26. Addio

Mi stavo vestendo mentre aspettavo che Rob mi raggiungesse per fare "alcune commissioni".

Sarebbe stata la solita vecchia routine di giri, come se fosse stato uno dei nostri contratti, ma in realtà mi dovevo salvare la pelle. Lo studio era "in ferie" e la nostra segretaria Giuly stava letteralmente impazzendo a rinviare e sistemare i nostri appuntamenti.

Indossai una semplice t-shirt nera e un paio di jeans blu scuro, accompagnati da un paio di scarpe nere e, infine, il mio classico giubbotto di pelle.

Sistemai la mia pistola nella fondina sotto il giubbotto e scesi velocemente le scale. La nostra prima destinazione sarebbe stato Paul, era sempre bene fare il resto del giro ben armati.

Rob arrivò con la sua macchina scura e la sigaretta che penzolava dall'angolo della bocca. Montai in auto e ridacchiai divertito quando notai che eravamo vestiti praticamente in maniera identica.

«Mi stai pigliando per il culo?» chiesi guardandolo e indicandomi mentre partiva alla volta del deposito di Paul.

Annusai l'aria e sentii l'abitacolo impregnato di profumo femminile, così ghignai verso Rob e gli diedi una pacca sulla spalla sistemandomi meglio sul sedile.

«Questo è il profumo di Kassandra», mi precedette capendo tutto, rivolgendomi un sorrisetto mentre fumava la sua sigaretta e guidava.

«È importante per te? Sai... con la mia forzata reclusione non vedo nessuno e mi sono perso un paio di cose», affermai alzando le spalle e guardandolo con la coda dell'occhio.

«Lo sta diventando, è dai tempi di "lei" che non mi sento così legato a qualcuna», mi confidò sorridente il mio amico.

Da quando era morta Carolina Sforzi nel 1876, Rob aveva sempre evitato le relazioni stabili. Tutte le volte che ci aveva provato non era riuscito a sentirsi legato come con lei.

«E io che ho sempre pensato che te la facessi con Lauren», lo rimbeccai sfottendolo.

Rimase in silenzio e buttò fuori la sigaretta alzando le spalle.

«È successo, ma non è mai stato nulla di serio, ma semplicemente bisogno di sfogo... beh, probabilmente i migliori della mia vita!» ridacchiò Rob con un sorrisetto malizioso lasciandomi a boccheggiare per qualche istante decisamente sbalordito.

«Cioè, aspetta! Tu e...» mi limitai a dire scoppiando a ridere senza ritegno.

«Anche se devo ammettere che anche Giuly, per quanto debba fare ancora esperienza, non se la cava male!» cambiò discorso il mio amico con un'espressione da furbetto mentre si cimentava nella guida.

«Oh, sì, puoi dirlo forte! Abbiamo fatto un affare ad assumerla e a comprarle quella scrivania che le piaceva», affermai malizioso mentre Rob stava parcheggiando.

«E così te la sei scopata pure tu, eh...» mi rimproverò il vampiro smontando dalla macchina.

«Avevi dubbi?» risposi alzando un sopracciglio e seguendolo a ruota.

Avrei decisamente preferito restare in auto a parlare di donne con Rob che assistere a quello scempio che avevamo di fronte una volta entrati nel magazzino.

C'erano corpi mutilati sparsi ovunque.

Sembrava la scena di un film dell'orrore e non persi tempo e estrassi la mia pistola.

Gridammo invano alla ricerca di Paul, cercando di scorgere il suo cadavere tra i vari presenti nel locale. Dopo un po' trovammo il nostro amico nel silenzio assordante del magazzino.

Paul penzolava da una trave alla quale era stato attaccato per il collo con una robusta corda. Aveva solo indosso un paio di jeans e sembrava essere stato torturato molto selvaggiamente.

La cosa inquietante era una macabra incisione sul suo petto nudo .

"Markoos è stato qui."

Lui e tutti i suoi amici erano solamente ragazzi di strada, non meritavano di fare una fine del genere. Avevo visto morire molta gente nel corso dei secoli, ma non era una cosa alla quale ci si abituava alla leggera. Tuttavia, ero ormai consapevole che la morte era inevitabile per gli umani.

Paul non sapeva cosa fossimo e forse era quello che meno meritava di essere coinvolto in questa brutta faccenda, invece era stato la prima vittima.

Rob scosse la testa osservando l'espressione di morte del ragazzo e poi sospirò passandosi una mano sul viso visibilmente preoccupato. Strinsi i pugni e guardai ancora una volta Paul penzolante e livido di botte, provato dalle torture, per poi voltare lo sguardo verso delle taniche di benzina vicino ai pick-up rossi che utilizzava la gang di Paul.

«Non sappiamo se hanno trasformato qualcuno, bruciamo i corpi e andiamo via di qui. Penseranno a uno scontro tra bande come per i Firewolf e i Bloodlines», affermai freddo e determinato, anche se non mi sentivo per niente così.

Ci limitammo a dare un ultimo saluto a Paul. Forse era quello meno legato a noi, ma era solo un ragazzo che aveva preso una brutta strada troppo presto. Senza saperlo ci aveva aiutato più di una volta, grazie alle sue armi. Era di poche parole, ma arrivava sempre dritto al punto.

Inzuppammo il posto di benzina e appiccammo il fuoco come lui saggiamente ci aveva istruito a fare, senza lasciare tracce, poi abbandonammo velocemente il magazzino in fiamme.

«Figlio di puttana! Speriamo che Doyle abbia qualcosa per noi!» ringhiò Rob sbattendo le mani sul volante. Eravamo incazzati neri per ciò che era accaduto a Paul ed entrambi ci ritenevamo responsabili. Markoos mi aveva volutamente provocato, aveva ucciso la persona che sapeva meno cose di tutti, l'unico che non c'entrava nulla col sovrannaturale.

La guida spericolata di Rob, unita ai vari insulti verso il potente vampiro millenario, ci permise di arrivare velocemente al locale di Doyle.

Scendemmo il sottoscala e svoltammo nei vari vicoli che nascondevano il locale non propriamente legale del nostro amico e informatore.

Lo strano silenzio ci insospettì parecchio e, infatti, anche lì era successo qualcosa.

Ogni angolo era a soqquadro, era tutto rotto e c'erano segni di lotta ovunque, molti degli avventori del locale giacevano morti. Alcuni li conoscevamo di vista, altri un po' meglio.
Ovviamente la cosa più importante era trovare Doyle, possibilmente vivo.

Anche qui sembrava di essere al magazzino di Paul, corpi spezzettati e cadaveri sparsi, un silenzio di tomba e sangue dappertutto.

Con grande rammarico scoprimmo la cosa peggiore: Doyle era con gli occhi sbarrati e contro a un muro, passato ormai a miglior vita. Era stato smembrato e di lui rimanevano la testa e il tronco. I suoi arti erano poco distanti da lui, fasciati dagli indumenti neri che portava di solito.

Rob si mise le mani nei capelli, visibilmente turbato, e io imprecai prendendo a calci uno sgabello rovesciato. Mi avvicinai a chiudere gli occhi del pover'uomo e notai anche qui qualcosa di inquietante.

Con il sangue di Doyle era stato scritto un messaggio sulla parete.

"Ciao, Henry. Verrò a prenderti."

Vicino a esso c'era un'inquietante faccia sorridente, ma non era l'unica frase. Su ogni muro c'era una minaccia diversa.

"Non puoi scappare."

"Il tuo destino è già scritto."

Ma una più grande di tutte mi colpì e mi si raggelò il sangue nelle vene.

"Chi sarà il prossimo?"

Io e Rob ci lanciammo un'occhiata terrorizzata e complice, per poi fiondarci fuori dal locale. Non potevamo ripulire anche quel casino e il tempo stringeva sempre di più.

Dovevamo dividerci, non restava molto tempo!

Sicuramente Alex, Simon e Luke erano in pericolo, perché Markoos aveva dimostrato che avrebbe attaccato gli umani uno per uno e non avrebbe tentato alla vita di Lauren, Rafael o Faith, che invece erano vampiri.

«Tu vai da Simon, ad Alex ci penso io. Sicuramente Luke sarà protetto dalle sue guardie, ma gli altri due sono da soli», esclamai cercando di fare mente locale.
Rob annuì e si fiondò verso la macchina senza fiatare e io mi guardai intorno alla ricerca di un mezzo di trasporto più veloce delle mie gambe.

Notai una coppia che amoreggiava qualche metro più in là e vidi una moto che probabilmente apparteneva al ragazzo, incustodita con le chiavi nel quadro.

In quel momento un colpo di fortuna ci voleva, così mi fiondai verso il veicolo e ci montai sopra partendo a tutta velocità. Grazie al mio speciale udito, sentivo le imprecazioni e le bestemmie che mi tirarono dietro quei due.

Markoos era davvero inarrestabile, quel bastardo deviato aveva dimostrato in mezza giornata che era molto più pericoloso, spaventoso e pazzoide di Nathan.

Anzi, probabilmente se suo fratello non ci avesse salvato il culo quando Nathan era sbucato fuori la prima volta, sarei già stato tra le grinfie di Markoos prima del dovuto.

Quello psicopatico le aveva provate tutte prima di scendere personalmente in campo, e se lo aveva fatto voleva dire che era incazzato forte. E se un Antico come Nathan lo serviva e lo temeva, non osavo immaginare quanta paura avrei dovuto avere io di lui.

Serpeggiando tra il traffico e guidando in maniera spericolata, arrivai in breve tempo a casa di Alex, con i miei mille pensieri e preoccupazioni come compagni di quel breve tragitto.

Scesi velocemente dalla motocicletta e la abbandonai brutalmente sul marciapiede.

Mi precipitai verso casa di Alex, trovando la porta scardinata, il che era un brutto segno. Entrai con irruenza, anche se non era molto prudente, ma ormai ero fuori controllo. Come nei posti precedenti tutto era sottosopra, sentii dei gemiti di dolore provenire dalla stanza di Alex, così mi fiondai verso i suoni che sentivo, senza curarmi d'altro.

Quello che mi si parò davanti fu agghiacciante. Ritrovai il mio amico in una pozza di sangue, ma fortunatamente vivo. Lo sarebbe stato per poco senza ricevere cure mediche adeguate.

Mi chinai su di lui e osservai le sue ferite: erano gravi, aveva dei tagli profondi, ma nessuna mutilazione. In ogni caso stava per morire dissanguato e non riusciva a parlare, solo a gemere di dolore e a lamentarsi per le numerose aggressioni subite.

Io ero come bloccato, in preda alla disperazione, ero in grado solo di boccheggiare e deglutire con un nodo al gola che non era impossibile sciogliere.

Alex mi guardò con sguardo sofferente e, con un dito tremolante e insanguinato, riuscì a indicarmi l'ennesimo messaggio di Markoos.

"Fai la tua scelta."

Non ne potevo più dei giochetti di quel maniaco sadico, ma avevo capito benissimo in cosa consisteva quella scelta.

Guardai il mio amico negli occhi e portai la sua testa al petto. Entrambi eravamo in preda alla disperazione e a lui il dolore lancinante gli impediva di parlare.

«Andrà tutto bene», sussurrai con voce rotta e debole, non ci credevo nemmeno io.

Ma non avevo tempo per frasi fatte e superflue, Markoos aveva già ucciso due persone a me care, due amici e non potevo permettergli di farne fuori un terzo.

Era chiaro a quale scelta volesse portarmi il potentissimo Antico. Non mi restava che stare al suo malato e contorto gioco per salvare Alex. Accostai il mio polso alla bocca e mi morsi con forza, facendo sgorgare il mio sangue da esso. Se Alex fosse morto col mio sangue in corpo si sarebbe trasformato in un vampiro, ma non sarebbe morto per sempre.

Era l'unica soluzione per aiutarlo e Markoos aveva calcolato tutto nei minimi dettagli. Alex mi guardò mentre le lacrime gli rigavano il viso e protese una mano verso di me. Con le sue ultime forze mi bloccò il braccio e mi osservò piangendo mentre trovò la forza di parlare.

«Non ... voglio ... vivere ... così», mi supplicò con voce spezzata dal dolore e dal pianto, mentre lentamente la vita defluiva dal suo corpo. Il tempo stava per scadere.

Markoos sapeva già in anticipo che io sarei stato lì. Era come se mi conoscesse, come se conoscesse il futuro.

Per la prima volta mi sentivo completamente impotente, privo di potere, anche se in realtà potevo salvare Alex.

Le sirene della polizia e gli ultimi lamenti di Alex mi portarono alla realtà.

«Addio, ti vendicherò... lo prometto», dissi mentre le lacrime mi rigavano il viso e stringevo un'ultima volta al petto il mio amico, per poi lasciarlo e concedergli la pace del riposo eterno.

Mi dileguai saltando dalla finestra, mentre la polizia faceva irruzione.

Stavo fuggendo come un assassino, e forse lo ero perché potevo salvarlo, ma non l'avevo fatto. Scappai verso la fine del vicolo dietro casa di Alex e tirai un pugno al muro per frustrazione, rabbia e dolore che si erano annidati in me per l'ultima perdita, quella sicuramente più dolorosa e importante delle tre.

Portai le mani sul viso facendole salire verso i miei capelli neri che strinsi tra le dita, per poi poggiare la schiena contro la parete.

Strisciai la schiena su di essa e mi misi a sedere buttando lo sguardo verso l'alto, mentre intrecciavo le dita dietro la nuca e mi abbandonavo al dispiacere e ai sensi di colpa per non avere protetto le persone che ritenevo amiche. Soprattutto Alex, lo avevo tirato dentro a tutto questo e ne era uscito nel modo che avevo cercato di evitare in assoluto.

Markoos era terribile e spietato, non mi aveva neanche dato il tempo di piangere i miei morti, quell'essere mi torturava e distruggeva psicologicamente e non era entrato davvero in gioco. Non aveva regole e non conosceva la compassione e la pietà. Non si era mai mostrato e aveva già completamente distrutto la mia vita con poche mosse fatte al momento giusto e contro le persone giuste.

Nonostante fosse uno stratega, un manipolatore e un esperto nella distruzione psicologica dei nemici, era anche il più potente vampiro in circolazione, sarebbe mai stato possibile fermarlo?

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