RITORNO AL PASSATO
Luke si fermò davanti all'entrata dell'hangar, prendendo un profondo respiro. Attraversare quei cento metri continuava a sembragli l'impresa più ardua della sua esistenza. No, okay. La seconda impresa più ardua della sua esistenza, quella sera aveva l'orrida sfida di una festa di compleanno in grande stile. Non aveva mai realmente capito perché alla gente piacesse così tanto festeggiare la loro progressiva e inevitabile corsa verso la morte, poi. Perché alla fine è così: un paradosso bello e buono, un primo assaggio di terra di fossa accuratamente mascherato da torta con glassa e candeline. Durante la sua infanzia aveva affrontato una sola festa vera e propria, a 16 anni, quando sua zia aveva insistito definendola "un'importante tappa della vita di una persona", parole sue. Cosa ci fosse di così eclatante nell'aver smesso di parlare come un soprano e nel essere stato ufficialmente ammesso sullo spara-concime dello zio sfuggiva alla comprensione del sedicenne Luke. Aveva ceduto solo per non ferire i sentimenti della zia, che aveva da poco perso la madre, e aveva passato il pomeriggio a leggere romanzi d'avventura in un angolo mentre il resto degli invitati si godeva la merenda. Un po' come in quel momento, in cui un Luke di cinque anni più vecchio accetta di far visita ai gironi dell'inferno di golosi e lussuriosi, solo per non spezzare il cuore alla mamma del suo migliore amico, deceduto un paio d'anni prima nella battaglia di Yavin. Suo padre aveva ragione, era troppo buono. Ah, beh. Poi ci sarebbe stato anche quel piccolo particolare di sua sorella che, se avesse anche solo osato pensare di non presentarsi, l'avrebbe murato vivo e costretto a passare l'eternità con come unica compagnia una registrazione di une delle prediche del suo nuovo fidanzato Olivio. Se l'inferno esiste deve essere fatto così pensò, Luke, e se esiste il paradiso deve essere un luogo pacifico e silenzioso dove nessuno viene rompermi le scatole. Che poi il motivo per cui detestava le feste, e in particolare quelle di compleanno, era proprio quello. In primo luogo c'era sempre troppa gente. Okay, forse lui a volte, e in quel periodo più del solito, tendeva a considerare "Troppa gente" chiunque altro oltre alla sua sola persona, facendo un'eccezione solo per suo padre, perché anche Leia, ultimamente, era un po' troppo spesso in modalità senatrice. In secondo luogo, essere il festeggiato ti pone senza ombra di dubbio al centro dell'attenzione generale. Luke sarà anche stato un Jedi tanto coraggioso da affrontare un signore dei Sith, ma era anche fondamentalmente timido e avere tutta quanta quella marmaglia che lo fissava lo rendeva un filo nervoso. In sostanza doveva costantemente preoccuparsi di non inciampare nei suoi piedi e finire di faccia nella torta. Questo a sedici anni. Adesso che ne compiva vent'uno non c'era un piccolo gruppo di amici di scuola, ma l'intera Alleanza ribelle ansiosa di vedere quell'asociale del grande Jedi Luke Skywalker che li aveva salvati tutti, che era il figlio di Darth Fener, che era il fratello della principessa e che non si degnava di farsi vedere a cena da mesi. Luke poteva anche essere un Jedi, e quindi aver sviluppato un controllo sulle sue emozioni maggiore della maggior parte dei comuni mortali, ma quella parte del suo carattere schiva e riservata non era per niente sparita, anzi. Nonostante la rottura di scatole sorrise tra sé, felice perché, dopotutto, era ancora sé stesso con solo qualche spada laser in più.
D'un tratto fu distratto da una voce nella sua testa.
Hai intenzione di stare lì dietro a fissare la porta finché non muori? la voce di suo padre conteneva quella sottile venatura di affettuosa ironia che aveva imparato ad apprezzare nell'ultimo mese. Cavoli, qualche volta avrebbe voluto ereditare quel lato del suo carattere. Per esempio, ora lui era entrato a far parte della ribellione dopo un passato molto discutibile e con un aspetto fisico non dei più tranquillizzanti, cose che gli avrebbero dovuto creare non pochi problemi a relazionarsi con gli altri. Ma era successo questo? No, dopo qualche giorno tutti al centro di comando parlavano e scherzavano con lui, anche l'austera senatrice Mothma, non facendo caso alle sue precedenti azioni, né tantomeno alla brutta cicatrice che gli attraversava la testa, semplicemente per il fatto che era una di quelle persone così gradevoli da purificare l'aria che respirano, facendo sembrare anche le situazioni più critiche delle leggere passeggiate di salute e con il dono intrinseco di saper sdrammatizzare anche la fine del mondo. Almeno fino a quando si restava alla larga dalla sua vita privata, perché il quel caso si chiudeva come un riccio e tutti lasciavano cadere l'argomento notando la sofferenza che causavano.
Luke, mi hai sentito? Sbrigati, ci aspetta un lungo viaggio. Sono all'uscita 84. Adesso una leggera impazienza si era infilata nella sua voce.
"Scusami, mi sono distratto. Adesso arrivo." Gli rispose, sempre attraverso la loro connessione attraverso la Forza. Il loro legame era diventato così stretto che ormai riuscivano anche a sostenere vere e proprie conversazioni senza aprire bocca, cosa di cui Luke era segretamente orgoglioso. Sentì una serie di pensieri di incoraggiamento provenire da suo padre. Sorridendo tra sé spalancò con slancio la porta, per colpire qualcuno dritto sul naso strappandogli un gemito di dolore.
"Scus..." iniziò a dire. "Ah sei tu." Concluse poi, notando che il malcapitato era Olivio, che poi si chiamava Edward Castwood, ma va beh, l'odioso fidanzatino di Leia, con una passione per i vestiti con olio extra vergine.
Cavolo, a saperlo ci avrebbe messo più forza.
Avvertì suo padre ridacchiare in un angolino della sua mente. Che nobili sentimenti da Jedi...
Stai zitto. In realtà ti rode solo non aver potuto assistere. Controbatté, sempre nel loro personale canale di comunicazione.
In effetti potrebbe essere così.
Luke ridacchiò fra se e si accorse che Olivio lo fissava, con il sangue che gli colava dalla narice sinistra. Probabilmente lo aveva preso per scemo, vedendolo sorridere al vuoto così, dopo aver appena colpito accidentalmente con un pesante porta blindata il suo nasino reale. Sarebbe anche potuto essere imbarazzante, se sono gliene fosse fregato qualcosa di cosa pensava Olivio di lui.
Dopo appena si fu ripreso dal colpo gli fisso addosso i suoi occhietti marrone fosso da ratto e proclamò.
"Tutto in nero? Di chi è il funerale?" in quello che, visto il sorriso sulla sua faccia, era un tentativo, fallimentare, di battuta.
Luke si limitò a fissarlo con sguardo vacuo. Cioè, tu colpisci un tizio in faccia, provocandogli un'emorragia alle cavità nasali e la prima cosa che ha da dirti è un commento sui tuoi vestiti? Sul serio? pensò, ah, quanto sono venali, questi politici.
Olivio lo stava ancora fissando, in attesa di una risata. Che illuso. Lui fece vagare lo sguardo sull'immenso hangar affollato e, dopo una pausa artisticamente ad effetto, dichiarò.
"Non l'ho ancora deciso." Con un sorriso disarmante. "Però sai quel che si dice del fatto che ha volte le cose che cerchi ti piovano giù dal cielo di fronte agli occhi..."
Non rimase per vedere la reazione del duca, ma lo superò con passo deciso e iniziò a marciare tra la folla. Probabilmente lui si stava chiedendo che tipo di problemi avesse il fratello della principessa. Avrebbe potuto essere fastidioso, ma, al solito, se solo gliene fosse fregato qualcosa.
Mentre camminava fra le navi sentiva gli sguardi di molti ribelli addosso. Cercò di non farci caso, anche se, se questa era l'accoglienza al suo solo mettere piede nell'hangar, non osava immaginare cosa sarebbe stato quella sera, in sala da pranzo. Mise da parte le sue preoccupazioni non appena vide una famigliare figura aspettarlo vicino a una navicella scintillante. Suo padre si voltò e gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi veri e profondi, che riservava solo a lui e a Leia, quando lei non guardava.
Stava per raggiungerlo quando le sue gambe vennero artigliate da un mostriciattolo dai riccioli neri.
"Buon compleanno, Luke!" trillò felicissimo, Colin Darklighter, il fratellino minore di Biggs.
"Shhht!" Luke si guardò attorno con ansia, sperando che nessuno lo avesse sentito.
Colin aveva 6 anni e un vero talento nel tenere la voce troppo alta. Lo guardò con un'espressione corrucciata e aprì la bocca per dire qualcosa quando fu interrotto dalla voce di sua madre.
"Colin! Lascia stare Luke!"
Melissa Darklighter era una donna imponente, con una folta chioma di ricci scuri, che teneva raccolti in una crocchia sulla testa. Gli occhi marrone cioccolato, che aveva passato a entrambi i suoi figli, avevano un'espressione dolce ma tagliente e determinata. Si era unita ai ribelli dopo la scomparsa del figlio maggiore, per evitare l'arresto da parte dell'impero e poi per combattere per quello in cui credeva Biggs e commemorare così la sua morte. Svolgeva principalmente compiti di assistenza, come quello di cucinare per tutti. Rivederla faceva sempre piacere a Luke, perché gli ricordava della sua infanzia con Biggs e dei pomeriggi passati insieme, essendo praticamente cresciuto con "la merenda dai Darklighter del mercoledì" come appuntamento fisso.
"Non c'è problema, Melissa. Non mi stava dando fastidio." La rassicurò Luke, facendo l'occhiolino a Colino che gli sorrise, rivelando un buco tra i denti, dove gli mancavano i due incisivi.
Melissa gli sorrise. "Buon compleanno, caro." Disse, dolcemente.
Luke accettò volentieri il suo abbraccio. Da sopra la sua spalla lei individuò suo padre, fermo a guardarli in disparte.
"Oh, ma quello è tuo padre?" esclamò, più curiosa che sorpresa.
"Si." Rispose semplicemente Luke.
"Beh, e non fai le presentazioni?" con un tono da mamma arrabbiata col figlio che sembra essersi dimenticati i suoi insegnamenti.
"Melissa, Anakin... Anakin, Melissa." Disse indicando suo padre che si era avvicinato, sentendosi chiamato in causa.
Melissa stava per dire qualcosa, ma Colin scelse proprio quel momento per mettersi a strillare come un'aquila.
"Mamma! Mi avevi promesso che saremmo andati a vedere i caccia!"
Nonostante i rimproveri di sua madre non accennò a smettere, e lei non ebbe altra scelta se non quella di rivolgere un breve cenno di saluto e trascinarlo via.
Luke e Anakin li guardarono allontanarsi, entrambi con un sorriso sulle labbra.
Dopo un po' Luke si accorse che c'era un meccanico più o meno della sua età, che li stava indicando con un dito ad un suo compagno. Che svergognato.
"Che c'è, vuoi un autografo? Gli chiese, facendolo diventare all'istante color porpora, poi prese per un braccio suo padre e lo trascinò sulla nave.
***
La villa si inseriva come una tessera di un puzzle nel panorama mozzafiato. Il lago si estendeva calmo e scintillante, da un lato, dall'altro imponenti cascate si gettavano nelle acque cristalline. Il sole illuminava i visi dei due Jedi, che stavano seduti nel prato in fiore. Intorno a loro, disseminati su un telo c'erano una quantità di oggetti appartenenti a un altro tempo. Una coperta arancione stava piegata in una angolo, vicino a due spade laser, intorno, una discreta quantità di foto. La maggior parte di esse ritraeva una giovane donna che assomigliava molto a Leia, in alcune accanto a lei, c'era un giovane alto, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Entrambi sorridevano felici, e nei loro occhi era evidente l'amore che provavano l'uno per l'altra. Luke ne aveva in mano una che ritraeva i due giovani, i suoi genitori, in quello che era chiaramente il giorno del loro matrimonio. I Naberrie avevano conservato quella casa così com'era, limitandosi a pulirla, come una specie di santuario per loro figlia Padme. Ora erano stati più che felici di aprirla a suo marito e suo figlio. Non appena quella guerra si fosse conclusa erano impazienti di incontrare i loro nipotini. Luke ancora non aveva realizzato bene di star ritrovando pian piano tutto la sua famiglia.
Suo padre gli aveva raccontato un sacco di aneddoti su sua madre e quel posto nel corso della giornata, dalla coperta arancione, a quella volta in cui gli era finita la spada laser nel lago e aveva dovuto tuffarsi in pieno inverno a riprenderla per evitare di essere ucciso da Obi Wan e di come Padme l'avesse poi preso in giro per il resto della sua vita. La spada laser che adesso stava appoggiata sul telo vicino a loro. Luke posò la foto e si concentrò su essa.
"E queste? Come ci sono arrivate qui?" chiese confuso, osservando la spada laser di suo padre e di Obi Wan che pensava fossero state distrutte da tempo.
Suo padre sospirò. "Le ho conservate entrambe... e ho mandato una persona a nasconderle qua senza che nessuno lo sapesse." Confessò abbassando gli occhi.
Entrambi ripensarono inconsciamente a ricordi del passato. La Morte Nera e la morte di Obi Wan e Bespin.
Luke poi, per spezzare la tensione si sdraiò e appoggiando la testa sulle gambe di suo padre, che gli passò una mano tra i capelli in un gesto automatico. Chiuse gli occhi e sorrise soddisfatto, l'improvvisa tristezza di un attimo prima scomparsa. Si alzò un vento fresco che penetrò sotto i loro vestiti e Luke rabbrividì.
"Hai freddo?" gli chiese suo padre.
"Un po'" replicò Luke allargando il sorriso.
"Cosa c'è di così divertente?"
"Niente, è solo che... beh, sembri proprio un genitore preoccupato a volte." Rideva.
Anakin rimase in silenzio un attimo, si unì alla risata.
"Scusami, non faccio apposta."
Luke spalancò gli occhi e lo fissò. "Non scusarti, credo che faccia parte del pacchetto standard, un po' di stress da eccessiva preoccupazione."
Suo padre gli sorrise di nuovo, poi prese la coperta arancione e lo coprì dolcemente. Luke alzò gli occhi al cielo. "Vedi?"
Chiuse gli occhi quando suo padre ricominciò ad accarezzargli i capelli.
"E comunque furbetto, io non ti stresso." Aggiunse poi, Anakin.
"mhmh."
"Okay, forse non ti stresso eccessivamente."
Luke continuò a sorridere e pian piano sentì il sonno calargli addosso come un'onda a cui si abbandonò, in pace.
***
Fu svegliato da suo padre che lo chiamava. Si alzò a sedere sbattendo le palpebre e notò che il sole stava calando.
"Dobbiamo andare. Stasera ti aspettano per una festa." Gli comunicò a malincuore.
Luke emise un verso di disapprovazione, poi si alzò raccogliendo gli oggetti sparsi sull'erba.
"Possiamo portarli con noi?" chiese.
"Certo."
Raccolsero tutto e lo infilarono in una borsa, poi tornarono verso la villa. Dopo un ultimo sguardo si diressero verso la nave. A un certo punto Anakin si bloccò.
"Comincia ad andare avanti. Torno subito, ho dimenticato una cosa." Si girò e torno verso la porta.
Luke fece come gli era stato detto e quando suo padre tornò dopo qualche minuto gli rivolse una sguardo interrogativo. "Cosa avevi dimenticato?"
L'unica risposta che ottenne fu un sorriso sornione.
Assottigliò lo sguardo e tentò di scoprirlo da solo, ma fu immediatamente bloccato.
"Eh, no, furbetto. Non provare a usare la Forza per scoprire qualcosa." Lo ammonì Anakin, anche se non era davvero arrabbiato.
Si sedette al posto di comando e avviò i motori. Luke, seduto accanto a lui, osservò Naboo rimpicciolire felice e triste allo stesso tempo. Quel pianeta in un'altra vita avrebbe potuto essere la sua casa. Suo padre, accorgendosi del suo stato d'animo, allungò una mano e intrecciò le dita alle sue, senza dire niente e Luke capì che, dopotutto, non la stava lasciando davvero.
NOTA AUTRICE: lunghissimo! non sono stata prolissa, di più! scusatemi, ma mi sono fatta prendere la mano! spero che vi piaccia comunque! <3
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