Ritorno al presente

Le prime tracce dell'autunno rosseggiano di già tra le punte verde oro dei rami ancora colmi che si stagliano nel fulgore del cielo pomeridiano. La mia è una lotta impari contro il rincorrersi delle prime foglie avvizzite che, imperterrite, s'accantucciano laddove trovano riparo. Dispettose poi, fuggono non appena tento di catturarle.
Il fruscio prodotto dalle setole dello spazzolone che raspa il selciato non mi consente di sentire arrivare Ermes.

«Non ti riposi mai? Sei ben oltre l'orario, sono quasi le sei» mi fa notare con un sorriso impertinente, prendendomi di mano la ramazza. «Adesso siediti, che dopo finisco io qui!»

Normalmente opporrei resistenza; mi crea imbarazzo farmi servire, per giunta dal padrone di casa. Tuttavia non voglio dispiacerlo. È appena rientrato da un breve viaggio in Giordania per questioni di lavoro. Dopo il compleanno, suo fratello Mike e Cristina, sua moglie, si sono trattenuti qui alla villa, approfittando delle ferie estive. Hanno preso un volo per New York proprio ieri, sapendo che Ermes sarebbe tornato in giornata.

Ho trascorso giorni piacevoli in loro compagnia. Mike e Cristina sono miei coetanei di una squisita gentilezza e semplicità. La nuora del dottor Hernandez è graziosa e spesso si fermava a chiacchierare con me, dopo il lavoro. Mi ha lasciato il suo numero di telefono, dicendo che le avrebbe fatto piacere se ci fossimo sentite ogni tanto. Non sono iscritta sui social, sono poco avvezza alle mode tecnologiche ma Whatsapp mi è indispensabile, soprattutto per comunicare con mio figlio quando è fuori casa. Quindi, ogni tanto, manderò un saluto a Cristina utilizzando l'applicazione. La grande assente dell'estate invece è stata Nicolle, la scienziata. Credevo sarebbe venuta in visita a suo padre, ma Santiago mi ha spiegato che ha tutta una fitta agenda di eventi internazionali a cui è obbligata a presenziare e che non ammette pause.

«Mike ti ha fatto disperare, immagino...» Ermes alza gli occhi al cielo in tono sarcastico «mi scuso per lui. Ti avrà come minimo legata ai fornelli... Tutte le volte che arriva, pretende i piatti tipici della cucina della nostra famiglia! Dice che “altrimenti non si sente a casa”.»

«Non preoccuparti. Mike è molto pignolo sulla questione cibo, quindi mi ha dato una mano di sua iniziativa nelle preparazioni e Cristina a far spesa, così non ho dovuto perdere troppo tempo.»

«Ah, sono contento. Mike può essere pestifero ma Kris è geniale; sapevo che vi sareste piaciute.»

Un sorriso d'assenso accompagna le sue parole.
Dopo aver finito di spazzare, Ermes mi raggiunge a sedere accanto a una pila di lettini accatastati e prossimi per essere riposti nel capanno, al riparo dalle intemperie della stagione delle piogge.

«Se potessi chiedere un super potere so quale vorresti» ironizza al mio indirizzo: «l'invisibilità!»

«Certo!» prorompo in una risata e lascio cadere penzoloni gli avambracci adagiati sulle ginocchia con gli occhi nel vuoto e la schiena curva, tentando di riavermi dalle fatiche del turno di pulizie,
accomodata su un muretto.

Mi sento sfiorare le dita in una sensazione di calore che mi avvolge. Ermes mi prende le mani e con i pollici, ne sfiora il dorso, soffermandosi in qualche punto arrossato o abraso da micro tagli. «Lavori troppo. Più di quanto ammetteresti mai» osserva serio. Poi armeggia in una delle sporte che ha con sé da quando è arrivato e ne tira fuori un pacchetto avvolto in del raso verde, che mi porge. «Per te!»

Sorpresa, scarto l'oggetto misterioso ritrovandomi tra le mani una scatolina di legno intarsiata di grafemi abjad che sprigiona un inconfondibile sentore d'alloro e contiene del sapone di Aleppo e una boccetta di olii essenziali. «Le mani di chi fa un lavoro pesante hanno bisogno di cura» continua, riprendendo le mie tra le sue per poi spostare lo sguardo fino ai miei occhi, trafiggendomi con le sue iridi scure e intense.

Non è la prima volta che si instaura un contatto più intimo tra noi. Le prime volte è accaduto la notte successiva al mio attacco di panico. Ero particolarmente scossa e, nella gentilezza che lo contraddistingue, Ermes mi è rimasto accanto. Si è sempre comportato da galantuomo, tuttavia non sono abituata agli slanci fisici e questo mi fa ritrarre, sebbene non scorga la minima malizia in lui, né alcun desiderio di forzarmi.

Mi turba la nostra vicinanza perché ho come paura che possa sentire anch'egli quella strana nausea che mi si allarga alla bocca dello stomaco, in questi giorni di un agosto che muore e sembra beffarsi con studiata crudeltà dei cieli tersi dei primi acquazzoni.

Essa sussurra petulante – a Ermes forse, a me di certo – di valigie da preparare, aerei da prendere, doveri da assolvere. So che non vede l'ora di riabbracciare i suoi bambini, al rientro a New York: quei due visetti paffuti gli mancano da morire.
So già che mi piacerebbero, a Matias un po' meno, mi ritrovo a considerare. Potrei essere io a suscitare il loro rigetto. E comunque è inutile preoccuparmene, del resto lui sta per tornare alla sua vita. Tutte le cose sono fuggevoli e presto, Matias, Ahmed, io... non saremo che contorni sbiaditi di visi che perdono forma e sostanza nell'inevitabile oblio della lontananza.


Ecco, idiota! L'hai fatta scappare. Per l'ennesima volta.
Eppure credo di essere stato delicato, come sempre. Anche se usciamo da qualche mese – sia bene inteso, perlopiù insieme agli altri – non è questo a farmi sentire in diritto di pretendere qualcosa. Nemmeno l'aver dormito insieme in una circostanza molto difficile per lei. Le mie intenzioni sono delle migliori, ho il massimo rispetto per Mira e infatti, al suo ritrarsi, faccio dieci passi indietro.

Mi limito a porgerle il piccolo dono, che credo abbia gradito, a giudicare dal sorriso che mi rivolge, e che ricambio a mia volta. Cerco di stemperare il momento d'imbarazzo chiedendole come Matias abbia passato queste settimane durante la mia assenza. «Ho un pensiero anche per lui. Posso darlo a te?»

«Grazie, non dovevi. È andato al mare con i suoi amici e, qualche pomeriggio, è rimasto qui alla villa. Si è trovato molto bene anche con tuo fratello che, come te, gli ha dato filo da torcere alla Play.»

«Ah guarda, la PS cinque che è da voi è praticamente sua! L'ha acquistata per quando viene qui.»

«Oh, non lo sapevamo, Mike non ci ha detto niente a proposito. Matias di solito ci gioca perché tuo padre gli ha dato il permesso dal primo momento che siamo arrivati e l'ha fatta spostare nella dependance da Ahmed, quasi subito» abbassa gli occhi, infilando una ciocca di capelli dietro l'orecchio per mascherare il rammarico di cui non ha motivo. Strizza gli occhi a un raggio di sole che le ferisce le iridi dando loro una sfumatura quasi rosata. «Naturalmente chiede sempre e comunque il permesso.»

«Appunto, quindi ti che ti preoccupi? Tuo figlio è molto educato e non maltratta gli oggetti. Non può che piacere anche a mio fratello tanto quanto gli siamo affezionati noi» le sorrido per dissipare ogni sua remora e mi rialzo, raccogliendo il resto dei sacchetti contenenti i regali per gli altri. Mentre armeggio, dandole le spalle, le raccomando di seguire le istruzioni sull'uso del sapone. «All'interno troverai le indicazioni e soprattutto il tempo di posa per gli impacchi. Vedrai il sollievo appena dopo le prime applicazioni; usalo con costanza e fammi sapere come ti tro–» m'interrompo, quando sento la sua mano posarsi lieve sulla mia spalla, e mi volto. È lì, dinanzi a me, e non si ritrae; avverto il calore del palmo nonostante la stoffa della maglietta che mi separa da esso.

La luce rossastra del pomeriggio illumina Mira alle spalle. «Grazie, Ermes» pronuncia appena, lasciandomi intercettare una piccola incrinazione nella voce. Le sorrido, non so bene che fare. Mi azzardo e, sperando di non turbarla, poso il mio palmo sul dorso della mano, che nel frattempo è rimasta sempre sulla mia spalla. Non fugge, stavolta... e io penso che, a volte, esistono baci che si danno con gli occhi e sorrisi più intimi delle carezze.

«Sono un po' stanca ma, se dopo cena ti va di passare, ti offro una tazza di tè e ci sarà anche Matias,
così gli potrai dare personalmente il regalo che hai preso per lui.»

Sono stato altre volte da Mira, ma ogni volta Castello Hernandez mi fa un effetto nuovo, a cui non so dare nome. Alle 21:00, puntuale, attraverso il vialetto di ghiaino e inspiro una boccata dell'aria serale, fattasi decisamente più fresca.

«Ciao!» È Matias che mi fa accomodare, battendo una vigorosa stretta sulla mia mano per salutarmi. Ci accomodiamo nel salottino mentre l'acciottolio proveniente dalla cucina fa da sottofondo.

«Vado a vedere se tua madre ha bisogno di una mano» gli comunico e lui mi fa cenno appena, tutto assorto a terminare la sua manche di Fifa '23.

Con un tempismo perfetto, Mira compare sulla soglia del tinello, invitandomi a entrare. «Dai, Matias, forza! Vieni anche tu» lo esorta.

«Ma', arrivo! Finisco la partita. Dammi due minuti.»

«La tisana si fredda, sbrigati! È un'impresa staccarlo da quei dispositivi ferma cervello...» sbuffa, e penso a quanto dev'essere faticoso crescere un figlio da sola. Fargli da padre e da madre come Mira fa... quello che in pratica è diventata la mia vita da un anno a questa parte, dopo il divorzio. Però l'agiatezza in cui vivo mi consente baby sitter a ogni ora, non posso paragonarmi a chi non ha nessun aiuto. Poco dopo Matias ci raggiunge al tavolo. La fragranza della tisana ai frutti rossi riempie la stanza. Ne approfitto per porgere il mio pensiero al ragazzo.

«O, grazie Ermes, non dovevi!» esclama con un'espressione di grande contentezza che mi fa capire d'averci preso. Un tablet per l'inizio dell'anno scolastico mi sembrava utile.

«Ermes, è davvero molto più che un pensiero» precisa subito sua madre.

«Va bene così» blocco le sue proteste sul nascere.

Dopo aver smanettato perun congruo tempo, insieme a Matias, con il tablet, per capirne le funzioni, il ragazzo si ritira in camera sua salutando, mentre noi restiamo al tavolo a chiacchierare un altro po', davanti al bis di tisana fumante.

«Mira» riprendo parola, «hai scritto o scrivi altro come la poesia che mi hai regalato?» trovo finalmente il coraggio di chiederglielo. Volevo farlo dalla sera dopo il mio compleanno ma, dato era scossa, lasciai perdere. Accanto alla pergamena srotolata c'erano molti libri e l'occhio cadde in particolare su un quadernetto: un raccoglitore con la copertina di colore blu scuro.

«Oh, scribacchio qualcosa ogni tanto, ma niente di che...» sorride a occhi bassi, tamburellando le dita ai lati della ceramica della tazza.

«E... ti chiedo molto se, una volta, magari, mi fai leggere qualcosa?»

«Sono poco più che pensieri ad alta voce, Ermes. Non credo siano interessanti.»

«Perché non lo lasci giudicare a me?... Sempre se ti va.»

Da qualche tempo la sento turbata, me ne accorgo. C'è un ombra che vela i suoi occhi più del solito. Me lo racconta il movimento nervoso delle dita che si annodano mentre tiene lo sguardo basso.

È una creatura delicata e al contempo una leonessa che cammina guardinga per le strade di un mondo feroce. Pronta a proteggere lei e suo figlio. Cerco di scalfire le barriere, standole accanto per farle sapere che mi sento esattamente come lei. Sì, io. Ermes: l'ipocrita che non si è fatto mancare vizi ed eccessi. Sono qui a fare il paladino di una donna incredibilmente provata dalla vita, come se io potessi comprendere davvero l'inferno personale che attraversa da sempre. Sono un ipocrita, sì. Lei non sa niente di me, non ha mai chiesto nulla e io me ne guardo bene dal rivelarmi. Chiedo di lei, ma taccio su di me. Arriverà il momento in cui la maschera dell'eroe cadrà. Saprà quello che mi è piaciuto e che poi ho rinnegato per ripulirmi.
Scaccio il grillo parlante della coscienza scomoda che mi condanna per i molti peccati che m'illudo di assolvere vicino a due anime pure a cui tengo davvero.

Le sere dopo il mio compleanno, quando sono tornato a Cantello Hernandez su suo invito, avrei voluto ritrovare quel quadernetto, ma deve averlo conservato e non me la sono sentita di frugare in giro. Non sarebbe stato giusto. Dunque, ogni tanto, tasto il terreno con piccole domande nella speranza che sia lei ad aprirsi, quando e se se la sentirà. In verità vorrei sapere tutto di lei, ma ci vado piano.

Ho sempre avvertito il peso del suo passato attraverso il suo sguardo, una malinconia che risiede nei gesti più semplici, come lo starsene seduta ogni sera a guardare le stelle, la solitudine che anela per rintanarsi nel mondo dove la trasportano i suoi libri, con gli occhiali sul naso, nelle sere stanche, dopo i lunghi turni di lavoro.

La sera scivola lenta, presieduta dall'imperituro canto dei grilli che salutano la stagione estiva e molti pensieri si affastellano, mentre imbocco il vialetto che mi riporta verso la villa. È tempo di bilanci: papà non è poi peggiorato così tanto in questi mesi, grazie al cielo. Io voglio rientrare dai bambini ma devo salutare Mira e suo figlio. Questo pensiero mi provoca una fitta tra le costole. Me ne sono tornato qui con il cuore ammaccato e ho trovato chi è stato in grado di alleggerirlo. Il pensiero di allontanarmi fa male. È forse simile quello che scorgo negli occhi più malinconici di Mira? Faccio per cercare della biancheria pulita nella cabina armadio e osservo le mensole in perfetto ordine, con le pile dei miei vestiti posizionate da Mira, pronte da riporre nelle valigie. Un altro groppo di spine gratta la trachea. Lasciare papà... e non sapere quando potrò tornare. Lasciare. È un verbo che non sopporto più e mi perseguita. Non voglio lasciare, non voglio partire, vorrei solo vendicarmi dell'effimera serenità che si prende gioco di tutti noi, preludio di una dannazione ben più duratura, e consistente come acciaio.

Angolo Autrice:

Perdonate il tempo d'attesa, ma anche l'autrice, come Ermes e Mira, s'è presa un periodo di meritatissima vacanza 😁.

Eccoci qui con Mira ed Ermes alle prese con il rientro alle incombenze quotidiane. Un momento che potrà allontanarli o avvicinarli ulteriormente, voi che ne pensate?

Mi farà immensamente piacere ogni commento/stellina lasciata. Prometto di riprendere aggiornamenti più regolari, con il ritorno al presente anche per me 😀.

Nota:

grafemi abjad: sono i caratteri arabi.

Il sapone di Aleppo è noto per le sue innumerevoli proprietà, soprattutto lenitive e addolcenti, viene usato anche per l'acne.

A presto,

Nives ♥️.

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