6. Ricordi a catena ( Parte I)

Alex aprì la porta e ci invitò a entrare. Nel corso degli anni si era irrobustito parecchio frequentando la palestra locale e aveva abbandonato il suo look da secchione per far spazio a un uomo determinato e sicuro di sé.

Era poco più alto di me, i suoi occhi erano azzurri e i suoi capelli biondo scuro di media lunghezza. Si era fatto crescere la barba, le sue labbra erano sottili, gli zigomi pronunciati, il suo naso era leggermente schiacciato e aveva una fossetta sul mento.

Quel giorno indossava una t-shirt nera e una tuta da ginnastica grigia.

«Oggi è il vostro giorno fortunato, ragazzi, ho una cosetta per voi», esordì il ragazzo, sorridente, una volta che fummo dentro la sua abitazione.

«Dobbiamo arrostire dei figli di puttana, vampiri, i Bloodlines!» lo informò Rob deciso e senza giri di parole mentre giocherellava con un arnese sul tavolo da lavoro.

«Hai sempre il vizio di mettere le mani dappertutto! Un giorno te le taglieranno!» lo riprese ironicamente Alex, schiaffeggiandogli le dita.

«Scusa, papà», lo incalzò a sua volta il vampiro, ridacchiando insieme al biondo.

«Comunque, siete nel posto giusto se volete abbrustolire per bene quei bastardi! Ho progettato questo nuovo tipo di bombe a contatto... le lanciate contro un bersaglio ed esso prende fuoco istantaneamente», ci spiegò Alex mimando l'utilizzo della sua ultima arma.

«Funziona grazie a un meccanismo interno che al contatto con il nemico gli spruzza contro una sostanza infiammabile. È praticamente impossibile che esso riesca a estinguere l'incendio che divampa sul suo corpo», affermò con professionalità il nostro amico illustrandoci i suoi recenti gingilli, passandosene uno da una mano all'altra con maestria.

«Ottimo, dacci anche un po' di proiettili di legno, non si sa mai», gli chiesi infine gesticolando.

Ci domandò come mai dovessimo farci guerra con altri vampiri e gli rispondemmo raccontandogli le vicende della notte passata.

Ci disse di fare attenzione e che non appena avesse avuto qualcosa di nuovo per le mani ci avrebbe contattato. Detto questo, ci dirigemmo da Paul, il ragazzo delle armi.

Ci procurava pistole, fucili e così via. Armi a cui Alex, operando quasi del tutto legalmente, non aveva accesso.

Miami, 30 novembre 2007

Io e Rob stavamo andando da Simon per ottenere informazioni su di un gruppo di mannari che avevano dato noie al locale di Doyle.

«Ho il fascicolo su quei cucciolotti che rompono le palle a Doyle, vogliono una percentuale su quello che entra in tasca al nostro barista preferito. Lui non vuole mettere in mezzo i suoi amici maghi per non fare un casino sovrannaturale, insomma cose di voi bestie dell'altro mondo.»

«Un po' come i vampiri che facemmo fuori nel 2003, giusto?» gli chiesi risoluto.

«Esattamente. Stesso motivo, ma questa volta sono mannari. Pure voi due non facevate i cazzo di mafiosi nel '48? O giù di lì, insomma. Andava di moda tra i mangia-spaghetti, vero? Com'era? Figo?» domandò ripetutamente Simon, prendendoci in giro per le nostre origini italiane.

«Non eravamo dei falliti come questi qua, mio caro Capitan America! E t'informo che i ristoranti dove ti strafoghi come un cinghiale sono quasi tutti italiani», replicò Rob con un sorrisetto di chi la sa lunga.

«Il Football, il cibo spazzatura e il patriottismo americano ti uccideranno», aggiunse ridendo Rob.

«Ora ho da fare, fuori dai coglioni», rispose bruscamente Simon, non sapendo cosa dire per difendersi.

Uscendo vedemmo un tipo dall'aria strana venire verso la nostra direzione.

«C'è Simon in casa?» chiese scortesemente il tizio: era alto e rasato con la barba incolta e nera.

Era vestito con un completo da ginnastica scuro a strisce bianche. Sotto la giacca s'intravedevano una t-shirt chiara e una collanina d'oro.

«Sì, è con la tua mamma», replicò Rob andandogli a faccia a faccia.

Il tizio estrasse una pistola e la puntò addosso a Rob, che subitogli tirò una testata facendolo cadere.

Simon aprì la porta e scosse la testa.

«Siete i soliti stronzi. Credo che voi tre abbiate fatto conoscenza... Henry, Rob, lui è Paul. Avanti, entra, amico, ho i soldi», disse Simon al tipo che stava ancora cercando di capire dove si trovasse.

Dopo quell'incomprensione andammo d'accordo con Paul.

Miami, Presente

Paul ci guardava torvo e intanto puliva la sua nove millimetri.

«Per appiccare un incendio velocemente posso darvi una scatola di molotov .Costano poco e sono molto efficaci per bruciare un palazzo da più angolazioni», ci informò serio il ragazzo.

Pensai che così sarebbe potuto sembrare anche un attacco tra gang, visto che, poco prima, era andata a fuoco la banda dei Firewolf .Inoltre, sul giornale avevo letto che il loro capo e l'ultima parte dei componenti della banda erano stati trovati morti in una casa poco lontano da Miami. Era un segno evidente che Jack aveva riferito la posizione ai Bloodlines e poi era sparito dalla circolazione, così come prevedeva il patto tra lui e i vampiri. Accettammo di buon grado le armi fornite da Paul e concludemmo l'affare in pochi minuti.

Posammo la cassa con le molotov nella macchina di Cassidy, resa irrintracciabile da Simon, e poi ci dirigemmo al nostro studio.

Il posto comprendeva due stanze, una grande, decorata con un'elegante moquette rossa e le pareti dipinte di un azzurrino chiaro. Aveva quattro comode poltrone di pelle e un basso tavolino in vetro posto a sinistra, mentre, sulla destra, c'erano due divani e un altro tavolino più lungo.

Qualche metro più in la c'era la scrivania di Giuly, una vampira che ci faceva da segretaria e ci sistemava gli appuntamenti. Infine, in fondo c'era la porta del nostro ufficio, arredato in modo semplice: scrivania centrale con due sedie di pelle per lato, qualche quadro artistico e due scaffali di libri antichi, e quando dicevo antichi intendevo davvero, vista la nostra veneranda età.

Una volta posate le armi nel garage dell'ufficio, tornando a casa chiamai Luke, il nostro finanziatore.

«Ehi, Luke, cosa ne pensi se facessimo fuori i Bloodlines, hai saputo dei cani, no?» gli chiesi entusiasta.

«Io so sempre tutto. Hai la mia approvazione, facendoli fuori faremo emergere varie piccole bande con le quali potrei stringere un patto con qualche mazzetta. Così eviteremmo i problemi che finora abbiamo avuto con queste gang di bifolchi», rispose Luke con la sua voce sempre calma e professionale.

Lui osservava le conseguenze che le nostre azioni potevano causare nell'ambito politico e finanziario, e aveva un preciso schema di tutto quello che poteva accadere. Miami era la sua enorme scacchiera e lui il giocatore numero uno.

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