Capitolo 11

A notte inoltrata la festa era finalmente terminata, Ophélie aveva lasciato che la paura si impadronisse del suo cuore e quando le si era presentata l'occasione di poter allontanarsi con Javier si era tirata indietro restando nella sala. Aveva sopportato tutta la notte lo sguardo amareggiato del ragazzo che tanto desiderava, ma il timore che le pettegole se ne accorgessero e che le voci arrivassero ai suoi genitori e i suoi fratelli l'aveva paralizzata.
Così tra balli, vino e giochi la festa era finita, lasciando gli ospiti piacevolmente soddisfatti e l'ego di madame Dominique Chavalier pieno di orgoglio per essere stata ancora una volta all'altezza delle aspettative.
La fanciulla stava per essere accompagnata nella sua stanza da Judith- la serva che si occupava di lei- quando camminando nel corridoio una mano l'afferrò per una spalla con delicatezza, sbucando dietro il tedaggio.
La fanciulla emise un gridolino che fu velocemente soffocato, al contrario l'altra donna rimase impassibile come se quell'avvenimento fosse già stato programmato.

-Signorina, perdonate questa mia pazzia. L-la mia intenzione non è essere inopportuno ma durante la festa non mi avete concesso alcun ballo e io devo parlarvi urgentemente.

Il ragazzo tremava per la paura, non faceva parte della sua natura esser coraggioso e azzardare tanto gli era costato uno sforzo immane.
Ophélie ne era rimasta incantata, nessuno mai aveva osato così tanto per per lei, lo osservava rapita con ancora il fiato corto per il piccolo spavento, voltò lo sguardo verso la sua cameriera che la osservava con disapprovazione.
Javier si era messo d'accordo con lei nel momento esatto in cui aveva capito che la donzella lo avrebbe evitato, la donna si era dimostrata dapprima contrariata e decisa ad andare a raccontare tutto al padrone di casa ma, una volta che egli gli aveva confessato i suoi sentimenti non era riuscita a rimanere impassibile. Il ragazzo si stava struggendo d'amore e un animo romantico come il suo non aveva resistito, pur sempre restando in guardia e non approvando a pieno.

-Monsieur abbiamo poco tempo, parlate vi ascolto! Prima però accettate le mie scuse e perdonate la mia vigliaccheria, non sono stata coraggiosa e ho avuto paura...

Il ragazzo interrompe le sue parole prendendo le mani della giovane no il donna tra le sue,

-Non dovete chiedermi perdono, siete una donna assennata e a modo, io ho chiesto troppo e ne prendo atto.
Volevo solo dirvi madama che ogni qual volta che passeggiando il mio sguardo si poserà su una margherita il mio pensiero volerà su di voi, la mia mente forgerà la vostra immagine stampandola a fuoco sul mio cuore pieno di dolore.

La fanciulla sentì i suoi occhi riempirsi di gocce salate,

-Perché mi dite questo? Potrete chiedere a mio padre il permesso di corteggiarmi sarà più che lieto di questo!

Il ragazzo si lasciò cadare a i suoi piedi senza preoccuparsi dell'immagine che stava dando, era debole e triste: Non gli importava nasconderlo.
Tra i singhiozzi riuscì a dire solamente:

-Mi sposerò a breve.

Quelle parole furono un colpo al cuore, dure, troppo per lei. Si gettò a terra per abbracciarlo, ma dei passi fecero trasalire la serva che prontamente la prese per la vite e la trascinò in stanza. Javier si alzò velocemente iniziando a correre verso il piano inferiore.
Ophelié una volta dentro la stanza lasciò che il suo corpo scivolasse lungo la porta, pianse in silenzio cercando di non far rumore, nei letti le sue sorelle riposavano supine-almeno così le parve- eccetto una: Hyacinte.

Il cuore di Judith batteva all'impazzata, sembrava che il rimbombo dei battiti si propagasse dentro di lei fino ad estendersi nel lungo corridoio: se l'avessero scoperta ad aiutare un uomo ad avere una certa intimità con una delle signorine l'avrebbero cacciata di casa senza pensarci due volte.
I passi si fecero sempre più vicini fin quando lo sguardo della donna passò dalle scarpe che sbucarono da dietro l'angolo al viso stranito di Oscar-Javier.
La osservò, senza fare domande le ordinò semplicemente di andare nella stanza in disuso nel piano inferiore e di portare a sua sorella Hyacinte del cibo, delle coperte e di aiutarla a cambiarsi per la notte. La ragazza annuì, precipitandosi dalla sua signora e sospirando per il sollievo.

Oscar si era ripromesso che la punizione impartita a sua sorella le sarebbe servita da lezione per l'avvenire, ma quando era entrato in stanza e un vento gelido gli aveva sfiorato il braccio ricoprendolo di brivi un senso di colpa lo aveva pervaso convincendolo ad essere più clemente.
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Hyacinte era indaffarata a cercare qualche oggetto con cui rompere il vetro della finestra, era ormai notte inoltrata e l'assenza del suo letto iniziava a farsi sentire. Non trovò nulla: la stanza era ricolma di oggetti troppo pesanti per le sue gracili braccia, così la rabbia prese il sopravvento. Iniziò a dare pugni sulla vetrata, cercò in ogni modo di romperla, si agitò fin tanto che il cuore iniziò ad accellerarle in un attacco di tachicardia.

-Signorina! Per l'amor di Dio, si calmi!

Urlò Judith irrompendo nella sranza, l'eccesso di rabbia incontenibile fu riversato sulla povera ragazza, Hyacinte le si buttò addosso graffiandola ed urlando. Si sfogò tanto da, infine, cadere sul pavimento polveroso per la stanchezza. Si risvegliò all'alba, la serva la guardava con paura e rassegnazione, sapeva bene che nel cuore di quella fanciulla non albergava altro che arroganza e cattiveria. Nonostante ciò le era affezionata, fin da piccola era cresciuta osservando Hyacinte e le sue sorelle e tante volte aveva sognato di essere al posto loro. Sapeva bene che la marchesina era capace di provare grande amore per i suoi familiari e ricordandola da bambina, con i capelli acconciati e il viso da bambola, non riusciva ad odiarla.
La signora Dominique l'aveva presa a lavorare con se quando aveva solo dieci anni, all'epoca chiedeva l'elemosina e gracile com'era sarebbe morta dopo poco tempo, l'aveva salvata quando tutti l'avrebbero lasciata morire di stenti su un asfalto freddo.
Scosse la testa per destarsi da i suoi pensieri e con dolcezza si avvicinò alla sua padroncina,

-La colazione è pronta madamoiselle.

Hyacinte si alzò con fare stizzito, era di pessimo umore e avrebbe reso la vita impossibile a chiunque durante la giornata.
Fu accompagnata nelle sue stanze e non appena varcò la soglia della porta Aurélie la investi con una gamma di domande,

-Sorella! Dove avete passato la notte? Oscar è venuto ad informarci che non avreste dormito con noi. Avete un viso sconvolto! Non ditemi che nostro fratello vi ha punita... Non sarebbe da lui, dovete aver fatto qualcosa di terribile! Suvvia non guardatemi e parlate!

Hyacinte non la degnò di uno sguardo: con solennità si fece lavare e vestire. La serva intuendo lo stato d'animo della sua signorina e dopo averlo constatato sulla sua pelle, optò per un abbigliamento meno pomposo del solito. La fanciulla aveva dormito in modo scomodo e dal modo in cui si massaggiava freneticamente le tempie si capiva facilmente che un forte mal di testa la disturbava.
Di conseguenza la pettinatura non fu la solita acconciatura tirata e cotonata ma una treccia morbida, pur sempre articolata e piena di nastri, ma meno scomoda delle altre. L'abito in tre pezzi era di un delicato color azzurro, dalla gonna meno ampia di quella del giorno prima, ricoperta di un'articolata stampa ramificata. Il corsetto era semplice eccetto per un appariscente fiocco di un bianco cangiante che spiccava su tutto il resto. 
In religioso silenzio uscì dalla stanza per recarsi nel gazebo, non aveva nessuna voglia di parlare e nemmeno le forze per dire a quella cornacchia di sua sorella di stare zitta.
Poco dopo fu seguita dalle tre consaguigne, come sempre il buon uomore di Laurént e Aurélie era percepibile anche a diversi metri di distanza per via del chiasso che emettavano. In particolare Laurént sembrava splendente come un raggio di sole, il giallo sgargiante della pesante gonna di taffettà si sposava alla perfezione con la luce che emanavano i suoi sorrisi.
A tavola c'erano tutti, da madame Lysette che emanava allegria da ogni lato; a suo padre che stranamente stava in disparte, accigliato e scostante.

-Buongiorno madame e monsieur.

-Buongiorno, signorina avete dormito bene?

Dorian si alzò per farle un inchino ma le parole da lui pronunciate la irritarono: lanciò una fugace occhiataccia a Oscar-Javier che per il senso di colpa non riuscì a sostenere quello sguardo. Hyacinte non rispose, fece semplicemente un sorriso e prese posto a tavola, Dorian restò perplesso e l'espressione interdetta fece spuntare un sorrissetto sul viso dei suoi amici.
Accanto a Hyacinye, Ophélie e Laurént sembravano essere assenti, pur osservando il vuoto in modi differenti: se la prima pareva esser attraversata da una lama, la seconda ridacchiava soddisfatta.

-Buongiorno a voi signori e signore! Mi scuso per la mia assenza ma come sapete sono stato, diciamo impossibilitato.

La voce calda proveniente da dietro le spalle delle quattro ragazze fece sorridere i presenti, e piangere di gioia madame Dominique. Le fanciulle si alzarono per correre ad abbracciare calorosamente il loro amato fratello, che ancora convalescente si reggeva a stento sulle gambe, di fatto era sorretto da due servi. Edmound sembrava sciupato, la carnagione del suo bellissimo viso era spenta e le occhiaie per la notte insonne, passata tra lamenti e gemiti coprivano gran parte della bellezza dei suoi occhi cerulei.

-Fratello! Che gioia vedervi sano e salvo! Ma è troppo presto per uscire, dovete tornare nelle vostre stanze.

Esclamò Oscar-Javier che prontamente si alzò per andare incontro ad Edmound e stringerlo tra le ue potenti braccia.
Il fratello che si aspettava un così caloroso saluto rimase deluso quando, osservando con maggiore attenzione gli ospiti notò l'assenza di due persone a lui care.

-Dove sono Marius e Theodore?

Chiese perplesso, la risposta arrivò presto: lo scalpitare degli zoccoli in lontanza attirò l'attenzione di tutti i presenti. Su due stalloni dal manto bianco i suoi fratelli portavano con loro, legato ad una corda, un uomo dai vestiti logori. Aveva dei bei lineamenti se pur nascosti dai modi poco raffinati, i capelli ramati lunghi fino le spalle larghe erano ricci e spettinati. Era alto all'incirca un metro e settanta e di una ventina d'anni più vecchio dei suoi fratelli. Accanto a lui una figura giovanile lo seguiva, quei modi rozzi destarono velocemente in lui l'odio per quell'essere. I ricordi  affiorarono veloci e l'immagine di quell'uomo che gli piantava un proiettile in corpo arrivò velocemente a sostituire il paesaggio ritratto davanti a sé.

Maël si era svegliato ancor prima che l'alba fosse sorta, aveva fatto colazione con i servi e in tal modo aveva potuto scambiare qualche parola con persone più  semplici con le quali sentirsi a proprio agio. Aveva poi declinato l'invito di Oscar-Javier a fare colazione con la famiglia Chevalier e il resto degli ospiti sotto le mentite spoglie del cugino cresciuto in Italia. Dopo la colazione l'uomo voleva parlargli di qualcosa, questo pensiero aveva messo a soqquadro lo stomaco del ragazzo che preoccupato sperava non si trattasse dell'avvenimento della sera precedente.
Dopo la colazione era uscito a fare una passeggiata all'aria fresca, per godersi la brezza mattiniera e la magia che si propaga dal sorgere dell'alba, quando in torno regnano ancora le tenebre, ma un fascio di luce inizia a squarciare il cielo a metà inondando di una luce dorata il paesaggio circostante. Si era poi accovacciato sotto un pino vicino il viale che conduceva al cancello, mentre era occupato a osservare il nido di un passero il nitrire dei cavalli lo riportò alla realtà. Davanti a i suoi occhi due dei signorotti della villa trascinavano un uomo conoscente: i capelli rossi come i suoi e gli occhi vispi, di un verde accecante lo fecero sussultare. Dietro lo strano gruppo una massa di riccioli biondi marciava va a testa china,

-Zio Giulien! Fréderich!

Urlò a pieni polmoni, precipitandosi verso di loro.

*Spazio autrice*
Ta tatataaaan
Ed ecco svelata l'identità dell'aggressore misterioso!
Che ne pensate? Come reagirà il nostro Mael e cosa ci fa lì Fréderich?

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