Fiamme ruggenti

La principessa cominciò a camminare di nuovo avanti e indietro per tutta la stanza, le mani conserte, e Artas rimase in silenzio ad ascoltare il suo racconto.

Ogni parola vibrò nell'aria come il rintocco di una campana, facendogli correre brividi freddi lungo la schiena. Gli sembrò quasi di trovarsi davanti quella scena, come se fosse stato lui ad avere quel sogno.

Nuvole di denso fumo nero si levavano ovunque nella capitale, coprendola con una cortina impenetrabile, soffocante. Il rumore di armi che cozzavano tra loro era assordante, anche da quella distanza. Le imponenti mura di difesa erano state squarciate e fiamme brillanti imperversavano lungo tutto il confine nord della città, mentre il campo di battaglia attorno a loro era completamente devastato, ridotto a una landa ricoperta di vetro.

Artas si vide accasciato a terra, in ginocchio, trafitto al petto da una spada dalla lama nera come la notte, aggrappato all'asta scura della bandiera nemica, in un ultimo, disperato tentativo di combattere ancora.

Il vessillo, tre stelle nere sopra un monte bianco, si tese con un'ultima, rabbiosa raffica di vento di tempesta. Un lampo accecante rimbombò in lontananza nel cielo scuro, poi tutto finì. In un rombo assordante, quello che rimaneva delle alte mura difensive di Aurelia crollò.

«Capisci adesso?» quando Ilion finì di raccontare, il giovane cavaliere si sentì sollevare un enorme peso di dosso, come se qualcuno avesse sollevato una coperta che lo separava dal resto del mondo.

«Era solo un sogno.» la risposta uscì un po' più fredda di quanto Artas avrebbe voluto, ma tant'era ormai.

«No che non–! Tu non capisci, proprio non capisci.» Ilion cominciò ad agitarsi di nuovo, avvicinandosi di nuovo a lui a grandi passi.

«Cosa dovrei capire? Credi sia stata una premonizione, una qualche specie di visione del futuro?»

«Esatto! Io ti ho visto co–come sei adesso, insomma! Non è stato un sogno normale, non può esserlo.»

«Nessuno è mai riuscito a vedere il futuro in tutti i secoli di studio della magia, vero? Sei stata tu a raccontarmelo.» le fece notare, picchiettando con una mano sulle gambe, a disagio. Non gli piaceva la piega che stava prendendo quella conversazione «Ti stai preoccupando per niente.»

«Preoccupando per niente?! Con tutto quello che ti ha appena detto Faram, vieni a dirmi che mi sto preoccupando per niente?»

«Se hai visto il futuro, sappiamo che qualsiasi cosa io faccia sarà quella sbagliata, no?» le fece notare Artas, stringendosi nelle spalle «E non puoi chiedermi di non combattere, lo sai. Non dopo quello che hanno fatto.»

«Io so che non voglio vederti morto!»

«Non sarò io a morire!» scattò in piedi, pestando a terra con tanta forza che l'intera stanza tremò.

Gli ci volle tutto il suo autocontrollo per non continuare a gridare, ma si rese conto di quello che aveva appena detto. Non aveva il minimo senso, come non aveva senso urlarsi in faccia dopo tutti quegli anni, non quando il motivo era che la sua vecchia amica era preoccupata per lui.

«Mi dispiace, non volevo.» concluse, tornando a sedersi. Incrociò le braccia davanti al viso e prese aria a grandi boccate, cercando di riprendere almeno un po' del contegno che aveva quando era arrivato «Scusami.»

«Ascolta, ti chiedo solo di fidarti di me, niente di più. Non ho intenzione di lanciarmi a testa bassa da nessuna parte.»

«Ma se non sai fare altro.»

Artas sbuffò di nuovo, ma non rispose. C'era qualcosa di molto più importante che voleva sapere in quel momento.

«Il maestro Faram sa di questa cosa?» aggiunse subito dopo, allungandosi verso di lei «Gliene hai parlato?»

«Avevo pensato di non farlo la prima volta che ho avuto quell'incubo, poi è successo ancora. E ancora. E ancora.» fu la risposta della principessa «Alla fine ho dovuto dirglielo e, mentre parlavamo, il tuo comandante ha chiamato. Adesso mi capisci, non è vero? Non possono essere tutte coincidenze, te ne rendi conto?»

Il giovane cadetto sentì uno strano pizzicore alle mani, come se fosse stato trafitto da mille aghi sottili. D'accordo, la cosa si stava facendo strana.

«Dove mi volete portare?»

«Il maestro pensava che le Aule potessero essere il luogo migliore e più sicuro per il tuo addestramento.»

Lui si lasciò andare a un altro sospiro, abbassando la testa.

«Dall'altra parte del regno.»

«Più distante possibile dal confine, esatto.» replicò ancora Ilion «Ma non è solo per quello, lo sai anche tu. Le Aule della Saggezza raccolgono tutta la conoscenza magica di Valarian e dei nostri alleati, centinaia di anni di scritti, teorie e leggi sulla magia. Potremmo imparare molto più di quanto immagini.»

Artas sentì i pensieri viaggiare più veloci di una freccia. Avere Faram come insegnante era un conto, ma averlo come insegnante nel luogo in cui si concentrava una buona parte delle scoperte magiche delle terre del nord era una cosa completamente diversa, era la stessa differenza che c'era tra camminare e volare. E non sarebbe stato solo, stavolta.

«Vorrei andare a prendere le mie cose.» aggiunse alla fine, rimettendosi ancora una volta in piedi, impaziente «Hai voglia di vedere il forte?»

A quella domanda, gli occhi di Ilion sembrarono illuminarsi di nuovo. Quello non era cambiato, eh?

«Dove andiamo?»

«All'ultimo piano dei dormitori.» spiegò ancora il ragazzo, rimettendosi in piedi ancora una volta e affiancandosi alla principessa «Mi avevano messo lì per proteggere–»

«Gli altri nel caso ci fosse stato un nuovo incidente durante la notte?» Ilion gli levò le parole di bocca.

«Già.»

C'era davvero bisogno di aggiungere altro?

Così il ragazzo uscì dalla stanza in silenzio, scortando l'amica verso la parte più aperta del bastione centrale. Ora il corridoio non era più vuoto, c'erano decine e decine di suoi compagni, ragazzi e ragazze della sua stessa età che si affrettavano da una parte e dall'altra del forte, intenti a prepararsi per la mattinata in arrivo. Un vociare incessante riempiva la sala grande, insieme con un rumore di metallo contro metallo e legno.

Quando arrivarono al suo ingresso, ci fu un silenzio di tomba. Uno dopo l'altro, tutti i cadetti poggiarono forchette e coltelli e si voltarono a guardarli, come se si aspettassero chissà cosa. Paura, preoccupazione, sollievo, sorpresa e anche un po' di meraviglia, vide talmente tante espressioni diverse in quel momento che non riuscì a capire cosa stesse succedendo.

Avevano paura di lui? O di quello che stava succedendo?

Fortunatamente, c'era sempre qualcuno su cui Artas poteva contare.

«Coraggio, coraggio, non c'è niente da vedere. Finite la vostra colazione e andate a prepararvi! I capitani vi stanno aspettando, avete voglia di fare cinque giri di corsa in più lungo le mura?» Lyra, si fece largo a grandi passi attraverso la folla che si era radunata nella sala grande, fino a raggiungere lui e Ilion. Stette per un attimo a guardarli, spostando lo sguardo tra Artas e la principessa, avanti e indietro, ancora e ancora.

«Devi dirmi qualcosa?»

«Devo?» le fece eco lui, stringendosi nelle spalle.

Senza aggiungere altro, la ragazza dai capelli corvini puntò un dito verso Ilion, con un cenno di confusione stampato in faccia.

«Oh, giusto. Certo.» si affrettò a fare le presentazioni del caso, dandosi un colpetto sulla fronte. Era ovvio che non si conoscessero, pensandoci un momento «Lei è Lyra, cacciatrice della Gilda per il controllo delle creature magiche.»

«Ecco, giusto. Lyra, lei invece è Ilion.»

Quando sentì pronunciare quel nome, dapprima la giovane cacciatrice impallidì, tirò indietro la mano che aveva allungato verso l'altra ragazza, poi sprofondò in un inchino fino a terra, gli occhi rivolti ostinatamente verso il pavimento.

«Chiedo scusa, Altezza. Non vi avevo riconosciuta.»

Ilion la fermò con un cenno veloce.

«Non qui. Venite, possiamo parlare mentre ci muoviamo.» spiegò, porgendole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi «E comunque non c'è bisogno di tutte queste cerimonie. Io non dovrei neanche essere qui.»

Lyra alzò appena la testa quando sentì quelle parole, scostando una ciocca di capelli che le era caduta davanti al viso mentre cercava di nascondere la sorpresa che si stava facendo largo nella sua espressione.

Detto ciò, quindi, tutti e tre presero la grande scala che portava al dormitorio centrale e da lì salirono e salirono ancora, un gradino dopo l'altro, in un'atmosfera che si faceva di momento in momento più strana.

«Siete un'amica di Artas, vero?» chiese ancora la principessa, porgendole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi.

Lyra ci pensò su un momento, poi fece un movimento che fece cigolare tutta la sua armatura. Si era stretta nelle spalle?

«Beh, sì. Direi che siamo amici, ecco. Sapete, con il trattato di neutralità in teoria non dovremmo neanche parlare, però passando così tanto tempo al forte, diventa difficile rimanere sempre in silenzio. Ci siamo allenati spesso insieme.»

Artas fece per salire la lunga scalinata per arrivare ai dormitori, ma prima che potesse fare anche solo un passo, Lyra lo afferrò per un braccio.

«Te ne vai davvero, quindi?»

Un momento di esitazione bastò perché la principessa gli rivolgesse un nuovo sguardo, facendogli un cenno con la testa.

«Io aspetto più avanti.»

Artas si limitò ad annuire, poi spostò di nuovo la sua attenzione sull'amica. Quella volta lei non prestò che un attimo di attenzione alla principessa, guardandolo dal basso con aria vacua. Sembrava completamente diversa da poco prima, forse perché erano rimasti soli? O forse perché aveva avuto modo di pensare a quello che aveva detto?

«Non ho altra scelta, mi dispiace.»

Esitò un momento prima di continuare.

"Siamo distanti dal confine, forse mi sto preoccupando per niente."

«Lily.» la prese per un braccio, prima che potesse tornare sui suoi passi «Ascolta, vorrei che ve ne andaste. Potrebbe scoppiare una nuova guerra, non voglio che nessuno di voi si trovi quassù, se dovesse succedere.»

Quella richiesta sembrò turbarla ancora più della risposta che le aveva appena dato. Lo guardò di nuovo con occhi sgranati, come se fosse completamente impazzito. Sapeva che sarebbe stato inutile, ma forse sarebbe riuscito a farla ragionare. Se avesse ascoltato, forse–

«Lasciare il forte? Credi davvero che mi ascolterebbero? Siamo amici, ma non lo farebbero mai, lo sai anche tu. Non puoi chiedergli di disertare, non dopo tutti questi anni.»

Un attimo dopo, però, mise su un grande sorriso, puntandosi un pollice sull'ampio pettorale.

«Non ti preoccupare, se ci sarà bisogno di qualcosa io sarò qui con loro. Chiederò al comandante di lasciarmi distaccata qui ancora per un po', fino a quando non riuscirai a tornare.»

Quando sentì quella risposta, Artas scosse la testa. Dopo tutto quello che aveva visto nella foresta, cercare di spaventarla non sarebbe servito a niente.

«Certo. Però promettimi che ne parlerai anche con gli altri. Soprattutto con...»

Un rumore assordante di passi cigolanti sulle scale lo interruppe bruscamente, poi da un angolo della rampa di scale che avevano appena superato vide sbucare la figura minuta di Odir che cercava di raggiungerli in tutta fretta, a corto di fiato, l'armatura che aveva addosso sempre troppo grande sulle sue spalle.

«Artas!»

Doveva essere stato fuori, sulle mura. Era ancora più pallido del solito.

«Idri mi ha detto che te ne stai andando! Non puoi andartene, non puoi lasciare la terza squadra!»

Prima che potesse raggiungerlo, Lyra allungò una mano verso di lui, tirandolo verso di sé con forza e stringendolo in un abbraccio, forse anche con troppa forza.

«Vieni via, Odir.» lo rimbeccò la cacciatrice, cercando di allontanarlo, costringendolo a piegarsi in due per cercare di scappare.

«Aspetta. Lascialo, dai.» Artas scese un gradino, poi si accucciò quel tanto che bastava per stare faccia a faccia con il compagno più giovane e ancora una volta non riuscì a non chiedersi cosa ci facesse lì quel bambino così minuto. Anche lui era così piccolo quando era arrivato al forte?

«Hey.» si avvicinò quel tanto che bastava per portare una mano al viso del bambino, rimettendogli a posto i capelli scompigliati «Sì, è vero, me ne devo andare. Ci vorrà un po' di tempo, devo fare una cosa importante. Tornerò il prima possibile e sono sicuro che tu sarai diventato il più forte di tutti qui dentro, vero?»

«Anche più forte di te?»

«Anche di me. Ma non è una cosa che si può fare da soli, hai capito? I compagni, gli amici, servono a questo.» gli puntò un dito sul cuore, poi alzò di nuovo lo sguardo su Lyra «Se hai bisogno di qualcosa, loro ci saranno sempre per te. E tu aiuterai loro, d'accordo?»

Odir lo guardò ancora per un attimo, poi i suoi occhi si fecero ancora più grandi e lucidi e Artas si sentì un po' il cuore sprofondare nel petto.

«Ma io non voglio che te ne vai.»

«Lo so. Neanche io vorrei andarmene.»

Lyra si fece di nuovo avanti quando sentì il primo singhiozzo, prendendo di nuovo il bambino con sé, stavolta in un abbraccio molto più delicato.

«Ti preoccupi sempre troppo.» gli fece eco la ragazza, scendendo qualche gradino fino ad arrivare a guardarlo negli occhi «Non siamo così imbranati come credi, lo sai, vero? Non abbiamo bisogno di te per difenderci.»

«No?»

«No. Torna a casa, grande eroe.» allungò un pugno verso di lui, in segno di saluto «Quando vorrai tornare, noi saremo qui ad aspettarti.»

«Buon viaggio.» concluse «Fratello.»

Prima che potesse rispondere, tuttavia, un rumore acuto, penetrante, spezzò la calma appena riacquistata. Il rintocco di una piccola campana, un suono che aveva sperato di non sentire mai, soprattutto non in un momento come quello. Un attimo dopo, un rombo di tuono squarciò il silenzio e un lampo vermiglio si stagliò attraverso le sottili finestre della scalinata.

Grida improvvise, cariche di paura, riempirono la sala grande, salendo fino a loro in una cacofonia assordante, poi un'altra serie di tonfi si fecero avanti verso di loro. Qualcuno stava correndo.

Poi, un unico grido attraversò l'aria ferma del forte, come una lama gelida, facendo correre brividi sulla schiena di Artas e impallidire Lyra.

«Alle armi!»

Idri li raggiunse in una nuvola di polvere e cristalli di ghiaccio, ferito al collo e al viso, con una guancia coperta di sangue.

«Artas!» gridò, rotolando a terra «Siamo sotto attacco, dovete raggiungere i com–»

Non finì mai di parlare. In un battito di ciglia l'aria venne come risucchiata dalla grande scala e tutto si fece muto. Artas riuscì a vedere le labbra dell'amico muoversi, come se il mondo si stesse muovendo attraverso la melassa, lo vide gridare qualcosa, ma non uscì nessun suono dalla sua bocca, poi sentì come se qualcosa gli stesse premendo da dentro le orecchie, contro i timpani.

Un momento dopo arrivò il calore. Insopportabile, soffocante, scivolò all'interno delle spesse pareti di pietra come un serpente, fino a raggiungerli. Fiamme brillanti riempirono le rampe come un fiume in piena, sgretolando la roccia piena e avvolgendo il gruppo con la forza di una valanga. Squarciò la torre, si raccolse sulle pareti e continuò la sua corsa, verso i piani superiori e la cima della torre. Verso la sua amica.

«Ilion!»

Il grido si perse nella distruzione del fuoco. Artas cercò di aggrapparsi a qualcosa, qualsiasi cosa, provando a rimanere in piedi, a proteggersi in qualche modo, ma non servì a nulla. La pietra si sgretolò sotto la sua stretta come gesso.

In un battito di ciglia, il tempo di un respiro, quella marea incandescente lo avvolse, lo torse, lo stritolò tra le sue spire. Poi, veloce com'era arrivata, corse a continuare la sua distruzione e il mondo cominciò a crollare.

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