14. Redenzione

Miami

Osservavo un punto fisso davanti a me, mentre pensavo agli eventi di quella giornata tormentata e movimentata. Avevo ottenuto la mia vendetta contro quel bastardo a capo dei Bloodlines e inoltre Federica, o meglio dire Faith, aveva fatto il suo trionfale ritorno nella mia già complicata non-vita.

I miei pensieri furono interrotti da un brontolio e qualcosa richiamò la mia attenzione: con la coda dell'occhio, vidi Rob riprendere lentamente conoscenza.

«Buongiorno, dormiglione», gli dissi ironico con un sorrisetto stampato in faccia mentre si svegliava.

Non sembrò gradire il mio saluto. Infatti, la sua espressione mutò e il suo viso prese la forma di quella della creatura che era in realtà da più di un secolo: occhi rossi e canini aguzzi, pronti a mordermi, se solo fossi stato una preda.

Anzi lui era diverso da me, non si nutriva direttamente dal collo di qualcuno da ormai parecchi anni, a meno che la vittima non lo meritasse, non utilizzava i suoi canini per ferire o uccidere, ma si cibava con delle sacche di sangue rubate dall'ospedale, procurategli da Simon.

Era migliore di me?

Beh, probabilmente lo era, anch'io ero stato sottoposto al trattamento della bella biondina, ma poi Faith, all'epoca Federica, mi aveva fatto rivivere come una creatura della notte al massimo delle mie potenzialità.

Tuttavia Lauren tornò alla carica, ma riuscì solo a migliorare lievemente ciò che ero diventato: quella, in effetti, fu l'ultima volta che la vidi.

Roma, Italia

Gennaio 1905

Un'altra notte di caccia... ciò che più mi faceva sentire vivo nonostante fossi morto da molti anni oramai. La paura delle vittime e il potere di avere la vita di un altro essere vivente tra le mani mi portavano un'eccitazione forte e primitiva che i miei istinti non riuscivano in nessuna maniera a controllare.

Quella era la notte giusta.

Una sontuosa carrozza trainata da cavalli passava per la periferia della grande capitale. Noi eravamo nascosti nell'ombra, pronti a colpire.

Io e la mia compagna di caccia, la mia complice, colei che mi aveva donato la mia immortalità.

Indossavamo abiti che avevamo rubato in un altro colpo simile a quello che stavamo per compiere. Io in smoking classico, giacca nera, camicia bianca, pantalone scuro e papillon nero. Lei, invece,aveva un sontuoso abito color oro che richiamava il color biondo cenere dei suoi capelli lunghi mossi.

Era tornata a preferire i capi pregiati, perché la nuova moda le piaceva più della vecchia.

Il luogo stabilito per l'imboscata era scarsamente illuminato per via di alcuni lampioni non più funzionanti, vi era spazio solamente per una carrozza e i vicoli bui che si aprivano nei paraggi fornivano un ottima via di fuga dopo aver compiuto un misfatto.

Ci guardammo con uno sguardo d'intesa, e poi Federica si precipitò davanti alla carrozza spalancando le braccia. Ero pronto ad ascoltare, grazie al mio udito potenziato, cosa aveva inventato questa volta per attirare i nobili, e sorrisi divertito.

Federica si avvicinò correndo verso la carrozza e iniziò a mettere in atto la commedia tragica che avevo visto svariate volte. Come di consueto, scesero le due guardie del corpo dei riccastri di turno, che si stavano facendo trasportare chissà dove.

La situazione dopo qualche chiacchiera si movimentò, la vampira si scagliò sulla gola del cocchiere, appena esso la fece sedere accanto a lui. Io contemporaneamente uscii dal mio nascondiglio e mi misi dietro una delle due guardie. C'erano solo quei due soldati a protezione dei due indifesi e ricchi passeggeri.

Misi un braccio attorno al collo del primo uomo e afferrai il suo mento in una presa salda, gli spezzai velocemente il collo con uno strattone e lo lanciai bruscamente ormai morto alle mie spalle. Prima che potesse reagire, infilai con un colpo deciso la mano nel torace del secondo, e poi strappai il cuore dal petto gettandolo morente vicino all'altro cadavere.

Federica mi guardò sorridendo malignamente, mentre lasciavo cadere a terra l'organo vitale del soldato, fulmineamente ci portammo a gran velocità alle due uscite della carrozza, aprendone entrambe le porte.

«Salve, miei amati sangue blu. Gradite la vostra permanenza nella nostra grandiosa capitale?» chiesi ironico sogghignando con un angolo della bocca alzato.

I due erano terrorizzati e boccheggiavano senza riuscire a proferire parola.

«Che ne dici di mostrare ai nostri amici un po' di ospitalità?» mi domandò Federica con tono sarcastico, inclinando di lato il suo viso angelico.

Presi la donna per un braccio e lei si occupò dell'uomo rimasto dentro la carrozza, li sbattemmo fuori facendoli impattare contro il legno duro del mezzo di trasporto.

«Non potrei essere più d'accordo», le risposi io divertito.

«Vi prego! Non fateci del male, prendete tutto quello che c'è nella carrozza e andate via», urlò in preda al panico il signore che Federica teneva per il colletto del costoso abito che indossava.

«Ascoltate mio marito, vi prego!» supplicò la donna guardandomi e piangendo.

«Lo faremo...» disse Federica con voce calma e suadente all'uomo, «dopo che avremo preso da voi ciò di cui abbiamo più bisogno», concluse infine la frase.

Successivamente sentii solo un grido e l'odore del sangue che sgorgava dal collo del nobiluomo. Ora era il mio turno: come di consueto, poggiai due dita sulle labbra della mia preda e una mano dietro la sua nuca, accarezzandole i capelli.

Era il mio modus operandi, infondevo loro la pace poi ponevo fine alle loro sofferenze velocemente, in modo da avere il collo in una posizione da dove potevo attingere più sangue possibile e senza che la mia vittima si dibattesse come una bestia, rovinandomi quel momento così piacevole e rilassante.

Affondai i miei denti nella sua giugulare e risucchiai tutta la sua linfa vitale, per poi abbandonarla rovinosamente a terra. Sentii un tonfo dall'altra parte della carrozza e capii che anche la mia signora aveva completato lo spuntino notturno.

Entrai rapidamente nella cabina e anche lei fece lo stesso, controllammo cosa ci fosse e notammo abiti e gioielli: eravamo stati molto fortunati.

Salimmo sul mezzo di trasporto e iniziammo a puntare nella direzione di casa nostra, respirando la brezza notturna e lasciandoci alle spalle il massacro.

Dopo qualche minuto davanti al calesse, si materializzò una figura con un cappuccio che sembrava volesse intralciare il nostro cammino.

«Amico mio, siamo come te, niente cenetta stasera», affermai ironico balzando giù e andandole incontro.

Mi avvicinai e l'individuo misterioso si tolse il copricapo, rivelando la sua identità. Quando vidi di chi si trattava, ringhiai d'istinto.

«Non tu! Che diavolo vuoi?!» le chiesi con voce irata.

Era Lauren, la vampira che mi aveva privato dei miei istinti e mi aveva reso un mollaccione, come era diventato Roberto. Già... il mio caro amico Roberto Mancini. Non lo vedevo da vent'anni, ma riconobbi la sua voce alle mie spalle.

«Non cambi mai il tuo metodo di uccisione, eh? Sai, stai diventando tu il noioso dei due. Abbiamo seguito le tue orme per tutti questi anni, e ora eccoti qui a Roma con la tua bella fidanzatina, non credi sia ora di sposarsi e mettere su famiglia? Oh, dimenticavo... sei morto da un bel po'», mi canzonò alle spalle con un tono ironico e fastidioso.

Lauren portava la sua inseparabile mantella blu notte, sotto la quale sembrava essere vestita interamente di bianco. Il mio amico, invece, indossava una camicia azzurra con sopra delle bretelle nere, un paio di calzoni chiari e delle scarpe bianche.

A quelle parole Federica gli si avventò contro, ma, prima che potesse arrivare da lui, Lauren l'aveva afferrata per il collo e sbattuta con forza addosso alla carrozza.

«Cosa vuoi, puttanella bionda? Roberto non ti sbatte abbastanza bene e vuoi scoparti il mio uomo?» la provocò con arroganza Federica, nonostante la voce spezzata data la violenta presa che la donna esercitava sulla trachea.

Lauren la guardò con un ghigno ironico inclinando la testa di lato, mentre vedevo le sue dita farsi sempre più strette attorno alla gola della mia amata.

«Lasciala immediatamente!» le ordinai furente.

Lei, in risposta, si voltò verso di me e con un'espressione fintamente dispiaciuta mi scrutò.

«Oh, altrimenti che cosa mi fai, piccolo vampiro? Hai paura che ti sfiguri questa sgualdrina? Poi dovrai metterle un sacchetto in testa, se te la vorrai ancora fottere!» enunciò Lauren, sorridendo divertita, «a meno che tu no lo faccia già ovviamente», aggiunse infine mentre stringeva maggiormente la presa delle dita sul collo di Federica.

Tentai di scagliarmi su di lei ma il mio caro amico mi si parò davanti muovendo l'indice da destra a sinistra con un ghigno beffardo.

«Levati di torno!» esclamai ringhiando a Roberto, mentre il mio viso si trasformava rivelando il volto dell'assassino che ero in realtà.

Lui scosse più volte la testa e tramutò anch'egli il suo volto, mostrando la sua vera natura. Lanciai un'occhiata alle due donne per sincerarmi delle condizioni di Federica. Vidi che si stava ribellando alla presa e aveva colpito due volte il muso dell'angelica biondina che aveva convertito Roberto in un bravo vampiro.

«Sarai pure più forte, ma io gioco d'astuzia, tesoro. Hai provato a fare qualcosa per quelle orribili rughe?» continuò a provocarla Federica con insolenza, sferrandole un calcio all'addome e facendola volare diversi metri più in là e ridendo soddisfatta.

Lauren, dopo essere stata scagliata al suolo, si alzò come se nulla fosse, si stiracchiò il collo facendogli fare una rotazione circolare in senso orario e sorrise.

«Speravo davvero che lo facessi», mormorò gelidamente.

Subito dopo non la vidi più.

Non ebbi il tempo di cercarla con lo sguardo che Rob si scagliò su di me, facendomi cadere e colpendomi più volte al volto. Gli sferrai un calcio facendolo sbattere contro la parete della carrozza opposta rispetto a dove mi trovavo e, alzandomi, rivolsi di nuovo la mia attenzione alle due vampire.

Lauren prese ancora Federica per il collo ma stavolta era seria, fin troppo seria.

«Ma tu parli sempre?» esordì per poi spingerla con forza addosso al calesse, sfondando il legno con cui era stato costruito.

Ne prese un piccolo pezzo e con estrema facilità lo conficcò nell'addome di Federica, che cominciò a urlare mentre lei le si avvicinava all'orecchio.

«Non ti conviene provocarmi, perché al posto di stare dietro al signor Giusti non ti vai a far scopare da qualcun altro? Tanto penso che non ti faccia differenza visto che è solo quello che ti interessa», affermò Lauren infilando sempre di più il legno nel ventre della mia amata.

Come una furia mi scagliai verso Lauren, ma fui bloccato nuovamente da Roberto. Lo guardai ringhiando e mi fiondai su di lui, dandogli un pugno.

Tutto successe a rallentatore, il vampiro schivò il mio colpo e si mise dietro di me bloccandomi la testa.

Sentii un rumore sinistro, come di qualcosa che si spezzava e subito dopo un tonfo. Capii immediatamente che cosa stava succedendo: la bionda aveva messo fuorigioco Federica. Mi voltai verso la vampira che mi guardò e mi fece l'occhiolino.

Non ebbi il tempo di dire nulla, ma solo di sentire la soffocante presa di Roberto sul mio collo. La mia testa ruotò come se nulla fosse e, poco dopo, il buio mi avvolse completamente.

Luogo sconosciuto

Mi svegliai qualche ora dopo guardandomi intorno intontito, e cominciai a massaggiarmi il collo più volte per poi mettermi seduto.

Dove diavolo ero? E dov'era Federica?

Mi alzai confuso e notai che ero finito in una specie di cella. Pian piano ricordai che Roberto e Lauren ci avevano attaccati e avevano avuto la meglio.

«Codardi! Liberatemi immediatamente!» urlai furibondo mentre il mio viso si trasformava.

Iniziai a sbattere i pugni con insistenza contro l'enorme porta di ferro che mi teneva prigioniero in quello spazio ristretto. Pochi attimi dopo, percepii dei passi e la piccola grata sulla porta aprirsi: vidi due occhi azzurri come il ghiaccio scrutarmi soddisfatti.

«Ben tornato, bello addormentato! Da oggi in poi seguirai una dieta speciale! Oh, andiamo, tesoro... fammi un sorriso!» esclamò l'odiosa biondina per poi scoppiare in una risata fragorosa e sparire nel nulla come al suo solito.

Per una settimana intera non sentii o vidi più nessuno, mentre la fame dentro di me cresceva a dismisura. Iniziavano a comparire i primi morsi della fame e più volte provai a cercare una risposta o a urlare di rabbia, ma tutto fu vano: eravamo io, i miei pensieri e quella voglia irrefrenabile di sangue.

Inoltre, volevo sapere dove fosse Federica e stavo cominciando a preoccuparmi per lei.

Un giorno, finalmente si fece vivo qualcuno e subito mi precipitai verso la porta: riconobbi gli occhi scuri del mio vecchio amico Roberto, colui che mi aveva tradito.

«Dimmi dov'è Federica, fammi uscire da qui e forse non ti caccerò il cuore in gola quando mi libererò», gridai battendo un pugno contro la superficie di ferro che ci separava, con la poca forza che mi era rimasta.

«Come vuoi, amico mio», rispose con sufficienza il vampiro aprendomi la via d'uscita.

Mi avventai su di lui, anche se ero debole, e non fu una buona idea poiché mi atterrò prima che potessi anche solo sferrare un pugno.

«La tua amichetta... credo sia ancora a Roma o, comunque, molto lontano da qui. In quanto alla tua seconda affermazione, ritengo che il meglio che tu possa fare sia non farti pigliare a calci nel culo per tutta la stanza», ribatté alla minaccia beffardo facendomi alzare.

«Me la pagherai! Che diavolo volete farmi?» sbottai sollevandomi ancora intontito per il colpo che mi aveva inferto.

In quel momento fece capolino la biondina sculettante; anche questa volta ringhiai e mi fiondai a gran velocità su di lei. Lei si spostò all'ultimo momento e, anziché scontrarmi con lei, incontrai il freddo e duro muro, come poco prima avevo fatto con il pavimento.

«Quando imparerai a stare buono, eh? Lo dico per la tua salute, potrei staccarti la testa con uno schiaffone, ma sto cercando di trattenermi solo perché il tuo amico mi ha chiesto un favore», mi minacciò scocciata e con arroganza Lauren, sfoggiando un sorrisetto angelico mentre mi teneva per il collo.

Successivamente mi lasciò e si scambiò uno sguardo d'intesa con Roberto.

«Seguimi e fai il bravo, tanto hai visto che con noi non puoi competere», aggiunse con tono di sufficienza agitando una mano.

Decisi di fare come dicevano, anche perché ero affamato e non potevo ribellarmi alla loro forza, erano più esperti e inoltre ero più debole a causa della scarsa nutrizione.

Uscimmo dalla prigione e raggiungemmo un vicolo vicino, non capivo dove diavolo fossimo, ma comunque respirai a pieni polmoni l'aria notturna godendomi la libertà. I due intanto bisbigliavano e, nonostante il mio udito sopraffino, non riuscii a capire molto se non qualche frase che non mi parve avere molto senso.

Si fermarono di colpo, osservando una ragazza che aveva appena salutato un ragazzo baciandolo e si stava allontanando da sola.

Guardai verso Lauren e Roberto, essi si scambiarono uno sguardo complice e poi mi fissarono.

«Vai! Nutriti!» esclamarono quasi contemporaneamente.

Non risposi e mi diressi a passo svelto verso la preda, che si voltò di scatto impaurita. I miei canini avevano già penetrato il suo collo prima che potesse parlare, succhiai avidamente il bramato liquido rosso e caldo, sentendolo affluire nella gola come un elisir... ed era questo che rappresentava per me... l'elisir della lunga vita e dell'immortalità.

Proprio sul più bello mi sentii strattonare con forza e volai per terra rotolando sul pavimento. Con un'abile mossa mi avventai sull'aggressore che si era frapposto fra me e la preda.

Come mi aspettavo, era Roberto.

Feci un ghigno e lo fissai mentre sferravo un pugno all'altezza del suo viso, lo parò con l'avambraccio e me ne sferrò uno a sua volta, ma con agilità lo schivai prendendo il suo braccio e facendolo impattare contro il muro con la faccia. Poi tornai a fiondarmi sulla ragazza che si era accasciata contro la parete, mettendosi una mano sulla ferita che le avevo provocato.

Ma il mio amico mi voltò e riuscì ad assestarmi un sinistro sullo zigomo facendomi cadere in terra, prontamente gli sferrai un calcio allo stomaco e un altro sul viso facendolo barcollare all'indietro.

Liberatomi, mi girai alla ricerca della giovane per concludere la mia opera, ma non c'era più.

«Che diavolo state combinando voi due?» esplosi scocciato mentre mi alzavo.

Lauren spuntò poco dopo mentre io e Roberto ci studiavamo con aria di sfida, ma nessuno ripartiva all'attacco.

«Ti senti sfamato e in forze?» chiese diretta la bionda inclinando la testa di lato e poggiando una mano sul fianco.

«Se non vi foste messi in mezzo voi due, sarei ancora più appagato dal sangue di quella ragazza!» risposi acido asciugandomi la bocca con il polso.

«Ti abbiamo dimostrato che puoi nutrirti senza uccidere, e questo è solo il primo passo...» sostenne la donna mostrando l'indice e fissandomi seria.

Scossi la testa ridacchiando.

«Cosa siete voi... un centro di rieducazione per vampiri violenti e assassini? Ne avete parecchi allora da redimere! Io salto il turno, grazie!» dichiarai ironico facendo una smorfia e voltandomi per andarmene. Mi trovai subito davanti Lauren con il suo classico sorrisetto da stronza.

«Mi dispiace, vampiro cattivo, sei in punizione», affermò esponendo le sue zanne lucenti.

Mentre ero un attimo scombussolato da quell'apparizione improvvisa, sentii Roberto alle mie spalle, mi mise una mano dietro alla nuca e una sul mento.

«Fanculo, non di nuovo»

Sentii un secco crack e poi più nulla.

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