Luoghi lontani
Il viso abbronzato della ragazza rifletté i raggi del sole che filtravano da sopra le merlature del forte, illuminando il viso della loro amica.
«Lyra!» Idri si fece avanti, sorpreso, accogliendo l'amica a braccia aperte «Sei tornata, finalmente!»
Un attimo dopo, però, il saluto cordiale si perse nell'aria, quando lei gli si scagliò addosso, sollevandolo da terra come un fuscello.
«Pensavate di liberarvi di me così facilmente?» chiese ancora la ragazza, continuando a sorridere.
«Pensavamo ti fossi persa.» ribatté Artas, scuotendo la testa «Sai com'è, dopo l'ultima volta.»
La ragazza alzò la testa dalle spalle dell'amico, lasciandosi andare a un sorriso velato appena da una smorfia.
«Non sono io quella che si è persa quel giorno, ricordatelo.»
Scivolò sulla punta degli stivali, camminando leggera sulla patina di ghiaccio.
Un attimo dopo, ci fu un cozzare di metallo contro metallo quando le loro armature si scontrarono. Di colpo, il vento inclemente che aveva spazzato la piana attorno al forte sembrò venire meno e la mattina farsi più tiepida mentre sentiva il viso dell'amica poggiarsi contro una guancia.
«Mi siete mancati.»
Artas si limitò a stringere la presa attorno alle sue spalle, contento di riavere accanto l'amica.
«Mezza luna senza tornare, si può sapere cos'avevi da fare là fuori?»
Lei si tirò un po' indietro, lasciandosi andare a un'altra smorfia divertita.
«Eravate preoccupati per me? Che carini.»
Senza darle il tempo di reagire, Artas le diede un colpetto sulla fronte con la punta di un dito.
«Ahia!»
«Avevi promesso che saresti tornata una settimana fa, ci puoi scommettere che eravamo preoccupati. Almeno hai riposato un po', questa volta?»
«Un po' ho dormito, sì!» i bordi scuri attorno ai suoi occhi bastarono come risposta.
«Io non– Ah, lasciamo perdere.»
«Si può sapere cos'hai stamattina? Sembri mia madre.»
«È un po' complicato.»
Prima che avesse modo di spiegare, però, subentrò Idri.
«Artas ci lascia. Sta per andare via.»
All'improvviso, il mondo attorno a loro sembrò farsi ancora più freddo e cupo.
Raccontarle tutta la storia non fu facile. Si allontanò a piccoli passi, incamminandosi verso la scalinata e la cima delle mura difensive, quelle da cui l'amica era appena scesa e cominciò a parlare. Del combattimento, della magia e dell'isolamento a cui era stato costretto subito dopo, per paura che la scarica di energia arcana potesse ferire qualcuno dei suoi compagni. Sentiva ancora il calore della magia sul palmo della mano, il formicolare sulla punta delle dita, così come la paura che aveva visto sul viso dei suoi amici quando si erano trovati a un soffio dagli artigli del mostro, così come il silenzio dei giorni che erano seguiti.
Raccontò l'ultima parte sottovoce, ma quando si voltò per vedere la sua reazione, la trovò bloccata, con gli occhi leggermente sgranati, a fissarlo come se l'avesse visto per la prima volta.
«Hai usato la magia.» ribatté, incredula, gli occhi lievemente sgranati
«"Usato". Diciamo che più o meno ha fatto quello che volevo, ecco.»
«Però resta che ci sei riuscito, no? Grazie a te nessuno si è fatto male.» aggiunse lei, stringendogli con forza una mano tra le sue «Con tutto il tempo che ho passato qui, se vi fosse successo qualcosa proprio mentre non c'ero...»
Ci fu un nuovo momento di silenzio, ma quella volta tutto il peso che aveva attanagliato Artas fino a quel momento svanì come nebbia sottile, portato lontano dal vento. Un raggio di Sole dorato fece capolino oltre le alte guglie del forte, tingendo il muro poco avanti a loro di bagliori fiammeggianti.
«Grazie, davvero.»
Poco dopo, però, la pace del momento venne rotta da Idri che passò loro accanto, fischiettando.
«Artas, la guardia, ricordi?» quella domanda bastò a farlo sobbalzare «Vieni, dai. Un po' di aria fresca ti aiuterà a svegliarti. E Lyra, tu faresti meglio a tornare dentro al forte e a farti una dormita, hai una faccia.»
Lei, per tutta risposta, lo colpì con una pacca sulla spalla.
«Stai scherzando? Sono appena arrivata e già vuoi mandarmi via? E poi c'è una cosa che voglio farvi vedere, prima.»
«Cosa?»
Senza aggiungere altro, lei balzò su per le scale come uno scoiattolo, saltando mezza rampa con un solo scatto, tanto che Artas e Idri dovettero correrle dietro per tenere il passo, cercando di non scivolare sulla pietra ghiacciata.
Quando la raggiunsero, finalmente, la trovarono poggiata contro una delle feritoie dello spesso muro di pietra, a guardare un punto fisso verso la valle a sud e Alsteadt, la sua città natale oltre la gola che li separava dal resto del mondo.
C'erano tre serie di impronte che correvano nella neve fresca. Una erano quelle che Lyra aveva lasciato al suo ritorno dalla Foresta Immacolata, la seconda si avvicinava dal fondovalle fino al forte, impronte spesse e pesanti di cavalli, zoccoli ferrati di una pattuglia, a giudicare dal numero. Allora erano davvero venuti a prenderlo.
"E hanno costeggiato la foresta durante la notte. Perché tanta fretta, non è successo niente per anni?"
La sua domanda, tuttavia, rimase senza risposta quando spostò la sua attenzione sull'ultima traccia: era un insieme più o meno ordinato di orme larghe e lievi che correvano lungo il perimetro della foresta, da nord a sud, non molto distante dal sentieri che i cavalieri avevano seguito. Artas aveva imparato a conoscere molto bene quelle impronte durante le ronde mattutine, le aveva viste spesso correre attorno alle mura da quando era arrivato al forte.
«Stanotte c'era un odore strano nella foresta. Speravo di sbagliarmi, ma a quanto pare doveva esserci davvero qualcosa.»
«Qualcosa?» la prima domanda toccò a Idri, che prese il fianco dell'amica subito dopo, preparando l'arco a sua volta.
«Odore?» fece ancora Artas, di rimando.
«Sì. Un forte odore di bruciato, come di terra arsa. Di solito si sente solo quando i nostri incantatori tengono a bada qualcosa di veramente grosso con delle fiamme magiche, ma questa notte dovevo essere l'unica dentro la foresta.» spiegò velocemente, indicando di nuovo la linea di impronte poco distante «Di solito i warg si aggirano nelle parti più buie della Foresta, è strano che fossero così vicini al forte, se non erano a caccia. Non capisco.»
«Non hai provato a raggiungere quel fuoco?» di nuovo, Idri si fece avanti, dando le spalle alle merlature.
Quella domanda lasciò la giovane cacciatrice piccata, decisamente.
«Non è così facile trovare qualcosa di notte, nel profondo della boscaglia, guidati solo dal naso.» rispose Lyra, rivolgendogli una smorfia «Non sono un mastino, a differenza di quanto creda qualcuno.»
Artas la vide guardarsi attorno senza dire niente, frugare un po' all'interno del suo spesso mantello di pelliccia e trarne fuori la sua sottile mascherina d'osso, poggiandosela sul naso e continuando a guardare in tutte le direzioni.
Un lampo improvviso trafisse la mente di Artas, quando all'improvviso gli tornò al naso la puzza terribile che gli aveva fatto torcere lo stomaco una settimana prima, quando il colpo finale era calato sul suo nemico mostruoso.
«Qualcosa dava la caccia ai warg?» prese a torcere un angolo della giubba all'idea che ci potesse essere qualcosa in grado di attaccare quei lupi giganti.
«Sembra di sì. E qualsiasi cosa fosse, era in grado di usare la magia.» rispose la ragazza, stringendosi nelle spalle.
«Artas!»
Quella volta fu un'altra voce ancora che lo chiamò dall'ingresso del forte. Il comandante Thar era piazzato davanti all'ingresso con la sua solita espressione granitica, intento a guardarlo dall'alto in basso anche da quella distanza.
«Cadetto, scendi da quel muro.» riprese dopo un momento, avvicinandosi a grandi passi «Oggi sei esonerato dalla ronda mattutina.»
«Signore?»
«Ci sono delle visite per te.» dunque era vero, il suo maestro era davvero arrivato. Stava davvero per lasciare il forte.
Però c'era qualcos'altro nel tono del comandante della guarnigione. Preoccupazione, forse? Forse per quello di cui avevano appena parlato con Lyra?
Artas guardò per un'ultima volta verso i suoi amici, ma alla fine si affrettò a raggiungere il comandante, rivolgendo un ultimo cenno con la testa al compagno. Rimise la spada al fianco e seguì passo passo il suo superiore.
"Dove mi porteranno questa volta?"
Pensò che si sarebbero fermati in un angolo della sala grande, di solito funzionava così con le rarissime visite al forte, invece l'uomo lo condusse fino a una delle salette secondarie, attraversando uno dei corridoi bui che portavano nei meandri del bastione centrale. Presto si trovò davanti una spessa porta di assi di legno che si aprì con un cigolio e capì immediatamente il motivo di quell'atmosfera tesa.
Dentro la stanza c'erano altri due cavalieri, armature nere dai bordi dorati, lucide come specchi, e mantelli rosso fiamma, la fenice di Valarian che splendeva maestosa sulle loro spalle. Cavalieri dell'Ordine Stellato, le guardie personali del re. I suoi predecessori.
Tra di loro, seduto su una poltroncina imbottita, sedeva un vecchio dalla lunga barba bianca, nascosto all'interno di una tunica da viaggio scura. Quando lo vide davanti al camino, intendo a sorseggiare il suo solito infuso profumato e a leggere un tomo dall'aria antica, gli sembrò quasi di essere tornato a casa.
Occhi grigi, guizzanti come passeri nell'aria del mattino, si fissarono su di lui con uno scintillare compiaciuto. Le rughe che aveva su quel suo viso pallido si fecero ancora più profonde quando prese a fissarlo, lasciandosi andare a un grande sorriso. Sembrava passato un secolo dall'ultima volta che si erano visti.
«Artas.»
«Maestro Faram.»
Il vecchio incantatore si alzò in piedi con tutta la velocità che l'età gli consentiva, afferrando Artas per le spalle e stringendolo in un abbraccio incandescente rispetto al freddo tagliente a cui si era appena abituato.
«Guarda come sei cresciuto! A momenti non ti riconoscevo!» aggiunse un attimo dopo, guardandolo dall'alto. Sembrava così contento di vederlo che per un momento il ragazzo sentì un leggero pizzicore attorno agli occhi.
«Pensavate che sarei rimasto sempre un bambino?» rispose ancora il ragazzo, cercando di nascondere il rossore che sentiva sulle guance con uno scatto del viso. Rivedere il suo vecchio maestro dopo tutto quel tempo, sembrava come se i giorni non fossero mai passati.
«No, certo, però ah! Vieni, vieni, siediti. Abbiamo così tante cose di cui parlare.»
Prima che Faram potesse finire di parlare, un fruscio improvviso colse l'attenzione del giovane cadetto. Una figura si fece avanti da un angolo della stanza, coperta da un lungo mantello da viaggio, candido come la neve.
Levò il cappuccio e scoprì una piccola tiara d'argento, facendo splendere in tutta la stanza i riflessi verdi della pietra che campeggiava al suo centro, intrecciata tra capelli d'oro. Un viso pallido, a forma di goccia, spruzzato di lentiggini, fece capolino dalla spessa stoffa della cappa.
«Ilion.»
Artas non riuscì a dire altro, gli mancò il fiato.
Aveva pensato tante volte a cosa sarebbe successo quando si sarebbero incontrati di nuovo, aveva fatto molti sogni su quello che le avrebbe detto. L'ultima volta che l'aveva vista aveva a malapena la forza per stare sveglio, lei era ancora bloccata a letto e stavano per portarlo via da palazzo.
Non era neanche riuscito a chiederle scusa.
La vide avvicinarsi di scatto, ma subito il suo sguardo si fece vuoto, incerto. Spaventato.
Aveva paura di lui?
Il silenzio si fece teso all'interno della stanza, pesante. Per fortuna, Faram prese in mano la situazione prima che potesse diventare imbarazzante.
«Potete lasciarci, per favore?»
In un attimo, i tre cavalieri lasciarono la stanza e loro rimasero finalmente soli, con la sola compagnia dello scoppiettare del fuoco poco distante. Il disagio che riempiva l'aria era palpabile, lo sguardo di Faram si era fissato improvvisamente dentro il suo boccale fumante e quello della giovane principessa vagava ovunque nella stanza, tranne che su di lui. C'era qualcosa che non gli stavano dicendo e Artas, dal canto suo, non trovava la forza di chiedere nulla.
Dopo tutto quello che aveva pensato negli anni, dopo tutte le idee che si era fatto, ora che erano lì, uno davanti all'altro, quei pensieri sembravano scomparsi come neve nel pieno sole d'estate.
Si morse la punta della lingua, cercando di superare quello stupido mutismo, ma non fece in tempo, perché Ilion lo batté sul tempo.
«Artas.» la sua voce era molto, molto più grave di come la ricordava, bassa «Quanto tempo. È... è bello rivederti. Il maestro mi ha parlato di quello che avete fatto qui da quando sei arrivato. Come ti senti?»
Iniziò a prendere velocità dopo le prima parole, come se avesse paura che potessero bloccarla da un momento all'altro.
«Sto bene, grazie. Gli ultimi giorni sono stati un po' complicati, ma la vita qua è meno difficile di quanto vogliano far credere» ci pensò su un attimo, lasciandosi andare a un cenno con la testa verso la finestra più vicina «Beh, forse avrei preferito un po' meno freddo. Non mi aspettavo di veder–»
Soffocò il "vi" un momento prima di finire la frase. L'ultima volta che le aveva dato del lei non gli aveva parlato per tre giorni.
«–ti fuori dalla capitale. Cos'è successo? Siete venuti fin qui solo per riprendere me?»
Di nuovo silenzio, poi si sentì uno strusciare di legno su legno, mentre Faram si separava dal suo infuso.
«Artas, dovresti sederti.»
Voltandosi verso il suo vecchio maestro, il ragazzo cercò di nascondere la confusione che sentiva addosso. L'ultima volta che gli aveva sentito usare un tono così serio era stato quando gli avevano detto che l'avrebbero portato al Bastione della Notte.
«Cosa succede, stanno tutti bene? Alla reggia, Tyrien...?»
«Stanno tutti bene, non preoccuparti. No, dobbiamo parlare di un'altra cosa. Una cosa che ti riguarda molto da vicino.» riprese ancora il mago, mentre tutti e tre prendevano posto davanti al fuoco. Artas sprofondò in uno dei divanetti, beandosi ancora del tepore dopo il freddo tagliente di poco prima, pronto ad ascoltare il mago «Ultimamente ci sono giunte novità inquietanti, che presto o tardi potrebbero coinvolgere direttamente anche questo forte, perciò siamo venuti fin qui. Il tuo incidente dello scorso è stato solo un... beh, vorrei dire un caso, ma ci sono troppe cose strane in movimento in questo momento. E, con la magia di mezzo, dubito fortemente sia davvero un caso.»
«Siete venuti a prendermi solo per questo? Voglio dire, non sono il primo cavaliere che scopre di poter usare la magia.» domandò, sinceramente confuso. A Ilion non era mai stato concesso di lasciare la città neanche per un istante da quando si erano conosciuti, e adesso era libera di poter attraversare un terzo del regno per ipotesi? «Sono certo che i comandanti potrebbero aiutarmi a controllarla, no? Non c'è bisogno di lasciare il forte, insomma, se potessi imparare–»
«Si, hai ragione, in una situazione "normale" i comandanti sarebbero più che adatti per insegnarti a utilizzare la magia» il tono severo del maestro bastò a troncare la sua lamentela sul nascere «Ma dopo quello che è successo alla reggia e al danno che hai fatto qui, pensi davvero di poter rientrare nella normalità? No, avremo bisogno di molte, molte più attenzioni per poter controllare la tua energia magica, da quello che mi hanno detto. So che non ti piace l'idea di doverti allontanare, lo capisco, ma ne va della tua incolumità e di quella dei tuoi compagni. Rischieresti di far loro del male, se rimanessi qui, o peggio.»
Il cuore gli saltò un battito. Abbassò lo sguardo, fissando con insistenza le punte degli stivali imbottiti, sfregandole le une contro le altre per liberarle dagli ultimi cristalli di ghiaccio.
«E poi, sfortunatamente, non siamo qui solo per questo. Nelle ultime due settimane ci sono giunti rapporti dalle città a Est. Pare ci siano stati parecchi movimenti attorno al Confine, dalla parte di Dharak. Gli osservatori hanno riferito di ombre raccolte attorno la base del Muro, in cerca di qualcosa. Forse un punto debole, forse una falla nella rete runica.»
"Dharak." la parola risuonò nella sua testa come un colpo di martello su un'incudine. Strinse i denti e, senza neanche rendersene conto, si trovò a serrare i pugni attorno all'impugnatura della spada.
«Non hanno già provato a attraversarlo, in passato?» chiese, quindi, cercando di non lasciarsi prendere troppo dal momento «Voglio dire, arrivavano spesso resoconti da est, quando eravamo più piccoli, no?»
«Sì, certo, ma temo che stavolta la situazione sia molto più seria, sfortunatamente. Alcuni dei rapporti–»
«Alcuni dei rapporti riferiscono di sorgenti di energia magica eccezionali. Il Muro impedisce praticamente a ogni cosa di attraversarlo, persino alla magia, ma questa volta hanno percepito quattro fonti con una certa chiarezza.» fu Ilion a continuare il discorso, interrompendo di colpo la frase di Faram «È possibile che tutti e quattro i Figli di Dharak si siano raccolti per provare a penetrare il confine.»
Ricordava le storie che aveva sentito sui Figli, i quattro più potenti incantatori e combattenti di Dharak, così come la devastazione che avevano portato durante l'ultima guerra, quasi vent'anni prima. Quello spiegava il clima grigio dei capitani negli ultimi giorni e l'arrivo al forte di Faram e Ilion, in effetti.
«Capisco.» annuì, stringendo le labbra in una smorfia «Cosa devo fare?»
«Venire con noi, nient'altro. Sarà un viaggio molto lungo, ma quando avremo finito ne sarà valso ogni momento. Potrai addestrarti in tutta sicurezza» spiegò ancora il mago, annuendo gravemente «e potremo anche fare alcune ricerche più approfondite su quello che è successo sei anni fa.»
A quelle parole, Artas si sollevò per guardare di nuovo verso Ilion, cercando il suo sguardo.
«Non è una buona idea, lo sai. Ti ricordi l'ultima volta, no? Vuoi davvero ripetere quel giorno, per questo sei venuta fin qui?»
«No.» confessò la piccola principessa, un fiero cipiglio dipinto in volto. Lentamente, quell'incertezza che aveva visto sembrava essere scomparsa. Ne rimaneva giusto un'ombra lontana «Ma non voglio vivere nella paura di quello che potrebbe succedere.»
Di nuovo silenzio, di nuovo interrotto solamente dallo scoppiettare di braci incandescenti. Si guardarono negli occhi per un momento che sembrò infinito e Artas cercò qualcosa dentro di lei. Una risposta, un qualcosa, che gli dicesse cosa stava pensando davvero. Cos'era quella paura che aveva visto prima e quella rabbia? Cosa stava cercando? Cosa stava succedendo?
Ma non ebbe mai una risposta.
«Ahimé, temo si stia facendo un po' tardi per me. Scusatemi, ho da discutere con i comandanti di faccende altrettanto importanti per conto del re.» saltò su Faram, di punto in bianco, una volta finito il suo infuso profumato «Principessa, mi diparto per qualche momento, se non è un disturbo.»
Lei si limitò ad annuire in silenzio, rivolgendo al maestro un lieve cenno di commiato.
«A dopo.»
Appena la porta si chiuse alle spalle del vecchio incantatore, riempiendo l'aria con un nuovo cigolio sommesso, Ilion si rimise in piedi, cominciando a girare attorno alla sua poltrona come un animale in gabbia, sospirando e sospirando ancora.
«Va tutto bene?» era una sensazione che Artas non riusciva a scrollarsi di dosso.
Lei sembrò pensarci su un momento, poi si voltò a guardarlo, i suoi occhi verde foresta che sembravano volergli leggere dentro l'anima.
«Io... continuiamo tutti a parlare dell'incidente che hai avuto, ma nessuno mi ha ancora detto cos'è successo davvero.» ammise lei, mentre quella preoccupazione di poco prima sembrava tornare a fare capolino sul suo viso «Vorrei che me ne parlassi tu.»
«Una bestia del bosco si è fatta largo attraverso l'ingresso principale. Hai visto che è rattoppato, no?»
«Era ancora molto buio quando siamo arrivati.» spiegò lei, scuotendo la testa.
«Stavamo facendo addestramento nel cortile centrale quando è riuscito a sfondare il portale. Non so come abbia fatto, ci sono degli incantatori che controllano gli incantamenti delle mura ogni giorno.» ribatté Artas, continuando il suo racconto. Nessuno era riuscito a capire come il dhorkan fosse riuscito a oltrepassare le difese del forte, neanche con le indagini approfondite dei maghi dell'Ordine «Non ascoltare quello che ti diranno, io non ho fatto quasi niente. Sono stati i capitani a metterlo all'angolo, io... non lo so cos'è successo, devo essere sincero. I miei compagni erano rimasti tagliati fuori dal gruppo, tra quella cosa e il muro del forte. Io dovevo fare qualcosa, dovevo aiutarli, capisci? Così ho provato a correre verso di loro, ad afferrarlo, insomma, ho provato a fare qualcosa per aiutarli e, beh, l'ho colpito con un fulmine. Ci sono ancora le tracce fuori.»
«Come alla reggia?»
«Questa volta ho fatto tutto da solo.»
Di nuovo, la principessa esitò prima di rispondere, stringendo la presa attorno alla spalliera con tanta forza da far sbiancare le nocche.
"Non abbiamo ancora finito con le confessioni, eh?"
«C'è qualcos'altro?»
Un ultimo attimo di esitazione diede il tempo a Ilion di trovare le parole che stava cercando. E il suo tono si fece ancora più teso di prima.
«Ho visto delle cose negli ultimi giorni. Dei sogni, ecco.» spiegò alla fine, abbassando lo sguardo «All'inizio pensavo fossero solamente degli incubi. È normale, no? Li hanno tutti. Quando hanno cominciato ad arrivare tutte quelle notizie dal confine, però, sono iniziati a sembrare sempre più reali. Poi mi hanno detto del tuo incidente.»
Incubi?
«Beh, non sarebbe la prima volta. Una volta avevi molto spesso incubi, no?»
«Sì, una notte di incubi non è nulla di strano. Ma questa volta non è stata la stessa cosa. Due volte, può succedere, certo. Ma non così a lungo, non così chiaramente.»
La giovane principessa diventò più pallida parola dopo parola e Artas non riuscì a trattenere una domanda.
«Insomma, cos'è che hai visto?»
«Ho visto Aurelia distrutta.» quelle parole arrivarono come una freccia al cuore del cadetto, affilate, dolorose. Sembravano portare con sé il gelo di un intero inverno «Ho visto Valarian crollare tra le fiamme della guerra.»
«Ti ho visto morire, Artas.»
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