La Pecora Nera
And if I only could
I'd make a deal with God
and I'd get Him to swap our places.
Be runnin' up that road.
Be runnin' up that hill.
Be runnin' up that building.
Say, if I only could... be runnin up that hill with no problems.
Running Up That Hill –
Kate Bush
«Mira, vieni qua un momento» Santiago mi fa cenno con la mano di avvicinarmi mentre sparecchio le stoviglie della colazione «mettiti a sedere.» Mi accomodo accanto a lui «tra qualche giorno è il compleanno di Ermes, voglio organizzare una bella festa!» annuncia fiero. «Ho sentito Mike a New York e mi ha dato una piccola lista di amici più stretti da contattare. Ermes non è tipo da fronzoli, specie in questo periodo, ma io sono malandato e gli anni, alla mia età, non sono garantiti» si sporge verso di me e mi prende le mani, ma prima che possa continuare lo rassicuro.
«Santiago, mi occuperò di tutto, non ti devi preoccupare.»
«No, aspetta, non ho finito di dirti cosa ho in mente. Allora, tu devi fare solo delle telefonate; affitteremo un catering: le persone da servire sarebbero troppe e voglio che tu, Carmen e Ahmed vi rilassiate quel giorno. Del servizio si occuperanno i camerieri e anche della pulizia della cucina e del giardino. Mi devi solo trovare le persone adatte; conto sul tuo buon gusto e sulla tua riservatezza. Dovrà essere una sorpresa per mio figlio perché, se fiutasse qualcosa, inizierebbe a brontolare.»
«Farò tutto quello che mi hai chiesto, Santiago. Quanto tempo ho per i preparativi?»
«Poco meno di tre settimane, ma basteranno. Non dobbiamo invitare dei capi di stato» mi sorride imbozzolato nella sua vestaglia color amaranto.
«Sarà fatto tutto come vuoi» gli stringo le mani tra le mie con la tacita promessa di accontentarlo al meglio delle mie possibilità. Non conosco molti posti di questa città ma di certo Ahmed mi potrà dare una mano a scegliere qualcosa di adatto.
Poco più tardi, mentre sistemo le stanze al piano superiore, sento provenire dalla camera accanto la voce di Ermes, attraverso la finestra aperta. Sembra impegnato in una conversazione dai toni animati ma non distinguo di cosa parli, tantomeno mi interessa origliare. Qualche attimo dopo lo vedo fare capolino sull'uscio della camera di suo padre, mentre sono intenta a cambiare le lenzuola.
«Mira» tergiversa, tormentandosi le mani in maniera nervosa per poi prendere a grattarsi dietro la nuca «odio doverti mettere fretta, fai già tantissimo qui, ma mi hanno appena comunicato che devo partire per New York per una questione di lavoro» lo osservo chinare il mento sul petto che s'innalza in un ampio respiro «non era previsto, e mi secca, ma devo andarci e mi servono alcuni vestiti che non ho trovato di là nel guardaroba. Mi dispiace doverti chiedere lo straordinario ma riusciresti?... Lo vorrei fare io, ma devo andare in città a sbrigare delle commissioni prima che il mio volo parta tra qualche ora, e non c'è molto tempo.»
«Ma certo! Che problema c'è? Sembra che tu mi stia chiedendo di prestarti un braccio» ridacchio per sdrammatizzare. Proprio come suo padre, Ermes vive in sordina e non è abituato a farsi servire; prova imbarazzo pure nel chiedermi ciò per cui vengo pagata... mi fa tenerezza a volte. «Appena finisco di rifare il letto di tuo padre, vado subito in lavanderia. Quando rientrerai, troverai gli abiti stirati, in camera tua.»
Tutto procede senza intoppi e, quando Ermes rientra per pranzare un boccone al volo con suo padre, come promesso, sul letto ci sono i vestiti che ha chiesto. Intanto, finito il mio turno, mi avvio verso casa. Inaspettatamente lo trovo ad attendermi.
«Ehi Mira, ciao, volevo salutarti e... raccomandarti papà...» si tocca dietro la nuca con fare un po' impacciato «insomma» sorride «so che non ce n'è bisogno, perché con voi è in ottime mani, ma la verità è che mi secca partire. Gli avevo promesso che sarei restato qui tutta l'estate.»
«Starai via tanto?» chiedo allora.
«Due settimane al massimo, spero» replica impensierito.
«Dai, non dartene pena, voleranno e avremo cura di tuo padre. Non ti sembrerà nemmeno di essere stato via» lo incoraggio.
«Oh, sono in una botte di ferro con voi, lo so. Quando tornerò, dovrò ringraziare a dovere te, Ahmed e Carmen. Sì, anche piperita Carmen! Nonostante il suo caratterino lavora bene, non le si può dire niente a riguardo» si distende in una risata rilassata. «Allora ciao Mira, saluta Matias per me e digli che si faccia trovare pronto al mio ritorno per la prossima missione su COD.»
«Non mancherò Ermes, fai buon viaggio». Lo guardo allontanarsi in direzione della villa, attraverso il vialetto di ghiaino che la collega alla dependance e nel frattempo Ahmed sopraggiunge alle mie spalle, di ritorno dal capanno degli attrezzi.
«Caspita però, è venuto a salutare solo te!»
«Che vuoi insinuare?» controbatto caustica «ha salutato anche voi in sala da pranzo, no?»
«Appunto, in sala da pranzo c'eri anche tu, ma lui è venuto fin qui a salutarti di nuovo» sottolinea il mio collega.
«Mi ha solo raccomandato Santiago, sai che sono io a somministrargli le medicine. Ermes è molto preoccupato per la salute di suo padre, tutto qua» preciso, rigirando gli occhi al cielo. Ahmed mi fa impazzire a volte.
«Certo, Mira, che vai a pensare? In questo ultimo mese non è uscito, più volte, solo con te e Matias, piuttosto che con me o tutti insieme. Lo noterebbe pure un cieco che ha una particolare simpatia per te.»
«Beh, a me non sembra. Ermes è sempre stato al suo posto, non ho motivo di pensare ad altro che a un'amicizia.»
«Però non sei quasi mai uscita con me da quando ci conosciamo, mentre con lui...» Ahmed inarca un sopracciglio.
«Lui e Matias si prendono sui videogiochi, che vuoi? Tu non sei tecnologico come Ermes» faccio spallucce mentre Ahmed prosegue verso la villa con il rastrello in spalla.
«Uhm... sarà, Mira, sarà... ma anche fosse, non ci sarebbe niente di male.»
Mi sfugge una sonora risata «Certo, Ahmed, l'attore e la cameriera-madre-attempata! Sì, Ermes guarda proprio me, con tutte le bellissime colleghe con le quali lavora. Può avere chiunque, anche ragazze molto più giovani di lui e non certo impelagate tra figli adolescenti e occupate a far quadrare i conti, ma dai!»
«Io faccio il conto alla rovescia per voi. Non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura, ma sono certo che il nostro bell'attore non ti sia indifferente.»
«Certo il fascino di Ermes è innegabile, chi potrebbe non esserne attratto? Io però non credo all'asino che vola, Ahmed! Ciao, ci vediamo dopo, dai.» Lo saluto stanca, avviandomi di corsa all'interno di casa per dismettere il camice da lavoro e farmi una doccia. Dopo cena inizierò già le telefonate d'invito e la ricerca di un buon ristorante per il catering; per questo mi toccherà consultare un'altra volta Ahmed. E va beh, pazienza... lui e le fantasticherie su me ed Ermes. Lo lascerò parlare.
È molto caldo, l'afa della metà di luglio si fa sentire tutta fino a sera inoltrata. L'aereo ha un'ora di ritardo per via di uno sciopero e siamo in attesa qui all'aeroporto di La Guardia.
La proposta di lavoro, discussa in queste due settimane appena trascorse, con la regista Ann Kauffman, è un progetto interessante. Giunge in un momento nel quale ho totalmente perso interesse per la recitazione. Non c'è niente che mi ispiri. Sarà per la separazione da Amanda, sarà che la vita che ho vissuto finora mi pare tutta una finzione, tanto che non riesco a “sentirmi” in questa città che corre all'impazzata, così tanto veloce che niente può resisterle, nemmeno i sentimenti. Fuori dal finestrino le luci risplendono, lì in basso.
Mi sento come intrappolato come giù nei vagoni della metropolitana, dove l'eco di mille passi rimbomba di continuo dai vicoli sovrastanti, così forte che copre tutto. E io non riesco più a “sentirmi” in questa città frenetica.
L'unica cosa che desidero è il silenzio del giardino dove me ne sto con papà, davanti a un sigaro, dopo cena. Desidero la quiete delle nostre conversazioni fatte di poche parole, un piacere di cui mi sono privato per troppi anni. Anche se lui è di stampo conservatore, e spesso siamo in disaccordo, ammiro come in questi anni abbia ammorbidito le proprie vedute per venirmi incontro, forse.
Per anni sono stato la pecora nera di casa: il fratello maggiore colpevole di non dare il buon esempio a Michael e Nicole, dato che volevo fare musica e, dalla religione inculcataci da mamma e papà, ho preso le distanze quando ho capito che era tutta una serie di divieti e regole che i primi che predicano, infrangono rigorosamente, se nessuno li vede, pensano.
C'è sempre qualcuno che ti vede, invece, proprio quando pensi di no. I predicatori dai pulpiti ammoniscono: «Ricordate, se nessuno vi vede, Dio vi vede!» Non ho mai capito che cosa volesse dire esattamente quel monito fino a quando, una volta adolescenti, il figlio del pastore della chiesa metodista dove andavamo non mi propose di fumare marijuana: avevamo tredici anni – un'abitudine che conservammo fino a che lui non partì per uno degli esclusivi college cristiani più prestigiosi, a Nord, e ci perdemmo di vista. Nello stesso periodo, il matrimonio dei miei entrò in crisi, perché si scoprì che il pastore Graham se la faceva con i ragazzini, nei locali gay fuori città, con la scusa dei viaggi missionari.
Mia madre non volle più mettere piede nella congregazione, ma mio padre si ostinava a difendere l'onore dell'uomo di fede, asserendo che erano menzogne infamanti. Lo sapevano tutti che era vero; i ragazzini venivano ricompensati e se la cantavano con i loro coetanei. Ben presto la cosa divenne di pubblico dominio; molti insospettabili professionisti, padri di famiglia ritenuti irreprensibili furono indagati.
S'era sparsa voce e molti delle zone più povere della città, specie giovani ispanici e di colore avevano iniziato a frequentare quei locali per soldi.
Quando la cosa divenne palese, pensai subito a quel verso che dice “Non c'è niente di nascosto che non sarà rivelato”: quindi l'uomo vede, l'uomo scopre, non Dio!
Comunicai a mio padre che non avrei più messo piede in chiesa. Non la prese bene e da quel giorno mi si mise di traverso in ogni modo possibile. Mamma era più comprensiva e spesso ci copriva. È stato ed è ancora difficile sopportare le rigide posizioni di Santiago: non gli piacciono i neri e gli ispanici perché sono delinquenti ma, perdio, noi siamo ispanici! Certo, ispanici nati con la fortuna di essere ricchi. E lui puntualmente predica: «Io ho studiato e fatto sacrifici per tutti voi. Tuo nonno è sfuggito alla dittatura di Cuba per darmi un futuro. Siamo quello che scegliamo di essere! A molti nostri connazionali stanno bene invece droga e prostituzione, che sono un guadagno a buon mercato e che non richiede impegno e sacrificio». Guai poi a parlargli di omosessuali, un argomento tabù.
Dev'essere successo qualcosa nella testa di mio padre, a un certo punto. Forse è stato quando mamma si è ammalata, non saprei. Nello stesso periodo anche io stavo diventando padre per la prima volta. In questi ultimi sei anni ci sono stati molti cambiamenti. Amanda dice che è da quando è nato Ethan che le cose hanno preso una piega diversa. Lei sostiene che papà abbia visto qualcosa di se stesso in me...
«Sei un bravo padre, Ermes. Sei premuroso, affettuoso e molto presente per i bambini. Santiago nota tutto questo.»
«Mmh... la pecora nera è rientrata all'ovile» osservai ad Amanda in una conversazione svoltasi circa due anni fa. Beh, sta di fatto che, dopo essere tornato a casa con un paio di piercing alle orecchie e i capelli blu cobalto, quando avevo diciassette anni, Santiago minacciò seriamente di togliermi il cognome e rinchiudermi in un riformatorio. Mi sequestrò la chitarra elettrica e chiamò un tizio della congregazione che doveva "impormi le mani" cioè posizionare le sue mani sulla mia testa e invocare che il demonio uscisse da me! Inutile dire che fui io a uscire di casa prima di Satana, da una finestra, sfuggendo così al macabro rituale. Se ci penso, ancora mi viene da ridere. Mio padre era infuriato, non mi parlò per più di un mese. Credetti seriamente che non lo avrebbe fatto per il resto dei suoi giorni.
La soddisfazione più grande e inaspettata è arrivata l'anno scorso a teatro, però. Sono stato ospite, per una serata, di un'artista locale e mi sono vestito come lei, sul palco. Indossavo una lunga parrucca bionda, ero truccato e fasciato in un body nero aderente con le calze a rete e tacco dodici. È stato divertente. La cosa che non mi sarei mai aspettato era di vedere mio padre seduto in prima fila. Ho cantato una canzone al piano con la padrona di casa, una ballata sulla sua sofferenza personale, derivata dal sentirsi non accettata da adolescente.
Avevo detto a mio padre dello spettacolo. Non gli ho mai nascosto niente della mia vita professionale. Tanto Dio vede, e gli uomini pure, no? Io sono sempre stato me stesso nel bene e nel male, e so che è questo che ti frega. La sincerità è un'arma a doppio taglio; devi essere come gli altri si aspettano, e invece guarda un po'? Io sono Ermes con una faccia sola: quella di una pecora nera!
Vedere mio padre applaudirmi in prima fila, mentre recavo il disonore di essere vestito da donna, è stato un autentico colpo al cuore.
«Sei veramente bravo» ha bofonchiato più tardi, in taxi, di ritorno a casa. Quella è stata la prima volta in quasi vent'anni del mio lavoro che è venuto a vedermi. Mio padre a New York per me! È stato il momento che ha sancito l'inizio di una tregua tra noi: l'intrinseca promessa di rispettarci, sebbene abbiamo idee diverse.
Intanto la forza d'attrito mi schiaccia contro il sedile, stiamo decollando. La pecora nera torna all'ovile.
Angolo Autrice:
Bene, scusate l'attesa di ben due settimane per questo nuovo capitolo di Rinascita ma sono stata impegnata. Iniziamo ad approfondire un po' Ermes e il rapporto con suo padre, in questo capitolo.
Prometto che i miei personaggi siano imperfetti, fallibili e per niente paladini, ma tutto sommato delle persone disposte al confronto, al rispetto e a ragionare.
Siete curiosi di scoprire cosa accadrà al party per il compleanno di Ermes, che Mira ha il compito di organizzare? Allora...
A presto
Nives ❤️.
Glossario
COD: abbreviazione per il videogioco Call of Duty.
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