Figli della cenere
Quando riprese conoscenza, il mondo attorno ad Artas era completamente cambiato. Riaprendo gli occhi, si trovò a guardare un cielo avvolto da colonne di fumo nero. Sopra di lui, parecchi passi più in alto, il bastione centrale era ridotto a una rovina sventrata, mentre tutt'attorno, in mezzo alla gelata, erano raccolti detriti fumanti e macerie, pietre e travi di legno squarciate dalla detonazione.
All'improvviso, vampe rosseggianti si fecero largo da ogni angolo dei piani bassi del forte, arrampicandosi veloci su fino ai dormitori, voraci e rapide come serpenti.
Quando si trovò davanti quella distruzione, il ragazzo si sentì il cuore sprofondare nel petto. I suoi amici erano ancora là dentro.
«No!»
Non riuscì a soffocare un grido e fece per lanciarsi in avanti, ma si trovò bloccato a terra, in mezzo alla neve, perché alcuni massi spezzati dal calore gli erano precipitati addosso. Fortunatamente la sua corazza aveva attutito il colpo, ma comunque il petto gli doleva come se lo avessero preso a martellate.
All'improvviso, un colpetto di tosse. Il ragazzo si voltò di nuovo, cercando di capire da dove venisse, di chi fosse quella voce. Alla fine, riuscì a scorgere la principessa, quasi sepolta da ghiaccio e macerie. Stava cercando di rimettersi in piedi con tutte le sue forze, di liberarsi da quella trappola.
«Ilion.»
Tirando e tirando ancora, riuscì a liberare una mano, ma un frammento acuminato di pietra squarciò il palmo di pelle dei suoi guanti, facendo immediatamente stillare sangue. Si lasciò andare a una smorfia di dolore, ma strinse i denti, cercando di ricacciarlo indietro. Doveva liberarsi e aiutare la sua amica.
Per fortuna lei sembrò rianimarsi immediatamente quando sentì chiamare il suo nome.
«Artas.» si agitò scompostamente sotto la sua prigione gelida, cercando di spostare i blocchi che la tenevano inchiodata a terra, senza molto successo.
"Regina delle stelle, grazie." mormorò il ragazzo tra sé e sé, liberandosi degli ultimi detriti che gli pesavano sul petto, lieto di essersi messo l'armatura quella mattina.
«Stai bene?» chiese poi, scattando in piedi in una nuvola di polvere.
La ragazza, invece, gli rispose con un colpo di tosse rauca.
«Non lo so, non riesco a muovere le gambe.»
«Aspetta un momento, arr–»
All'improvviso, un grido spezzò il vento che gli ululava attorno, troncando a metà la sua frase.
«Non fate prigionieri! Siamo qui per il ragazzo, non perdete tempo!»
Fu solo un istante, un momento fugace, ma bastò a fargli correre una scarica di energia lungo la schiena. C'era una potenza che non aveva mai sentito in quella voce, una pressione gelida, violenta, che sembrava a malapena umana. Riusciva quasi a sentire la sua presenza attraverso le decine e decine di passi di roccia che li separavano.
Poi il vento tornò a soffiare attorno al bastione centrale, riempiendo l'aria di qualcosa di molto più spaventoso di semplici parole. Era un odore lontano, pungente. Artas riusciva appena a sentirlo, ma era già insopportabile. Filtrava dall'interno del forte, sollevato dalle fiamme e portato dalla nuvola di fumo color pece. Era una puzza che il cadetto ricordava anche troppo bene dallo scontro che aveva avuto la settimana prima, la stessa di cui gli aveva parlato Lyra. Sangue e fiamme, la puzza di vite spezzate dalla magia.
Strinse talmente la presa sulla sua arma da sentire l'elsa scricchiolare come un ramoscello secco. Dimenticò quello che voleva fare, dimenticò i suoi compagni e Ilion dietro di lui, mentre il cuore prendeva a battergli nelle orecchie, più forte, sempre più forte.
Un ultimo rintocco della campana dell'allarme, tuttavia, lo riportò alla realtà, ricordandogli quello che aveva promesso giusto qualche momento prima.
Non ho intenzione di partire a testa bassa.
Ci volle tutta la sua forza di volontà per ricacciare quel boccone velenoso che aveva sentito chiudergli la gola in un nodo doloroso.
«Attento!»
Un nuovo grido, a metà tra la rabbia e la paura, lo raggiunse quando cercò di rinfoderare la sua arma, pronto a dare la scalata alla parete.
Tra un muro di fumo e una nuvola di scintille incandescenti, infatti, tre soldati si erano fatti largo tra le macerie del forte, uscendo a pochi passi da lui, armi in pugno. Tossirono, piegati in due dal calore, cercando di rimettersi in piedi alla bell'e meglio. Quando lo videro, il tempo sembrò fermarsi. Non erano dei loro, indossavano indumenti candidi e una corazza verniciata dello stesso colore, carica di graffi, come se avessero voluto mimetizzarsi in mezzo alla neve.
In quell'istante, quella fuga così disordinata dei warg da nord ebbe finalmente senso. Stavano scappando da loro?
Vide il fremito delle mani dei suoi nemici sin da quella distanza. Stavano decidendo se attaccarlo, non c'era tempo da perdere. Riprese la sua spada e si lanciò in avanti con tutta la sua forza.
Troppo tardi.
«L'abbiamo trovato!» gridarono all'unisono e il mondo sembrò farsi improvvisamente più silenzioso. Artas sollevò la spada e si parò davanti a Ilion, pronto a mantenere la posizione. La lama nera davanti ai suoi occhi brillò di riflessi violenti alla luce dorata del mattino.
Il primo dei nemici si lanciò in avanti con un grido, il martello da guerra levato in alto, sopra la testa, preparandosi a colpire e il giovane cavaliere strinse i denti. Era in inferiorità numerica, gli avevano insegnato che avrebbe dovuto ritirarsi, indietreggiare e riunirsi ai suoi compagni. Ma la sua unica compagna era bloccata da un cumulo di macerie.
E gli insegnamenti di Danae correvano ancora dentro di lui, con forza.
«Ah!» gridò con tutto il fiato che aveva, tanto da far tremare l'aria, tanto da sentir bruciare i polmoni. I muscoli si tesero sotto l'armatura, andarono a fuoco, eclissando il dolore e la fatica. La presa attorno all'impugnatura della sua spada si fece più salda che mai e si preparò a colpire. La testa di metallo dell'arma nemica si stava avvicinando con velocità spaventosa, aveva il tempo per un solo colpo. Ma un colpo, con quella spada, sarebbe bastato.
Un lampo di luce dorata fendette l'aria, riempiendola di un fischio talmente acuto da spezzare quell'urlo disumano. Una scintilla di metallo incandescente sfolgorò per un istante davanti agli occhi di Artas, poi la sua vista si riempì di una nuvola scarlatta, mentre la testa dell'arma nemica rotolava inutilmente nella neve.
Un rantolo soffocato fu l'unico rumore che accompagnò la fine di quello scontro, mentre il nemico crollava a terra, cercando di stringere inutilmente una mano attorno alla gola, il colletto della corazza e l'usbergo sotto di essa squarciati con facilità.
All'improvviso, Artas sentì di nuovo il cuore saltargli in gola e pulsargli nelle orecchie con la forza di un tamburo, ma non per la paura. No, quella scomparve nel momento in cui sentì l'odore di ferro del sangue che riempiva l'aria. Tutto quello che aveva provato a tenere dentro fino a poco prima esplose in un istante, coprendo il mondo di un velo cremisi.
«Comandante!» gridò ancora uno dei superstiti, alzando il suo martello da guerra per difendersi «Comandante, è qui. Il raga–!»
La voce gli morì in gola in un rantolo quando una freccia gli si schiantò al centro del petto, sollevandolo da terra e lanciandolo lontano. Con la coda dell'occhio, il ragazzo riuscì appena a intravedere la chioma nera di Lyra e una punta di freccia che scintillava attraverso uno degli squarci della torre. Era salva anche lei, annerita dalle fiamme, ma salva. Rincuorato, riprese a combattere con tutta la foga a cui poteva fare appello, proprio come gli avevano insegnato.
La sua spada morse attraverso l'acciaio dell'armatura del soldato rimasto, squarciando protezioni e la pelle dell'uomo, ma mai abbastanza a fondo per essere fatale. L'arma del soldato saettava da una parte all'altra, rispondendo colpo su colpo, ma piano piano l'acciaio si stava consumando. Presto avrebbe potuto chiudere quello scontro.
Quando provò ad aggiustare la postura per colpire ancora, però, un'ondata di calore insopportabile lo investì dal nulla. Si trovò sollevato da terra, mentre fiamme candide e schegge di pietra affilate come rasoi gli vorticavano attorno, ferendolo al viso. Cercò di proteggersi con il suo mantello, rotolò di nuovo a terra e si preparò a combattere ancora.
«Ma cosa?!»
Quando alzò gli occhi, la sua domanda trovò immediatamente risposta. Dal centro di quello che rimaneva del forte si fece largo una nuova figura, un uomo in armatura. Pallido, con capelli e occhi pallidi, in spaventoso contrasto con la sua armatura cremisi e il suo mantello nero.
Gli si parò davanti in una nuvola soffocante, reggendo in una mano una sfera fiammeggiante, il sigillo runico della magia ancora stretto tra le sue dita.
Un attimo dopo, dalle macerie comparve anche la sua scorta, dieci altri soldati con le armi strette in pugno. Si avvicinarono a lui, pronti a combattere, ma il loro comandante fu più veloce e li bloccò con un cenno della mano.
«Fermi.» disse con tono piatto, guardando i suoi uomini abbattuti.
«Alt, ragazzo.» aggiunse poi, puntando una spada sottile verso Artas, quando si accorse che stava cercando di arretrare. Sporca di sangue, una lama candida percorsa da sottili linee dorate parallele, ornata in maniera sontuosa. Non era quella l'arma che Ilion aveva visto «Dove pensi di andare?»
Guardandosi attorno, Artas alzò di nuovo lo sguardo verso l'amica e la vide scivolare attraverso le macerie, addentrandosi nelle parti del bastione in cui le fiamme non erano così intense. Per qualche ragione, inoltre, sembravano non aver notato Ilion, anche se era solo un passo dietro di lui ormai. Doveva prendere ancora un po' di tempo, forse se Lyra avesse trovato dei rinforzi avrebbero potuto ribaltare la situazione.
«Lontano.»
«Come, lontano? Abbiamo fatto un lunghissimo viaggio per incontrarti. E tu vorresti andartene? I tuoi genitori non ti hanno insegnato l'educazione?» Era una trappola, era solo una trappola per farlo combattere, lo sapeva, lo sentiva, ma faceva fatica a tenersi indietro.
«Chi siete?»
Fece un passo indietro, stringendo i denti e le mani attorno all'impugnatura, avvicinandosi a Ilion.
«Io sono Haldor e tu hai qualcosa che mi serve.» replicò il comandante nemico, puntandogli contro la lama, tenendola leggera, con la punta delle dita «Dov'è il libro di tuo padre? Dove sono le memorie di Arcadia?»
Non ci fu bisogno di parlare oltre.
«Dharak!»
«Uh. Aggressivo.»
Gli altri dharak si stavano avvicinando sempre di più, presto avrebbero tagliato ogni via di fuga e si sarebbero accorti di Ilion. Il loro comandante sembrò pensare un momento a quello che aveva appena detto, poi sollevò un dito. La sfera di fuoco rispose a quel movimento, danzando appena più in alto «Ah, che sciocco. Tu non hai mai conosciuto i tuoi genitori, non è vero?»
A quelle parole, però, non riuscì a trattenere uno scatto di rabbia.
«Stai zitto!» fece scattare la spada, ma non nel modo in cui il suo avversario si era aspettato. Si lasciò cadere a terra e rotolò in una spazzata, colpendo alle caviglie due soldati che si erano avvicinati davvero troppo. La sua lama nera scattò, veloce come un serpente, attraversando la gola del primo e affondando negli interstizi dell'armatura del secondo. Un rivolo di sangue scuro riempì il campo ghiacciato, colando sulle rocce roventi che lo punteggiavano, ma il mago avversario non sembrò per niente impressionato. Anzi, si lasciò andare a un sorriso sottile.
«Sembra che le storie che ho sentito non siano solamente storie, a quanto pare. Mi avevano detto che saresti stato combattivo.»
«Non sai quanto.»
A quelle parole, il nemico si fece avanti, facendo roteare la spada sottile tra le mani, creando un vortice di fumo nero. Sembrò giocare per un momento, poi la alzò davanti al viso, preparandosi a combattere.
«No? La tua famiglia è molto famosa da noi. Abbiamo sentito i racconti sui tuoi antenati più e più volte, negli ultimi trecento anni.» riprese, stringendosi nelle spalle, tornando a rilassarsi ancora una volta «Le madri li raccontavano ai propri figli prima di andare a dormire, come monito per farli tornare a casa prima del buio.»
«Non sai niente della mia famiglia!»
«E tu invece? Quanto sai su di loro? Assassini e distruttori, tutti quanti. Come loro, tu uccidi senza rimorso.» riprese ancora il mago, indicando i suoi sottoposti riversi nella neve, solo per poi spostare la punta dell'arma nel punto in cui Ilion stava ancora cercando di rimanere nascosta «E chi stai aiutando a nascondersi non è certo migliore di te.»
«Basta!»
Quella volta caricò davvero a testa bassa, preparando di nuovo un fendente con tutte le sue forze. Non poteva permettersi di portare avanti quello scontro troppo a lungo, non contro un mago come lui. Aveva forse una manciata di attacchi a disposizione, prima di venire respinto o circondato.
Proprio in quel momento, però, la palla di fuoco che il nemico aveva tenuto in mano fino a quel momento sfrecciò nell'aria. Solo, non verso di lui.
«No!» allungò un braccio più velocemente che poté, prima che la magia incandescente riuscisse a superarlo. Gli ci volle un momento di troppo per capire.
Gli anelli di argento nero che portava alle dita bloccarono la magia, ma il calore fu tanto intenso da ridurre in cenere il suo guanto e bruciargli la mano. La palla di fuoco scivolò sul metallo e cambiò traiettoria, schiantandosi contro le mura di cinta in un boato assordante.
Un grido sordo gli montò in gola mentre cercava di ignorare quel dolore, gli bruciò i polmoni, mozzandogli le parole in bocca. Sconnesso, violento, insensato. Si fece di nuovo sotto al dharak, cercando di superare la sua guardia, ma non riuscì a sorprenderlo. Gli occhi di quel mostro guizzavano da una parte e dall'altra, trovando sempre il momento migliore per rispondere ai suoi attacchi. Parata e contrattacco, finta, colpo di rovescio, ogni suo movimento era studiato per metterlo in difficoltà, per impedirgli di attaccare ancora, ma mai per ferirlo veramente. Si stava prendendo gioco di lui.
«Credi davvero di poter essere l'unico a giocare?» domandò di punto in bianco il mago nemico. Con la coda dell'occhio, Artas ebbe giusto modo di vedere che il resto dei soldati di Dharak non stavano più cercando di avvicinarsi a lui, ma anzi volevano circondare il punto in cui giaceva Ilion, ancora intrappolata dalle macerie.
Quel momento di distrazione gli fu fatale. Troppo tardi, si rese conto dello scatto improvviso dell'arma del suo avversario. Provò a sollevare la sua spada, cercando di intercettare il colpo, ma ferito e indebolito, riuscì solamente a deviarla di poco. All'improvviso, la parte sinistra del viso prese a bruciargli come se stesse andando a fuoco. Strinse i denti e chiuse gli occhi, cercando di non gridare, mentre sentiva il sangue stillare sul viso, attraverso le dita della mano ferita.
Grugnì e indietreggiò di un passo, cercando di tenere una guardia credibile. Non servì a molto.
«Getta l'arma, cavaliere.» concluse il mago, puntandogli di nuovo la spada a un soffio dal viso «Dammi le memorie di tuo padre e noi ci ritireremo, continua a combattere e nessuno dei tuoi amici vedrà il tramonto.»
Artas tentennò avvicinandosi ancora a Ilion, stringendo ancora di più i denti.
«Combattere non ti porterà da nessuna parte, stavolta. Non arriverà nessuno ad aiutarti.»
«Non stavolta!»
Lyra e Idri comparvero come dal nulla, armi in pugno, avvolti da un vento soffocante. La lama del coltello della ragazza sibilò nell'aria e un grido terribile squarciò il silenzio, mentre il mago di Dharak si piegava in due, coprendosi il collo con una mano.
«Adesso!»
Artas si sentì afferrare per il colletto della giubba, tirato verso Ilion e le mura di cinta alle sue spalle. Prima di allontanarsi, però, vide qualcosa tra le dita del mago, un simbolo della magia, qualcosa dall'aria antica.
Veloce come un fulmine, Lyra incoccò una freccia e la scagliò contro il soldato più vicino in un rintocco di metallo su metallo, facendosi largo mentre continuavano la loro corsa, si accasciò e trascinò Ilion fuori dalle macerie, continuando a correre.
«Prendeteli!»
L'ordine arrivò dopo quella che sembrò un'eternità, ma loro ebbero appena il tempo di varcare lo squarcio nelle mura prima che il resto del gruppo si lanciasse al loro inseguimento, armi in pugno.
Con un colpo di mano, Artas riuscì a far guizzare il braccio con abbastanza forza da far affondare la spada all'interno della pietra. La malta incantata, indebolita dal fuoco, offrì ben poca resistenza e, appena dopo che ebbero attraversato la breccia, il muro cominciò a crollare con un rombo assordante.
Spinto dalla stretta dell'amica, il giovane cavaliere si trovò a correre senza meta verso sud, scivolando attraverso la macchia, lasciando presto indietro i suoi altri tre compagni. Corse e corse e corse ancora, diede fondo a tutte le sue forze, portato sulle ali di un vento carico di cenere che prometteva solo morte e distruzione.
Se fossero riusciti ad allontanarsi abbastanza, però, avrebbero potuto far perdere le loro tracce in mezzo al bosco e avrebbero potuto aggirare i loro inseguitori. Se fossero riusciti a tornare al forte, forse avrebbero potuto aiutare quelli che erano rimasti, avrebbero potuto–
Prima che potesse finire di fare quei ragionamenti, si sentì sollevare di peso da terra, mentre il sottobosco esplodeva sotto i suoi piedi in un mare di fiamme incandescenti. Una cacofonia di grida sconnesse riempì la foresta quando la stessa sorte toccò ai suoi compagni, li vide volare in mezzo a spruzzi di neve e zolle di terra bruciate giusto per un istante, poi tutto si fece di nuovo confuso. Il mondo gli vorticò attorno ancora una volta, poi arrivò l'impatto con il terreno, sordo, secco.
Rotolò senza controllo, poi sbatté pesantemente contro un albero, forte abbastanza da farlo quasi crollare a terra. Tutto quello che vide quando si fermò fu una vista della foresta da cui era arrivato, completamente annebbiata, e stelle brillanti che gli danzavano davanti agli occhi.
«Pensavate di poter fuggire?» domandò l'incantatore nemico, facendosi largo in mezzo alla foresta con in mano un sigillo di scintille di luce rosseggiante.
Per tutta risposta, Artas si pulì la bocca con il dorso della mano libera, solo per poi massaggiarsi la mascella. Per fortuna i colpi non avevano ancora fatto troppi danni. Il suo nemico, invece, forse era ferito quasi più gravemente di lui. La lama di Lyra l'aveva ferito alla gola, da quello che poteva vedere. Stavolta non gli rimaneva che combattere, giocarsi il tutto per tutto, sperando che stavolta il suo attacco connettesse. Con quella ferita di certo aveva qualche possibilità in più.
«Si chiama ritirata strategica.» replicò, storcendo il naso mentre si guardava ancora attorno. I suoi compagni si stavano rimettendo in piedi lentamente, ma per fortuna nessuno sembrava essere stato ferito gravemente. Se fossero stati veloci abbastanza, forse sarebbe riusciti a finire quel combattimento prima che il mago venisse raggiunto dai suoi sottoposti. Ebbe giusto la forza di rialzarsi, parandosi davanti agli amici.
Quando sentì le sue parole, il mago nemico scoppiò in una risata violenta, isterica.
«Ma certo, ma certo. Arcadia non fugge davanti a niente, giusto?» rispose digrignando i denti, solo per poi cominciare di nuovo a tracciare una figura a mezz'aria con le punte delle dita. Cerchi e linee ondulate, spezzate, come scintille portate dal vento. Le sette punte della stella del sigillo fiammeggiante presto brillarono sul palmo della sua mano, mentre l'uomo si preparava a colpire ancora.
Artas alzò una mano, provando a difendersi. Non successe nulla. Niente fuoco nel petto, niente scintille sulle punte delle dita, niente. Perché non succedeva niente?
La sua difesa, tuttavia, stavolta funzionò meglio. Senza più impedimenti da parte dei suoi guanti, l'argento nero bloccò le fiamme quel tanto che bastò per evitare che gli bruciassero il braccio.
«Artas!» la paura che sentì nella voce di Ilion gli serpeggiò addosso, tetra, inquietante, ma la fitta incandescente non durò che un istante, poi se ne andò com'era arrivata.
«Maledetto mostro.» il mago si fece più vicino, la spada stretta in pugno con foga, però non sembrava intenzionato a usarla «Perché non muori?»
«Perché non è il suo giorno!»
Quella volta fu Idri a farsi avanti, una mano tenuta stretta attorno al pendente che portava al collo. Si fece avanti con forza, puntando i piedi a terra e prese a parlare velocemente, in una lingua che Artas non riconobbe neanche per un istante. Le sue labbra si mossero veloci come un fulmine, le parole trasformate in uno stormire di una tempesta lontana.
Lo stesso vento impetuoso di poco prima si levò attorno al gruppo, alzando una cortina diafana di cristalli di ghiaccio e terra e le fiamme che fluttuavano sul palmo del comandante di Dharak si affievolirono.
"Idri è un mago?"
La domanda di Artas cadde nel vuoto quando l'amico lo spinse indietro con la mano libera, verso le compagne.
«Andate! Lo terrò occupato, prendi Ilion e scappate!»
«Illuso!»
Le fiamme dell'incantatore nemico si fecero più intense che mai e la foresta si riempì di un odore asfissiante mentre tutto attorno all'uomo si trasformava in cenere. Il vento lo rallentò appena, così riprese a tracciare i suoi sigilli, uno dopo l'altro, ancora e ancora, dodici cerchi concentrici collegati a quartetti e sette stelle storte a sette punte, collegate con fili sottili di luce. La formula runica della sua magia crebbe e crebbe ancora, fino a quando l'intera profondità della foresta non brillò di un bagliore sinistro, malvagio, e anche il simbolo alla base del collo del mago prese a risplendere di una sfumatura cremisi, violenta sotto l'armatura.
I dardi incandescenti si unirono tra loro, vorticarono, raccolsero il vento che aveva cercato di soffocarli e crebbero. Ancora e ancora, prendendo potenza a ogni secondo in più e cancellando quegli ultimi scampoli di inverno che avevano attanagliato il forte.
Un secondo sole si levò davanti a loro, cancellando ogni suono con la sua imponenza.
Scappare? Che senso aveva cercare di allontanarsi da una magia del genere?
«Non mi priverai della vittoria!» gridò ancora il mago, superando il basso rombo del suo potere arcano.
Una lacrima di luce sfrecciò verso Idri, veloce quanto un pensiero. Artas agì d'istinto, ma Lyra fu più veloce. Sollevò il suo grosso coltello da caccia e lo levò davanti al petto dell'amico, cercando di difenderlo. L'acciaio scricchiolò e la ragazza gridò con tutte le sue forze mentre si contrapponeva alla scarica bruciante di Haldor, ma la spinta era troppa perché potesse resistere. Presto l'arma si sarebbe infranta.
«Artas!»
Prima che potesse intervenire per aiutare gli amici, il giovane cadetto si trovò accanto Ilion, che attraverso le raffiche soffocanti gli tendeva una mano.
Un istante di esitazione, un fremito, le sue mani si allungarono nell'aria, cercando di raggiungerla. Era tutto quello che aveva cercato di evitare in quegli anni, il motivo per cui l'avevano inviato così lontano dalla capitale, il motivo per cui erano quasi morti, ma non avevano altre possibilità. Ilion aveva ragione, era tutto quello che gli rimaneva.
Prima ancora che si sfiorassero, i raggi dorati del Sole vennero eclissati da nubi plumbee e tuoni lontani scossero la terra. Un attimo dopo, poi, le punte delle loro dita entrarono in contatto e il mondo sembrò fermarsi. Fulmini in miniatura, come una tempesta racchiusa all'interno di una bottiglia, corsero attorno alle loro dita, sulle loro mani e sulla pelle delle braccia, come serpenti impazziti.
Gli anelli di argento nero si sgretolarono come gesso sotto la pressione spaventosa di quella magia, poi arrivò la stretta. Le loro mani si serrarono fino a sbiancare e l'alone di luce si fece accecante, insopportabile.
"Forza!"
Gridò con tutto sé stesso, cercando di dare una direzione a quel potere incontrollabile. In quel momento sì che il cuore gli bruciò nel petto, prendendo campo come un incendio, e sentì di nuovo l'energia vibrargli sulla pelle. Sentì l'ebbrezza di quella potenza e il peso insostenibile che portava con sé, ma sarebbe bastata a opporsi al nemico?
La rabbia dipinta sul volto di Haldor era inequivocabile. Quell'ultimo scontro avrebbe deciso la sorte di tutti.
Un'ultima lingua di fuoco si levò dalle mani del nemico, calando dalla gigantesca sfera incandescente come un raggio di luce, troppo veloce per poterlo fermare. Avvolse Lyra e la sollevò da terra, infrangendo la sua lama e squarciando la sua armatura.
Idri si fece indietro, correndole dietro per aiutarla in qualche modo, cercando di proteggerla da quello che sarebbe arrivato. Parlò veloce, ma il mondo per i due ragazzi ormai sembrava diventato completamente silenzioso.
Un ultimo momento di silenzio, l'ultimo istante di pace, poi le magie calarono. Fuoco e fulmini scavarono trincee rosseggianti, facendo gridare la terra di un lamento selvaggio. Venti di tempesta spazzarono la gola deserta, sradicando alberi secolari e portando con sé un calore che ridusse in cenere tutto quello che era rimasto in piedi. Nessuna delle due energie arcane sembrava pronta a prevalere, nessuno dei tre contendenti pronto a cedere. Rabbia, paura e voglia di vendetta si intrecciarono nel cuore di Artas e all'improvviso il peso della sua magia si fece ancora più intenso, facendolo affondare nel terreno distrutto.
Sentì la voce di Ilion nella sua testa, la sentì vibrare nelle orecchie, sentì i suoi pensieri, la sua paura, il battito del suo cuore. Gridò come non aveva mai fatto e la principessa fece lo stesso. Le loro voci, i loro stessi pensieri si fusero mentre davano tutto quello che avevano in quell'ultimo, disperato tentativo di vittoria.
Un grido, solo un grido.
Poi tutto si fece bianco.
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