XXIII


Non fece in tempo nemmeno a voltarsi, sentì solo delle urla e poi dei suoni gorgoglianti e umidi, non si chiese nulla, tirò fuori la pistola e si mise a correre.

C'era qualcuno che urlava completamente terrorizzato, accompagnato dallo sciabordìo dell'acqua: capì all'istante che qualcosa stava emergendo. Aumentò il ritmo della corsa senza girarsi e lo ordinò anche a Sanders al suo fianco, visibilmente terrorizzato.

Dentro di sé sperò che la paura non gli facesse fare qualcosa di incredibilmente stupido, voleva solo raggiungere la volante, prendere le armi e chiamare quanti più rinforzi possibili.

Era tutto un totale caos, sentiva urla, rumori di ossa rotte, sentiva i suoi colleghi implorare pietà; poi iniziò a sentire anche le lamiere delle macchine piegarsi, le ruote che scoppiavano.

Il cuore del Detective accelerò ancora di più: fu chiaro che era un'imboscata e che l'obbiettivo era massacrarli; continuava a correre non sapendo cosa fare e sperando di poter resistere fino all'arrivo di un qualunque rinforzo.

Non si permise di pensare al suo cuore che stava esplodendo, né ai polmoni che bruciavano in cerca di ossigeno. Da quando era stato assegnato a quella squadra si era imposto di allenarsi fino allo stremo per spingersi sempre più in là. Quando avevi davanti delle creature sovrannaturali non potevi aspettarti che si mettessero a correre al tuo passo.

Con gli occhi fissi sulla sua volante continuò a correre, appena sbatté sul bagagliaio si apprestò ad aprirlo, tirò giù i borsoni che lanciò a Sanders e poi la tanica di napalm mentre si infilava velocemente il lanciafiamme in spalla, con un cenno del capo indicò l'edificio davanti al lago.

Dovevano arrivare al tetto.

Di nuovo scattarono in avanti, i rumori di spari e urla aumentavano sempre di più, li ignorarono, salirono le scale velocemente entrarono sfondando la porta con un calcio, come un sol uomo, corsero vero le scale antincendio e salirono, salirono fino al tetto.

Sanders bloccò la porta con una chiave inglese che aveva raccolto chissà dove per poi estrarre dal borsone una valigetta lunga, la aprì e si mise a montare il Barret M82.

Mark si mise a guardare verso il basso e quasi non vomitò. Degli esseri bianchi viscidi, glabri stavano emergendo dal lago e invadendo lo spiazzo dove erano poco fa, appoggiò la tanica e compose un numero al cellulare.

- Detective, in cosa posso aiutarla?- la voce calda e ferma dell'Alfa di New Orleans gli riempì l'orecchio, nel frattempo Sanders iniziò a sparare a quanti più esseri immondi riuscisse.

-Siamo a Roosvelt Mall, New Orleans City Park, all'altezza del labirinto. Ci hanno teso un'imboscata degli esseri pelati, bianchi, che non ho mai visto, sono una marea e sappiamo bene che noi umani non siamo pronti.-

- Saremo lì il prima possibile.-

- Direi prima, siamo quasi tutti morti.- Mark chiuse la chiamata, alla radio attaccata alla sua spalla mandò un SOS con le coordinate, si avvicinò al bordo.

La gittata era di 33 metri, l'edificio gli dava il vantaggio di poter essere al sicuro, almeno per il momento, ma si prendeva metà della gittata; Con un gesto secco tolse la sicura, prese la mira del gruppo centrale che stava tutto raggruppato attorno a quello che sicuramente era un suo collega e premette il grilletto.

Le urla che quelle bestie emisero non appena le fiamme infernali del lanciafiamme li toccarono gli gelarono il sangue; fu qualcosa simile all'urlo di una Banshee e di un'Arpia. Mark e Sanders non si fermarono. Non appena le fiamme del lanciafiamme si estinsero con un movimento fluido il detective si tolse lo zaino e sostituì la tanica.

- Abbiamo attirato la loro attenzione!- urlò sopra il frastuono Sanders mentre tirò fuori dal borsone la mitragliatrice, mise il cavalletto e iniziò la raffica, Mark non fu da meno, per la seconda volta iniziò a dare fuoco a quelle creature immonde.

- Che cazzo sono Mark?- chiese Sanders mentre si apprestava a caricare la mitragliatrice, il Detective corrugò la fronte, irrigidendo la mascella.

- Non ne ho la minima idea.- confessò mentre lasciò giù il lanciafiamme ormai vuoto e corse verso l'altro borsone, ormai l'orda di esseri diretti verso di loro, correvano veloci, uno sopra l'altro.

Mark prese l'AK47 e iniziò a sparare, per esasperanti minuti non fecero che quello, sparare e ricarica, Sanders ogni tanto lanciava qualche granata.

Erano troppi e sembravano non sentire il dolore, né dei proiettili speciali né delle granate, solo il fuoco li aveva disturbati.

Come mai prima d'allora Mark si sentì sull'orlo del baratro. Se nessuno fosse venuto in loro aiuto non sarebbero sopravvissuti, lo sapeva perfettamente.

Sparò più veloce, più preciso, senza far caso alla paura che ormai gli montava sempre di più alla vista di quegli esseri che facevano una scala di corpi per raggiungerli.

Fu in quel momento che le sue orecchie gli fecero sentire il suono più bello che potesse aver sentito, un ululato, poi un altro e un altro ancora.

Mark e Sanders non smisero di fare fuoco, mentre il branco arrivò nella piana, non appena arrivarono i corpi bianchi si precipitarono verso il lago o smisero di emergere, il suono di ossa rotte e membra squarciate riprese a impregnare l'aria.

Non arrivarono solo i lupi, il Master e i vampiri della città si buttarono in mezzo alla mischia con una velocità a stento visibile per i loro occhi mortali.

Con le loro forze congiunte gli esseri bianchi divennero corpi smembrati a terra, quando guardò negli occhi il Master di New Orleans, non c'era più nessuno in vita e le sirene della polizia iniziarono ad avvicinarsi, seppur lentamente. La certezza di Mark che, se non avesse fatto quella telefonata, a quell'ora sarebbe stato bello che morto si fece solida come un blocco di marmo sul suo stomaco.

- Che facciamo scendiamo?- domandò cupo Sanders, il detective annuì, si mise sulle spalle il lanciafiamme e una sacca, mentre lasciò il suo collega raccogliere il resto.

Non appena mise piede sul prato le sue scarpe fecero quel suono viscido e risucchiante, come quando l'erba era piena d'acqua. Solo che non era decisamente acqua, il sangue era ovunque, come odore nell'aria, come colore per terra e sugli alberi e come suono ad ogni suo passo.

- Vi ringrazio.- Mark era sincero, il Master lo guardò con il viso inespressivo, al suo fianco l'Alfa era completamente nudo.

- Cosa è successo?- domandò Namjoon.

- Ci hanno chiamato per delle vittime, probabilmente di vampiri, la chiamata era anonima, ma arrivata direttamente al capo della polizia e dicendo di portare la SWAT, è iniziato tutto molto in fretta. Abbiamo visto i corpi e ho sentito qualcosa uscire dall'acqua, poi urla. Già stavo correndo alla macchina, poi siamo saliti sull'edificio e ti ho chiamato; da lì in poi abbiamo solo resistito.- raccontò, Mark percepì la sua voce lontana, come se non fosse davvero lui a raccontarlo.

- Ci abbiamo messo un po' ma ho dovuto chiamare il sindaco, non volevo che il nostro intervento causasse più casini che altro.- confessò Seokjin lisciandosi le maniche del completo sudice di sangue e terra.

- Grazie, avete idea di cosa possono essere? Nel mio training non ho mai studiato nulla del genere.- il Master e l'Alfa si scambiarono un'occhiata.

-C'è un vampiro del vecchio continente che può crearli, il suo morso non crea altri vampiri ma crea quegli esseri. Sono molto simili ai ghul.- spiegò il vampiro, guardando l'ammasso di resti in giro.

- E perché questo vampiro dovrebbe farci un agguato di questo tipo?- lo incalzò Mark, ormai iniziando a spazientirsi.

- La sua Master non approva la Clarkson.- la semplice ammissione di Seokjin gli fece arricciare il naso.

Se era davvero così allora quello che aveva visto era solo l'inizio e quell'inizio l'aveva portato a un passo da perdere ogni cosa.

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