11. Vecchie conoscenze

Miami

Cassidy era sempre più vicina e le sue domande stavano facendo affiorare troppi ricordi in una volta sola.

John, intanto, si era ripreso dal colpo infertogli da Rob e tentò disperatamente di raggiungere la porta, o quello che ne era rimasto dopo l'irruzione di Cassidy.

Il mio amico cercò di sparargli ancora, ma con suo grande stupore scoprì che aveva esaurito i proiettili a sua disposizione.

«Merda!» esclamò seccato, gettando il fucile sul pavimento e lanciandosi all'inseguimento del leader dei Bloodlines.

Cassidy, però, lo bloccò con un provvidenziale intervento e tutti e due finirono a terra, con la vampira messa a cavalcioni su di lui.

«Non sapevo ti piacesse di più stare sopra, dolcezza, ma te l'ho già detto ... le bionde non m'ispirano», affermò Rob con arroganza spingendola via.

Intanto io riuscii a fermare John nel punto in cui prima c'era la porta e con una spinta lo feci cadere all'interno della stanza.

Rob cercò di scagliargli addosso l'ultima granata che Alex ci aveva fornito, ma Cassidy riuscì a farla volare fuori dalla camera con un calcio, potendo così salvare, ancora una volta, il vampiro a capo dei Bloodlines.

Colsi l'attimo di distrazione di Cassidy e la potente denotazione dell'ordigno per mettere in atto la mia mossa successiva.

Mi avvicinai velocemente a John, lui tentò di centrarmi con un destro che prontamente schivai, e reagii colpendolo al petto con poderoso pugno. Riposi tutta la mia forza da vampiro in quel singolo gesto e affondai la mia mano nella sua cassa toracica.

Lo fissai negli occhi, sentivo il calore del suo sangue e delle sue interiora a contatto con le mie dita. Scavai ancora più a fondo e finalmente strinsi il suo organo vitale.

Il suo cuore batteva ancora all'impazzata nella mia presa serrata, percepivo i muscoli tesi pompare la sua linfa vitale e ricordai le diverse volte che avevo agito in quel modo per uccidere. L'espressione di John era quella di uno che sapeva di avere la morte davanti a sé e che con un ultimo sguardo fissava il suo assassino.

Continuando a guardarlo ringhiai con furia, strappandogli il cuore dal petto con un movimento fermo e deciso.

Quel bastardo aveva avuto ciò che si meritava per averci tradito e fatto finire in una trappola mortale. John crollò con un tonfo sordo, mentre per pochi attimi il suo sguardo incredulo rimase ancora rivolto nella mia direzione.

Osservai il suo cuore nel mio pugno per qualche plateale istante e poi lo feci cadere accanto al corpo senza vita del suo proprietario. Aveva la mascella spalancata, gli occhi aperti e un'espressione di sofferenza sul viso.

I suoi abiti erano squarciati proprio nel punto che segnava la mia intrusione e il cadavere stava gradualmente iniziando a impallidirsi per poi essiccarsi.

La missione si era conclusa con successo, ma mi sorgeva spontaneo chiedermi come era riuscita una novellina come Cassidy a manipolare l'esperto vampiro e la sua banda, solo per poter compiere la sua vendetta su di me.

«Ho sempre adorato questo tuo modo di togliere la vita, vedo che i tuoi metodi di esecuzione non sono cambiati», disse una voce femminile alle mie spalle, facendo capolino dalla porta distrutta mentre la casa andava sempre più a fuoco.

Mi voltai lentamente riconoscendo in quell'accento qualcosa di estremamente familiare.

Rimasi letteralmente impietrito dinnanzi alla visione che ebbi di fronte agli occhi. Tutta la mia sicurezza, la mia arroganza e la mia determinazione si erano dissolte nell'aria come nebbia.

Non ci potevo e, soprattutto, non ci volevo credere ... era lei.

Era Federica!

Provai una sensazione che non sperimentavo da interi decenni: il mio stomaco si contrasse e mi sentii mancare il fiato.

Il bello era che non avevo bisogno di respirare da oltre un secolo.

«Quanto tempo! Non mi dici neanche "ciao"?! Dopo sessant'anni?!» mi chiese beffarda con il suo solito modo di fare arrogante e sfacciato ma allo stesso tempo sensuale.

Avanzò sinuosa verso di me in maniera provocante ed esibizionista, rivolgendomi uno dei suoi sorrisini enigmatici e maliziosi.

Dal 1876 a oggi non era cambiata di una virgola, era il vantaggio dell'immortalità dei vampiri. I suoi lunghi capelli biondo cenere le ricadevano sulle spalle leggermente mossi e morbidi.

I suoi occhi verde smeraldo mi fissavano e a ogni sua parola osservavo incantato le sue labbra rosse e carnose che si muovevano.

Nessuna donna in più di centocinquant'anni di vita aveva mai avuto questo effetto ammaliante su di me, tranne lei.

Indossava una giacca di jeans nera con sotto una maglietta bianca che le lasciava scoperto l'addome, calzava dei leggins neri lucidi e infine ai piedi portava dei tacchi nero pece.

«Ormai ti sei rammollito. Ti avrei lasciato a marcire in quella cella con il tuo paparino e Nicola Nardini, se avessi saputo che quella puttana bionda ti avrebbe trasformato in un gattino indifeso», affermò infine acida e ironica la vampira poggiandosi una mano sul fianco e facendo una smorfia contrariata storcendo la bocca.

Infine scosse lentamente la testa con espressione accigliata, concludendo la sua trionfale entrata in scena.

San Gimignano, Italia

Aprile 1877

La luce del sole mi stava letteralmente bruciando vivo venendo a contatto con la mia pelle, ma per fortuna mio padre tirò la tenda.

«Tua madre ti ha dato quell'anello per proteggerti, sapeva benissimo cosa tu fossi diventato. Eppure non mi ha detto nulla!» esclamò furibondo e pieno di rabbia, esponendomi nuovamente al supplizio causato dai raggi solari.

Urlai e mi dimenai inutilmente mentre la mia pelle veniva scorticata e andava quasi in fiamme.

Colui che in quel momento era più un aguzzino che un genitore, però, si fermò, dopodiché scostò la tenda e uscì dalla stanza irato e sbattendo la porta.

Non capivo perché non mi avessero ancora ucciso e dove fossero finiti Nicola e Federica. Non ebbi neanche il tempo di formulare una possibile risposta che mio padre era già rientrato.

«Voglio sapere dove sono gli altri vampiri, figlio mio. Dimmelo e finalmente potrai riposare in pace, questa volta per sempre», tuonò proseguendo con la sua tortura e facendomi nuovamente provare quell'incredibile sofferenza che da umano mai avrei potuto patire.

Questa volta mi fece rimanere esposto alla luce solare più a lungo di come aveva fatto in precedenza. Non riuscii a sopportare quell'atroce strazio, perché non avevo forze e non ero nutrito, infatti svenni per il dolore.

Mi risvegliai sentendo i rumori di una battaglia, un uomo mi liberò e mi issò sulla sua spalla. Non capivo chi fosse, ma sicuramente ne dedussi che era dalla mia parte.

Mi posò a terra un po' di tempo dopo, ma ero stordito e confuso: non ero esattamente cosciente di quanto tempo fosse passato dalla mia liberazione. Scorsi l'erba e perciò realizzai che mi aveva portato fuori da lì.

La mia vista era ancora tutta sfocata mentre osservavo il mio salvatore lottare contro due incappucciati di cui si liberò velocemente. Successivamente mi tese una mano e lo riconobbi.

Non mi capacitavo per quale assurdo motivo fosse lì ... non lo vedevo da mesi e, soprattutto, lo credevo morto.

Era Roberto!

Indossava una maglia larga e di color crema, con dei lacci sul petto, un paio di calzoni porpora e degli stivaletti bassi neri.

Finalmente mi ero ripreso e focalizzavo nitidamente la sua immagine.

Era una grossa battaglia, i vampiri avevano attaccato in forze i Lama Oscura.

Identificai anche il mio acerrimo rivale Nicola e la mia amata Federica accompagnati da altri nostri simili che lottavano contro gli uomini in nero.

La predilezione di Nicola per i colori scuri lo rendeva simile a quegli idioti, portava ancora la camicia nera del nostro scontro a San Gimignano, anche pantaloni e stivali erano della stessa tonalità. Notai che i suoi abiti, così come i miei, erano consumati e stracciati dalla prigionia.

Federica invece aveva una mantella cremisi che la copriva quasi del tutto, non intravedevo altro se non il suo viso contratto per il combattimento.

Il mio fedele amico prese uno dei nostri nemici e me lo lanciò addosso mentre era stordito. Avendolo tra le mie braccia, non riuscii a controllare la mia sete di sangue. Il mio voltosi trasformò quasi senza che io me ne accorgessi e straziai la sua gola cibandomi di lui.

La calda linfa vitale che affluiva nella mia bocca era come un dolce nettare di cui avevo sentito la mancanza per troppo tempo.

Mio padre mi aveva impedito di nutrirmi per non so quanti giorni e ora finalmente potevo rifocillarmi con il tanto bramato liquido rosso.

«Anche tu? Anche tu sei un ...» chiesi a Roberto, liberandomi malamente del corpo del mio "pasto". Ma il mio amico mi interruppe mettendomi una mano sul petto.

«Non c'è tempo, ora andiamo via di qui», mi rispose in fretta e furia passandomi una spada per difendermi.

Durante la battaglia mentre paravo e colpivo i Lama Oscura riconobbi una ragazza che sembrava dirigere l'attacco mentre si faceva largo tra gli incappucciati.

Era la donna del vicolo, quella che aveva sconfitto i tre uomini e mi aveva detto che Federica era nella stradina adiacente, sicuramente anche lei era una vampira.

Ecco perché era cosi forte!

Solo ora tutti i pezzi del puzzle sembravano mettersi a loro posto.

Lo scontro proseguiva e intanto vidi Federica che portava in salvo Nicola, così facendomi largo tra i Lama Oscura, andai verso di loro.

«Grazie al cielo stai bene», mi disse abbracciandomi appena ne ebbe l'occasione.

Rimasi impassibile e guardai Nicola alzarsi a fatica.

«Ci hai lasciati in balia di questi fanatici!» le urlai quando si staccò da me.

«Non sai neanche cosa ho dovuto passare per venire a prenderti! Ho dovuto collaborare con quella super stronza laggiù e con quel rammollito di Roberto» rispose lei accigliata puntando prima la ragazza bionda che faceva volare incappucciati da una parte all'altra e poi Roberto che stava salvando una vampira quasi uccisa da un Lama Oscura. La biondina indicata da Federica indossava la mantella blu scuro di quella notte.

Da quello che ricordavo Federica e Roberto, erano buoni amici da umani, ora mi domandavo come fosse possibile che lei parlasse di lui come di una persona che disprezzasse da sempre.

Tuttavia, non era il luogo e il momento di fare domande, perciò feci finta di nulla. La osservai alzando un sopracciglio, evitando di fare questioni. Intanto spostai lo sguardo su Nicola che stava assistendo al litigio divertito e soddisfatto.

«In quanto a te, Nicola, solo per questa sera saremmo ancora dalla stessa parte, ma quando e se ci rivedremo ti ammazzerò», affermai serio fissandolo con aria di sfida e indicandolo con la spada.

Si mosse a gran velocità verso di me, trasformando il suo viso e lanciandosi all'attacco. Feci per trafiggerlo, ma mi superò. Mi voltai di scatto e lo vidi spezzare il collo a uno degli incappucciati che era pronto a colpirmi.

«Puoi contarci, Giusti. Ora scusa, ma ho un conto in sospeso con questi stronzi e quella bella biondina da conoscere. Ah, un'ultima cosa, quello che ti ucciderà sarò io», rispose lui con il suo odioso sorrisetto falso, una volta che finì di nutrirsi del povero disgraziato tra le sue braccia.

«Addio, tesoro, grazie di avermi salvato. So che in fondo vuoi me e non questo bifolco», concluse infine Nicola facendo l'occhiolino a Federica e gettandosi nella battaglia.

Lei lo ignorò alzando gli occhi al cielo e poi si voltò verso di me.

«Ho visto tuo padre, è scappato nel bosco laggiù», mi rivelò Federica additando un vasto bosco alle mie spalle.

Eravamo nelle campagne toscane, non più a San Gimignano. Ero stato rinchiuso in una casa di pietra abbandonata in mezzo al nulla. A dire il vero, sembrava più un piccolo villaggio abbandonato e dimenticato da Dio.

Mi voltai e feci per andare verso il punto indicato, ma Federica mi si parò davanti e mi baciò delicatamente sulle labbra.

«Vengo con te», mi sussurrò appena.

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