Capitolo 19

FLAVIO

Sono arrivato in ufficio presto, ero stanco di rimuginare su Giuditta, sul matrimonio saltato e su quelli che molti considerano i miei fallimenti. In verità ciò che davvero non riesco a togliermi dai pensieri è la frase di mio padre "Il lavoro è il tuo limite", la trovo una critica spicciola e priva di senso e non fa che aggravare il mio, già spiccato, nervosismo.

Il rumore di due nocche sbattute sulla porta mi costringono a spostare l'attenzione verso l'entrata della stanza. Schiarisco la voce e dico: «Avanti».

Chloe entra con gli occhiali da sole a coprirle lo sguardo, non appena raggiunge la sedia davanti alla scrivania, scopre gli occhi rivelando un'espressione tesa e allarmata.

«Buongiorno» esordisce a bassa voce.

Mi distendo contro lo schienale della sedia e aspetto che si confessi, perché quello che le vedo in faccia è l'espressione di una che ha commesso il peggiore dei reati.

«Devo parlarle...»

«A proposito di cosa, dottoressa Mc Lean?» dico dirottando per un istante l'attenzione sullo schermo del computer.

«Ecco, oggi avrei dovuto consegnarle le relazioni.» Si blocca, inizia a torturarsi le mani aggrovigliandole l'una sull'altra. Io aspetto con curiosità la sua dichiarazione, sono quasi certo che abbia da avanzare qualche sciocca scusa per non aver fatto ciò che avrebbe dovuto fare.

«Le sono morte le parole in gola?» la stuzzico con sarcasmo evitando deliberatamente di darle del tu.

«È piuttosto imbarazzante, a dire il vero. Ho avuto un problema con il mio portatile. Ieri sera, mentre apportavo le ultime correzioni, il computer si è... rotto. Lo so che le sembra una scusa assurda ma ti preg... cioè, la prego di credermi. Al momento devo aspettare che un tecnico lo ripari per...»

Inizio a ridere nervosamente. «Aspetti un attimo, lei mi sta dicendo che il suo computer si è accidentalmente rotto proprio mentre era lì che apportava delle modifiche al suo lavoro?»

«Esattamente» mormora abbassando lo sguardo.

«Mi prende per scemo o cosa?»

Chloe torna a guardarmi in viso e posso notare un lieve rossore sulle sue guance.

«Non la prendo per scemo, dottor Solina, purtroppo mi hanno scaraventato a terra il pc e spero di poter recuperare tutto.»

Con uno scatto mando indietro la sedia girevole e balzo in piedi. Se fino a cinque minuti fa potevo considerarmi nervoso e suscettibile, ora sono furioso. Sapevo che non potevo fidarmi di lei, ero certo che avrebbe fatto un altro passo falso e, a dirla tutta, io non aspettavo altro. Non mi piace questa Chloe, non mi piace la sua superficialità e la facilità con cui racconta frottole.

«Dunque, lei spera di recuperare tutto? Cioè, mi faccia capire, se non riuscirà a recuperare tutto, cosa farà?»

«Dovrò fare tutto daccapo. E lo farò.»

«Lei è una perditempo, una ricercatrice che farebbe meglio a cambiare mestiere. È ancora in tempo, per quel che mi riguarda la professione del medico, nel suo lato più generale, non fa per lei. Non sa cosa sia la disciplina e la puntualità. Non sa cosa sia la professionalità. Lei è un caso perso, dottoressa Mc Lean, e a me non importa nulla della sua laurea con lode e delle sue "straordinarie attitudini" che sono riuscite a condurla fin qui. Per quanto mi riguarda lei non merita la mia fiducia e io non posso lavorare con chi non ha la mia fiducia.» Il mio tono è caustico, affilato, probabilmente snervante e davvero non so in quale sconosciuta sfumatura del mio carattere io sia riuscito a tirar fuori la calma con cui sto cercando di rapportarmi a questa specie di frivola donna travestita da ricercatrice.

La vedo incupirsi, le mie parole devono averle smosso qualcosa dentro; si alza anche lei e si piazza a pochi centimetri da me, pronta per difendersi dalle mie accuse. Ma non ci saranno scuse che reggano, già lo so.

«Esattamente, dottor Solina, lei che tipo di problema ha con me?»

«Un problema irrisolvibile, suppongo.»

«Lo ammetta che se non fosse stato per l'astio che nutre nei miei confronti per quella sera, alla festa, avrebbe usato un metro e una misura diverse. Ma non le permetto di trattarmi in questo modo, io sono una persona con una dignità da difendere e la dedizione che metto nel mio lavoro lei non la conosce abbastanza per potersi arrogare il lusso di giudicarmi e screditarmi in questo modo» dice alzando di qualche tono la voce cristallina che sembra simulare il suono dei bicchieri quando sbattono sopra una superficie.

«Esca di qui» pronuncio con autorità. Mi sento oltraggiato dalla sua presenza, dalla sua superficialità.

Chloe non aggiunge altro, va via dalla stanza sbattendo la porta, e nella mia mente si delinea con precisione la prossima mossa fare.

Più tardi, in laboratorio, prima di chiudere per la pausa pranzo, lancio la mia freccia più velenosa mentre la dottoressa McLean si sforza di comportarsi come se questa mattina quella discussione tra noi non fosse mai avvenuta. Si starà facendo un esame di coscienza, a patto che ne abbia una, ovviamente. Oppure starà sguazzando nella sua vile frivolezza convinta che io mi faccia scivolare tutto addosso come olio.

Ma non è così.

«Ho una notizia da dare a tutti. A partire da oggi, per un altro mese, la dottoressa McLean si occuperà delle relazioni di tutti, visto che, purtroppo, non ha ancora imparato a rispettare i suoi colleghi di lavoro. Ah, dottoressa, l'avverto che questa sarà la sua ultima possibilità prima che io prenda soluzioni decisamente più drastiche.»

Chloe alza il viso paonazza dalla vergogna e io mi sento fremere. Punirla mi riempie di soddisfazione, sembro un sadico, lo so, ma avere la consapevolezza che una donna voglia manipolarmi in qualche modo lo trovo semplicemente inaccettabile.

«Flavio, ma non è giusto! Chloe non ha fatto nulla!» si intromette John con una certa foga.

«John, per favore, non contraddirmi. La dottoressa Mc Lean ha dimostrato di non sapere cosa sia la puntualità nello svolgere i compiti che le vengono assegnati e le scuse infantili che avanza sono la prova che in questo laboratorio, probabilmente, non c'è posto per tutti» pronuncio enfatizzando ogni singola parola.

Tutti i presenti girano lo sguardo verso la colpevole.

«Mi offro volontario per aiutarla» propone John avvicinandosi a lei. Forse nutre particolare simpatia per Chloe o forse tra loro c'è più di un semplice rapporto di lavoro, il che non mi stupirebbe poi molto.

«No! Ci penserà da sola. E spero che tra un mese, cara dottoressa McLean, le sue relazioni di laboratorio vecchie e nuove arrivino puntuali sulla scrivania del sottoscritto.»

Sfilo il camice, prendo le mie cose ed esco dalla stanza con un nervosismo in corpo che ho difficoltà a gestire.


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