Le passioni non dette (p.2)
*Vi consiglio di ascoltare il capitolo con la musica messa sopra*
Nella sala da ballo le note soavi- che uscivano dai movimenti veloci e dal tocco leggero delle mani di Ophélie- riecheggiavano intorno a gli ospiti, permettendo alle fanciulle di fantasticare a passo di quella romantica melodia.
Javier insieme al resto dei presenti osservava con estasi il meraviglioso volto della sua amata: l'espressione solitamente docile era contratta in una di concentrazione, sedeva con le spalle dritte e accompagnava le note con movimenti eleganti del capo.
La massa di capelli corvini era raccolta in una treccia articolata è laterale, adornata con perle e nastri di colore lilla e azzurro. Le labbra carnose erano state dipinte con un rosso vermiglio mentre gli occhi al contrario erano privi di trucco.
Indossava un abito con cui a fatica respirava: composto da uno sfarzoso corsetto viola al cui centro si trovavano tre perle a forma di goccia che venivano incorniciate da ricami floreali. La scollatura molto profonda era decorata con un leggero pizzo italiano e le maniche gonfie sulle spalle e strette al polso erano rifinite anch'esse con il pizzo e chiuse da una perla la cui cornice erano svariati lapislazzuli. La gonna ingombrante aveva un rigonfiamento ai lati e scendeva dritta fino al pavimento.
A differenza di molte dame non aveva adornato il collo con pesanti collane d'oro e diamanti, ma aveva sostituito il tutto con una collana di perle in cui al centro un grazioso cameo si mostrava in tutta la sua semplice bellezza.
Ophélie cercava in tutti i modi di concentrarsi e non sbagliare nemmeno una nota: il corsetto stringeva tanto da impedirle di respirare; la testa le duoleva a causa della pettinatura tirata e l'ansia la divorava viva. Non le piaceva essere osservata anche se era più che soddisfatta che le sue doti da pianista venissero apprezzate. Tra i suoi spettatori vi era Javuer, " Oh dolce Javier, voglio solo che codesta tortura finisca presto e dilettarmi con voi in una tranquilla passeggiata, chiacchierando al chiaro di luna!" Ripeteva incessantemente la voce al suo interno.
Javier non riusciva a distogliere lo sguardo, ma dovette farlo quando le lacrime lo minacciarono di uscire copiose e prepotenti. Come poteva sposare un'altra donna quando l'unica fanciulla di cui desiderasse la compagnia era la marchesina che suonava il piano di fronte a lui?
Come poteva stringere tra le sue braccia un'altra quando l'unico corpo che desiderava possedere era quello di Ophélie? Da ormai tutta la sera si angustiava e gemeva per lo strazio a cui era sottoposta la sua anima, ma era il triste destino e doveva accettarlo. Ribellarsi a suo padre era fuori questione, avrebbe potuto ripudiarlo o accellerare il corso degli eventi e non poteva correre nessuno dei due rischi. Sollevò il capo e la fanciulla che da poco aveva smesso di deliziare i presenti con la sua musica gli dedicò un dolce sorriso, segno che ricordava la promessa fatta nel primo pomeriggio. Javier si avvicinò ad ella e porgendole il braccio cercò di sussurrarle qualcosa ad un orecchio:
-Ballate con me madmoiselle e dopo concedetemi l'onore di una passeggiata lontano da questa casa, devo parlarvi. No, non preoccupatevi e non fate quelli sguardo afflitto non è nulla di cui preoccuparsi dolce madmoiselle Ophélie.
Lo sforzo che aveva fatto il giovane per pronunciare quelle richieste tanto ardite senza balbettare era palese dalle gote infiammate e dalle gocce di sudore sulla fronte. Ophélie rifletté a lungo, se li avessero visti allontanarsi insieme le dicerie e le male lingue avrebbero infangato il suo onore e la punizione dei suoi genitori sarebbe stata esemplare. Tuttavia quegli occhi languidi in procinto di esplodere in un fiume in piena la costrinsero a dire di sì, facendo un leggero segno con la testolina.
D'un tratto la ragazza sentì un forte rumore di schiamazzi: davanti a i suoi occhi la contessa De Polignac sedeva su un divanetto bianco imbottito di piume d'oca e rivestito con stoffa pregiata. Indossava una parrucca dal colore rosa pastello e delle piume aumentavano la pomposità dell'intero abbigliamento di ella. L'ambito era il più ampio di tutta la sala, composto da numerose balze di taffetà, di un rosso scarlatto che attirava con estrema facilità l'attenzione di chiunque si trovasse in quella stanza. Il corsetto era tempestato di rubini e una fila di tre fiocchi al centro dell'indumento impediva il pieno luccichio di essi. Le maniche strette, arrivavano a tre quarti del braccio per far sì che il resto della pelle venisse dolcemente velato da un pizzo nero che scendeva lungo i gomiti fino i polsi. La donna era accerchiata da numerosi ospiti tra cui le marchesine Laurént e Aurelié, i rispettivi fratelli Marius e Theodore, gli amici di famiglia Dorian, Pierluì, Celine e i futuri sposi Jean-michael e Paulette Lefvre. Negli ultimi due si poteva notare un aria afflitta come conseguenza di ciò che udivano.
-La regina ha tenuto la sua indole poco cristiana celata per troppo tempo, ma adesso non riesce più a darsi un contegno! A Versailles sono ben noti i suoi festini a base di vino e le orge che ella organizza mentre quel buon uomo di re Luigi soffre per le calamità che ultimamente lo affliggono!
La donna doveva molti dei suoi alloggi proprio a quest'ultimo con il quale aveva una lunga amicizia, per questo motivo cercava di giustificare i comportamenti completamente incompetenti di re Luigi. Egli mostrava una totale indifferenza verso le questioni politiche, addormentandosi alle riunioni e spendendo il suo tempo in inutili passatempi come la caccia e il cibo. Ben presto la sua mole e la sua miopia lo portarono al centro dei pettegolezzi dei nobili e non solo, i quali dicevano che fosse un volgare ubriacone (in realtà quando egli scendendo da cavallo mostrava una certa titubanza e traballava era solo colpa della sua scarsa vista). Maria Antonietta provava a prendere il posto del marito ma con scarsi risultati, sforzi che furono del tutto vani.
Mentre il resto degli ospiti era assorto nei pettegolezzi maligni della contessa, Laurént nel frattempo era intenta a spingere Aurélie per cercare di farsi avanti e far si che la donna la notasse, ma ecco che il bicchiere di vino che teneva in mano si rovesciò sul bell'abito rosa.
-Megera! Guardate cosa avete fatto! Lo avete fatto apposta, ma giuro che...
La voce sgraziata di Laurént si espanse per tutta la sala e gli ospiti furono più che divertiti da quello spettacolo. Madame Polignac le osservò ridendo e non poté trattenere una battuta sgradevole sulla voce poco elegante della marchesina.
Ella si sentì profondamente umiliata, corse via.
Tra i membri della famiglia Chevalier era sempre poco considerata, aveva solo tredici anni e la sorella maggiore non era ancora maritata quindi per lei parlare di matrimonio era fuori discussione. Non era incline a discutere di argomenti che non riguardassero gli abiti e i gioielli, non era nemmeno particolarmente bella. I gentiluomini però si trovavano affascinati dalla sua indole civettuola.
Oltrepassò la grande porta-finestra in vetro e si trovò nel porticato dove delle una fila di colonne, ricoperte di erica verdeggiante, facevano da cornice a degli imponenti archi a tutto sesto. All'infuori del porticato si estendeva un prato fiorito, dove le siepi che i giardinieri avevano accuratamente modellato in varie forme la facevano sentire meno sola.
Le danze furono aperte e la musica penetrò nelle orecchie della giovane con malinconica violenza, esponendo al cielo stellato alcuni passi di danza si diresse verso il prato roteando con leggiadri movimenti.
Canticchiava e rideva, sola come se fosse matta, ma non le importava; nessuno in quel frangente di iddiliaca solitudine poteva dirle che la sua voce era sgraziata e la sua danza poco elegante. D'un tratto un rumore proveniente dal retro di un cespuglio di gelsomini attirò la sua attenzione. Avvicinò l'orecchio al cespuglio e il dolce suono di una voce maschile recitava i versi di una poesia a lei conosciuta, non ricordava molto apparte che l'autore era Voltaire.
Una pressione esercitata dal basso la tirò a se dietro l'intricato intreccio di rami e fiori.
Si ritrovò sdraiata su un letto di foglie di larici che il vento aveva trascinanto fin lì, il bagliore emanato dalla luce biancastra delle stelle veniva offuscata dalle piantine che la sovrastavano in quel trianglo nascosto.
Aveva il fiato corto e respirava in modo convulso, si guardò attorno per vedere chi aveva osato tirarla con modi tanto sgraziati: il suo sguardo si posò sul viso di un uomo chiaramente sconvolto. Le rughe appena accennate evidenziavano un età già matura, ma non riuscivano ad offuscare il fascino del viso sfilato e dei lineamenti spigolosi.
Gli occhi verdi e grandi spiccavano in contrasto con le tonalità grigiastre delle ciocche ricciolute che scendevano libere sulle spalle. La bocca fine era sovrastata da un paio di baffi ancora tinti di nero, che terminavano con un ricciolo all'inglese.
-Perdonatemi! Vi chiedo umilmente clemenza signorina, pensavo fosse una serva impicciona che spiava ciò che stavo recitando.
La voce era agitata ma non spaventata, a Laurént parve un uomo di buona famiglia. Era chiaramente dispiaciuto ma lei era tremendamente arrabbiata, aveva distrutto quell'attimo di libertà che si era concessa e anche lui (pur senza volerlo) l'aveva trattata in modo rude.
Iniziò a piangere, quel bell'uomo doveva aver udito la sua voce stridula e l'aveva scambiata per una serva impicciona! Si mise le mani davanti il viso e singhiozzando iniziò a lamentarsi.
-Non può essere anche voi pensate che io sia talmente sgraziata da somigliare a una serva! Non bastano le mie sorelle a ricordarmi quanto sia meno elegante e bella di loro!
Erano chiaramente i deliri di una signorina che conosceva ben poco dei problemi reali, ma l'uomo restò intenerito da una visione tanto fragile ed innocente.
-Permettete che io prenda le vostre mani per consolarvi e allontare le vostre angustie signorina? Le assicuro che non siete affatto sgraziata anzi avete una bellezza ammaliante, tanto che potreste essere una delle mie muse ispiratrici!
Sul viso di Laurént nacque istantaneamente un largo sorriso, si sentì lusingata e ad ella bastava ben poco per allontanare le tristezze che affliggevano il suo cuore. Si asciugò le lacrime senza permettere all'uomo di toccarla.
-Ho ascoltato la vostra recitazione, siete davvero dotato per quest'arte signor...?
L'uomo sorrise, era una ragazza molto loquace e vulnerabile quindi decise di giocare con la sua dolce indole.
-Signor? E chi le dice che sono un gentiluomo, potrei essere un ladro o un assassino nascosto qui in attesa di una preda!
La ragazza aprì la bocca in una smorfia di stupore e paura, tentò di alzarsi per scappare ma le risate alle sue spalle la fermarono.
-Signorina non dovete credere a tutto ciò che viene detto! Però e anche vero che non mi conoscete e potrei seriamente essere uno scellerato, un pazzo.
La giovane era ancora in piedi e restò a fissarlo per qualche secondo,
-Insomma! Devo o no fidarmi di voi? Non confondetemi ulteriormente.
Esclamò sconsolata, chiaramente confusa su ciò che doveva fare.
L'uomo scoppiò in una fragorosa risata, fulmineo balzò in piedi.
-Decidete voi madamoiselle, magari nel frattempo mi concedere questo ballo?
Laurént sorrise e facendo un inchino accettò di buon grado, così con gli abiti sporchi di terra danzarono sulle note dell'orechestra, con solo le stelle a fargli da platea.
Spazio autrice.
Scusate se il capitolo è un po' noioso e Mäel e Hyacinte non si sono visti, ma dovevo per forza parlare di Ophelie e Javier.
Oltretutto il nuovo personaggio entrato in scena non vedevo l'ora di inserirlo hahaha
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