La Prospettiva di Saturno
They judge me like a picture book,
by the colors, like they forgot to read.
I'm a Brooklyn baby.
Brooklyn Baby –
Lana Del Rey
Qualche volta, alla villa, vengono in visita i fratelli minori del dottore. Sono un po' più giovani di lui e di indole ilare. A turno, provano sempre qualche approccio maldestro con me o Carmen. Aspramente redarguiti dal maggiore dei tre, desistono subito dalle avances che ci rivolgono, seppure sempre in maniera rispettosa.
I primi tempi, non conoscendoli, non capivo fin dove si sarebbero potuti spingere e questo mi turbava al punto che pensai di lasciare il lavoro. Allora, non sapevo ancora che il dottor Hernandez è un bulldozer e sorveglia attentamente l'andamento sotto il proprio tetto, tenendo a bada chi è in casa sua.
Con il passar dei mesi, da quando sono arrivata, gli assalti sono divenuti blandi. Guillermo ed Enrique sono dei buontemponi: can che abbaia non morde. Non vi è nulla da temere; nella loro galanteria verso il genere femminile fanno a gara, come due ragazzini, ma mai si sono permessi una battuta fuori luogo, o una confidenza di troppo. Gli Hernandez sono una famiglia perbene.
Le giornate estive si susseguono nell'afa che le caratterizza e in una monotonia che le rende lente e identiche le une alle altre. L'unico elemento che ha ravvivato un po' la routine degli occupanti della villa è stato, appunto, il viavai dei parenti e vecchi amici di Ermes che si avvicendano in visita all'illustre Hernandez giunto di recente.
Ermes è un affermato attore. Per nulla divo, mi dicono abbia sentito il bisogno di tornare a casa per un prolungato periodo di riposo a seguito delle molte fatiche cui ha preso parte nell'ultimo anno e mezzo.
Ahmed mi ha invitato per un tuffo in piscina, dopo cena, ma alla fine della giornata sento tutto il peso delle molte ore di lavoro. Di solito, nei momenti liberi, lascio che sia mio figlio a godere dei privilegi di villa Hernandez. Per me è importante lavorare e risparmiare. Dopo la routine serale di accompagnare a letto mio figlio e raccontarci la nostra giornata, prima di dargli la buonanotte, l'unico vezzo che mi concedo è di uscire in giardino, silenziosamente, appena fuori l'ingresso della dependance. A tarda sera oramai, sdraiata sul lettino, osservo il cielo notturno dei tropici. Le stelle sono enormi viste dalla Florida e le costellazioni più vicine, tanto da parere di toccarle con la punta delle dita.
Il dottor Hernandez ha fatto portare, da Ahmed, due sdraio proprio vicino l'alloggio che ha deciso di assegnarmi, comprendendo che ho necessità di passare il tempo libero con mio figlio, nella nostra intimità familiare.
Diverse sere, avvolta nella penombra fuori l'uscio di casa, per non attirare i grossi insetti della zona tropicale di cui ho la fobia, mi sono accorta che anche Ermes si trattiene a bordo piscina, dopo aver dato la buonanotte a suo padre. A volte fa il bagno, altre resta sul lettino, con le luci soffuse della zona living alle sue spalle che dalle vetrate illuminano la porzione di scoperto dov'è solito fermarsi. A volte chiacchiera con Ahmed o Carmen, oppure altre lo vedo giocherellare con il cellulare con lo sguardo un po' perso, altre ancora porta con sé un libro. Da circa tre settimane Ermes vive qui e ci siamo incrociati di rado. Mi pare proprio che il figlio del padrone di casa abbia bisogno di tranquillità.
Mi sollevo a sedere, facendo per rientrare in casa; l'umidità inizia a pungermi la pelle insieme a qualche brivido nonostante il golfino di cotone posato sulle spalle, al di sopra della veste da camera.
«Aspetta» una voce mi sorprende alle spalle, facendomi trasalire per la seconda volta, come poche settimane prima. Avevo capito fosse Ermes ma non credevo mi avesse vista. La dependance è distante abbastanza dalla zona della piscina e ben in ombra. «Scusa, Mira. Non volevo spaventarti di nuovo» pronuncia un po' in imbarazzo «ma ho notato che ti attardi anche tu qua fuori, la sera. Ecco... posso fermarmi un po' a chiacchierare, se ti va? Lo so che tuo figlio dorme, mi fermo sui lettini qua fuori, così non ti allontanerai da lui» lo chiede con molto garbo e un tono di voce accorato, come se di scambiare due parole con qualcuno senta davvero il bisogno.
«Ermes, mi scusi, io, io non l'avevo vista. È un po' tardi veramente, dovrei rientrare» controbatto un tantino restia, ma lui insiste «Non ti tratterrò a lungo, prometto. Solo qualche minuto. E, per favore, dammi del tu.»
Annuisco, accomodandomi su uno dei lettini, dopo aver acceso la lanterna posta accanto alla porta d'ingresso per fare un po' di luce.
Ermes ha già preso posto su una delle sdraio. Infilo rapidamente il golfino che ho tenuto fino a quel momento sulle spalle, in caso avessi freddo. Mi sento un po' a disagio nella maxi maglia informe che uso per dormire, ma il golfino mi rende presentabile, spero. Ne richiudo qualche bottoncino sullo sterno.
«Questo era Fortino Hernandez una volta, Mira: la nostra casa sull'albero da bambini. Lo sapevi?»
Anche Mira lascia andare le infradito e si distende accanto me. Spero di non essere stato invadente. Credevo non ci fosse più nessuno fuori e mi aggiravo a curiosare in questo luogo dove un tempo venivo a giocare da piccolo.
«Allora mi dispiace di averglielo rubato» si scusa.
A quella frase lascio seguire il silenzio ma Mira si volta nella mia direzione, sentendosi osservata. «Ancora mi dai del lei?»
«Ermes, scusami. È l'abitudine.»
«A tuo figlio piace stare qui, vero? Lo vedo a suo agio, si fa delle grandi nuotate. In piscina poi non c'è da temere perché si appieda: papà pensò a tutto quando comprò questa casa. Io, Mike e Nicky eravamo piccoli e non voleva corressimo alcun pericolo.»
«Tuo padre è una brava persona, Ermes, e sì, sia io che Matias siamo molto felici di stare qui» soggiunge lei, guardandomi di sfuggita mentre incrocia le braccia al petto. «Mi dispiace però che ti abbiamo rubato Fortino Hernandez» fa in tono mezzo ironico lei.
«Oh, non ci pensare. Ogni tanto mi prende la nostalgia e vengo qui. Scusa, non avrei dovuto. Ho sempre evitato, in queste settimane, ben sapendo che non era più libero. Stasera non ho resistito, però. Ho visto le luci spente e credevo dormiste già, così mi sono avvicinato per ritrovare un posto familiare; mi sono accorto che eri qua fuori, quando ti sei alzata dalla sdraio. M'è preso un colpo! E pure a te.»
«Oh, l'usurpatrice sono io, è normale che tu sia venuto in un posto abituale, per te.»
«Non sei usurpatrice di niente. Te lo sei guadagnato duramente, questo posto, e a me fa tanto piacere che papà non stia da solo. Non lo dice, ma so che ne soffre. Non vuole però lasciare questa casa per venire a vivere vicino a qualcuno di noi figli: ha tutti i ricordi della sua vita qui. Sono grato che abbia trovato te, Ahmed e Carmen che siete delle persone di assoluta fiducia. Ah, e... a proposito, visto che mi fermerò per un po', mi occuperò io di controllare che papà prenda le medicine.»
«Faccio solo il mio lavoro.»
«Fate molto di più che "solo il vostro lavoro", Mira. Voglio passare più tempo possibile con papà» preciso. «A proposito, i miei zii sono degli idioti, mi dispiace se ti danno fastidio» mi scappa una risata a riguardo dei miei parenti che sono venuti alcuni pomeriggi prima, ne approfitto così per spostare la conversazione su toni più leggeri.
«Ammetto che tenerli a bada è stata dura all'inizio, ringrazio tuo padre perché volevo scappare.»
«Degli idioti innocui» continuo ridacchiando, «innocui ma pur sempre fastidiosi. Se ti danno filo da torcere, ora qui ci sono i rinforzi. Li rincorrerò e li affogherò in piscina, quando ti rompono le scatole.»
«Siete una famiglia molto unita, Ermes, si vede che sei affezionato anche a loro.»
«Ecco, i miei zii sono così: se vedono una donna tendono a essere più stupidi del normale per farsi notare, infatti chiediti perché sono rimasti single entrambi» me la rido di gusto.
«Sono dei simpaticoni però. Non hanno mai trovato una compagna con cui condividere la loro vena comica? In fondo non sono delle cattive persone» osserva Mira.
«Brave persone un po' troppo svitate. Scherzi a parte, mio zio Enrique, il più giovane, ha sofferto di depressione per molti anni e Guille si è occupato di lui. Ha preferito non sposarsi per potersi prendere cura del fratello minore a tempo pieno.»
«Oh, mi dispiace, non sapevo di questa storia e non volevo intromettermi in cose personali.»
«Stai tranquilla, non è un segreto di stato e mio zio ne parla, quando capita il discorso.»
«Ma ora sta meglio?» Mira lo chiede accoratamente.
«Sì, sta meglio. Lui e zio Guille prendono la vita alla leggera. E fanno bene, solo che a volte esagerano, sai com'è. Mettici pure un po' il nostro carattere: di famiglia siamo giocherelloni.»
«Ma è una bella cosa, Ermes.»
«Non lo so, forse aiuta. Bene, si è fatto tardi, scusa se ti ho trattenuta, avrai sonno quindi vado». Mi tiro su dal lettino per primo, l'impulso mi fa tendere la mano verso Mira in un gesto gentile.
Lei mi guarda esitante ma poi stringe un poco la presa e l'aiuto ad alzarsi. Il palmo femminile è morbido e caldo e in un istante mi ritrovo a distanza ravvicinata con lei.
«Buonanotte, Ermes, allora» pronuncia laconica, distogliendo gli occhi dal mio sguardo fisso nel suo.
«Buonanotte, Mira, e grazie della chiacchierata, mi ci voleva» rispondo, rilasciando lentamente la presa sulla sua mano.
Mosso qualche passo per tornare verso la villa, d'un tratto ho un ripensamento, «Ehi, Mira, tuo figlio va matto per i videogiochi. Ogni tanto ci sfidiamo alla Play. Vi andrebbe di andare al luna park, una sera di queste? C'è una sala giochi enorme e, vicino, anche un'hamburgheria strepitosa in cui andavo sempre ai tempi del liceo. Veramente una delle migliori di Miami.»
La vedo interdetta alla richiesta ma, dopo qualche attimo di silenzio, avanza verso di me sbucando dalla penombra prossima alle sdraio. Si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre mi guarda con il viso leggermente rivolto verso il basso.
«Sarebbe carino, Ermes» asserisce «e Matias si divertirebbe un mondo ma... non preferisci uscire con i tuoi amici?»
Mi avvicino un po' «Mira» il tono della mia voce si fa più basso: voglio scandire bene il concetto «potrei andare con loro, sì, ma la verità è che vorrei stare con persone che non mi facciano di continuo domande, non so se mi segui».
Mira solleva gli occhi per incrociare i miei, ha compreso cosa sto tentando di dirle, tuttavia obietta «Lavoro per te, insomma sei certo che sia una buona idea?»
«Fuori dell'orario di servizio sei libera, no? Aspetteremo che papà vada a letto e mi assicurerò che Ahmed possa rimanere in casa. Se ti può far stare più tranquilla, perché è vero tu non mi conosci, ti garantisco che vado regolarmente a cena con i miei collaboratori: li porto con me agli eventi pubblici, cucino per loro, perché dovrebbe essere diverso con te?»
«È di famiglia, allora» osserva lei con fare più rilassato.
«Mio padre considera di casa il personale della villa» a questa mia precisazione Mira sembra più a suo agio.
«Sono tornato da mio padre perché voglio passare del tempo con lui. Allo stesso modo, sono qua per mettere in ordine il mio presente e i vecchi amici mi fanno vivere costantemente nel passato, invece. Io ti ho appena conosciuta e questo mi fa sentire libero, senza temere che chi mi sta davanti faccia domande, mi guardi, aspettando che apra dei discorsi che non me la sento di iniziare.
Per carità, non ho nulla da nascondere, però non voglio guardare continuamente indietro. Spero di essermi spiegato.»
«Alla perfezione, Ermes. Anche per me, aver iniziato il lavoro da tuo padre, ha rappresentato una svolta e ora sono concentrata solo sul presente, quindi capisco benissimo cosa intendi.»
«Bene, facciamo tipo domani sera verso le 21:00? Vorrei aspettare il buio perché mi aiuta a camuffarmi più facilmente per non farmi beccare dai fans o fotografi.»
«Per me va bene», ride lei, suggerendo «potresti travestirti da cavaliere Jedi: una cappa, spada laser e via.»
«Sei fan di Star Wars?» ho sicuramente una faccia da ebete mentre glielo chiedo. Lei alza un sopracciglio. Fantastico! È una nerd come suo figlio, e come me. «È un'idea! La spada laser ce l'ho sempre a portata di mano, uhm... mi serve un mantello» ridacchio, scomparendo verso casa.
Angolo Autrice:
Adesso ditemi che vi siete arrovellati il cervello a capire il perché della scelta di questo titolo per il capitolo. Vi vedo! 😅😵💫🤔
Se nei commenti mi dite che ne pensate, vi motiverò la mia scelta 😌 che naturalmente non può mai essere casuale. Vi aspetto ❤️🫶.
Nives.
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