RIMPIANTI CHE FANNO MALE - ONESHOT
27 giugno 2017.
Mi guardo allo specchio, conscio che non può essere vero. Seriamente, Alby, come ti sei ridotto... a credere ai fantasmi?
Non prendetemi per pazzo, ora vi spiego tutto: ho sognato mia sorella, stanotte.
Il punto è che mia sorella, Sofia, è morta quasi cinque anni fa.
Questa notte, il fantasma di mia sorella mi ha parlato. Ha detto che mi vuole rivedere, ma che potrà farlo solo a determinate condizioni.
Non ha aggiunto altro.
E poi puff, svanita.
L'unica è sperare che torni a parlarmi stanotte...
È da quando è morta che ho dei rimpianti.
Le nostre ultime parole sono state le grida di un alterco furioso. Non ricordo neanche perché stavamo litigando... ma ricordo che era una stronzata. Poi lei è corsa fuori piangendo, in giardino, ho sentito una macchina inchiodare e...
Un ubriaco stava guidando ed era uscito dalla carreggiata e stava andando sul marciapiede. Se mia sorella fosse stato in casa, non sarebbe successo nulla, ma lei era in giardino ed è stata travolta dall'auto che, ribaltandosi, aveva sfondato le ringhiere e le era crollata addosso.
So bene di non c'entrarci nulla... ma non ho mai smesso di essermi sentito un po' in colpa per quell'incidente.
E tutte le cose che avrei dovuto dirle in mille e più occasioni... le azioni non fatte, le promesse non mantenute, il tempo perduto, i litigi, il non essere mai stato perdonato per quell'ultima discussione... io sto male da quando è morta. Sono quattro anni e undici mesi che vivo con un vero inferno che si agita dentro di me e mi fa dormire poco la notte, mi fa essere triste, sempre stanco, distratto, assorto... piango spesso, da quella maledetta notte.
*sospiro*
Certo, alla luce del giorno appare tutto un qualcosa di insensato, qualcosa che non sembra neanche reale.
L'unica è aspettare stanotte, per vedere se il fantasma di mia sorella si farà vivo.
(ma che bel gioco di parole...)
28 giugno 2017.
Non so da che parte cominciare. I miei pensieri razionali arrivano con la stessa velocità con cui spariscono: subito.
Ho sognato il fantasma. Di nuovo. Mi ha ripetuto le stesse, identiche parole, una per una.
13 luglio 2017.
Okay, hey, non sono pazzo, vero? Sono quasi due settimane che lo spirito di mia sorella mi viene a trovare in sogno, dicendomi che mi vuole rivedere ma che potrà farlo solo a determinate condizioni.
Io sto impazzendo, ormai.
Ho paura che lo spettro mi stia spiando o mi stia perseguitando.
Ormai temo l'arrivo della notte, perché non voglio rivedere il fantasma.
14 luglio 2017.
Mi sveglio stravolto.
Sento di avere gli occhi sbarrati.
Il fantasma, stanotte, piangeva.
Fredde lacrime rigavano le guance della mia sorellina, mentre mi ripeteva le stesse parole.
E questa era una novità.
Com'era una novità il fatto che menzionasse un luogo.
Via dei Salici Piangenti, 27.
Un indirizzo ben specifico che ricordo bene. La nostra seconda casa, la prima in cui abitò la mia sorellina, e anche l'ultima... dopo quell'episodio ci siamo trasferiti in un'altra abitazione, in un altro quartiere.
Sempre in sogno e sempre piangendo, il fantasma mi ha chiesto di recarmi lì e accendere una candela. Ma non una candela qualsiasi: una da festa.
Quella era la prima condizione.
Che faccio, gli dò ascolto?
15 luglio 2017.
Però.
La casa era migliorata, negli anni: una stamberga fatiscente che non crollava per miracolo.
La guardai con tristezza: le pareti grigie, i vetri scuri, le tegole di un blu spento... era stata una bella casa, a suo tempo.
Sì, sono venuto qua. La possibiltà di rivedere la mia sorellina è un'opportunità troppi grande.
È quello di cui ho disperatamente bisogno, come la droga per un tossico (anche se sarebbe meglio una terapia). Potrebbe essere l'unica soluzione alla mia insonnia e ai miei pianti incontrollabili.
Entrai nell'abitazione timoroso, brandendo la mazza da baseball di mio zio.
Ero arrivato lì in bici, dato che era a più o meno 20 minuti da casa mia, ma pedalare portandosi dietro una mazza troppo grande per lo zaino non è stato facile, fidatevi.
Andai nel salotto, sul grande tavolo. Lì posi e accesi, nel vecchio candelabro, una candelina di compleanno, sperando andasse bene.
16 luglio 2017.
Il fantasma piangeva ancora, stanotte, ma le sue lacrime erano calde e di gioia. Aveva un flebile sorriso in volto, e mi annunciò che la prima condizione era stata rispettata.
La seconda era recarsi il 20 luglio, a mezzanotte spaccata al cimitero.
E di portare fiori alla sua tomba.
20 luglio 2017.
Da casa mia al cimitero ci avevo messo quasi due ore pedalando di buona lena.
Non potevo certo spiegare ai miei perché volessi andare al cimitero così tardi e i trasporti pubblici non giravano dopo le dieci.
Chiamare un taxi sarebbe stato troppo costoso.
Scavalcai con agilità (okay, proprio agilità no: ci misi solo 20 minuti. Per me è un record, okay?) il muro di cinta, procurandomi un leggero taglio per via di una pietra messa male e leggermente seghettata.
Maledicendo in silenzio chi aveva costruito quel muro, atterrai sull'erba fresca del prato, mancando per un soffio una croce di legno e metallo.
'Magnifico: è la volta buona che ci lasciò giù due denti.' pensai.
Trovai piuttosto in fretta la tomba di mia sorella: certe cose non si scordano...
Vabbene, ammetto che inizialmente la confusi con un'altra tomba. Aveva una pietra tombale simile e per un attimo rimasi lì imbambolato, ma poi notai il nome del defunto e passai oltre.
Cercando di non notare l'aspetto lugubre del posto alle sì e no undici e mezza di notte (avevo preferito partire con un po' di anticipo, dato che avrei potuto trovare traffico o intoppi lungo la strada: non volevo mancare all'appuntamento) continuai la ricerca, trovando dopo un po' la lapide con iscritto l'epitaffio di Sofia.
Mi fermano a riguardarla, mentre già sentivo salire le lacrime.
Estrassi dallo zaino il bouquet di fiori richiesto, creato con fiori del nostro giardino attuale, e lo posi subito sulla tomba. Dallo zaino presi anche il sacco a pelo preparato in precedenza, mi accoccolai per bene e rimasi ad aspettare, rileggendo l'epitaffio.
"Un piccolo angelo ci ha abbandonato per sempre, e per lo stesso tempo sentiremo la sua mancanza.
A volte riusciremo a fingere che si sia passato,
Altre volte piangeremo lacrime amare, ma siamo certi che ora ha smesso di soffrire.
Ci manchi tanto, Sofia.
Abbi cura di te, di là."
Stavolta non ci fu modo di fermare le lacrime.
Ricordavo ancora le ultime ore in ospedale, dove attendevo in sala d'attesa con un'infermiera che mi teneva compagnia, dato che non mi avevano fatto entrare nella terapia intensiva.
I miei erano stati lì per tutto il tempo in cui Sofia era stata sotto i macchinari per capire se poteva esserci qualcosa in cui sperare...
Lei non era mai più tornata lucida, nei brevi tratti in cui era stata di nuovo cosciente.
Mio padre e mia madre avevano impedito che io vedessi il suo corpo martoriato dall'auto perché non avessi traumi, e le avevano tenuto la mano finché non era passata a miglior vita.
I miei hanno ancora i numeri dell'infermiera, ora dottoressa, che mi aveva confortato nei primi giorni dopo il decesso e nelle ultime ore prima.
Mi era stata molto vicina anche nei due-tre anni successivi: mi aveva davvero preso a cuore... forse perché lei aveva visto il corpo di mia sorella.
Una luce tanto improvvisa tanto abbagliante mi colse di sorpresa, strappandomi dai miei ragionamenti (anche su quanto fosse gnocca la dottoressa). Mi spaventai e vedendo... il fantasma.
Era la versione trasparente della mia sorellina: il corpo non era quello sepolto, e nemmeno quello che era stato attaccato ai macchinari, ma era quello prima dell'incidente.
Mi alzai di scatto, terrorizzato.
"Hai rispettato la seconda condizione" esordì, felice come una pasqua "posso passare del tempo con te, fino a quando sarà giorno."
Tentai di balbettare qualcosa, senza riuscirci.
Riuscivo solo a guardare la mia sorellina che piangeva di gioia, guardandomi. Mi misi a piangere anch'io, di un pianto irrefrenabile, senza controllo, un meritato sfogo dopo tutti i sentimenti passati in quella faccenda.
Sentii che una mano mi stava accarezzando la guancia. Un tocco piacevole, soffice, che trasmetteva un certo tepore. Aprii gli occhi di scatto: era il fantasma che mi stava toccando. Tentai di abbracciarla istintivamente, come quando, da piccoli, io stavo male e lei veniva a consolarmi. Solo che stavolta l'attraversai. Per me lei era incorporea. Lei poteva toccarmi, ma io no, ed ebbi paura di aver frantumato l'incanto.
La paura svanii quando lei fece un passo indietro sorridendo e mi diede un pugnetto sulla spalla (pugno che sentii) "Non si possono toccare i fantasmi, stupido!" mi disse sorridendo "ma noi morti possiamo farlo a voi vivi."
Si alzò sulle punte per darmi un bacino sulla guancia. Era sempre stata alta per la sua età ed io un po' più basso dei miei coetanei, quindi ci riuscii facilmente.
Tagliò corto prima che i miei occhi ridiventassero due rubinetti "So cosa mi stai per chiedere: com'è possibile che solo adesso, e perché adesso, io mi rifaccia viva. Più o meno." concluse con un sorriso amaro.
A quanto pare, fare giochi di parole fuori luogo è una cosa di famiglia.
"Ho poche ore prima del giorno e ti spiegherò tutto subito: per prima cosa, devi sapere che i fantasmi possono rivelarsi solo la notte e solo ai propri cari, ma solamente quando si sta avvicinando l'anniversario della propria morte. Se vogliono rivederli, devono aspettare la mezzanotte dell'anniversario della propria morte. Tuttavia dev'essere un anniversario particolare: quello in cui il numero di anni passati in vita e il numero di anni passati nella morte coincidono. E la cosa si ripete ogni volta in cui passa quel ciclo di tempo. In sostanza, meglio morire giovani" e buttò lì un sorriso "ma non scherziamo. Il succo è che ogni lustro potremo rivederci!"
Abbozzai un sorriso: non sarebbe stato l'ultima volta che l'avrei rivista.
"Ma perché le condizioni? È quella la domanda che stai per farmi adesso. Perché ogni caro che voglia rivedere il fantasma deve passare dai due luoghi fondamentali nella vita del defunto: la casa perché è stato lì che ho vissuto e avete festeggiato la mia festa di nascita, e questo spiega la candelina. A proposito, dato che le condizioni non cambiano, magari la prossima volta evita quella pessima trovata della candelina di compleanno, grazie." ammonì sottolineando con uno sguardo torvo.
'Non è cambiata per niente, neanche nel carattere!'
"Comunque, il giorno della mia morte sono stata sepolta qui. Questo spiega il cimitero. E avete deposto dei fiori... e così hai dovuto fare anche tu..."
Si prese una piccola pausa.
"C'ero anch'io, sai? Da fantasma, in mezzo alla gente, al mio stesso funerale. È stato... strano."
"Sofia..." alzai una mano. Era il nostro segnale di riconoscimento, da bambini. Era una cosa simbolica e molto importante, per entrambi. Significava "Va tutto bene adesso, perché sto bene con te".
Aprii la mano, la misi come fa Tarzan con Jane in quella scena "super romantica" di quel film che mia sorella mi ha fatto sorbire centinaia di volte. Era stata lei a creare quel saluto, e fece la parte di Jane.
A contatto, le nostre mani si attraversarono, infine si toccarono.
Quell'istante fu magico.
Poi lei sbloccò l'incanto, e mi abbracciò.
"Mi sei mancato così tanto..." sussurrò tra i singhiozzi. Tentai di abbracciarla ma finì come prima, quindi abbassai le braccia lungo il corpo, rassegnato.
Il mio viso si abbassò sulla spalla di mia sorella, e riuscii a sentire il profumo di arancio dei suoi capelli. Lo stesso di quando era in vita...
Non le dissi di tutti i miei rimpianti, che mi avevano tormentato per anni, perché avevo percepito che lei li aveva già intuiti, che mi era stata vicina tutte le notti sebbene non avessi mai potuto vederla, e che mi aveva già perdonato, anni prima, per quella discussione che l'aveva fatta uscire in giardino. E tutto questo a me bastava.
"Ti voglio bene, Sofia."
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