Capitolo 18
CHLOE
«Ethan, ciao. Ti andrebbe di passare da me? Ho bisogno di parlarti» pronuncio tutto d'un fiato. Vorrei dirgli di lasciare a casa ogni possibile voglia libidinosa, non ho intenzione di fare altro a parte parlare. Parlare di me e di lui.
«Certo, che succede? Hai un tono strano...»
«Ti aspetto a casa.»
Riaggancio così, a freddo. Mi sento male al pensiero di spezzargli il cuore perché so che lui, a differenza di me, ne ha uno che batte per la sottoscritta.
Le ultime sedute dal dottor Prince sono state illuminanti, mi hanno fatto ragionare sul fatto che l'amore, quello vero, non è fatto di menzogne né di "opere buone". E io non faccio che fare opere buone tutte le volte che mento a Ethan, non posso condannare me stessa per non provare più l'interesse di prima nei suoi confronti. Ma non posso neppure più condannare lui a restare sospeso in un limbo di incertezze.
Torno a lavorare alle mie relazioni di laboratorio e resto con gli occhi appiccicati allo schermo finché non sento suonare il citofono.
Quando Ethan entra in casa, io sono in cucina a versare il tè nelle tazze. Lui è un fanatico del tè pomeridiano e io sto cercando di zuccherargli il più possibile la pillola che sta per ingoiare.
«Amore...» sussurra abbracciandomi da dietro. Prova a darmi un paio di baci sul collo ma io mi sottraggo furtivamente.
Sgrana i suoi occhi azzurri senza comprendere il motivo di tanta freddezza da parte mia.
«Tieni» dico porgendogli la tazza fumante.
«Che succede, Chloe?»
«Vieni, andiamo a sederci.»
Lo supero e mi accomodo sul divano a gambe incrociate nella speranza che la mia distanza inibisca qualsiasi interazione corpo a corpo da parte sua.
«Ti vedo stanca.» Allunga la mano sulla mia guancia avvolgendola nel palmo.
«Lo sono, infatti. È un periodo un po'... ecco, stressante.»
«C'entra tua madre?»
Scuoto la testa. «No, per una volta Lady Mary Anne non c'entra nulla.» Sorrido per stemperare la tensione ma il mio intento svanisce miseramente non appena alzo lo sguardo e incontro gli occhi di Ethan. «Senti, io devo farti una confidenza. Si tratta di me e... te.»
Le labbra di lui si irrigidiscono un po' e la stretta intorno alla tazza aumenta. Ingoio più volte nel tentativo di sciogliere il mattone che mi intasa la gola.
«Non ti seguo» continua Ethan.
Bene, non mi segue. Cercherò di essere più esplicita, con tatto. Certo, con tatto. Io sono proprio quel genere di donna in grado di avere, ehm, tatto.
«Mi sono accorta che le cose tra noi non funzionano più. Insomma, mi riferisco a quelle cose che una persona innamorata di un'altra persona dovrebbe provare. Ecco, io non sento più nulla. È come se...»
«Mi stai mollando?»
«Oh, no. Cioè, sì. Ethan, non posso continuare a fingere che tra noi le cose vadano come ai primi tempi. Ci siamo spenti, la nostra occasione è passata.»
«La nostra occasione è passata?»
Guardo in alto, poi in basso e gli occhi vorrebbero mettersi a roteare impazziti.
«Ethan, non sto più bene con te.»
Ora credo che il tatto sia stato seppellito sotto metri di terra.
«Mi hai mai amato, Chloe?»
Alzo il viso.
Spalanco gli occhi.
«Non saprei, Ethan. Perdonami.»
«Sei una stronza.»
Il respiro mi si smorza in gola.
Ethan si alza e con una lentezza decisamente innaturale cammina verso il tavolo. Fa scorrere un dito sulla superficie del mio portatile. Non so per quale stupida ragione mi sento invadere dall'ansia.
«E dimmi un po'... questa tua perdita di interesse, questa occasione passata, ha mica a che fare con il tuo lavoro?»
Scatto in piedi. «No, certo che no.»
«Ci siamo allontanati a causa dei tuoi impegni, o mi hai deliberatamente preso per il culo dall'inizio?»
Sono dal lato opposto del tavolo e ora che lo guardo da vicino mi rendo conto che anche Ethan, il mio dolce Ethan, è in grado di arrabbiarsi. E ora è decisamente infuriato, glielo leggo nello sguardo, nella smorfia della sua bocca.
«Non ti ho mai preso in giro, mai!»
«Bugiarda» urla.
Trasalisco.
«Sei una brava manipolatrice. Che c'è, il tuo psicoterapeuta ti ha consigliato un periodo di solitudine, oppure c'entra uno dei tuoi nuovi colleghi? Lo sappiamo entrambi che subisci facilmente il fascino degli uomini.»
«Senti un po', scrittore dei miei stivali, mi stai dando della poco di buono, eh?»
«Come mi hai chiamato?»
«Non ho intenzione di ripetertelo.»
«Sei una delusione» sbraita puntandomi il dito contro. Una frazione di secondo dopo accade l'irreparabile, Ethan afferra il mio portatile in un impeto d'ira e lo scaraventa a terra calpestandolo fino a ridurlo in pezzi. Io resto paralizzata a guardare la scena.
Torno in me solo l'istante dopo che lui ha sbattuto con forza la porta di casa. Per un attimo ho l'impressione che persino i muri abbiano tremato a causa del tonfo sordo e quando i miei occhi si posano sul pavimento non riesco davvero a trattenere le lacrime.
Singhiozzo per l'umiliazione, ma il vero motivo che mi porta sull'orlo della pazzia è la consapevolezza di non aver salvato i miei file da nessuna parte a eccezione del mio laptop.
Cerco il cellulare con la frenesia di un'isterica, cerco in rubrica il numero del mio amico.
«Ehi zuccherino, che racconti?» risponde lui senza immaginare il dramma che sto vivendo.
«Alex, il mio computer è distrutto» pronuncio con la voce rotta dai singhiozzi.
«Zuccherino, ma che ti prende?! Tranquilla è solo un computer...»
«Tu non capisci, c'erano tutte le relazioni, tutte! E ora sono perse.»
«Tesoro, respira. Mi stai dicendo che non hai archiviato i documenti in qualche file hosting? Dropbox, cose del genere?»
«No, no. Non l'ho fatto!» urlo come posseduta da un demonio.
«Bene, zuccherino, ora abbiamo un bel problema. Dammi mezz'ora e sono da te.»
«Cantami, o Diva, del pelide Flavio l'ira funesta che infiniti lutti addusse a Chloe» continuo ripetere sottovoce come una nenia mentre Alex cerca di trovare una soluzione al problema.
«Chloe, ti si è rotto il disco? Direi che il proemio dell'Iliade puoi risparmiarmelo.»
«Mi farà fuori. Mi licenzierà, mi umilierà davanti al professor Milligan e io non potrò dimostrare in alcun modo il contrario.»
«Cosa accidenti hai combinato per far infuriare l'animo nobile di Ethan?»
«È un bastardo, quale animo nobile, quello è un dannatissimo bastardo!» Alzo la voce di qualche tono mentre provo a sopprimere il desiderio di presentarmi a casa sua e strozzarlo.
«Avete litigato?» domanda Alex mentre cerca di raccattare i pezzi frantumati.
«L'ho lasciato, e menomale che l'ho lasciato! È uno psicopatico!»
«È solo un uomo ferito. Non lo sai che in amore e in guerra tutto è concesso?»
Gli lancio un'occhiata feroce e scappo in bagno a sciacquarmi il viso. Un'ora dopo sono sul divano con una tavoletta di cioccolato, la televisione accesa e Alex che tenta di sollevare il mio morale.
«Zuccherino, domani mattina te ne vai qui.» Mi porge un bigliettino. «Questo è il negozio di un mio caro amico, se lui non riesce a risolverti il problema non troverai nessun altro che potrà farlo, Santi esclusi, ovviamente.»
«Domani mattina devo consegnare le relazioni.»
«Be', se racconti l'accaduto al tuo Doc, sono sicuro che ti capirà...»
Inspiro ed espiro con quanta più forza mi è possibile. «Alex, non dire cazzate, lo sai che io e lui abbiamo dei grossi problemi di comunicazione.»
«Devi provarci comunque, non hai scelta.»
L'indomani mattina mi sveglio con un terribile mal di testa e gli occhi ancora gonfi per le lacrime. Mi lancio nello Starbucks più vicino e ordino un caffè al caramello e un muffin strabordante di cioccolato, trascorro del tempo seduta nell'angolo più nascosto del locale ponderando con attenzione le parole più adatte da propinare al Doc, ma davvero, nonostante lo sforzo, non trovo una sola frase che possa evitare di sembrare una scusa arrangiata a caso.
Esco fuori, inforco gli occhiali da sole e sotto una coltre di nubi grigie, mi avvio dall'amico di Alex. Il tipo ha una specie di laboratorio elettronico dalla parte opposta della città, quando mi vede oltrepassare la porta d'ingresso, alza la testa e chiede: «Chloe Mc Lean?»
«Ho la faccia da Chloe Mc Lean?» rispondo un filino irritata.
«No, hai semplicemente la faccia più disperata che io abbia mai visto. Alex mi ha detto che ti avrei riconosciuta al volo, e così è stato! Molto piacere, Chloe Mc Lean-disperata, io sono Ray.»
Allungo la mano anche io e ricambio la presentazione. «Ascolta, Ray, Alex mi ha detto che sei una specie di Genio della Lampada con l'elettronica, quindi ti chiedo la cortesia di recuperare il recuperabile da... questo.»
Poso la borsa porta pc sul bancone e apro la zip, dopodiché l'unico verso che riesco a sentire è la risata isterica id Ray.
«Bambolina, la situazione è un po' complicata a quanto pare.»
«Pagherò qualsiasi cifra, ti prego, fai un miracolo.»
«Chloe, non ho una bacchetta magica e credimi se ti dico che qui ne servirebbe una. A ogni modo, farò il possibile.»
«In tempi brevi» puntualizzo io.
«Mi ci vorrà qualche giorno, cercherò di fare il possibile.»
Tolgo gli occhiali da sole e guardo Ray dritto in faccia.
«Guardami, guarda i miei occhi, questi sono gli occhi di una che potrebbe perdere il lavoro e la credibilità in un solo giorno. Io. Ho. Bisogno. Di. Quel. File.»
Quando esco dal negozio alzo gli occhi al cielo e inizio a invocare mentalmente il nome di Luke, sperando in un miracolo.
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