Reazioni
Maël osservava la maniglia in ottone che splendeva in tutta la sua costosa particolarità, era decorata e riprendeva i disegni dipinti a mano sulla grande porta bianca. "Devo entrare e scusarmi con lei, è mio dovere." Si ripeteva per autoconvincersi ad affrontare la furia di quell'arpia, così almeno la chiamava lui.
La porta era semi aperta e dalla fessura verticale poteva ammirare la figura straziata di Hyacinte: il suo esile corpo era steso a pancia in giù su un tappeto color lilla, i cui fiori dai tenui colori sembravano un tutt'uno con l'abito pomposo della marchesina. Difronte ad ella la luce calda emanata dalle fiamme del camino rischiariva a malapena l'ambiente. Era una stanza meno sfarzosa delle altre, in disuso probabilmente, per via della forte umidità che traspariva dal tetto e dalle gocce che si formavano su di esso. Non era però meno bella, i colori usati per le pareti: l'ocra e il rosa, venivano mescolati a i colori dei corpi armoniosi disegnati su di esse, tra cui delle fanciulle semi nude che si dilettavano a giocare con l'acqua di un ruscello.
Il dottore si perse nei dettagli delle decorazioni, negli stucchi in rilievo a gli angoli delle pareti, perfino nei motivi floreali di cui il separè- che le donne usavano per cambiarsi- era pieno. Non aveva mai visto tanto sfarzo persino in una stanza inutilizzata e piena di muffa.
Scosse la testa per concentrarsi su ciò che andava fatto, mise la sua mano, arrosata e piena di calli, sulla raffinata maniglia e pensò che le sue dita fossero davvero scordinate confrontate con la ricchezza di un semplice pomello.
Si fece coraggio: la spinse.
Il cigolare, emanato dalla lieve pressione esercitata da Maël, fece scattare la fanciulla che fulminea girò la testa nella direzione della provenieza del suono.
L'uomo la osservò con cura: i capelli biondi erano stati cotonati e arricciati in tanti piccoli boccoli, tra essi mille perle color avorio splendevano nel buio della notte, il vestito di un rosa sgargiante esaltava il pallore della pelle. L'abito era composto da tre pezzi: il pet a l'aire indumento dalla profonda scollatura lasciava ammirare in tutto il suo splendore il prosperoso seno, incorniciato da un merletto rosa cipria che aderiva perfettamente al corpo armonioso della ragazza. La giacca bianca era adornata con motivi sinuosi di color magenta e dalle maniche a tre quarti sbucava un volant ricamato, la gonna gonfia sui lati e il retro scendeva dritta fino al pavimento per finire con una striscia di raso arricciata.
La pelle candida e delicata era cosparsa di brividi e tremava per il nervoso, gli occhi fiammeggianti sembravano volerlo incenerire con la stessa foga con cui il fuoco ardeva la legna. Ma l'uomo non si fece intimorire, si fece avanti e a grandi falcate raggiunse la damigella ancora distesa sul pavimento. Si accovacciò davanti a lei e guardandola dritta negli occhi le parlò:
- Madamoiselle Chevalier, comprendo la sua rabbia nei miei confronti. Io, un umile dottore le ho imposto il mio pensiero senza dar peso al fatto di essere un semplice ospite. Vi chiedo, dunque, di perdonarmi.
L'uomo che avete maltrattato non aveva colpa, ma comprendo di essere io colui che è fuori posto e sbagliato. Non intendevo arrecarvi offesa ed essere rude, semplicemente pensavo di risvegliare in voi un poco di umanità. Dal modo in cui mi guardate intuisco di non esser riuscito nel mio intento e me ne rammarico ma non voglio continuare con voi questa inutile faida. Sono felice però di aver visto in voi un grande amore per la vostra famiglia. Sapete anch'io ho dei fratelli e delle sorelle, molto più giovani di me e il vostro amore per Edmound è uguale a quello che provo io per loro. In fondo non siamo così diversi, veniamo semplicemente da mondi troppo diversi per comprendersi.
Finì il suo discorso e sulle guance ricoperte di efelidi un dolce sorriso, contornato di fossette, fece spazio nel cuore di Hyacinte.
La reazione fu istantanea, il suo corpo reagì per lei. Così per un breve secondo le labbra vermiglie della damigella sfiorarono quelle dolci e ruvide del dottore, fu solo per un momento; intorno tutto taceva, eccetto per lo scoppiettante rumore del fuoco che lentamente si mescolava al ticchettio emanato dall'impatto delle gocce sui vetri della finestra, le fiamme illuminavano parzialmente i loro corpi di una luce dorata, calda. La calura emanata dal camino sembrava vana in confronto alla vampata che assalì Hyacinte quando si rese conto dell'atto appena compiuto.
Maël restò con gli occhi sgranati, senza smettere di fissare le palpebre serrate della fanciulla che aveva commesso un gesto tanto intimo. La vide gradualmente diventare rossa in viso, fin quando riaprendo gli occhi, scoppiò in tutta la sua furia. Lo schiaffo- quasi aspettato- arrivò sonoramente al destinatario che senza dire una parola si alzò e si incamminò verso la porta.
-Avete detto quelle parole solo per rendermi vulnerabile e dire a mio fratello che mi sono comportata come una donnaccia, oh siete un essere spregevole!
Hyacinte urlava e cercava di scacciare indietro le lacrime, si sentiva in colpa e delusa da se stessa e da lui: perché provava delusione nei suoi confronti?
L'importanza che riservava nei suoi riguardi le faceva salire il sangue alla testa e perché lui era tanto gentile con lei? Voleva sicuramente prendersi gioco della sua persona.
Il ragazzo non riuscì a trattenere le parole che fuoriuscirono dalla sua bocca con furia irrefrenabile.
-Voi avete perso il lume della ragione! Siete voi che mi avete baciato e adesso mi accusate di voler carpire la vostra virtù?! Per quale misero essere mi avete preso?
Avvicinò il suo viso a un palmo da quello di Hyacinte che prontamente si girò dando le spalle al suo interlocutore.
-Non sono pazza! Voi, voi... ah andate via, uscite da questa stanza! Come avete osato entrare qui dentro sapendo che non c'era nessuno a farmi compagnia?
Il dottore si trattenne dal continuare ad urlarle in faccia, era andato lì per scusarsi ma con Hyacinte Chevalier trattenere una discussione senza che finisse in una lite era totalmente impossibile. Uscì dalla stanza senza dar peso alle accuse della fanciulla che si dimenava sdraiata sul tappeto.
Nonostante ciò che ella le aveva urlato un secondo dopo, sfiorare le labbra della damigella fu per lui motivo di gioia e di tormenti.
Era una ragazzina viziata ed egocentrica, ma nel suo intimo la parte più vanesia di Maël esultò: Hyacinte era una bellezza rara e il fatto che si fosse "abbassata" a dargli un bacio fece dimenticare al dottore la reazione avuta dopo, doveva ammettere che non aveva mai incontrato una donna tanto intraprendente. Il ragazzo però stava ben attento dal farsi misere illusioni, la marchesina era qualcosa di troppo prezioso a cui aspirare.
Così si perse nei vari corridoi, ancora rosso in viso per l'imbarazzo e per la vergogna, quando vicino la porta della sala da ballo vide il vestito argenteo di Oscar-Javier. Il marchese gli corse incontro, gli avrebbe chiesto della sorella e lui cosa avrebbe dovuto rispondere? Non poteva di certo raccontargli che si era permesso di rimanere da solo con lei in una stanza, soprattutto che ella lo aveva baciato.
-Monsieur Georgette, avete chiesto perdono e tregua a mia sorella per le vostre vicissitudini?
Chiese in tono particolarmente curioso,
-Sì monsieur, adesso vogliate scusarmi ma non mi sento molto bene e penso che mi ritirerò nei miei alloggi.
Oscar fece un espressione contrariata, gli mise una mano sulla spalla e notando il rossore delle gote domandò,
-Avete discusso nuovamente?
-No, se volete parlare con lei posso dirvi dov'è. Ho visto che dopo il nostro colloquio è entrata in una stanza in fondo al corridoio.
Tutta questa faccenda non convinceva il marchesino, perché mai Hyacinte si era rifugiata in quella vecchia stanza? E il dottore che fino a poco prima godeva di ottima salute poteva sentirsi male senza un motivo?
-Andate Maël, il rossore sul vostro volto lascia intuire che non mentite. Io andrò a parlare con Hyacinte.
Il ragazzo fece un segno con il capo e si dileguò, sperava che la donna avesse il buon senso di non raccontare tutti gli avvenimenti della serata, da evitare così di metterlo in difficoltà. Lui doveva concentrarsi sul come far recapitare una lettera alla sua famiglia per informarli che stava bene, così decise di scrivere direttamente al suo vecchio amico a cui aveva insegnato le basi della scrittura e della lettura, avrebbe così potuto informare sua madre sulle sue condizioni e dove si trovasse.
Oscar attraversò velocemente quel tratto di casa e senza pensarci due volte entrò con irruenza nella stanza, lasciò la porta spalancata senza preoccuparsi di chi potesse ascoltarli e vedendo la sorella piangere disperata si avvicinò ad ella con cautela. Stranamente notò che non erano lacrime dovute alla rabbia ma l'espressione afflitta faceva intendere che quelle che stava versando erano lacrime di angoscia. Le prese dolcemente il viso tra le mani e ansimando per il nervoso le chiese perché si affliggeva in tale modo.
Ella lo guardò e si avvinghiò al suo collo con teatralità,
-Oh Oscar! Fratello mio, portatemi in chiesa devo confessarmi! Ho commesso peccato! Ma è stata colpa sua, giuro sopra nostra madre lui è venuto qui per ammaliarmi con parole dolci per indurmi a peccare. Non potete lasciarlo andare così, fate qualcosa, salvate l'onore di vostra sorella!
Le mani di Oscar-Javier iniziarono a tremare, la voce era rotta dai continui balbetramenti. Si sentiva offeso nell'animo e deluso.
-Cosa state dicendo?! Spiegatevi, vi ha presa con la forza?
Hyacinte cercò di darsi un contegno, si asciugò il viso e mettendosi in una posizione più dignitosa osservò per bene la reazione del fratello,
-No, io ho-io
Fece una breve pausa per riprendere fiato,
-Ho sfiorato le sue labbra con le mie.
I due schiaffi a man rovescio arrivarono tanto forti da farla trabballare, per quanto Hyacinte volesse rispondere con graffi e morsi per ciò che le aveva fatto sapeva bene di dover stare al suo posto. Oscar-Javier era un uomo e più grande di lei, non poteva protestare in alcun modo.
Egli non aveva mai toccato una donna nemmeno con un dito, sopratutto una delle sue sorelle ma, come aveva potuto Hyacinte disonorare il buon non della famiglia in tal modo?
Si era comportata come una volgare donnaccia e sopratutto aveva sfiorato le labbra di un pebleo, lo stesso plebeo che lo faceva innervosire e sospirare alla sola vista. Egli non poteva lasciarla impunita.
Non disse nulla, la lasciò sola con la sua vergogna, con solo il rumore del vento a farle compagnia. Si alzò e chiuse la porta dietro le sue spalle larghe, osservò lo stesso pomello che poco prima Maël aveva esaminato con accuratezza, poi un ultimo gesto dettato dalla gelosia colpì il suo cuore. Prese la chiave e con unico potente scatto rinchiuse sua sorella all'interno.
Hyacinte era ancora immobile, osservava con passività le scintille provenienti dal camino, quando il rumore dello scatto della serratura la fece scattare in piedi senza pensarci. Si precipitò davanti la porta e iniziò a scuotere la maniglia con forza,
-Oscar!, Oscar! Non potete farmi questo! Io non ho colpa!
Diede forti pugni alla porta, fin quando le nocche le si arrossarono e sanguinarono. Urlò, calciando e dimenandosi. Osservò la stanza e la sua mente si concentrò sulle pesanti tende di broccato che nascondevano le finestre: no, non sarebbe rimasta chiusa lì fino all'alba.
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4/01/1787
Caro Frédéric,
Questa mattina mentre stavo per varcare la soglia di casa un ragazzo è venuto a chiedermi soccorso per suo fratello.
Qualcuno gli ha sparato al petto, ferendolo gravemente.
Sono stato ospitato a casa loro, come molti cittadini di Parigi conosci bene codesto casato: i Chavalier.
Sono una famiglia ospitale, per quanto dei nobili possano esserlo nei confronti di un dottore sia chiaro, ma sto bene e mi è stato perfino concesso di presenziare a un ballo.
Devo dirti inoltre che ho conosciuto la più insopportabile e detestabile delle creature del gentil sesso, un vero demone dall'aspetto di una dea.
Recatevi da mia madre e ditele dove mi trovo e come sto, vi ringrazio fin da ora.
Egregi saluti,
Maël Georgette
Un bussare incessante alla porta svegliò il ragazzo dai riccioli biondi che dormiva pesantemente in una branda, coperto solo da un rozzo pezzo di stoffa. Indossò velocemente i calzari e corse ad aprire la porta, ad attenderlo vi era un giovanotto di all'incirca 15 anni.
Aveva l'aspetto di un servo, con i riccioli neri sciolti e i vestiti poco costosi, non aveva nessun trucco ad esaltare la carnagione chiara, ne gioielli a imbellire il collo tozzo.
Ancora assonnato si stropicciò gli occhi e asciugò il rivolo di bava che aveva sulle labbra.
-Desiderate?
Chiese con la bocca ancora impastata dalla sonnolenza,
-Siete il signor Frédéric Rouge?
Il ragazzo annuì,
-Tenete ho una lettera per voi,
Me l'ha consegnata un tale di nome Georgette.
Frédéric prese la lettera e con un certo timore l'aprì, per cercarlo a quell'ora della notte doveva trattarsi di qualcosa di importante.
Sigillò la porta di legno consunto con un pesante catenaccio di ferro arrugginito, dopodiché andò a sedersi intorno il piccolo tavolo rotondo.
La casa o meglio la stanza, era angusta e buia con solo la fioca luce di una candela a illuminare quel misero quadrato spoglio, dove vi era solo un letto e un armadio.
Iniziò a leggere e poco dopo strappò la lettera in mille pezzi, "sono una famiglia ospitale" aveva scritto il suo più caro amico sul bianco della pagina. Quanto desiderava fargli sapere che la famiglia da lui elogiata stava distruggendo uno per uno i quartieri della città, senza il minimo acceno di pietà. Povero Maël, quella dimora era un pericolo per quelli come lui.
Sarebbe andato lui stesso a portarlo lontano da lì, un uomo buono e giusto come il suo amico non doveva rimanere un attimo di più in quella casa.
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