13. Il ritorno
Miami
Non le avevo ancora rivolto la parola, perché era come se fossi totalmente paralizzato.
«Sai, Henry, anche io mi sono aggiornata coi tempi, ora mi chiamano Faith», affermò la vampira, enfatizzando il suo "nuovo nome".
Mi parlava mentre mi girava intorno, accarezzandomi il petto con un dito, facendolo scorrere lentamente verso il basso. Poi voltò il viso, guardò le ragazze impaurite in un angolo, e mi fissò con i suoi occhi verdi e penetranti.
«Scommetto che ti sei rammollito come il tuo amichetto Rob, vero?» chiese ironica la vampira, con un'espressione fintamente imbronciata.
«Non riusciresti mai a ucciderle senza aver bisogno di nutrirti, giusto?» continuò avvicinandosi e sussurrando quelle parole nell'orecchio, mentre volutamente lo sfiorava con le labbra.
«Non l'ascoltare! Non cadere di nuovo nella sua trappola!» urlò Rob cercando di venire verso di me. Tuttavia, Cassidy gli si parò davanti e lui fu costretto a fermarsi, ringhiando e stringendo i pugni.
In fondo, Rob aveva ragione, questa situazione non era che uno dei tanti dejà vu della mia lunga esistenza.
Venezia, Gennaio 1885
Erano ormai anni che non vedevo né l'eroina bionda, che avevo scoperto chiamarsi Lauren, né Federica.
Il mio cambiamento aveva allontanato la seconda, in quanto, grazie alla prima, ero riuscito a controllare i miei istinti e avevo imparato ad ammazzare solo in caso di necessità. Con Federica era tutto diverso, era più un divertimento e un perverso gioco tra noi due, più che semplice bisogno di sangue. Con l'ausilio di Roberto, Lauren, invece, mi aveva aiutato a non essere il killer senza pietà che ero stato in compagnia della mia amata.
Quella notte, Roberto non era uscito con me a nutrirsi, in quanto era "occupato" con una signora.
Lui non uccideva mai nel momento in cui mordeva qualcuno, mentre io a volte non riuscivo proprio a contenere la mia sete, però, ero migliorato tanto, lo facevo solo in casi di estrema necessità, quando ne avevo strettamente bisogno e senza farmi mai scoprire dal mio amico.
Camminavo per le strade di Venezia e assaporavo la brezza notturna; ero in cerca del mio nutrimento e mi sarei impegnato per non finire la mia preda, come mi era stato insegnato.
L'aria fresca della sera mi solleticava la pelle attraverso il tessuto di seta color porpora della camicia, sul quale spiccavano dei bottoni neri ricamati. Le maniche cadevano larghe sulle mie braccia, mentre dei pantaloni scuri completavano l'abbigliamento, assieme a un paio di stivali alti nero pece.
Durante la mia passeggiata, avvistai una donzella in difficoltà: non riusciva a fare andare la sua gondola, così mi avvicinai, per accertarmi che fosse sola.
«Salve, signorina, posso aiutarvi?» chiesi cortesemente con un sorriso.
La ragazza inizialmente sobbalzò, ma si calmò subito davanti ai miei modi galanti e gentili. Era minuta, i suoi capelli erano castani e raccolti dietro la nuca in un'acconciatura ottocentesca. Il suo viso, dai lineamenti soavi e dolci, era incantevole: fui subito attratto da quei suoi occhi grandi color nocciola e dalle labbra sottili e rosee.
«Grazie, signore. Questo maledetto remo è troppo duro», si lamentò la dama, sbattendo le mani sulla gonna del suo sobrio ma elegante abito bianco dalle striature e balze dorate.
«Ascoltate ... potreste farmi da traghettatore? Devo andare qui vicino», mi domandò amabilmente, abbozzando un sorriso.
Annuii impercettibilmente e salii sulla piccola imbarcazione. Finsi di ascoltare con attenzione le sue indicazioni, perché il mio interesse fu catturato dalla curva del suo collo ben esposto, mentre mi comunicava la nostra destinazione.
Quando si girò completamente, sentii gli occhi diventare rossi e i canini uscire aguzzi dal loro nascondiglio dentro la mia bocca. L'attimo dopo, una volta trasformato, la morsi sul collo. Succhiai il sangue fin quando non perse i sensi, e poi remai sino al distretto vicino, quello che mi aveva indicato.
Accostai la gondola e iniziai a svegliarla piano, con delicatezza, per evitare che rinvenisse di soprassalto. Ero certo che non avesse visto nulla.
«Signorina, è svenuta, si sente bene?» le chiesi fintamente preoccupato.
«Credo di sì. Cos'è successo? Ho sentito qualcosa sul collo, una fitta, e poi...» dichiarò confusa la giovane donna, massaggiandosi la ferita. Successivamente scesi dalla gondola e la aiutai a fare lo stesso.
«Tranquilla, può capitare. Sarà stata la stanchezza», affermai rassicurante.
Mi ringraziò per la mia assistenza e io la osservai mentre andava a bussare alla porta di quello che poteva benissimo essere il suo amante segreto. Scossi la testa e risi divertito, poi mi incamminai in un vicolo lì vicino.
Appena imboccai l'angolo, il mio sorriso scomparve subito.
Davanti a me c'era l'unica persona capace di sconvolgere la mia esistenza: Federica Marchese.
«Sei patetico! Non ti riconosco più!» mi disse portandosi una mano al fianco e muovendo il capo in segno di disapprovazione.
Quando parlava, rimanevo ancora incantato dalla sua bellezza e dal suo modo di fare. Non riuscii a proferire parola, ero come paralizzato.
La vampira indossava un corpetto rosso scuro che risaltava le sue forme e lasciava libere le spalle e le braccia. Le sue cosce erano fasciate da pantaloni granata e degli alti stivali neri. La mia attenzione su di lei fu subito disturbata da qualcosa.
Una ragazza corse verso di noi ridendo, inseguita da un ragazzo anche lui allegro e felice. Federica mi guardò maliziosa, per poi posare le sue vispe iridi verdi sulla scenetta.
«So che vuoi farlo...» mi provocò, passandosi la lingua sulle labbra.
La giovane mi urtò nella sua finta fuga e io la guardai negli occhi; intanto Federica aveva afferrato per il collo il povero fidanzato della mia possibile preda.
Mi ero già nutrito, ma non avevo ucciso. Tuttavia, mi sentivo completo solo ora che lei era di fronte a me.
Anni di buona condotta e bastava la sua presenza a farmi venire dubbi? Com'era possibile tutto ciò?
Ero stato allontanato con la forza da lei e, forse per questo, ora volevo riavvicinarmi, mandando a monte tutto. Presi la malcapitata per le spalle, per poi osservare Federica.
«Perché lo fai?» chiesi serio, mentre la ragazza iniziava ad agitarsi impaurita.
In risposta, spezzò il collo alla sua vittima e ci affondò i canini, mentre la giovane gridava per l'orrore. Le tappai la bocca con il dito indice e il medio, invitandola a fare silenzio, posando poi l'altra mano dietro i suoi capelli, per accarezzarli.
«Va tutto bene», le dissi fissando Federica, serio e impassibile.
La ragazza sembrava sempre più terrorizzata e piangeva a dirotto; restai con le due dita sulle sue labbra, mentre il mio pollice le sfiorava il mento.
«Non posso farlo...» affermai, guardando sofferente la mia vecchia amante.
Poi allargai la mia bocca in un ghigno e, con un gesto secco, spezzai il collo della donzella indifesa, utilizzando le dita sul suo viso e la mano dietro la sua nuca come strumento di morte. Successivamente succhiai con avidità ogni singola goccia del tanto bramato liquido rosso e viscoso. Lasciammo cadere contemporaneamente le nostre vittime e ci scambiammo un lungo bacio appassionato, ancora trasformati e sporchi di sangue.
Mi importava solo di tornare con lei, e nient'altro. Sparimmo da Venezia insieme, partendo alla volta di Roma, dove, per più di vent'anni, compimmo nefandezze di ogni genere.
Miami
Faith si avvicinò a gran velocità alle ragazze, le prese entrambe per un braccio, facendole alzare, e me ne lanciò una mentre lei teneva stretta l'altra.
Intanto, Rob era ancora trattenuto da Cassidy: lui era più forte, ma sicuramente con me in quello stato sarebbe stato in svantaggio se Faith fosse intervenuta nel loro possibile scontro.
Presi la giovane e guardai la mia vecchia fiamma, che ricambiò il mio sguardo e si trasformò. I suoi occhi verde smeraldo diventarono rosso sangue e dalle sue labbra scarlatte e carnose intravidi i canini sporgenti e aguzzi.
«Fallo, uccidila! So che ogni fibra del tuo corpo lo desidera», mi stuzzicò con voce calda e suadente, aspettando la mia reazione.
Dopo aver osservato la scena impotente per alcuni attimi, Rob perse il controllo e scattò in avanti, mettendo subito fuori combattimento Cassidy, che provò invano a fermarlo, finendo però catapultata contro la parete dopo un breve scontro.
Rob si diresse verso di me per strapparmi la povera ragazza dalle mani.
Tutto sembrò bloccarsi e andare a rallentatore, mentre si avvicinava a passo spedito. Non ci pensai due volte e passai il meccanismo del paletto sotto la camicia, trafiggendolo allo stomaco con la mano libera.
Rob mi guardò incredulo, accasciandosi a terra mentre si teneva la ferita sanguinante.
Sul volto di Faith apparve, invece, un sorrisino soddisfatto e affondò i canini nella giugulare della giovane tra le sue grinfie.
In risposta a quel gesto mi trasformai anche io: poggiai due dita sulle labbra della mia preda, mentre con l'altra mano le accarezzavo i capelli dietro la nuca. Con un colpo secco le spezzai il collo, bevendo non per voglia di nutrimento, ma per sete di sangue e basta. La disperazione albergava negli occhi del mio fedele amico, che osservava in ginocchio la scena.
Io e Faith lasciammo cadere le nostre vittime e ci fissammo.
Dopo pochi istanti lei mi si avvicinò e, con un affondo fulmineo, trapassò la mia cassa toracica con una mano.
Sentii la sua morsa ferma e decisa avvolgere il mio cuore.
Sgranai gli occhi e spalancai la bocca, il dolore era lancinante. Mi poggiai a lei, senza riuscire a parlare e annaspando sofferente.
«Il tuo cuore batte ancora per me», sussurrò con voce sensuale vicino al mio orecchio, allentando la presa.
Poi posò le sue labbra sulle mie e io ricambiai quel bacio, anche se con difficoltà, dato il supplizio a cui mi stava sottoponendo.
Successivamente liberò il mio organo vitale dalla sua stretta, e caddi anche io in ginocchio come Rob. Lui, però, intanto si era alzato. Non ebbe il tempo di fare nulla che la vampira lo prese per la giacca e lo fece volare contro una parete, sfondandola con il suo corpo.
Il mio malcapitato amico fu scaraventato fuori dall'edificio insieme a buona parte del muro; se non altro ora avevamo una via d'uscita sicura.
Rimasi carponi, ancora afflitto dal dolore, e guardai i movimenti di Faith, mentre strisciavo verso l'apertura di fortuna per scappare, dato che la casa stava andando quasi interamente a fuoco.
Cassidy si alzò, aiutata dalla sua mentore, ma la scena che mi si presentò davanti dopo mi lasciò basito.
Faith, così come aveva fatto con me, trapassò la cassa toracica della ragazza con una velocità accecante. La neo-vampira era sorpresa e incredula, come lo era stato Rob poco prima, la sua espressione diceva tutto.
L'avevo catturata nella mia mente, sapendo che non l'avrei mai più rivista, era in quella situazione per colpa mia, era morta due volte.
A Faith non importava di lei, era uno strumento, tuttavia non capivo perché lo stesse facendo, l'aveva addestrata a vivere come una vampira.
Mi bastò osservare meglio il volto della mia amata per realizzare cosa stesse succedendo. Cassidy annaspava e soffriva, non potendo fare altro, data la forza superiore della sua avversaria. Improvvisamente Faith rafforzò la presa e le strappò di netto il cuore, senza un minimo di esitazione.
La giovane biondina la fissò un'ultima volta con un misto di stupore, delusione e rabbia, prima di cadere a terra morente. Il suo viso rimase rivolto verso di me con un'espressione di sofferenza che riconobbi come quella delle innumerevoli vittime che avevano subito quel trattamento da parte mia.
Faith, infine, lasciò andare il suo cuore a terra, dopo aver assaporato per un lungo istante l'espressione di morte sulla faccia di Cassidy. Con la scarpa la voltò in malo modo dall'altra parte, alzando un sopracciglio e sorridendo.
«Ti sei scopata il mio ex fidanzato, non potevo risparmiarti la vita, stupida puttana», sentenziò con arroganza la vampira, guardando il cadavere di Cassidy con sufficienza, per poi posare uno sguardo disgustato verso di me.
Sorpassò la sua vittima e inclinò la testa a fissarmi ancora una volta, mandandomi un bacio con la mano; mi fece un occhiolino e se ne andò a gran velocità, utilizzando come uscita il buco sul muro provocato da Rob.
Riuscii a riprendermi e scappare anch'io, mentre osservavo Rob lanciare insulti in direzione di Faith, che ancheggiava vistosamente. Lo raggiunsi da dietro e posai i palmi ben aperti ai lati dei suoi zigomi per poi spezzargli collo, facendolo svenire.
Sarebbe successo un casino se non lo avessi messo KO: conoscendolo, non avrebbe capito le mie azioni, così me lo caricai in spalla e lo adagiai sul sedile dell'auto, sgommando via a grande velocità da quel luogo.
Intanto, dall'altra parte della strada, i vigili del fuoco e la polizia erano arrivati sul posto, fortunatamente non mi avevano visto. Durante il viaggio, mi preparai psicologicamente: io e Rob avremmo dovuto sostenere una lunga chiacchierata di lì a breve.
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