L'Assioma di Murphy
⚠️Trigger Warnings⚠️: Nel presente capitolo si parla dell'uso deliberato e consenziente di droghe e alcool da parte di adulti pienamente coscienti e concordi, durante feste a sfondo sessuale. Nel capitolo non è presente alcun abuso, né vi è presenza di scene particolarmente dettagliate; la narrazione è contestualizzata al Paese in cui la trama si svolge, infatti a partire dal 2012 in avanti, per mezzo di vari referendum pro-legalizzazione, in alcuni dei paesi degli Stati Uniti (compreso lo Stato di New York appunto) l'uso di droghe leggere è consentito nei minimi di legge stabiliti per le quantità individuali.
La primavera in Bleecker Street è suggestiva. La rifrazione della luce solare conferisce una sfumatura sempre diversa alla tonalità dei caseggiati brownstones tra i più antichi dell'East Village. Da quella più rosata che osservo poco prima delle nove del mattino, mentre percorro a piedi il breve tratto che mi separa dal mio nuovo lavoro, da un mese e mezzo a questa parte, a quella aranciata e calda delle quattro del pomeriggio.
Durante l'unica pausa caffè che la signora Miller mi costringe praticamente ad accettare, mi concedo una pigra occhiata dalle larghe vetrate del negozio che danno sulla strada e, dalla sfumatura cromatica che i mattoni assumono deduco esattamente l'ora. Il tintinnio del campanello all'ingresso è una conferma e annuncia Marcello, il giovane valletto del bar italiano all'angolo: Le Terrazze. Fa il suo ingresso tutti i pomeriggi intorno alle quattro con un portavivande circolare guarnito di pasticceria mignon, qualche fetta di torta di mele della storica pasticcera Lela ed espresso nero fumante che appanna la cloche di cristallo.
Con grande riluttanza ho infine accettato la proposta di Ermes di trasferirmi nella sua casa lungo Dean Street a Brooklyn per cercare un nuovo lavoro e iniziare daccapo, ancora. Certo, in una città folle e bellissima, l'ultima dove avrei pensato di poter convivere con i miei attacchi di panico.
Dopo alcuni mesi in cui Ermes è stato mia guida e mio pigmalione nel mostrarmi, con pazienza, la vivibilità di un posto tanto caotico come New York, dopo aver imparato che posso prendere la metro perché velocissima e mai così piena da farmi mancare l'aria - e se succede, scendo alla prima fermata e riprendo un treno meno affollato in meno di un minuto - e considerate le opportunità di studio per Matias, ho raccolto il guanto di sfida.
Io in metro da sola, e per le strade di una città impossibile, ancora da sola, con mio figlio. Con un lavoro che ho trovato da sola, con qualche dritta di Ermes durante la ricerca, certo, ma che non si appoggia a nessuna delle sue conoscenze. Al Milliron Photo Studio cercavano un'assistente in amministrazione e, visto che ho svolto questo lavoro per diversi anni, mi sono candidata e sono stata selezionata tramite un'agenzia.
I patti prevedono anche che contribuisca alle spese di casa, e così è, nonostante le proteste del proprietario. E visto che non posso pagare le bollette in addebito diretto sul suo conto corrente, mi occupo della spesa, compro il necessario per mio figlio e qualche libriccino adatto all'età dei bambini di Ermes, quando possibile. La loro madre pretende che indossino solo abiti di brand sostenibili e giochino con manufatti plastic free che le mie entrate non mi consentono, quindi viva i libri; almeno di quelli non può lamentarsi.
Ho una relazione con Ermes, è vero, ma non voglio che lui mi mantenga; ha già fatto e fa tutt'ora troppo per noi. E poi Amanda è attenta a ogni virgola e non l'ha presa per niente bene.
Appena varcata la soglia di casa, un vociare concitato desta la mia attenzione... e preoccupazione.
«Quella, da qui, deve andarsene!» odo distintamente Amanda tuonare a Ermes.
«Vuoi sbatterti la tua nuova amichetta? Non lo farai in casa nostra, mettendo a rischio i miei figli! Giuro che chiedo la custodia esclusiva, facendoti pagare tutte le spese legali!»
«Ah, davvero? Mi togli i ragazzi? Non credo!» Non ho mai sentito Ermes alzare la voce, prima d'ora, e la cosa mi inquieta; è un lato di lui che non conosco.
«Lo sai? Racconterò dei festini che organizzi nel tuo appartamento, fregandotene dei bambini che sono appena nell'altra stanza! Ho le prove, ti ricordo. Senza contare che vivi con quella pervertita che sbatte le facce dei miei figli sui social! Stai attenta, Amanda! Io non ho nessuna paura di te! Sono io che ti tolgo i miei figli e l'assegno col quale continui a fare la bella vita nel tuo attico da vip in piena Soho!»
«Come ti sei ridotto, Ermes, tutto per scoparti una sguattera! Non so se mi fai più pena o ribrezzo...»
«Non ti permettere!» Sento trambusto dalla stanza in cui si svolge la discussione, come di sedie trascinate sul pavimento. Mi si gela il sangue. «Non sei degna nemmeno di nominarla! Quelle come te non potrebbero mai afferrare cosa spinge un uomo verso una donna con dei principi.»
«Principi....ma sentilo! Un tempo andavi con uomini, donne, non aveva importanza e ne eri fiero, ti piaceva il sesso. Punto. Ora ti sei patetico... Lo hai voluto tu: i bambini staranno con me, non sono al sicuro in questa casa.»
«Tu non sai niente, e non farai niente, Amanda, o io ti giuro che!...»
«Non ti avvicinare, Ermes! So più di quello che pensi. Ti sei messo con una poveraccia, ma fosse quello il problema, non m'interesserebbe. Se la cosa mette in pericolo i miei figli, però, sì che mi riguarda.»
«Questa settimana dovevano stare da me! Sono arrivato a scuola e mi hanno detto che sei andata a prenderli prima! Vuoi la guerra, Amanda? L'avrai, se non li riporti a casa entro un'ora! E adesso vattene, perché Mira e suo figlio non devono trovarti qui a spargere il tuo veleno.»
«Ci vediamo in tribunale, Ermes! Ai miei festini, come li chiami, prendevi parte attivamente. E poi, ti ricordo, si svolgono nell'intimo di una camera da letto. Il mafioso che rivendica ciò che è di sua proprietà è un pericolo concreto per dei bambini invece.»
«Vedremo che ne pensa il giudice!»
«Certo, vedremo che ne penserà soprattutto quando gli mostrerò le foto, accuratamente conservate, di un uomo consenziente impegnato nelle pratiche sessuali più promiscue e spinte che si possano immaginare.»
«Sei una!... Fuori! E riporta i ragazzi immediatamente, altrimenti sono guai.» Faccio in tempo a nascondermi in un vano dell'ingresso, dietro il guardaroba, prima che la porta all'entrata sbatta con violenza. Essere rincasata una mezz'ora prima si è rivelata una pessima cosa, oggi. Sono solo felice che questa scenata sia finita prima del ritorno di Matias da scuola.
Ha sentito tutto. Fregato, Ermes. Beccato! Anche questo ruolo da paladino virtuoso doveva finire, perché non ti appartiene. Resto immobile nel fermo immagine della sua espressione che non riesco a decifrare.
Una notifica sul cellulare rompe un silenzio che grava come un macigno.
«Matias si trattiene al corso di recitazione... me ne ero dimenticata» asserisce. A posto, inizio a scavarmi la fossa.
«Ermes... mi dispiace, io-io non volevo origliare la vostra discussione. Non l'ho fatto apposta. Sarei voluta andare via ma-» lo mormora appena mentre le mie dita si tormentano nelle tasche della tuta. Non parlo mai di come mi sento, non le ho mai detto niente di me. Io... io non le chiedo del suo passato. Le offro me stesso, è l'unica cosa che mi riesce. In questo siamo simili, nell'incapacità di comunicare le emozioni.
Mi sento annegare mentre mi guarda.
Le prendo le mani e inspiro profondamente, mordendomi il labbro inferiore «Mira...» la interrompo a occhi bassi, tenendo le sue mani tra le mie «io tengo a te. Dispiace a me di ciò che hai sentito e di come hai saputo certe cose.»
«Hai avuto una vita prima di me» suona di una magra consolazione. È l'ora della verità.
«No, aspetta. Lasciami finire. Io tengo tanto a te ed è per questo che ci sono cose che è giusto tu sappia.»
«Non mi devi spiegazioni, Ermes» mi rassicura.
«Non si tratta di dovere; è che a questo punto è giusto che ci sia la massima sincerità tra noi, anche se, lo ammetto, di questa parte del mio passato non ti avrei parlato.»
«Sono qui, ma non sei obbligato, ripeto.»
Deglutisco a fatica e mi passo una mano sul volto teso, strizzando gli occhi.
«Io non sono l'uomo che tu immagini, quello che ti ho mostrato finora.» Mi fermo per prendere ancora respiro, insieme al coraggio che non ho.
«Verso la fine degli anni del liceo sono stato legato a una persona che, per certi versi, tu mi ricordi. Era ingenua e dolce; è stata il mio primo amore. Sono stati anni di prime esperienze per tutti e due. Poi, con il tempo, dopo essermi trasferito a New York, le nostre esigenze sono cambiate. Io la volevo al mio fianco, ma non le piacevano la vita frenetica, il mio lavoro, le fan, molte colleghe donne. Era difficile per lei. Lo capisco ora come lo comprendevo allora. Io ero e sono sempre Ermes, però. L'amavo e non l'ho mai tradita, né ho mai minimamente desiderato di farlo, nonostante le moltissime occasioni che la mia professione offre su un piatto d'argento, ma lei non ha retto la pressione. Per lei non ero più il compagno di classe impacciato di Miami, e dunque è finita, seppur dopo molti anni.»
«Mi dispiace, immagino quanto tu ne abbia sofferto, e anche lei sicuramente.»
«Sì, abbiamo sofferto molto. Sono stato solo per due anni. Beh, ho avuto compagnia ogni tanto, non voglio nascondemi» asserisco a capo chino.
«Non ne hai bisogno con me.»
«Dopo ho conosciuto Amanda: una ragazza estroversa, disinibita, in ogni senso» la fisso intensamente negli occhi con aria mortificata; è eloquente ciò a cui alludo. Non reggo, debbo sedermi. Scivolo sul pavimento dove lei mi segue poco dopo, posizionandosi di fianco a me, che proseguo a occhi bassi. Avverto che il seguito delle mie confessioni sarà doloroso. E non solo per lei.
«Con lei ho sperimentato tutto, Mira. Davvero tutto. Non ci siamo negati niente, fino a che la cosa ci è sfuggita di mano, a un certo punto. È iniziato come un gioco che ci rendeva complici.» Faccio una pausa. Necessito d'aria. «avrei dovuto parlartene, forse, prima di spingermi oltre con te, ma non volevo rischiare di perderti. Sono egoista e non potevo rinunciare a noi» mi fermo ancora e mi dirigo in cucina a bere un sorso d'acqua per poi tornare sul pavimento, a gambe incrociate.
«Abbiamo fatto cose... molte cose, con diverse persone. Avevamo una nostra cerchia di amici e collaboratori intimi, per così dire... era normale. Mi piaceva. Sai, vengo da una famiglia molto rigida... mi sentivo finalmente libero da anni di costrizioni morali ferree.»
«Quanto libero, Ermes?» chiede, ed è giusto che sappia.
«Sono stato con uomini e donne, alle volte contemporaneamente. Incontri all'insegna di droghe e alcool, quando non dovevamo lavorare, naturalmente. E sempre lontano dai bambini, ovvio. Mai in casa.» Seguito a tenere la testa bassa e le mani in grembo, sulle ginocchia. Non ho il coraggio di incontrare i suoi occhi.
«E ha funzionato?» domanda a bruciapelo.
«Sì!» la risposta trafigge persini me con brutale sincerità mentre ci guardiamo dritto negli occhi.
«Amo il sesso e i suoi piaceri in ogni forma, Mira. All'inizio io e Amanda eravamo felici. Ci sentivamo dei veri newyorchesi all'avanguardia, scevri da ogni pregiudizio legato alla morale comune. Nelle grandi metropoli è la normalità. In casa siamo sempre stati molto tradizionalisti per proteggere i bambini; nel focolare domestico io e Amanda vivevamo momenti solo nostri, ma lei ha voluto un rapporto aperto fin da subito e, sebbene mi sentissi spiazzato all'inizio, ho accettato. Mi piaceva l'idea di andare oltre i limiti.»
«Ne sentivi il bisogno? Intendo, anche con la tua prima ragazza? Forse per lei era troppo, e per questo è finita.»
«Oh, no-no-no-no, Mira. Con lei mai.»
«Forse proprio per questo avete rotto? Forse non avevi il coraggio di osare qualcosa che in fondo desideravi anche con lei» asserisce seria.
«No, credimi, non è così. Il mio rapporto precedente era esclusivo e andava bene così. Sono stati tredici anni d'amore profondo. La monogamia non è stata un sacrificio.»
«E che cosa è cambiato con Amanda?» chiede, cercando di non tradire la delusione nella voce, ma il tono incrinato non può mascherare il disappunto.
«Amanda era semplicemente diversa. Era curiosa e molto più avanti di me sotto tanti aspetti. Mi ha aperto a orizzonti sconosciuti, che non immaginavo di voler sperimentare, non ne sentivo il bisogno, ma una volta assaporati, li ho poi fatti miei.»
«E dunque, se avevi raggiunto l'idillio con tua moglie, perché è finita anche con lei?»
«Perché tutta quella libertà era una stronzata. Ciò che è nato come una piccola trasgressione per aggiungere colore alla routine, ha finito per allontanarci. Sempre più spesso la trovavo con una nostra vicina di casa invadente e viscida. Durante un lungo periodo di riprese in Europa, Amanda decise di portarla con noi. È stato orribile, girava perlopiù nuda, per casa, per provacarmi. La trovavo ad amoreggiare spudoratamente con mia moglie in ogni dove, quasi si toccavano anche davanti ai bambini, uno spettacolo disgustoso. Negli ultimi tempi, poi, Amanda non voleva più stare solo con me, non le bastavo più. Pretendeva il menage a trois, perché se non c'era la sua amica, non voleva. Quella mi repelleva, non l'ho mai neanche guardata, figuriamoci toccarla. Così mi sono allontanato definitivamente. Ero il terzo incomodo. Ho capito che mia moglie aveva perso la testa per l'altra, non si trattava più solo di un gioco. Ho iniziato anch'io, in quei mesi, a cercare compagnia. La goccia è traboccata quando la sua amante ha sbattuto sui social il viso dei miei bambini. Ho urlato a lei e alla mia ex quanto mi facessero schifo - mh... da quale pulpito - e ho fatto fagotto.»
«Ho bisogno di sapere un'ultima cosa, Ermes, ma solo se te la senti.»
«Dai, spara. Sono qui per dirti tutto.» Affronta i miei occhi con piglio disarmante.
«Mi hai detto che, nel periodo prima della separazione da Amanda, cercavi compagnia... anche di uomini?» Annuisco alla sua domanda, sebbene in imbarazzo.
«Sono versatile, quindi sì. Posso dire però, con certezza, di non essermi mai innamorato di un uomo. Però, se è per l'avventura di una notte, e lo metto sempre in chiaro, non mi nego. Mi eccita l'effetto che faccio a quelli del mio stesso sesso. Sono sempre stato curioso di capire cosa si prova a essere penetrati e questa esperienza mi ha sconvolto, le prime volte, ma mi ha reso molto più attento verso le mie partner.»
Il silenzio cala come una fitta coltre, tra noi. Mira si dirige in cucina per prendere dell'acqua. Ne beve un sorso abbondante e chiede anche a me, peccatore reo confesso che siede ancora a capo chino sul parquet, se ne voglia anch'io; le faccio cenno di no con la mano.
Torna verso il divano e mi affianca, restando in piedi. Devoto come un pellegrino al suo santo, le cingo le ginocchia, dove poso la fronte. Scivola anche lei fino al pavimento per fronteggiarmi. Mi abbraccia. Non dice niente. Mi accarezza i capelli e una guancia e io, arrendevole, la lascio fare, chino sulla sua spalla. Mi sente sospirare e mi accarezza la schiena. Non merito le sue mani caste, né la sua indulgenza.
«Ermes» mi soffia sul viso «sai, dici di non essere una brava persona e invece lo sei, perché sei sincero. Sono questioni personali, molto personali, quelle che mi hai confidato, e io non ti giudico per quello che credi giusto. Anche io vengo da una famiglia religiosa. Sono sempre stata inibita in tutto. Non ho conosciuto che mio marito. Ne so poco di libertà, tantomeno nell'intimità, ma con te sto scoprendo tanto ed è bello. Tu mi fai amare me stessa e il mio corpo e mi fai scoprire ciò che non sapevo di poter provare. Ed è nuovo per me, quindi forse in un certo senso capisco quello che hai provato durante gli anni con Amanda.
Non sono ai livelli di Amanda o di altri, ma mi sento bene quando stiamo insieme e sono certa che tutto ciò che hai passato ti ha reso la persona sensibile che sei. Tuttavia, la cosa che realmente mi dà da pensare, Ermes, è ciò che preoccupa la tua ex moglie al di là del concetto che ha di me. Ha ragione: Nicholas D'Onofrio è un pericolo concreto per i bambini... credimi, non è uno che si rassegna facilmente. Conoscendolo, starà preparando la sua vendetta. Sono stata una sciocca a pensare di poter vivere una vita normale. Quelle come me hanno un destino segnato.»
«Mira, ma che dici? Io tengo tantissimo a te e a Matias. Anch'io ho le mie conoscenze. Qui siete al sicuro. Amanda è solo gelosa, soprattutto che non destini tutti i miei soldi a lei. Scusa, è venale, ma la conosco. Si sente minacciata dal fatto che io possa destinare a te e a tuo figlio parte delle mie rendite.»
«Ermes, per il tuo bene, per quello dei tuoi figli, è giusto che io mi cerchi un alloggio mio dove possiamo scongiurare il rischio di qualsiasi ripercussione su di te e sulla tua famiglia.»
«Mira, tu sei libera di andare, se vuoi, non sei certo mia prigioniera, ma gli affitti, anche solo di una stanza, sono proibitivi a New York. Dovrei saperti in una periferia lontana, con ore di mezzi pubblici per potervi recare al lavoro e a scuola? Non voglio che continui a vivere di stenti, sentendoti una fuggiasca. Tu e Matias meritate serenità. Ti prego, non farti spaventare da Amanda e fidati di me. Vi ho posto nelle zone più sicure di questa città; qui a Brooklyn ci sono scuole frequentate da ragazzi tranquilli con famiglie perbene, quella di Matias è una delle migliori. Tu lavori a venti minuti di metro. Non tornare più a vivere nella paura, ti prego. Mio padre non lo vorrebbe.»
Angolo Autrice:
Amici lettori, eccomi qui come promesso!
Nuove sfide si pongono all'inizio di una nuova vita. E secondo l'assioma di Murphy ciò si riassume in un fatto statistico-matematico che ci riporta al calcolo delle probabilità secondo cui, se qualcosa deve andare storto, saranno gli eventi peggiori a verificarsi per primi. Sarà così per Mira ed Ermes? All'inizio della loro vita insieme, le prime nubi delle difficoltà si addensano. Gli spettri del passato si allungano sul futuro.
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