37. Epilogo

Firenze, Italia

Settembre 1872

Lucrezia mi guardò con un sorriso divertito dopo avermi baciato. Subito mi baciò ancora una volta sulle labbra, ed io, dischiudendo la bocca, intrecciai la mia lingua con la sua mentre le fasciavo i fianchi con le mani e lei mi cingeva le braccia al collo.

«Dobbiamo smetterla o ci vedranno!» ridacchiò allontanandomi scherzosamente. Io di rimando la avvicinai a me con un gesto rapido e tornai su quelle labbra invitanti e morbide.

Sorrisi con un angolo della bocca e rimasi a guardarla per qualche istante.

Aveva dei capelli neri, ricci e lunghi, occhi scuri e penetranti, labbra leggermente carnose e lineamenti marcati e affascinanti, una bellezza molto mediterranea.

«Credo che sia il caso che tu vada...»mi disse la ragazza, diventata un po'più seria, ma scoccandomi un altro bacio sulla bocca.

Aveva un abito color crema senza maniche che le arrivava alle caviglie, con delle balze color oro verso la fine, e i bottoni del corpetto color argento erano per metà sbottonati cosicché lasciavano appena scoperta la parte superiore del seno.

Era molto invitante con le spalle nude e il petto appena visibile.

Un rumore di passi distrasse la mia attenzione, mentre una breve spinta di Lucrezia mi fece lasciare la presa sui suoi fianchi.

«Chi diavolo è questo damerino?» esclamò un ragazzo con un mazzo di fiori in mano.

Aveva capelli nero pece e occhi scuri, non era tanto alto, ma vantava di una notevole prestanza fisica, spalle larghe e una buona muscolatura.

Il giovane mi fissava con sguardo minaccioso, e i suoi lineamenti erano duri così come i suo occhi. Aveva labbra sottili e un naso piccolo che incorniciava il viso dalla fronte alta e dalla mascella leggermente pronunciata, il tutto a dargli un'aria da ragazzo poco raccomandabile.

Indossava una camicia bianca con le maniche arrotolate e un paio di bretelle nere allacciate ai calzoni scuri, e infine calzava un paio di scarpe nere che per i miei standard erano da buttare. Non era di sicuro un benestante.

«Chi cazzo saresti tu, semmai...» ribattei con arroganza voltandomi in direzione del nuovo arrivato.

«Ma i fottuti pinguini impettiti come te non dovrebbe essere tutti altolocati e con quella faccia da "ho un bastone ficcato su per il culo"?» affermò gesticolante il ragazzo.

«E i pezzenti come te non dovrebbero inchinarsi a lustrarmi le scarpe quando passo?» risposi mentre si avvicinava a me.

Lucrezia sembrava imbarazzata e titubante nel dover assistere a questo confronto.

Mi guardai da capo a piedi e poi guardai lui. Io indossavo una camicia con i polsini merlati e il collo alto, di un colore bianco candido, i bottoni erano d'argento e la seta della mia camicia era pregiata a differenza di quella dello straccione. I miei pantaloni erano beige ed eleganti e ai piedi calzavo degli stivali marroni che mi fasciavano il polpaccio.

«La tua amica elegantona, però, si inchina al mio cospetto e non per pulirmi le scarpe!» esortò a un palmo dal mio viso il poveraccio.

«Come ti permetti, mascalzone! Ora capisci perché non possiamo stare insieme e preferisco la nobiltà? Io sono una dama!» cinguettò in maniera irritante Lucrezia, indignata.

«Sai, credo che la raga...»mormorai prima di beccarmi i fiori in faccia e subito dopo un pugno sullo zigomo che mi fece barcollare.

Mossi la mascella e guardai di storto il ragazzo massaggiandomi la parte colpita.

«Non dovevi farlo!» sussurrai a denti stretti prima di fiondarmi sul mio aggressore.

Lo sollevai di peso e lo gettai in terra per poi mettermi su di lui pronto a colpirlo, ma quello mi bloccò e rivoltò la mia presa colpendomi con un altro pugno.

Ero parecchio stordito da quelle botti forti e per qualche istante rimasi interdetto. Il mio avversario ne approfittò e mi sollevò per la camicia e mi lanciò con forza contro al muro.

«Voi ricchi e viziati siete dei buoni a nulla!» mormorò il ragazzo sdegnato.

Lo rigirai al muro afferrandolo per le bretelle e gli mollai una ginocchiata allo stomaco, per poi farlo impattare con la nuca alla parete solida dietro di lui.

«Guardie! Guardie!» gridò come una pazza Lucrezia andando verso la strada principale.

«Stupida puttana!» gridammo entrambi mentre ci stavamo ancora azzuffando.

Sentimmo un rumore di passi e ci alzammo insieme scambiandoci uno strano sguardo di intesa. Guardai verso il muro vicino e poi il mio rivale, il quale si mosse senza fiatare offrendosi di fare da scaletta.

Corsi nella sua direzione e sfruttai il suo slancio per arrivare in cima al muro nel momento in cui due guardie facevano irruzione nel vicolo.

Le loro uniformi blu scuro erano inconfondibili e odiate da noi ragazzi che venivamo sempre interrotti nei giochi e nelle zuffe da quei guastafeste.

Per i nobili come me era ancora peggio venire ripreso, una vera vergogna per la famiglia. Il ragazzo mi guardò dal basso mentre io ero indeciso se lasciarlo a discutere con le guardie e usarlo come diversivo o aiutarlo e fuggire con lui.

Mi buttai a terra tendendo una mano verso di lui, che con uno scatto repentino mi afferrò e iniziò a tirarsi su sfuggendo alle guardie.

«Grazie, damerino!» ridacchio e iniziò a esortarmi di seguirlo nei vicoli malfamati della città per seminare i potenziali inseguitori.

«Di nulla pezzente!» sospirai esausto una volta ultimata la fuga.

«Quella dannata Lucrezia si faceva tutti e due, eh?» chiese deluso scuotendo la testa.

«A quanto pare sì, come ti chiami?» gli chiesi poggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.

«Prima tu! Io ti ho già visto a qualche evento in piazza ma non faccio caso a voi riccastri impettiti...»brontolò lo sconosciuto alzando le spalle.

«Sono Enrico Giusti...»affermai stizzito mettendomi di nuovo eretto.

Mi prese la mano e la strinse vigorosamente con la sua e allora ricambiai fissandolo con un sorrisetto.

Un'ennesima prova di forza con quello sbruffone.

«Piacere di conoscerti, sono Roberto Saverini».

https://youtu.be/Zc8KsJyPmW4

Firenze, Italia

Guardai la tomba del mio amico Rob per un lungo istante che parve infinito, poi osservai il suo anello che avevo al dito, quello che avevo usato per scaturire la magia e uccidere Markoos una volte per tutte.

«Mi mancherai, amico mio» mormorai con voce rotta dal pianto toccando la sua lapide con la mano.

Il pericolo secolare di Markoos era finito così come tutti i suoi seguaci.

Il prezzo di quella guerra era stato la morte delle persone a cui più tenevo in assoluto.

Avevo deciso di seppellire Rob con la mia famiglia e mettere Kassandra vicino a lui, e lasciando un posto libero alla sua destra nel caso anche io fossi passato a miglior vita. Lauren mi aveva lasciato una lettera per giustificare le sue azioni, dato che dopo la battaglia sparì semplicemente nel nulla senza che me ne rendessi conto.

In quella lunga lettera vi era scritta la sua storia, lei da ragazza, che intorno al 1500 aveva trovato un amuleto magico in cui vi era catturato un potente demone che diventò parte di lei.

All'epoca Markoos passò per quelle terre e, deciso a farsi uno spuntino, sedusse Lauren, tuttavia il demone reagì alla vista della creatura infernale che era in realtà Markoos. Egli ne rimase affascinato e promise a Lauren di liberarla da quella creatura, in verità voleva solo creare un essere ibrido come lui, ma Lauren era rapita da quell'uomo all'epoca e non se ne accorse.

Quando la sua attrazione per Markoos terminò, Lauren iniziò a tramare vendetta aspettando secoli per avere l'attimo giusto e vendicarsi.

Non ci aveva traditi, e uccidere Rafael era un piano dello stesso Master.

Markoos era paranoico, ma della vampira bionda si fidava.

La morte di Lauren per mano di Rachel non era prevista, ma il demone dentro di lei l'aveva tenuta in vita nonostante il paletto nel cuore.

Rachel era la sire di Rob e di Nik ed era rammaricata di non aver fatto in tempo a scusarsi con i due, dato che aveva sedotto e vampirizzato entrambi. Ella era la sorella di Rafael, ed era stata incaricata da lui di vampirizzare i due ragazzi nel 1876.

Come Lauren e Faith anche Rachel era stata innamorata di Markoos. Lui ricambiava talmente tanto che per sposarla era disposto a tutto, così massacrò la sua famiglia che si opponeva al matrimonio. Lei e Rafael riuscirono a fuggire e poco tempo dopo furono rintracciati da Randhal che propose ai due la vampirizzazione e la vendetta. Lui era l'unico Antico ancora in vita, e ora era in compagnia di Rachel. I due erano stati amanti lasciandosi e riprendendosi molte volte nei secoli, ma ora erano spariti insieme chissà dove, e forse era meglio così.

A quanto pare Faith era stata niente più che uno sfizio di qualche notte per il bel vampiro.

Nonostante tutto, la mia ex fiamma sembrava aver trovato conforto tra le braccia di Nick. Il mio vecchio rivale iniziava a provare qualcosa per Sharon, ma lei aveva scelto me, così come Nick aveva scelto e amava Faith, nonostante per il periodo di prigionia la ragazza umana aveva più volte assistito Nick e i due erano arrivati a baciarsi e a scambiarsi effusioni.

Simon era ancora in carcere e alle volte andavo a trovarlo, ma puntualmente si rifiutava di incontrarmi.

Luke era scomparso nell'anonimato più totale e se voleva restare vivo gli conveniva stare alla larga da qualsiasi posto io frequentassi.

Nik si avvicinò a me e sospirò alzando le spalle.

«So che probabilmente i miei parenti mi staranno maledicendo, ma credo sia ora di farlo dopo secoli di lotte tra le nostre due famiglie...»affermò tendendomi una mano.

Eravamo al centro del cimitero e i nostri avi erano sepolti in direzioni opposte.

«Lo credo anche io, Nicola...» abbozzai un sorriso e strinsi la sua mano annuendo deciso.

Il sangue di Markoos aveva guarito Nick dal morso di lupo mannaro e lo aveva salvato.

«Era ora dopo oltre 150 anni...»intervenne Faith, anche lei a Firenze a trovare i morti della famiglia Marchese.

Faith raggiunse il vampiro e lo baciò sulle labbra, cingendogli appena le braccia al collo mentre lui le teneva i fianchi.

Non mi sarei mai aspettato questo epilogo per quei due, quella bizzarra situazione non mi suscitava gelosia, anzi, ne ero felice, in fondo lui l'aveva sempre amata.

Nick lasciò la presa e sorrise, per poi recarsi verso l'uscita del cimitero dove ci attendeva Sharon. La giovane abbracciò Nick e gli disse che le dispiaceva per la sua famiglia, dunque iniziarono a parlare.

«La ami?» mi domandò Faith guardando in direzione di Sharon che stava osservando un antico mausoleo che aveva più anni di me e Faith messi insieme.

«Sì, perché?» risposi incrociando le braccia al petto.

«Perché sono felice per te. Abbiamo avuto le nostre chance e le abbiamo sprecate tutte, è tempo che tutti e due cerchiamo una nuova strada» affermò la vampira facendo qualche passo in avanti verso l'uscita.

«Tu invece ami lui?» domandai fermando la sua uscita di scena.

«Credo di sì, ma non avrei mai pensato che potesse accadere» aggiunse con sufficienza dopo qualche passo.

«Tanto anche tu sai benissimo che i nostri destini sono intrecciati e che un giorno ci vedremo ancora e forse staremo di nuovo insieme» così dicendo e con un sorrisino si congedò seguendo la strada percorsa da Nick poco prima.

La vampira baciò ancora una volta il mio antico rivale e rivolse un saluto alla giovane umana, prima di prendere il fidanzato per mano e andare via.

Salutai ancora la mia famiglia e Rob e raggiunsi Sharon.

La presi per mano e la baciai sulle labbra, e insieme ci lasciammo alle spalle il cimitero di Firenze.

Molte domande mi balenavano nella testa mentre passeggiavo mano nella mano con Sharon e lei stringeva il braccio poggiandosi con il viso contro la mia spalla.

Sono buono o sono cattivo?

Sono solo un mostro o sono una persona?

Ho fatto solo scelte sbagliate o anche alcune giuste?

La colpa è colpa mia se molti sono morti o no?

I pericoli sono davvero finiti dopo la morte di Markoos?

Io non ho tutte le risposte... e voi?

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