Un legame di famiglia
Luci, suoni e tantissimi giochi.
Mi trovo per la prima volta con i miei al luna park. Ho deciso di andarci, perché voglio recuperare il rapporto con i loro. Ho saputo, qualche giorno fa, tramite una mia compagnetta, che i miei non sono veramente i miei.
Ricordo di aver pianto tantissimo e di non averci creduto.
Quel giorno, tornata a casa, non parlai con nessuno dei due, avevo bisogno di metabolizzare il tutto. Solo alla sera, sbollita la rabbia, ero riuscita a sbiascicare parola e loro, per mia fortuna, mi avevano confermato i miei dubbi: ero stata adottata. Urlai e corsi in camera mia piangendo sino a tarda notte.
Per me, che ho undici anni, è difficile da metabolizzare. Per questo motivo, anche se la voglia manca, ho deciso di andare con i genitori al parco dei divertimenti.
Il sabato era arrivato e io, nonostante la tristezza, ero salita in macchina per dirigermi con i miei al luna park.
Che fortuna, menomale che avevo accettato, altrimenti mi sarei persa tutta questa bellezza: luci, suoni e tantissimi giochi.
Alla fine, eccomi qui, a divertirmi sulle giostre, a camminare mano nella mano con mio padre, sentirmi protetta da lui. Tutto questo mi fa sentire amata e dimentico la mia rabbia nei loro confronti.
Giochiamo e ci divertiamo tantissimo, le cose stanno andando bene, quando all’improvviso vengo attirata da un carillon. La sua musica mi arriva sino al cuore e mi stacco dai miei genitori per dirigermi verso quella bancarella, lasciando i miei a girovagare da soli.
Non so da quanto sono qui ad ascoltare questa musica, forse mezz'ora o un'ora, ma capisco che mi sento sola. Mi giro verso la piazza, ma non li vedo più.
Giunge il panico, mi sento male e inizio a correre a destra e a sinistra per cercarli: di loro nessuna traccia.
L’ansia mi fa vedere le persone davanti a me come orchi, streghe e c’è tanta malignità nei loro occhi. Per me loro sono cattivi, dei mostri, nessuno mi vuole aiutare, tutti vogliono solamente trattarmi male.
Cerco un posticino tutto mio per piangere tutte le mie lacrime. Sto per perdere ogni speranza, quando decido di prendere coraggio. Ho undici anni, piccola sì, ma grande abbastanza per capire che devo prendere coraggio e cercare di trovare una soluzione. Non devo pensare che loro sono come i genitori biologici che mi hanno abbandonata, loro no.
Anzi, mi amano e mi vogliono bene, quindi io devo agire e convincermi che quelle persone, al parco, non sono cattive persone, sono solo troppe.
Esco dal questo buco, mi sono fatta coraggio, e chiedo ad un ragazzo dove si trova l'uscita, una volta indicata, mi ci dirigo, nascondendo la mia agitazione.
Una volta fuori, mi trovo completamente sola o, almeno, così mi sembrava: davanti a me trovo un unicorno dorato. Mi strofino gli occhi e mi do un pizzicotto, ma mi accorgo di essere sveglia.
Sento nella mia testa le sue parole :<<Sono reale. Mia piccola bimba, tu hai perso i tuoi genitori! Se sali in groppa ti condurrò dalla mia amica. Lei ti porterà dai tuoi cari!>>
Mi fido, mi avvicino a lui e ci salgo sopra.
È la prima volta che volo in vita mia e lo trovo magnifico. Vedo tutto piccolo, riesco a toccare le nuvole così soffici e bianche. Mi sembra di sognare, qua, in questo cielo azzurro e maestoso. Sono felice, anche se mi mancano tanto i miei.
Mentre sulla sella accarezzo il pelo luccicante dell’unicorno, mi sento protetta come se fosse lui mio padre. Sogno di poter correre verso di lui come quando rientrava a casa dal lavoro, o quando mi aiutava a fare i compiti prima di andare a dormire. Ma la cosa che mi manca di più sono le loro storie, quelle che mi facevano compagnia prima di dormire.
Poveri i miei genitori, chissà quanto gli manco.
Li ritroverò ben presto, questo cavallo alato mi ha promesso che una sua cara amica mi avrebbe aiutata.
“Chissà chi sarà mai…” Mi trovo a pensare. Sto per chiudere gli occhi per la stanchezza, quando lo vedo atterrare vicino al mio parco preferito.
<<Stellina! Siamo arrivati! Qui verrà una persona che ti riporterà dai tuoi amati genitori.>>
Detto ciò vola via, lasciandomi con tante domande senza risposta. Qui venivo con mia mamma quando uscivo da scuola, giocavamo tanto con l'altalena e ora mi domando se mai ci ritorneremo ancora.
<<Certo che ci tornerete, eccome!>>
Mi dice una vocina piccola, ma tanto graziosa.
Mi spavento e mi giro verso quel suono. Davanti a me c’è una ragazza incappucciata che tiene in mano una bacchetta.
<<Prima mi hai chiesto se tu stessi sognando e chi io sia. Permettimi di presentarmi: sono una maga e non è un sogno, ma è realtà, mia cara donzella. Io ti porterò dai tuoi genitori, questo è il mio compito.>>
Sorrido e comprendo che lei è l'amica del cavallo alato.
<<Quando un bambino piange, noi abbiamo il dovere di aiutarlo! Perché solo così possiamo stare bene con noi stessi. Vedere la felicità nei vostri volti per noi è importante, perché poi possiamo andare via con la felicità nei nostri cuori. Ora andiamo, amica mia. Portiamo un po' di gioia anche a te>>
Detto ciò prende la sua bacchetta e dice una formula: “Se mi credi, amica mia, a casa io ti porterò! Chiudi gli occhi sogna e ama i tuoi e da loro tu sarai!”
Lo ripete per ben due volte e d’improvviso mi trovo davanti all'uscio di casa. Mi giro per ringraziare la signora, ma lei è sparita. Busso e mi trovo davanti loro: i miei genitori.
Sono felici di vedermi, mi abbracciano e mi prometto che non mi avrebbero mai più abbandonata.
<<Mamma, papà vi voglio bene. Siete i miei genitori, non importa se non siete biologici. Per me è come se lo foste. Non mi allontanerò mai più da voi!>>
Li amavo tanto loro erano la mia famiglia e anche se non sono di sangue, per me sono i miei genitori.
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