Un giorno uguale agli altri
Sa d'amore fare colazione con te. E allo stesso modo d'amara memoria del tempo sprecato in assenze ostinate e silenzi impenetrabili. Sa dell'infanzia che ritrovo in ogni gesto e nella nostra somiglianza fisica, quando ripenso a te nel pieno vigore degli anni invincibili in cui mi dicevi: Sei così delicato, sembri una ragazza. Mike è quello che mi somiglia di più, tu hai preso da tua madre, perché ero un adolescente acerbo e mingherlino... e guardaci ora: due gocce d'acqua, la stessa barba, gli stessi ricci.
Sei più lento a ogni movimento, il mostro ti consuma dall'interno in maniera inesorabile, ma ammiro come tu non ti arrenda e so che non ti darai per vinto fino a che ne avrai le forze. Vorrei stringerle tra le mie, le tue mani tremanti, allora spalmo il burro sul pane; anche questo è diventato uno sforzo troppo grande per te. Da quando ci metti solo la marmellata e vuoi raccontarmela? Non lo chiederesti mai e piuttosto rimani senza, così fingo d'averlo fatto per me: «ti passo le mie fette, giacché ci siamo, tieni». Sei la mia roccia e non ti farò sentire vecchio e debole, mai, perché tu sei e resti una roccia. La tua forza e quello hai costruito nemmeno la malattia lo potrà portare via.
«Domani sera che programmi hai? Verrai insieme ai tuoi fratelli da zia Ana, oppure hai appuntamento con gli amici del liceo?»
Mi chiedi cosa faccio per la vigilia... e avverto la tua voce impercettibilmente incrinata dalla paura di un mio rifiuto... e fortuna che stamattina ho lasciato i capelli sciolti che ricadono davanti al viso, perché ho le lacrime agli occhi e non devi vederle. Mi volto dalla parte opposta alla tua, sporgendomi per far finta di prendere un piattino che non mi serve. Passare la vigilia con altri? Con tutta probabilità l'ultima insieme a te? Il solo pensiero mi uccide. Già non vedi i tuoi nipoti da prima dell'estate, grazie ai capricci da diva di chi un tempo ho scelto come compagna di vita, tanto credibili che mi sono convinto ormai del fatto che la vera attrice sia lei, tra noi due... ci mancherebbe solo preferire gli amici. Per Amanda l'importante poi è farmi rispettare strettamente i termini dell'affido congiunto, in barba al fatto che i miei figli non abbiano conosciuto la nonna e conserveranno un ricordo sbiadito di te. Tutto questo mi fa montare dentro una rabbia folle che solo la tua presenza è capace di calmare.
Nel tuo altruismo non pensi mai a te e non lo hai mai fatto e non lo fai nemmeno ora che avresti tutto il diritto di pretendere il poco tempo rimasto con gli affetti più cari, ma tu sei così: vivi in punta di piedi. Vuoi essere amato per scelta, ed io ti amo papà, e non riesco nemmeno a immaginare come potrò andare avanti senza di te. Che cosa mi resta? I ragazzi? Ho perso anche loro.
Mi hai sempre lasciato libero, e libero sono stato, di andare lontanissimo da te, tanto lontano che credevo di non poter tornare, che io e te, un modo per parlarci veramente non lo avremmo mai trovato. E invece eccoci qua. Il mostro ha disintegrato l'orgoglio che non ho più. Resti tu, e va bene così. Anche Nicole e Mike saranno qui, perché non c'è altro posto al mondo dove vorremmo essere, se non con te.
«Mira che farà? Va dai suoi?» nella mia testa frulla già un'idea. Non mi ha mai parlato di parenti, non so se ne abbia qualcuno qui.
«Resterà con Matias nella dependance» mi dice in tono rassegnato, posando il pane che stava mangiando in un piattino. «So quello che stai pensando, a me ha già detto di no. Sai quanto è testarda, dice che si sentirebbe di troppo da zia Ana.»
«Ma se la conosce e zia la adora! Beh, io ci proverò lo stesso; Matias si divertirebbe con i figli di Joe, hanno più o meno la stessa età». Papà mi guarda scettico ma io insisterò con Mira. «Senti qua, papà, adesso ti accompagno di sopra a farti bello. C'è il sole e ti voglio portare a fare una passeggiata in centro, così ci fermiamo a mangiare le paste con la crema al Clevelander, come facevamo ogni domenica con la mamma. E al diavolo la glicemia, un dolce non ti farà niente. Mentre ti metti tutto elegante per me, io vado a sentire se Matias vuol venire con noi, così ho una scusa per stanare miss ritrosia. Non mi potrà resistere!» affermo, sebbene la mia sicurezza vacilli, tanto lei è sfuggente da quando sono tornato.
«Non ho dubbi che non ti resista, seduttore! Lo vedo come la guardi quando pensi che lei non se ne accorga; sono vecchio, non cieco» sorride sorniona la vecchia volpe Hernandez, dandomi un buffetto sulla guancia. «Hai un osso molto duro davanti. Conquistarla non sarà semplice come quando hai preso moglie.»
«Papà, la voglio solo invitare perché lei è Matias non restino soli a Natale, non farti strane idee...» mi scoppia a ridere in faccia di gusto. È bello vederlo ridere. Farei di tutto per rallegrare ogni suo momento.
«Non che possa darti torto, don Giovanni. Con il tuo fascino ne hai un esercito ai piedi, ma Mira è diversa. Non basteranno un paio di occhi belli per vincere la sua resistenza.»
«Occhi belli che ho preso da te, papà. Anche mamma era una ragazza seria e rigorosa, lo dici sempre, eppure ce l'hai fatta.»
«Con costanza, prudenza e tanta, tanta pazienza... alla fine si è sciolta, ma avevo quasi perso le speranze. Tua madre però era ancora una ragazza piena di sogni e ambizioni, quando l'ho conosciuta. Mira è a quel punto della vita dove il passato pesa al punto di non lasciarti intravedere spiragli per il futuro.»
«Perché non è venuta a New York? Che è successo veramente?» Volevo chiederglielo da giorni; non dovrei stressarlo, è già molto provato, ma devo sapere. Il malessere fisico di lei non poteva impedire anche a Matias di esserci. Lui ci teneva tanto a venire al Comicon.
«Ha avuto qualche problema con la schiena, fa un lavoro fisicamente impegnativo, può capitare» glissa Hernandez senior.
«Poteva mandare Matias con un accompagnatore in aereo, che avrei pagato io, glielo avevo detto.»
«Il ragazzo non si separa mai da sua madre, non voleva lasciarla sola dal momento che il mal di schiena la limitava anche a casa. È rimasto per aiutarla.»
«Papà... per favore, non sono nato ieri. Le avresti messo Ahmed a completa disposizione e avresti obbligato anche Carmen: ti conosco! E ti saresti accertato che Matias arrivasse da me. Non è possibile che Mira abbia accettato e poi disdetto così all'improvviso: c'è qualcosa di strano.»
«E va bene... ma non devi dirlo ad anima viva. Non farne parola specialmente con loro, non sanno che ne sono a conoscenza. Questa è una confidenza di Ahmed che ha sentito la discussione. Il marito di Mira l'ha aspettata, fuori la villa, dopo che sei partito e l'ha minacciata di chiedere la custodia esclusiva del ragazzo!»
Una risata nervosa mi fugge dalle labbra «E perché motivo? Poi, anche fosse, tra poco tempo il ragazzo potrà decidere da solo con quale dei genitori stare! E poi tutti noi possiamo testimoniare che Mira è una madre esemplare. Vedi, lo sapevo che mi nascondevate qualcosa.»
«Quell'uomo viene da una famiglia molto potente, Ermes, capiscimi...»
«Nessuno dev'essere lasciato solo: me lo ha insegnato il mio saggio padre. E noi non lasceremo soli Mira e Matias» lo incoraggio durante il tragitto a ritroso verso camera sua. «Vengo a riprenderti appena sei pronto.»
«Certo, Ermes... io non ho alcuna intenzione di permettere che quel tipo faccia del male al ragazzo e a sua madre, ma devi capirmi quando ti dico di andarci piano. Quello ci controlla.»
«E noi controlleremo lui, papà!» gli tengo la mano tra le mie.
«Devi stare attento, promettimelo» stringo più forte la sua mano. Gli Hernandez non temono nessuno.
Disceso in soggiorno scorgo dalle finestre Mira indaffarata a scaricare la spesa dal van e a riporla in cucina. Non faccio in tempo ad andarle incontro che sparisce nuovamente alla guida del pick up. Fugge ma troverò il modo di invitarla stasera, dopo cena. Nel pomeriggio devo recarmi in aeroporto a prendere mia sorella, mio fratello e sua moglie. Nel frattempo sono riuscito a convincere Matias a venire con me e papà in centro per un aperitivo. Nel pomeriggio uscirà con i suoi amici, ma a me fa sempre piacere la sua compagnia. È un ragazzo molto sensibile e maturo per la sua età, capace di analizzare velocemente le situazioni e discernere con una saggezza ammirevole ciò che non porta buoni risultati.
Doveva essere un giorno uguale agli altri, la vigilia di Natale; ho cercato di eludere ciò che più mi turba negli ultimi giorni, ma ho fallito. Misera me, ho ceduto all'irresistibile suono delle sirene incantatrici di Ermes e mi ritrovo china, inginocchiata sui banchi di una chiesa ormai deserta, nella notte di Natale, a chiedere perdono di effimere illusioni e a ringraziare, invece, per la sua amicizia sincera. Un angelo mi assolve: hai fatto bene a non restare a casa da sola con tuo figlio, non si merita di annegare nel pessimismo cosmico, nel tuo non voler respirare per non disturbare, Matias deve vivere, anche se tu ti sei dimenticata come si fa!
Ma chi vuoi prendere in giro, bugiarda! Tuona il senso di colpa. Non è solo amicizia, quella che provi per Ermes. Esiste un girone per gli illusi; lo hanno inventato apposta per gli sciocchi che non sanno qual è il loro posto nel mondo.
Chissà se Ermes è credente. Se n'è rimasto in fondo alla navata centrale infagottato nel soprabito, con le mani in tasca. Che sia stato un azzardo chiedergli di fermarci qui? Non entro nella casa del Signore da anni. Chi rompe un matrimonio non è ben accetto dagli uomini devoti, ma Dio sa perdonare, a differenza delle persone, dunque mi sento a mio agio quando siamo io e Lui soltanto.
È notte fonda e mangio gelato sul piccolo divano da due posti di casa. Il poco spazio ci costringe appiccicati mentre guardiamo Cenerentolo di Jerry Lewis. Ermes si è messo al centro tra me e Matias, che ha un occhio alla tv, l'altro su Tiktok. Si fosse pur posizionato sul lato esterno... ho creduto di morire di imbarazzo a ogni respiro.
«Sei sicuro che non volevi tornare dai tuoi a Vero Beach?» Matias intanto ha ceduto al sonno con il capo reclinato sulla spalla del nostro ospite.
«Papà stava praticamente già dormendo, quando ci siamo messi in macchina, e poi nevischiava di già... anzi, se facciamo piano, andiamo alla finestra a vedere se si è depositata!» Mi sembra un ragazzino con le sopracciglia inarcate «la neve a Miami è un miracolo!» esclama in una espressione euforica.
Arrivati verso la finestra - Ermes è stato tanto attento a non svegliare il bell'addormentato, nel divincolarsi - il paesaggio che ci si apre alla vista è un gruppetto di case di marzapane ricoperte di zucchero a velo, la conclusione perfetta quanto stucchevole di una giornata che non è stata affatto uguale alle altre, ma che rimarrà un ricordo tra i pochi felici.
«Dev'essere stato Babbo Natale, ha portato polvere d'argento nel suo sacco magico...» Ermes strofina un lembo della manica del maglione sulla parte in basso dei vetri, che è rimasta appannata per la differenza termica tra l'esterno e l'interno, e osservo il bambino cresciuto con le labbra schiuse e gli occhi sgranati!
«Ti ha portato dei bei regali o il carbone?» sto al gioco e penso: a me ha portato un senso di appartenenza, di famiglia, che non ricordavo più... ma non posso dirlo ad alta voce.
Lo vedo tornare serio all'improvviso, mentre mi guarda, e forse non trova le parole perché poco dopo torna a fissare la città che si illumina come un presepe nella candida coltre. Sono un'idiota, suo padre sta male, ha divorziato da poco e probabilmente il mio umorismo fuori luogo ha solo acuito la sua sofferenza. D'istinto vorrei abbracciarlo, ma desisto.
«Nella tradizione del tuo paese è la strega che porta il carbone, vero? Io merito quello a prescindere» sorride, ma la piega delle labbra è innaturale, lo vedo perché i sorrisi spontanei di Ermes sono scoppi fragorosi, fuochi d'artificio di una festa a cui non sapevi d'essere stato invitato. Rumorosi, impetuosi come gli Hernandez, che non conoscono mezze misure e amplificano il sentimento della gioia all'ennesima potenza.
«Allora, si chiama befana, non strega, e le dirò di provvedere a un po' di dolcezza per te, tra un po' di giorni...» cerco di rassicurare il fanciullino pascoliano che alimenta dentro di sé.
«Una tisana sarà sufficiente adesso e, se posso, la preparo io.»
Cedo e lo lascio tra dispensa e fornelli, mentre prendo una coperta da mettere addosso a Matias, profondamente addormentato sul divano. Al mio ritorno due tazze fumanti fanno capolino sulla tovaglia rossa illuminata dai faretti della cucina. Al centro spunta un tovagliolino di carta dove Ermes ha adagiato i miei biscottini di frolla bicolore e mi guarda come il bambino beccato con le mani nella marmellata. «Li ho visti sul frigo, nel barattolo di vetro; non dovevo?» insiste con una imperdonabile faccia da schiaffi.
Sorseggiamo silenziosamente la nostra tisana. Guardo la neve depositarsi sul davanzale esterno «Ti manca, non è vero? A me moltissimo, ogni giorno, ma durante le feste la sua assenza è insopportabile» mi turba come riesca a scandagliare l'anima e toccare punti così profondi del mio essere come se mi conoscesse intimamente da sempre. Riesco a malapena a respirare e lui avvolge le sue mani calde attorno alle mie. «Non volevo rattristarti, scusa. Parlo troppo». Adoro quando scorre appena i pollici lungo il dorso. Le dita ruvide e delicate a ogni passaggio rilasciano potenti scariche elettriche. Resto immobile, vorrei ricambiare ma non mi muovo.
«Sì è fatto tardi... è proprio ora che vada» resta è l'unica cosa che vorrei dirgli, invece, silenziosamente gli porgo la giacca, incappando nei suoi occhi che chiedono scusa, se è stato troppo invadente.
«Ermes...» la voce viene fuori da sola: «buonanotte e buon Natale. Grazie ancora per tutto». Non riesco che a pronunciare frasi vuote mentre l'anima è colma e ha braccia invisibili, tese verso la tua che sento così legata alla mia, imprigionata in un automa che non può donare nulla. E tu sopperisci in maniera completa a ogni mancanza accarezzandomi una spalla.
«Buon Natale, Mira. Sono stato tanto bene con voi. Dormi domattina, non sognarti di venire alla villa, alla colazione ci penso io». La mano si stringe ancora un poco attorno al mio braccio e le labbra si piegano nel suo sorriso sghembo. Buonanotte Ermes, e buon Natale.
Angolo Autrice:
Ciao, eccomi tornata. Questi ultimi capitoli si ricollegano direttamente alla os Un giorno uguale agli altri, scritta lo scorso anno, e che potrete rileggere, se volete, per creare continuità. Mira ed Ermes sono ancora lontani, piano piano, però, i piccoli passi uno verso l'altra procedono. Natale è anche il tempo dei ricordi familiari, della malinconia, di chi non c'è più. Inoltre nuove figure minacciose incombono di già sui protagonisti.
Come sempre mi farà piacere se mi lasciate il vostro parere nei commenti.
A presto,
Nives ❤️.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top