5. In ogni modo, in ogni tempo
Era buio quando Levi tornò; ad Eren non passò neanche per la testa di avvisarlo della telefonata. Tutta la sua attenzione venne attratta dalle buste che l'uomo reggeva in mano.
Ne prese una. "Cos'hai comprato?" domandò, mentre rovesciava il contenuto sul tavolo. I suoi occhi verdi scandagliarono gli oggetti, a malapena visibili alla luce di quella fioca lampadina "Micce, ammoniaca, polvere da sparo... E per cena?" domandò ridacchiando.
Levi si avvicinò, sporgendosi oltre la sua spalla per prendere una delle confezioni "Plastico."
"Molto divertente. Hai intenzione di avvelenarci?"
"Ho intenzione di costruire delle bombe."
Il suo tono era incredibilmente serio, ma Eren non avrebbe comunque dubitato delle sue parole. Si mise seduto al tavolo, incrociando le dita delle mani.
"Insegnami a farlo..."
Il ghiaccio degli occhi dell'uomo lo fece fremere, ma non distolse lo sguardo, per fargli capire quanto seria fosse la sua richiesta. Alla fine, Levi annuì.
Passarono le successive ore a creare piccoli candelotti esplosivi. Le mani sicure del soldato guidavano quelle di Eren, dosando la polvere da sparo, misurando le dosi giuste per provocare un'esplosione letale. Erano ferme e precise, lo supportavano, ma senza mai sostituirsi a lui: il modo migliore per imparare qualcosa, era farselo da soli e questo era esattamente ciò che stava facendo.
Era ormai notte quando finirono: sul tavolo erano ora disposte in un'ordinata fila una decina di bombe pronte all'uso.
"Queste lo fermeranno?" domandò il ragazzo, pulendosi le mani che puzzavano di ammoniaca.
Levi scrollò le spalle. "Lo rallenteranno, quantomeno. Sono la nostra opzione migliore, per ora."
Decisero di cenare, per mettere qualcosa sotto i denti per la prima volta in tutta la giornata.
Mangiarono in silenzio.
Avevano solo cibi pronti, niente di realmente buono, ma in grado di fornire l'energia necessaria a tirare avanti o perlomeno riempire lo stomaco. Eren si domandava quanto tempo avrebbe resistito a mangiare solamente cracker, prima di diventare matto, ma aveva onestamente paura di scoprirlo. Levi masticava in fretta, la schiena dritta, seduto sul bordo della sedia come fosse pronto a scattare in piedi da un momento all'altro. Agli occhi del ragazzo, era troppo teso e nervoso, ma come poteva dargli torto? Forse era lui quello troppo rilassato, considerato che entrambi stavano rischiando la loro vita per causa sua. Il pensiero del cyborg e di quel che lo aspettava se l'avesse preso gli fecero passare l'appetito.
Eren si passò una mano sulla fronte: il dolore alla testa che provava già da qualche ora, stava peggiorando. Aveva accumulato troppo stress ed ansia nelle ultime ore ed ora il suo corpo gliene faceva pagare le conseguenze.
Levi gli posò una mano sulla spalla, attirando la sua attenzione.
"Vai a sdraiarti, questa notte potrai dormire in un letto vero. Approfittane."
Eren non replicò e si limitò ad annuire "D'accordo..."
Una volta toccato il materasso, sentì tutti i muscoli del corpo sciogliersi come se non avessero aspettato altro per tutta la giornata. Ascoltò il suono dell'acqua provenire dal bagno, dove Levi si stava facendo una doccia. Il suono delle gocce gli annebbiò i sensi, il profumo del bagnoschiuma invadeva la stanza, passando sotto la porta e lo raggiungeva. Quando uscì, si fece ancora più intenso.
Coi capelli ancora umidi attraversò la camera e si sedette su una poltrona tra il letto e la finestra, da cui aveva una buona visuale. Levi non gli parlava, forse pensava fosse addormentato, ma non si scompose quando Eren si mise seduto al centro del letto. Si limitò a guardarlo, la pelle olivastra illuminata dalla sola luce della luna, che si rifletteva nelle iridi verdi donandogli un colore completamente nuovo.
"Ci troverà, vero?" domandò, mordendosi l'interno delle labbra.
Levi assottigliò le proprie "E' probabile."
"Dovrò scappare per sempre..." non era una domanda e Levi non rispose, limitandosi a guardarlo, mentre si spostava sul bordo del materasso per essere più vicino.
Lasciò dondolare le gambe giù dal letto, i piedi nudi sfioravano il pavimento freddo. Eren strinse gli occhi ed una risata triste gli sfuggì dalle labbra.
"Sto tremando... Sono l'ultima Speranza dell'umanità e tremo. Sarai deluso, immagino."
"No, non lo sono."
La risposta arrivò immediata e sicura, portando i loro sguardi ad incrociarsi nuovamente. Gli occhi di Levi non avevano mai lasciato il suo viso.
"Hai una famiglia, Levi? Nel futuro, intendo..."
Scosse la testa "No. Mai avuta."
"Mi dispiace così tanto, per come sono andate le cose..." sussurrò Eren, sporgendosi in avanti per prendergli una mano, posata sul bracciolo della poltrona "Per tutto il dolore che hai dovuto sopportare..."
"Il dolore si può controllare" mormorò Levi, girando la propria mano per accogliere nel palmo quella di Eren ed osservandole: era più grande della sua, nonostante avesse la metà dei suoi anni "Si stacca la spina, si pensa a ciò che è veramente importante. A sopravvivere, a lottare. Io sono cresciuto con la guerra, mia madre è stata catturata, ma tu mi hai permesso di crescere abbastanza da potermi unire a voi e combattere per qualcosa che desideravo..."
La sua voce ebbe un tremito, Eren fece scivolare le dita tra quelle del soldato.
"Tutto ciò che ho sempre voluto era tenerti al sicuro. In ogni modo, in ogni tempo..."
Il ghiaccio dei suoi occhi si sciolse, quando incontrò le iridi verdi. Eren si sentì scaldare il petto, mentre il cuore cominciava a battere veloce, sempre più veloce. Le parole di Levi lo avvolsero, il tono della sua voce non era mai stato così dolce ed intimo, il suo sguardo non gli aveva mai trasmesso quel calore e quel sentimento, che sembrava quasi...
"Tu sei...innamorato di me..." sussurrò Eren, scivolando giù dal letto, ma senza mai permettere ai loro sguardi di perdersi.
Per la prima volta, vide le labbra di Levi incurvarsi appena in un sorriso, pieno di tristezza e rassegnazione, ma anche di tanta tenerezza.
"Da sempre."
Le dita di Eren persero la presa sulla mano del soldato, quando andò a posare entrambe le proprie sul suo viso. Non c'era bisogno di altre parole, i loro sguardi parlavano per loro, ormai.
Levi si limitò a chiudere gli occhi appena la bocca di Eren coprì la sua. Sentì il suo peso, quando il ragazzo si arrampicò sulla poltrona andando a sedersi sulle sue gambe.
Avrebbe dovuto fermarlo, mandarlo via e dirgli che quel che stavano facendo non avrebbe portato a niente di buono. Avrebbe dovuto chiedergli scusa per ciò che si era fatto sfuggire e pregarlo di poter dimenticare tutto.
Quella sarebbe stata la scelta giusta, quella più sicura e responsabile.
Ma la loro scelta era già stata fatta.
Le sue labbra si schiusero obbedienti, non appena la lingua di Eren le accarezzò e le mani andarono a posarsi sulla sua schiena, attirandolo a sé. Socchiuse gli occhi e osservò il suo viso, così vicino al proprio: Eren era bellissimo, gli occhi chiusi, le guance arrossate ed i capelli spettinati. Il suo respiro irregolare gli scaldava la pelle e piccoli gemiti sfuggirono quando con le dita, Levi iniziò a risalire lungo il solco della spina dorsale.
Le dita del ragazzo gli solleticarono il collo, scendendo lentamente lungo il petto e gli addominali. Lo sentì afferrargli la maglietta e non fece resistenza, mentre la sollevava e gettava a terra. La sua la seguì immediatamente dopo.
Le labbra tornarono a cercarsi, stavolta con più foga, perché il calore dei loro corpi a contatto ed il profumo che emanavano erano un richiamo dell'uno per l'altro. Le ginocchia di Eren si chiusero contro i fianchi dal corvino, che lo strinse a sé con urgenza.
Quante volte aveva sognato il sapore delle sue labbra, aveva immaginato come sarebbe stato baciarle e morderle, catturarle tra le proprie. Ora tutto questo gli veniva concesso.
Gli tirò i capelli, per fargli piegare la testa all'indietro e la sua bocca fu sul suo collo, riempiendo la pelle morbida di baci e morsi, leccando i lividi a cui la sua passione lo condannava. Lo sentì inarcarsi contro di sé, strofinarsi seguendo un istinto che entrambi provavano. Nessuno dei due era più in grado di ragionare lucidamente e più si baciavano e toccavano, più cresceva il desiderio di avere di più, di aversi e prendersi, dimenticare tutto l'uno perso nell'altro.
Il cuore sembrava esplodergli nel petto: tanti anni aveva passato, coltivando dentro di sé quel sentimento che mai aveva avuto la forza di manifestare. Avrebbe significato rovinare tutto, rischiare di compromettere un equilibrio troppo delicato in un contesto che non aveva bisogno di altre complicazioni.
Ma ora Eren era lì e lo voleva tanto quanto lui.
"L-Levi..."
Quello, quel richiamo fatto con voce spezzata, tremante, fu l'inizio della fine.
Eren si strinse forte al corpo dell'uomo quando Levi si alzò dalla poltrona, portando entrambi sul letto. La schiena del ragazzo aderì al materasso, ma subito le sue mani tornarono a cercarlo, trascinandolo contro di sé. Levi si fece spazio tra le sue gambe ed i baci ricominciarono, più intensi e voraci di prima, tanto da togliere loro il fiato. Ogni minimo movimento li faceva gemere, quando le loro virilità si toccava, attraverso la stoffa dei pantaloni.
Piegando la testa, per lasciargli lo spazio necessario a mordergli il collo, Eren cominciò ad armeggiare con il bottone dei propri pantaloni, che sentiva insopportabilmente stretti. Poi passò a quelli di Levi.
Quando entrambi furono rimasti con solo l'intimo addosso, Levi fece appello a tutta la propria forza di volontà per sollevarsi quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. Le iridi verdi erano quasi scomparse, contaminate dal nero delle sue pupille dilatate per il piacere. Sapeva di non essere in una condizione poi tanto diversa, il basso ventre pulsava per il desiderio, urlando il proprio bisogno di riprendere ciò che così bruscamente era stato interrotto.
Eren era sotto di lui, le labbra umide di saliva, le guance arrossate e negli occhi, le pupille dilatata brillavano di una luce erotica che lo rendeva irresistibile. Si morse il labbro e gli mise una mano sul viso, accarezzandolo con il pollice.
"N-non voglio fare niente che tu possa rimpiangere, Eren..." mormorò, sforzandosi di ragionare col cervello e non col corpo. Lo vide bloccarsi e trattenne il respiro: si sarebbe sicuramente fermato, se glielo avesse chiesto, ma sarebbe stato straziante. Eren lo guardò negli occhi per un po', respirando profondamente e lentamente tutto il profumo dell'uomo che ora gli stava offrendo una scelta, senza sapere che l'aveva già compiuta. Si sollevò sui gomiti e gli baciò la spalla sulla fasciatura che lui stesso gli aveva fatto poche ore prima, mentre con le dita della mano seguiva il contorno di quel marchio alato impresso a fuoco sul fianco. Il suo corpo era ricoperto di cicatrici e bruciature, eppure quella era l'unica di cui andava fiero, perché era stata una sua scelta giurare fedeltà, al punto da portarne in eterno una prova sulla pelle.
"Di tutto ciò che ho fatto, visto e detto nelle ultime dodici ore, sei l'unica cosa che non rimpiango né rimpiangerò mai, Levi..." gli sussurrò all'orecchio, mordendogli poi il lobo. Sorrise, quando sentì il suo corpo tremare in risposta, sospirando di piacere. Quello era un tipo di potere che gli piaceva avere su di lui e che lui stesso era disposto a concedergli.
Levi reclamò di nuovo le sue labbra e spinse l'inguine contro quello di Eren, strappandogli un gemito di sorpresa e desiderio. Lo sentì muoversi in risposta e non ci volle molto prima che entrambi sentissero il bisogno di occuparsi delle erezioni che sentivano premere contro le cosce.
Gettarono via la biancheria e furono nudi, esposti per la prima volta l'uno all'altro, completamente. Eren tentò di combattere l'imbarazzo chiudendo gli occhi, ma le dita di Levi gli sollevarono il mento. I loro sguardi furono di nuovo fusi insieme e da quel momento, non si lasciarono più.
Ghiaccio e smeraldo brillarono quando la mano dell'uomo andò a stringersi attorno alle loro virilità; quella vicinanza provocò ad entrambi scariche di elettrica passione lungo la schiena, che li fece tremare.
Eren si aggrappò alle lenzuola, quando Levi iniziò a muoverla strofinando la carne tesa contro il palmo, dapprima lentamente, poi sempre più in fretta, seguendo il ritmo della loro eccitazione. Quando lo sentì ringhiare sommessamente, gli artigliò la schiena lasciandogli con le unghie lunghi segni rossi, che bruciarono nella pelle come fuoco, ma Levi non provava dolore. Era piacere, passione, desiderio. Si baciarono di nuovo, mordendosi e gemendo l'uno sulla bocca dell'altro, trascinati da qualcosa che era molto più forte di entrambi, senza tempo e senza età. Infinito, come loro non sarebbero mai potuti essere.
Con l'orgasmo, vennero anche le lacrime ed Eren non poté trattenerle, mentre si stringeva a Levi e lo baciava su ogni centimetro di pelle che riusciva raggiungere, sorridendo felice come non ricordava di essere mai stato.
Sporchi e sudati, rimasero a lungo sdraiati su quel letto che era diventato il loro piccolo nido d'amore, persi nel tenero oblio che solo un sentimento, tra tutti, è in grado di provocare.
"Promettimi che non mi lascerai mai."
Una pausa di silenzio seguì quella richiesta così semplice eppure così impossibile.
"Lo so che la mia vita è importante, per il futuro e la guerra, ma non ho diritto anche io a desiderare qualcosa?"
"Eren..."
"Levi, ti prego..."
Labbra morbide si posarono sulla sua fronte ed Eren chiuse gli occhi, facendosi più vicino al corpo dell'amante. Rabbrividì quando sentì qualcosa di gelido scivolargli attorno al collo ed abbassò lo sguardo, proprio nel momento in cui Levi agganciava insieme le metà di una catenina. Due ammaccate piastrine di metallo, tutto graffiato e rovinato, tintinnarono ricadendogli sul petto; le prese e lesse alla luce della luna ciò che portavano inciso: L e v i A c k e r m a n, 12/25/'86.
Due anni nel futuro. Nonostante lo sapesse, leggere quella data di nascita gli provocò un piccolo shock. Braccia forti lo strinsero, facendo aderire la sua schiena contro al petto del soldato ed Eren si rannicchiò contro di lui.
"Perché?" domandò, stringendo nel pugno le piastrine.
Levi si prese il tempo di respirare il profumo dei suoi capelli e posargli un bacio sulla nuca, prima di rispondere: "In questo modo, sarò sempre con te, qualunque cosa accada. Non dovrai dimenticarlo mai, Eren."
"Mai..." mormorò il ragazzo, lottando per ricacciare indietro le lacrime.
Mancava ancora qualche ora al sorgere del sole, ma avevano deciso di non restare oltre in quel posto. Troppo rischioso, fermarsi a lungo.
Per Eren era davvero difficile ricordare come si allacciavano le scarpe, quando Levi a pochi metri di distanza si era messo a preparare lo zaino senza curarsi di indossare una maglietta. Deglutì la troppa saliva che aveva in bocca, sforzandosi di riportare l'attenzione sui lacci.
"Non hai ancora finito, moccioso?" lo riprese Levi. La notte d'amore appena passata non sembrava aver cambiato di una virgola il suo atteggiamento scorbutico.
Eren si mise immediatamente in piedi, la schiena dritta come fosse sull'attenti, guadagnandosi uno sguardo di approvazione da quegli occhi di ghiaccio.
"Sai già dove andare?" gli domandò, avvicinandosi a lui.
L'altro scosse la testa. Non protestò quando Eren gli circondò dolcemente le spalle con le braccia e si limitò a respirare profondamente; al suo solito odore dolce e fresco si era aggiunto qualcosa di nuovo, una nota più matura ed attraente, che lo scaldava in un modo totalmente differente rispetto al giorno precedente. Si concesse la soddisfazione di attribuirsi il merito di quel cambiamento: la notte passata a baciarsi e darsi piacere l'aveva cambiato ed era sicuro di non rimpiangerlo.
"Dobbiamo restare in movimento" rispose, cercando di sfuggire quell'aroma ipnotico "Così sarà più difficile per..."
Levi tacque e girò la testa di scatto verso la porta d'ingresso della stanza.
L'espressione prima rilassata di Eren cambiò immediatamente.
"Levi...?"
"Li senti?"
Tese l'orecchio, concentrato "S-Sono solo cani che abbaiano..."
L'uomo strinse le labbra e lo afferrò per il braccio, cominciando a spingerlo verso una delle finestre dall'altro lato della stanza.
"Che succede?!" domandò Eren allarmato, ma obbediente.
"I cani sono gli unici animali in grado di percepire i terminator. Li usavamo per individuarli, quando si nascondevano tra i rifugiati. E' qui, dobbiamo andarcene."
Quelle poche parole ebbero sul ragazzo l'effetto di una scarica elettrica. Aprì la finestra e si arrampicò sul mobile, scavalcandola con un'agilità che solo la paura sapeva dargli. Levi lo seguì subito dopo.
Camminarono attorno all'edificio, sforzandosi di restare bassi, ma rapidi. Un'automobile era parcheggiata poco distante e vi si diressero senza esitazione. Una raffica di colpi esplose alle loro spalle, proprio mentre Levi riusciva a sbloccare la serratura della portiera. La stanza che fino a pochi minuti prima era stata il loro rifugio si trasformò in un inferno di fiamme sotto i loro occhi.
"Entra in auto!"
Eren obbedì, poi si girò su sedile in tempo per vedere un uomo, vestito completamente di nero ed armato di tutto punto, distruggere la parete della stanza ed attraversare il fuoco senza alcun indugio. I loro sguardi si incrociarono per un istante ed Eren ebbe la certezza di aver appena guardato negli occhi l'incarnazione della paura.
Sparì alla loro vista, ma nessuno dei due si rilassò. Sapevano che era appena iniziata e non ebbero reazioni quando una motocicletta apparve all'orizzonte.
Raffiche di proiettili cominciarono a volare sopra le loro teste, ticchettare contro la carrozzeria dell'automobile. Eren aprì lo zaino, cercando un'arma da poter usare, ma Levi lo bloccò.
"Guida, a lui ci penso io" ordinò deciso, afferrando lo zaino "Prendi il mio posto!"
Con una manovra sfacciatamente fortunata, Eren riuscì a portarsi al posto del guidatore. Premette al massimo sull'acceleratore, spiando dallo specchietto retrovisore la posizione del loro inseguitore.
Levi, accanto a lui, tirò fuori dallo zaino le bombe che avevano preparato poche ore prima. Se c'era un momento in cui usarle, era decisamente quello.
Abbassò il vetro del finestrino, sporgendosi pericolosamente. Una motocicletta era un bersaglio molto più difficile da colpire, rispetto ad un'automobile: era più piccola e agile. Imprecò a denti stretti ed accese la miccia della prima bomba.
La lasciò cadere sull'asfalto e quella esplose a pochi metri di distanza dal terminator, provocando una nuvola di fuoco e fumo che la moto attraversò senza un graffio.
"Merda!" accese un'altra bomba.
Una dopo l'altra, tutte esplosero. La sua mira migliorava ad ogni tentativo, ma anche il cyborg imparava ad adattarsi, schivando con facilità. Un'altra raffica di proiettili infranse il vetro posteriore, ricoprendoli di schegge. Eren urlò, perdendo per un attimo il controllo dell'automobile ed attirando su di sé lo sguardo preoccupato del soldato.
Non poteva continuare così, doveva liberarsi del cyborg. Eren stava rischiando troppo. Era più calmo e collaborativo del giorno precedente, all'apparenza almeno. Sembrava aver creato una facciata di fredda esperienza, come se quelle situazioni non fossero altro che abitudini per lui, ma il tremore delle mani e il pallore del viso rivelavano quanta paura gli stringesse lo stomaco.
Quella folle corsa li aveva portati fuori dalla città, in una zona industriale. Le strade erano deserte, solo qualche camion occupava i parcheggi laterali davanti alle enormi fabbriche.
A denti stretti, Levi afferrò un altro candelotto e lo accese. Si sporse dal finestrino, stringendolo tra le dita, attendendo che la miccia si consumasse abbastanza, prima di lasciarlo cadere sulla strada.
Il dolore arrivò all'improvviso.
Una pallottola partita dal mitragliatore del terminator lo raggiunse, colpendolo al petto. Perse la presa sulla bomba, che cadde a terra ed esplose senza colpire nulla. La vista si appannò immediatamente.
No, dannazione, si ritrovò a pensare. La calda mano del ragazzo seduto accanto a lui lo tirò, riportandolo all'interno del veicolo. Sentiva la sua voce chiamarlo disperata, ma non aveva la forza di rispondere.
"Levi! Levi!"
Quando perse i sensi, Eren rimase solo, ma dentro di sé sentì nascere una nuova determinazione. Ora toccava a lui proteggerlo.
La motocicletta era sempre più vicina ed ormai era evidente che il motore dell'auto non poteva reggere il confronto. Dallo specchietto laterale, Eren vide il cyborg affiancare la macchina e sollevare il fucile: aspettava solo di arrivare all'altezza del finestrino di Eren, per compiere la sua missione.
Attese anche Eren.
Mantenne la velocità, finché la moto non fu proprio accanto a lui, poi sterzò bruscamente, chiudendo le ruote del piccolo veicolo tra la carrozzeria scheggiata dai proiettili ed il marciapiede.
Il cyborg perse il controllo e venne scagliato in mezzo alla strada, dritto sotto un camion cisterna in arrivo.
Eren non ebbe il tempo di rallegrarsi. La moto ormai senza guidatore finì sotto le ruote dell'auto, facendola sbandare. Urlò quando si capovolse e con le braccia cercò di proteggere sé stesso e Levi dagli urti.
Aprì gli occhi solo quando fu certo che avesse smesso di rotolare ed impiegò qualche momento per tornare lucido.
Il suo primo pensiero fu per l'uomo, svenuto accanto a sé.
"L-Levi..!" provò a chiamare, ma non ottenne risposta.
Era privo di sensi ed immerso nel sangue che non smetteva di sgorgare da quel buco nel suo petto.
Eren rivolse lo sguardo verso l'esterno, un paio di rossi occhi robotici lo ricambiarono. Il cyborg era perfettamente intatto ed aveva ucciso l'autista del camion; stava salendo a bordo del veicolo, con l'evidente intenzione di usarlo per schiacciarli.
Il cuore gli si fermò nel petto.
La loro auto era distrutta, Levi era ferito.
Stavano per morire.
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