra dipanandosi nell'androne era gelido sotto le piante scalze dei suoi piedi nonostante fosse agosto inoltrato. La pioggia scrosciante la investì non appena fu all'esterno, battendo incessantemente sulla sua pelle tiepida al ritmo selvaggio delle sue pulsazioni. Trovare il punto esatto non fu semplice nel caotico vortice di ombre e vento. Alexandra cadde in ginocchio ai piedi dell'albero ormai adulto, e iniziò a scavare nel fango tra le sue radici aiutandosi con un sasso. Finalmente la terra cedette, restituendole l'oggetto che aveva sepolto diversi anni prima: il metallo arrugginito era ruvido sotto le sue dita, il lucchetto, ormai inutile, si aprì senza difficoltà. Alexandra si precipitò nuovamente in casa, impaziente di analizzare il contenuto della scatola alla luce di una lampada. Rovesciò tutto ciò che c'era dentro sul tripode accanto all'ingresso e iniziò a rovistare tra i relitti della sua infanzia. Finalmente trovò quello che cercava. Si trattava di una foto scattata molto tempo prima, quando era ancora una bambina, una foto che ritraeva suo padre nel suo studio in compagnia di un'altra persona. Il misterioso sconosciuto di quel pomeriggio.

Era incredibile, ma non c'erano dubbi – si trattava dello stesso uomo. E non sembrava invecchiato di un solo giorno da quando quella foto era stata scattata.

Alexandra premette una mano sul tessuto zuppo della sua camicia da notte, sentendo il battito folle del suo cuore contro il palmo, mentre con l'altra raccoglieva un oggetto che faceva capolino dal mucchio.

Una carta dei tarocchi.

Il giorno del suo sedicesimo compleanno Alexandra aveva tentato la sua prima fuga da Thorn Hill. Aveva vagato senza meta, ritrovandosi di fronte a un negozio esoterico nel quale si era poi decisa a entrare per farsi leggere le carte. Ne era emersa pochi minuti dopo, frastornata e spaventata, scacciata malamente dalla cartomante isterica con ancora stretta tra le dita la carta che aveva pescato dal mazzo.

La carta del Diavolo. 

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