5. Il Tecnico

In un paio di giorni io e Rob eravamo guariti completamente e, data la nostra speciale natura, le ferite che richiedevano normalmente settimane o addirittura mesi per essere guarite sparivano nel corso di pochi giorni.

Avevamo bruciato la casa dopo lo scontro, con dentro i corpi di tutti quelli coinvolti, in modo che sembrasse un incendio appiccato da una banda rivale durante un conflitto tra criminali. Dovevamo coprire le tracce in modo che non venisse alla luce cosa fossero veramente quelle persone e il fuoco aiutava parecchio in questo tipo di attività. Per quanto riguardava i poliziotti e la loro auto, si trovavano nel fondo di una piccola palude fuori città.

Avevamo bisogno di un piano per annientare i Boodlines, perché ci avevano fottuto, ma non era nulla di personale che ci spingeva a voler vendetta.

Sapevano chi eravamo, come eliminarci e anche dove si trovava il nostro studio perché in passato avevamo collaborato con loro.

Era da un po' che non ci capitava di lavorare per proteggere noi stessi e i nostri interessi.

Per prima cosa, di solito chiedevamo informazioni a Simon, poi passavamo da Alex per vedere se avesse escogitato qualche nuovo armamento, in caso di necessità si andava da Paul a comprare armi o a modificarle e, infine, si chiamava il "Boss" se servivano fondi o raccomandazioni varie.

Il "capo" in questione era Luke Collins, il proprietario di un'agenzia di tecnologia informatica. Ufficialmente era un ricco uomo d'affari, ma in verità sapeva cosa si nascondeva dietro alla bella Miami.

Era il nostro finanziatore e per lui svolgevamo vari lavori per salvaguardare la sicurezza della sua società, usando le nostre abilità per eliminare membri della concorrenza, per rubare progetti preziosi o per fare semplici ricognizioni.

In poche parole, eravamo la sua sicurezza privata.

Paul, invece, era membro di una gang di ragazzi di strada, una delle tante.

Lui non sapeva chi fossimo veramente, né gli interessava, perché gli importava solo che i nostri soldi entrassero nelle sue tasche. Era grazie a lui che avevo la mia bella Desert Eagle.

Infine, dopo ogni lavoro, andavamo da Doyle, al suo locale, dove avevo conosciuto Simon.

Era un uomo che sapeva del sovrannaturale, ed era riuscito a trarne vantaggio aprendo il suo locale. Anche lui vendeva informazioni e, il più delle volte, ci trovava dei clienti, ricevendo la sua percentuale come mediatore.

Sapeva delle nostre attività, ma manteneva i nostri segreti, o non sarebbe vissuto tanto a lungo.

Toccai lo scollo a V della t-shirt che indossavo, di un colore grigio chiaro, e mi aggiustai il giubbotto di pelle nero per poi mettere le mani nelle tasche dei jeans blu scuro, mentre aspettavo che ci venissero ad aprire la porta alla quale avevo bussato.

Simon ci aprì ancora mezzo addormentato.

«Cazzo, ma non siete voi quelli che al mattino dormono dentro delle fottute bare di mogano?!»farfugliò assonnato il giovane.

Aveva indosso una maglietta bianca, un paio di pantaloni della tuta blu, e il suo aspetto era terribile.

«Ecco perché odio Dracula. Vi dà una cattiva informazione sui vampiri! Noi non dormiamo nelle bare!» risposi con tono ironico, sorridendo appena con un angolo della bocca e guardando il mio amico Rob.

Lui era serio e concentrato sul trovare ed eliminare la banda di vampiri che ci aveva traditi e consegnati ai Firewolf.

«Che cosa sai dirci dei Bloodlines» esordì Rob, brusco e diretto.

«Neanche mi dai il buongiorno e già mi metti sotto torchio? Hai ferito i miei sentimenti!» rispose fintamente dispiaciuto Simon, portandosi le mani sul petto.

Gli spiegammo tutta la storia e ci disse che entro una settimana avrebbe avuto più informazioni e che, per il momento, sapeva solo quello che sapevamo noi.

«Se il sergente Lewis non rompe i coglioni, come suo solito, passate a prendere il fascicolo con le informazioni tra qualche giorno» ci congedò infine Simon, molto seccato, accompagnandoci alla porta.

Il sergente Gabriel Lewis dava la caccia a Simon da qualche anno ed era riuscito ad arrestarlo un paio di volte per piccoli furtarelli, ma mai era riuscito a incriminarlo per qualcosa di più sostanzioso e perciò gli era sempre col fiato sul collo. La cosa buffa era che avevano frequentato le scuole insieme e prima erano stati grandi amici. D'altronde, non si sa mai nella vita cosa può succedere...

Ci recammo allora da Alex, il nostro tecnico e progettista.

Anche lui era in affari con noi da più di dieci anni oramai. Era solo un ragazzo che si stava diplomando in una delle più grandi scuole di Miami, quando lo conoscemmo.

Miami

12 Febbraio 2000

Avevamo appena dato la caccia a una strega per conto di un nostro cliente, quando passammo vicino all'High School Miami Accademy e, grazie al nostro udito sopraffino, sentimmo dei rumori strani.

«Secchione, ora ti sistemiamo noi, così la prossima volta ci fai copiare!» urlò una voce maschile, attirando la nostra attenzione.

Girammo l'angolo e vedemmo tre ragazzi aggredirne un quarto che cercava di reagire, ma senza successo, perché quelli erano in superiorità numerica.

«Ehi! Lasciatelo stare, codardi! Tre contro uno siamo capaci tutti!» urlai contro i tre che oramai avevano atterrato il malcapitato, percuotendolo ripetutamente. I ragazzi si fermarono, si voltarono lentamente e ci guardarono con aria di sfida.

Quello al centro era il più alto e massiccio dei tre. Aveva il viso rotondo, messo in risalto dai capelli rasati e corti, e i suoi occhi erano piccoli e scuri. Indossava una felpa grigia, dei jeans strappati e delle scarpe scure da ginnastica.

«Facciamogli vedere come trattiamo i ficcanaso!» esclamò con arroganza ai suoi due amici, che vennero minacciosi verso di noi.

Uno dei due aveva i capelli corti e biondi sparati all'insù, il viso allungato e gli occhi di un azzurro spento. Aveva indosso una maglietta nera a maniche lunghe, dei jeans e delle scarpe usurate.

L'ultimo del "trio delle meraviglie" sfoggiava un bomber rosso e bianco della squadra di football del liceo, anche la sua tuta sportiva aveva gli stessi colori e infine calzava scarpe da ginnastica. Anche lui capelli neri sparati, occhi scuri e sguardo da duro: una di quelle facce da bullo dei film.

Fu proprio quello che mi attaccò, ma gli ero già dietro prima che potesse sferrare un colpo.

Lo presi dalla giacca e lo lanciai a qualche metro di distanza, facendolo sbattere contro il muro, mentre Rob aveva sferrato un pugno al biondo facendogli fare un volo incredibile contro un bidone della spazzatura.

Il "capo" ci guardò impaurito.

«Chi diavolo siete voi?» urlò terrorizzato, indicandoci e sgranando gli occhi.

Cercò di fuggire, ma il ragazzo che prima era stato picchiato si rialzò da terra, sferrandogli un destro in pieno volto, e lo stese prima che potesse scappare.

«Però, complimenti! Per essere un secchione, non te la cavi affatto male!» commentò Rob, con una smorfia di assenso e battendo appena le mani in un lieve applauso scenico.

«Voi chi diavolo siete?! Avete una forza fuori dal comune!» disse il ragazzo, sorpreso, ignorando il commento di Rob.

«Ti sei tagliato sul braccio» gli feci notare, riuscendo a controllare il mio istinto.

«I tuoi occhi... sono diventati rossi per un attimo!» replicò lui, spaventato.

In effetti, per quanto riuscissi a controllarmi, era impossibile rimanere indifferente davanti al bramato liquido rosso. I miei occhi diventavano cremisi e i canini sporgevano ogni volta che sentivo l'odore inebriante del sangue fresco.

«Qui abbiamo finito» concluse Rob, battendo di nuovo le mani.

Ci voltammo e ci incamminammo verso casa, lasciando il ragazzo con i suoi pensieri e i suoi mille dubbi, scomparendo nella notte.

Qualche tempo dopo, però, tornammo alla High School Miami Accademy per un altro lavoro: uccidere un vampiro che si fingeva uno studente e mieteva giovani vittime tra le studentesse. Il padre di una liceale aveva giurato di aver visto il ragazzo con sua figlia, la notte prima che fosse trovata in un vicolo, dissanguata e con due buchi sul collo.

In quella circostanza, nei corridoi della scuola, rincontrammo il ragazzo bullizzato.

«Voi due siete i tizi dell'altra volta! Ho fatto delle ricerche, voi dovreste essere vamp...» disse tutto eccitato appena ci vide.

«Stai zitto dannazione! Nessuno deve sapere che siamo qui e tu evita di far vedere che ci conosci, idiota» gli intimai tappandogli la bocca.

Ci disse che non avrebbe detto niente a nessuno se gli permettevamo di aiutarci.

Il bersaglio era un suo compagno di corso e poteva darci informazioni preziose anche se, proprio in quel momento, stavamo andando a incontrare Simon fuori dalla scuola per prendere il fascicolo con tutto ciò che c'era da sapere sul vampiro in questione.

«Ah ragazzi, io sono Alex, voi come vi chiamate?» ci chiese tutto allegro e festante.

Ci presentammo, infastiditi dal suo entusiasmo, e ci facemmo raccontare ciò che sapeva sul vampiro che si faceva chiamare Anthony Rios.

Era in quella scuola da un anno ed eccelleva in quasi tutte le materie, frequentava solo i corsi serali e appunto uno con Alex, quello d'ingegneria.

Non era molto socievole, anche se era sempre alla ricerca di ragazze da corteggiare.

Permettemmo ad Alex di aiutarci, perché di ucciderlo non ci andava. In fondo voleva solo dare una mano e non sembrava un chiacchierone.

Sapeva di noi, ma non lo aveva detto a nessuno.

Lo portammo davanti alla scuola, dove aspettavamo Simon.

«Chi è questo nerd?! È amico vostro?» chiese divertito Simon, alzando un sopracciglio e porgendoci il fascicolo con le informazioni.

«Sì, sono Alex, faccio parte della squadra!» gli rispose entusiasta lui.

«Cristo! Che cosa sei tu? Un cazzo di boy-scout? O una fottutissima giovane marmotta?» esclamò Simon allargando le braccia, facendo scoppiare dal ridere me e Rob.

«Magari ci ha dato informazioni più buone delle tue Simon, non essere geloso!» lo stuzzicai facendogli un occhiolino. In risposta lui mi alzò il dito medio e fece una smorfia.

In effetti, Simon aveva solo confermato la nostra teoria e aveva scoperto che Anthony usava un nome nuovo, cambiava scuola ogni due o tre anni e andava avanti così più o meno dagli anni '80. Non era mai stato beccato, ma Simon aveva l'occhio di falco per scovare questo tipo d'informazioni e sapeva dove andare a cercare.

Il primo nome che diede fu Thomas Lich, che probabilmente era quello vero.

La caccia era aperta.

Il giorno dopo, di sera, lo aspettammo dietro la scuola e lui passò proprio di lì.

Il vicolo era stretto e poco illuminato, solo una porzione della luna faceva capolino sull'asfalto dissestato e coperto di cartacce di ogni tipo.

Graffiti sui muri e cassonetti ammaccati e vecchi facevano da contorno a quella stradina, il luogo perfetto per non essere notati da nessuno.

Cercai di respirare la brezza notturna, ma nonostante l'aria fosse leggermente più pulita dagli scarichi delle auto e dai fumi delle fabbriche, quel posto emanava un odore sgradevole, che fu interrotto tutt'a un tratto da una scia di profumo particolare.

Poco dopo un ragazzo svoltò nel vicolo.

«Ehi, Tommy» gli dissi.

Si fermò, come se stesse per crollare da un momento all'altro, e si girò lentamente verso di me.

«Come fai a sapere chi sono?!»chiese, deglutendo vistosamente.

«Diciamo che abbiamo interessi comuni» rispose Rob al posto mio.

Tommy sorrise malignamente e fece vedere i suoi canini lunghi come i nostri.

«Beh, anche voi dovreste essere stati vampirizzati alla mia età più o meno, quindi sapete come è...»si giustificò lui, allargando le braccia e alzando le spalle.

«Mi spiace, ma non uccido le ragazzine per nutrirmi, punto più in alto! Almeno devono essere maggiorenni, sottospecie di pedofilo!» affermai serio e fissandolo negli occhi.

«Attento a come parli con me, stronzetto!» ringhiò Tommy in modo minaccioso.

Era abbastanza alto e magro, aveva occhi neri e capelli scuri e un viso da ragazzino, ma aveva di sicuro, "vampirescamente" parlando, una trentina d'anni. Indossava una giacca di pelle simile alla mia con al di sotto una maglietta lunga bianca, dei jeans stretti e delle scarpe da ginnastica nere.

Si era perfettamente mimetizzato tra i ragazzi della scuola ed era grazie al suo camuffamento che riusciva a uccidere e a nutrirsi senza essere mai beccato.

«Altrimenti cosa fai?! Ci lanci il tuo gameboy?!» domandò Rob ironico, ridacchiando.

Tommy non rispose e partì all'attacco, ma prima che potesse arrivare vicino a Rob, un paletto lo aveva trafitto al cuore. Il vampiro guardò dietro di noi con gli occhi sbarrati, prima di accasciarsi morente al suolo.

Ci voltammo, stupiti, e vedemmo Alex con in mano una specie di balestra rudimentale.

«Beh, funziona!» esordì sorridente, per poi aggiustarsi gli occhiali sul naso.

Io e Rob ci andammo a congratulare con lui e, da lì in poi, quel ragazzo divenne il nostro tecnico per le attrezzature contro il sovrannaturale.

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